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Segreto professionale: limiti agli accessi fiscali

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria contro un professionista, stabilendo un principio fondamentale in materia di segreto professionale durante le verifiche fiscali. L’ordinanza conferma che le prove raccolte tramite un’autorizzazione preventiva e generica a violare il segreto professionale sono inutilizzabili. L’autorizzazione del magistrato deve essere richiesta solo dopo che il contribuente ha sollevato l’eccezione e deve essere specifica per i documenti in questione, garantendo così un corretto bilanciamento tra le esigenze di accertamento e la tutela dei diritti del professionista. La decisione ha annullato l’avviso di accertamento basato su tali prove illegittimamente acquisite.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Segreto professionale: i limiti invalicabili per gli accessi fiscali

La tutela del segreto professionale rappresenta un pilastro fondamentale dello stato di diritto, garantendo la riservatezza del rapporto tra professionista e cliente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza questo principio, tracciando una linea netta sui poteri degli organi di verifica fiscale. La Corte ha stabilito che qualsiasi autorizzazione a esaminare documenti protetti da segreto deve seguire regole procedurali precise, pena l’inutilizzabilità delle prove raccolte.

I Fatti di Causa

Tutto ha inizio con una verifica fiscale presso lo studio di un avvocato. Durante l’accesso, la polizia tributaria rinviene un block notes contenente nomi di clienti e compensi, interpretandolo come una vera e propria “contabilità parallela”. Di fronte a questo ritrovamento, il professionista eccepisce immediatamente il segreto professionale, opponendosi all’esame del documento.

I verificatori, tuttavia, esibiscono un’autorizzazione rilasciata dalla Procura della Repubblica, ottenuta preventivamente, che li autorizzava a procedere all’acquisizione di documentazione in deroga a tale segreto. Sulla base di questi elementi, l’Amministrazione Finanziaria emette un avviso di accertamento per omessa e sottofatturazione di prestazioni professionali.

La Decisione della Corte Tributaria e il Ricorso dell’Agenzia

Il professionista impugna l’atto impositivo. La Commissione Tributaria Regionale accoglie il suo appello, annullando l’accertamento. La motivazione dei giudici di merito è chiara: l’autorizzazione della Procura era illegittima perché rilasciata prima che il professionista sollevasse l’eccezione di segretezza. Secondo la corte, tale provvedimento autorizzativo non può essere preventivo e generico, ma deve essere emesso dopo l’opposizione e con specifico riferimento ai documenti contestati.

L’Amministrazione Finanziaria non si arrende e ricorre in Cassazione, basando il suo gravame su due motivi principali:
1. La presunta erronea interpretazione dell’art. 52 del D.P.R. 633/1972, sostenendo che la legge non prescrive che l’autorizzazione debba essere successiva all’eccezione.
2. La violazione delle norme sulla valenza probatoria della documentazione extracontabile, che costituirebbe un indizio grave, preciso e concordante dell’evasione.

Le Motivazioni della Cassazione e il rispetto del Segreto Professionale

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, confermando in toto la decisione dei giudici d’appello. I giudici supremi chiariscono in modo inequivocabile la procedura da seguire in caso di opposizione del segreto professionale. L’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, prevista dal comma 3 dell’art. 52 del D.P.R. 633/1972, non è un mero atto formale, ma un provvedimento che richiede una ponderazione di interessi contrapposti.

Questa autorizzazione, definita “ad hoc”, può intervenire solo successivamente al sorgere del conflitto, ovvero dopo che il professionista ha opposto il segreto. Un’autorizzazione preventiva e generica, come quella del caso di specie, è inefficace perché non consente al magistrato di effettuare quella “comparativa valutazione delle contrapposte ragioni” richiesta dalla delicatezza della materia. Senza conoscere i motivi specifici dell’opposizione e la natura dei documenti, l’autorità giudiziaria non può bilanciare correttamente l’esigenza di accertamento fiscale con il diritto alla riservatezza.

La Questione della Prova Illegittimamente Acquisita

La Corte dichiara inammissibile anche il secondo motivo di ricorso, ritenendolo non pertinente alla ratio decidendi della sentenza impugnata. La corte regionale non ha negato in astratto il valore probatorio di una contabilità parallela, ma ha stabilito che, nel caso specifico, la documentazione era inutilizzabile perché acquisita violando le garanzie procedurali. Di conseguenza, l’accertamento basato su tali dati era nullo fin dall’origine.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di garantire che l’esercizio del potere di ispezione fiscale non prevarichi diritti fondamentali. L’autorizzazione a superare il segreto professionale deve essere un atto motivato e successivo all’opposizione, per permettere un controllo effettivo sulla sua necessità e proporzionalità. La decisione si allinea con l’orientamento delle Sezioni Unite, che riconoscono la giurisdizione del giudice tributario nel valutare la legittimità degli atti istruttori del procedimento fiscale, inclusa l’autorizzazione in questione. Poiché l’autorizzazione era stata rilasciata in via preventiva e senza una specifica valutazione, i dati da essa derivati sono stati ritenuti inutilizzabili, rendendo l’avviso di accertamento privo di fondamento probatorio.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza della Cassazione rafforza le tutele per i professionisti soggetti a verifiche fiscali. Viene sancito il principio che il segreto professionale non può essere aggirato da autorizzazioni generiche e preventive. La polizia tributaria, di fronte all’eccezione del professionista, deve fermarsi e richiedere un’autorizzazione specifica e motivata all’autorità giudiziaria. In assenza di tale procedura, ogni prova raccolta è da considerarsi illegittima e, pertanto, l’accertamento fiscale che ne deriva è nullo.

Quando può essere richiesta l’autorizzazione per esaminare documenti coperti da segreto professionale durante una verifica fiscale?
L’autorizzazione del Procuratore della Repubblica deve essere richiesta e rilasciata solo dopo che il professionista ha formalmente sollevato l’eccezione di segreto professionale in relazione a specifici documenti.

Un’autorizzazione preventiva e generica della Procura è sufficiente per superare il segreto professionale?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un’autorizzazione preventiva e generica non è sufficiente. L’autorizzazione deve essere “ad hoc”, successiva all’opposizione del segreto e deve contenere una valutazione comparativa tra le ragioni dell’amministrazione e quelle del professionista.

Le prove raccolte in violazione delle norme sul segreto professionale sono utilizzabili ai fini dell’accertamento fiscale?
No. Secondo quanto deciso dalla Corte, i dati e le informazioni desunti dall’esame di documenti protetti da segreto, se acquisiti senza una valida e successiva autorizzazione, sono inutilizzabili e non possono fondare un avviso di accertamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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