Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17225 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17225 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14666/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
AVV. NOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CALABRIA n. 4000/2021 depositata il 9 dicembre 2021
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 7 maggio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Cosenza dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti dell’avv. NOME COGNOME un avviso di accertamento con il quale rettificava la dichiarazione dei redditi
dallo stesso presentata dal predetto contribuente per l’anno 2012, contestando l’omessa fatturazione o in alcuni casi la sottofatturazione delle prestazioni professionali da lui rese in quell’anno e operando le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA.
I rilievi mossi dall’Ufficio si fondavano sulle risultanze dell’accesso eseguito da militari della Tenenza di Scalea della Guardia di Finanza presso lo studio del mentovato professionista, nel corso del quale erano stati rinvenuti documenti -fra cui, in particolare, un block notes contenente l’indicazione dei nominativi dei clienti e dei compensi da questi corrisposti- asseritamente integranti una vera e propria contabilità parallela.
Il contribuente impugnava tale avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, la quale, con sentenza n. 4000/2021 del 9 dicembre 2021, in accoglimento dell’appello della parte privata, annullava l’atto impositivo impugnato.
A sostegno della pronuncia adottata, per quanto in questa sede ancora interessa, i giudici regionali rilevavano che l’esame dei documenti posti a base dell’accertamento tributario era avvenuto illegittimamente, atteso che: «a fronte dell’eccezione del segreto professionale (ad opera) del contribuente» , i verificatori «gli avevano notificato l’autorizzazione della Procura della Repubblica di Paola all’acquisizione di documentazione in deroga al segreto professionale, datata 31 gennaio 2012» , e quindi «rilasciata prima della relativa eccezione da parte del contribuente e, di conseguenza, anche senza l’indicazione della documentazione da acquisire in deroga al segreto professionale» ; -«l’avviso di accertamento si fonda (va) sulle dichiarazioni di terzi e sui dati
contenuti nel block notes illegittimamente acquisiti, per cui lo stesso d (o) ve (va) ritenersi infondato…, perché le sole dichiarazioni di terzi costituiscono meri indizi, da soli -come nel caso in esameinsufficienti a fondare l’accertamento» .
Contro questa sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il COGNOME ha resistito con controricorso, eccependo «in limine litis» l’inammissibilità dell’avverso gravame di per difetto dei requisiti di cui ai nn. 3) e 4) dell’art. 366, comma 1, c.p.c., oltre che in virtù del disposto dell’art. 360 -bis n. 1) dello stesso codice.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
In data 5 maggio 2025 è stata acquisita al fascicolo telematico del presente procedimento ‘nota di deposito’ alla quale risultano allegate: (a)dichiarazione di rinuncia al mandato comunicata al COGNOME dall’avv. NOME COGNOME; (b)procura speciale alle liti rilasciata dal controricorrente all’avv. NOME COGNOME COGNOME.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va anzitutto osservato che non può ritenersi valida la nomina dell’avv. NOME COGNOME COGNOME a nuovo difensore del controricorrente NOME COGNOME in quanto la procura conferita al suddetto legale non risulta apposta in calce o a margine di alcuno degli atti processuali indicati dall’art. 83, comma 3, c.p.c., nel testo, applicabile , vigente a sèguito delle modifiche apportate dall’art. 45, comma 9, lettera a), della L. n. 69 del 2009 (cfr. Cass. n. 24472/2020, riguardante un’analoga fattispecie di procura congiunta a una mera ‘nota di deposito’ in Cancelleria).
1.1 Ne discende che il precitato ricorrente deve ritenersi tuttora rappresentato e difeso dal rinunciante avv. Ordine, giusta il disposto dell’art. 85 c.p.c..
1.2 Tanto premesso, con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 52 del D.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 103 c.p.p..
1.3 Si censura la gravata decisione per aver erroneamente reputato illegittimo il provvedimento con il quale il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Paola aveva autorizzato in via preventiva i militari operanti a esaminare i documenti reperiti nel corso dell’accesso presso lo studio dell’avv. COGNOME per l’ipotesi in cui questi avesse eccepito il segreto professionale.
1.4 Viene obiettato, in proposito, che l’art. 52, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972 .
1.5 Si soggiunge che, .
Con il secondo motivo, anch’esso proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 54 del D.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 2697 c.c..
2.1 Si contesta la gravata decisione per aver negato la , tralasciando di considerare e fornisca elementi che, .
Così riassunti i mezzi di impugnazione articolati dall’Amministrazione Finanziaria, vanno anzitutto disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate «in limine» dal controricorrente.
3.1 In primo luogo, deve escludersi che il ricorso sia privo dei requisiti di cui all’art. 366, comma 1, nn. 3) e 4) c.p.c., in quanto: -i fatti di causa sono ivi esposti nella misura necessaria e sufficiente a consentire alla Corte di comprendere l’evoluzione della vicenda processuale e di ricostruire il «thema decidendum» oggetto dei gradi di merito, secondo lo svolgersi delle diverse posizioni assunte dalle parti; – risultano illustrati in maniera chiara e specifica i motivi per i quali viene chiesta la cassazione della sentenza d’appello, con l’indicazione delle norme di diritto su cui essi si fondano, salvo quanto si avrà modo di rilevare in ordine alla pertinenza delle singole censure.
3.2 In secondo luogo, non può ritenersi sussistente la causa di inammissibilità prevista dall’art. 360 -bis n. 1) c.p.c., la quale ricorre nella sola ipotesi, non riscontrabile nel caso di specie, in cui sulle questioni di diritto dibattute fra le parti si sia stabilizzato un orientamento giurisprudenziale di legittimità contrario alla tesi della parte impugnante.
3.3 Sgombrato il campo dalle questioni preliminari, si può ora procedere alla disamina dei motivi di ricorso.
3.4 Il primo è infondato.
3.5 L’art. 52 del D.P.R. n. 633 del 1972, nel testo vigente «ratione temporis» , così recita ai primi tre commi:
«Gli Uffici dell’imposta sul valore aggiunto possono disporre l’accesso d’impiegati dell’Amministrazione finanziaria nei locali destinati all’esercizio d’attività commerciali, agricole, artistiche o professionali per procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l’accertamento dell’imposta e per la repressione dell’evasione e delle altre
violazioni. Gli impiegati che eseguono l’accesso devono essere muniti d’apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell’ufficio da cui dipendono. Tuttavia per accedere in locali che siano adibiti anche ad abitazione, è necessaria anche l’autorizzazione del procuratore della Repubblica. In ogni caso, l’accesso nei locali destinati all’esercizio di arti o professioni dovrà essere eseguito in presenza del titolare dello studio o di un suo delegato.
L’accesso in locali diversi da quelli indicati nel precedente comma può essere eseguito, previa autorizzazione del procuratore della Repubblica, soltanto in caso di gravi indizi di violazioni delle norme del presente decreto, allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture ed altre prove delle violazioni.
È in ogni caso necessaria l’autorizzazione del procuratore della Repubblica o dell’autorità giudiziaria più vicina per procedere durante l’accesso a perquisizioni personali e all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l’esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale ferma restando la norma di cui all’articolo 103 del codice di procedura penale».
3.6 Dalla lettura coordinata delle surriportate disposizioni normative si evince che, qualora durante l’accesso in locali destinati all’esercizio di attività professionale i verificatori intendano procedere all’esame di documenti in relazione ai quali sia stato eccepito il segreto professionale, essi devono «in ogni caso» munirsi di apposita autorizzazione del Procuratore del Repubblica o, in alternativa, dell’autorità giudiziaria più vicina (comma 3).
3.7 Ciò posto, va osservato che l’esame dei documenti di cui qui si discute era avvenuto nel corso di un accesso eseguito da militari della Guardia di Finanza presso lo studio dell’avv. COGNOME
3.8 Durante tale accesso era stato eccepito il segreto professionale relativamente ai detti documenti, onde gli operanti avrebbero
potuto esaminarli soltanto in forza di un’autorizzazione «ad hoc» .
3.9 Una siffatta autorizzazione, proprio perché divenuta necessaria soltanto a sèguito dell’opposizione del segreto professionale, non poteva che intervenire successivamente al verificarsi della situazione che ne aveva imposto il rilascio e con specifico riferimento ai documenti per i quali l’esigenza si era manifestata.
Non era, quindi, sufficiente un’autorizzazione preventiva e generica, quale quella che la CTR ha accertato essere stata rilasciata nel caso di specie dal Procuratore della Repubblica di Paola.
3.10 Sull’argomento viene in rilievo la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 11082/2010, con la quale è stato affermato che l’autorizzazione in oggetto è un atto interno al procedimento fiscale, producente effetti soltanto in tale àmbito, e che la valutazione circa la sua legittimità o meno è devoluta al sindacato del giudice tributario, la cui giurisdizione non riguarda esclusivamente gli atti finali del procedimento amministrativo di imposizione tributaria, ma si estende a tutti quelli che siano stati emanati nelle varie fasi dello stesso.
3.11 Nel richiamato arresto nomofilattico, per quanto qui specificamente interessa, è stato sottolineato (paragrafo E) che il «contenuto motivazionale» della detta autorizzazione « deve essere necessariamente correlato all’esigenza di esplicitare l’avvenuta comparativa valutazione delle contrapposte ragioni offerte dalle parti, ovverosia dei motivi per i quali il contribuente-professionista ha opposto il segreto professionale e delle ragioni che, secondo l’organo verificatore, rendono necessari e/o indispensabili, ai fini della verifica fiscale in atto, l’esame dei documenti e/o l’acquisizione delle notizie ‘secretati’» .
3.12 Orbene, proprio la predicata necessità di una «comparativa valutazione delle contrapposte ragioni offerte dalle parti» lascia chiaramente intendere come il provvedimento di cui all’art. 52,
comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972 possa essere legittimamente adottato solo dopo che il segreto professionale è stato eccepito, e non anche in via preventiva, quando ancora non è dato sapere se, ed eventualmente in relazione a quali documenti, esso sarà opposto.
3.13 Alle surriferite «regulae iuris» si è rettamente attenuta la CTR calabrese, la quale, nella constatata assenza di un’autorizzazione del Procuratore della Repubblica o dell’autorità giudiziaria più vicina rilasciata successivamente all’opposizione del segreto professionale e con specifico riferimento ai documenti per i quali questo era stato fatto valere, ha ritenuto inutilizzabili i dati e le informazioni desunti dai finanzieri attraverso l’esame di un block notes rinvenuto presso lo studio dell’avv. COGNOME
3.14 Non sussiste, pertanto, il dedotto «error in iudicando» ; né giova alla ricorrente l’operato richiamo al principio di diritto affermato da questa Corte con sentenza n. 22984/2010.
3.15 Invero, nel caso in esame non si è in presenza di un accertamento fiscale fondato su elementi indiziari raccolti nell’àmbito di indagini penali svolte senza il rispetto delle formalità previste dal codice di procedura penale, essendo oggetto del contendere la pretesa violazione di una norma tributaria relativa a un atto interno del procedimento impositivo suscettibile di determinare l’illegittimità derivata del provvedimento finale (cfr. Cass. Sez. Un. n. 6315/2009 e Cass. n. 631/2012).
Il secondo motivo è inammissibile, risultando privo di attinenza con la «ratio decidendi» dell’impugnata sentenza.
4.1 La CTR non ha affatto negato che, in linea di principio, la riscontrata esistenza di una possa costituire la fonte di innesco di un accertamento di tipo induttivo, essendosi limitata ad osservare che nella fattispecie concreta la documentazione posta a base dell’atto impositivo impugnato non era utilizzabile a fini fiscali, in quanto illegittimamente esaminata
dai finanzieri in assenza di una valida autorizzazione.
4.2 Tali argomentazioni sono state trascurate dalla ricorrente, sicchè la doglianza in scrutinio non può trovare ingresso.
Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
6.1 Non può tenersi conto della richiesta di distrazione delle spese formulata dall’avv. Ordine nel controricorso.
6.2 L’art. 93, comma 1, c.p.c. legittima alla proposizione di tale richiesta soltanto il difensore ‘con procura’, sicchè essa non può essere avanzata dopo l’estinzione del mandato per rinuncia o revoca, pur se la parte non abbia ancora provveduto alla sostituzione del patrono.
6.3 Invero, l’art. 85 c.p.c., prevedendo che la revoca o la rinuncia alla procura non ha effetto ‘nei confronti dell’altra parte’ sino alla sostituzione del difensore, non concerne il rapporto interno di mandato, nell’àmbito del quale la rinuncia e la revoca, al pari di qualsiasi dichiarazione ricettizia, producono i loro effetti sin dal momento in cui siano state comunicate alla controparte negoziale (cfr. Cass. n. 31687/2019, Cass. n. 9994/1992).
Non deve farsi luogo all’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, essendo l’Agenzia delle Entrate esentata, mediante il meccanismo della prenotazione a debito previsto in favore delle amministrazioni pubbliche ( arg. ex artt. 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012, e 158, comma 1, lettera a, del D.P.R. n. 115 del 2002), dal pagamento delle imposte e tasse gravanti sul processo (cfr. Cass. n. 4752/2025, Cass. n. 28204/2024, Cass. n. 27301/2016).
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi 1.200 euro (di cui 200 per esborsi), oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione