Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17215 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17215 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2681/2020 R.G. proposto da
AVV. NOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CALABRIA n. 1883/19 depositata il 23 maggio 2019
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 7 maggio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Cosenza dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti dell’avv. NOME COGNOME un avviso di accertamento con il quale rettificava la dichiarazione dei redditi
presentata dal predetto contribuente per l’anno 2008, contestando l’omessa fatturazione o in alcuni casi la sottofatturazione delle prestazioni professionali da lui rese in quell’anno e operando le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA.
I rilievi mossi dall’Ufficio si fondavano sulle risultanze dell’accesso eseguito da militari della Tenenza di Scalea della Guardia di Finanza presso lo studio del mentovato professionista, nel corso del quale erano stati rinvenuti documenti -fra cui, in particolare, un block notes contenente l’indicazione dei nominativi dei clienti e dei compensi da questi corrisposti- asseritamente integranti una vera e propria contabilità parallela.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, la quale, con sentenza n. 1883/19 del 23 maggio 2019, respingeva l’appello della parte privata.
A sostegno della pronuncia adottata, per quanto in questa sede ancora interessa, i giudici regionali rilevavano che, sebbene durante l’accesso fosse stato eccepito dal contribuente il segreto professionale, l’acquisizione dei documenti reperiti dai verificatori doveva ritenersi legittima, avendo essi agito in virtù del provvedimento autorizzativo all’uopo preventivamente rilasciato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Paola.
Avverso tale sentenza il Liserre ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
In data 5 maggio 2025 è stata acquisita al fascicolo telematico del presente procedimento ‘nota di deposito’ alla quale risultano
allegate: (a)dichiarazione di rinuncia al mandato comunicata al COGNOME dall’avv. NOME COGNOME; (b)procura speciale alle liti rilasciata dal ricorrente all’avv. NOME COGNOME.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va anzitutto osservato che non può ritenersi valida la nomina dell’avv. NOME COGNOME COGNOME a nuovo difensore del ricorrente NOME COGNOME in quanto la procura conferita al suddetto legale non risulta apposta in calce o a margine di alcuno degli atti processuali indicati dall’art. 83, comma 3, c.p.c., nel testo, applicabile , vigente a sèguito delle modifiche apportate dall’art. 45, comma 9, lettera a), della L. n. 69 del 2009 (cfr. Cass. n. 24472/2020, riguardante un’analoga fattispecie di procura congiunta a una mera ‘nota di deposito’ in Cancelleria).
1.1 Ne discende che il precitato ricorrente deve ritenersi tuttora rappresentato e difeso dal rinunciante avv. Ordine, giusta il disposto dell’art. 85 c.p.c..
1.2 Tanto premesso, con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4) c.p.c., è denunciata la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 36 e 61 del D. Lgs. n. 546 del 1992, nonché degli artt. 112 e 132 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost..
1.3 Si sostiene che la motivazione dell’impugnata pronuncia risulterebbe e , e comunque affetta da , avendo la CTR completamente omesso di verificare la legittimità del provvedimento con il quale il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Paola aveva preventivamente autorizzato l’acquisizione di documenti presso lo studio dell’avv. COGNOME, anche in deroga al segreto professionale.
1.4 I giudici d’appello si sarebbero, infatti, limitati a constatare la materiale esistenza di tale provvedimento, senza minimamente argomentare in ordine alle eccezioni sollevate in proposito dal
contribuente, il quale aveva posto in evidenza che esso conteneva una , non indicava i motivi della sua emissione ed era stato rilasciato in un momento anteriore all’opposizione del segreto professionale, in palese inosservanza dell’art. 52, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972.
Con il secondo motivo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 52, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 103 c.p.p., degli artt. 14, 15 e 111 Cost. e dell’art. 2697 c.c..
2.1 Si censura la gravata decisione per aver ritenuto utilizzabile la documentazione esaminata dalla Guardia di Finanza in virtù del menzionato provvedimento autorizzativo, sebbene questo risultasse illegittimo per le ragioni già evidenziate con il primo mezzo di gravame.
Il primo motivo è infondato.
3.1 La CTR ha affermato «la legittimità dell’attività investigativa svolta nei confronti del professionista anche nei locali adibiti all’attività legale, in quanto preventivamente autorizzata dal procuratore presso il Tribunale ordinario di Paola» .
3.2 Da quanto precede appare evidente come, a prescindere dalla sua correttezza giuridica, la motivazione spesa dal collegio di secondo grado a supporto della decisione assunta in ordine alla questione prospettata dal contribuente non solo esista dal punto di vista materiale e grafico, ma risulti perfettamente intelligibile e non presenti profili di manifesta illogicità o irriducibile contraddittorietà, sì da raggiungere pienamente la soglia del cd. «minimo costituzionale» imposto dall’art. 111, comma 6, Cost., la cui inosservanza segna il limite entro il quale è ancora denunciabile in sede di legittimità il vizio motivazionale a sèguito delle modifiche apportate all’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. dall’art. 54, comma 1, lettera b), del D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012
(cfr. Cass. Sez. Un. nn. 8053-8054/2014).
3.3 I giudici regionali hanno, infatti, ritenuto che l’autorizzazione preventiva rilasciata dal Procuratore della Repubblica fosse idonea a consentire la deroga al segreto professionale eccepito dall’avv. COGNOME durante l’accesso dei militari della Guardia di Finanza presso il suo studio e che, ai fini della legittima acquisizione dei documenti ivi rinvenuti dai verificatori, non si rendessero necessari ulteriori adempimenti.
Il secondo motivo è, invece, fondato.
4.1 L’art. 52 del D.P.R. n. 633 del 1972, nel testo vigente «ratione temporis» , così recita ai primi tre commi:
«Gli Uffici dell’imposta sul valore aggiunto possono disporre l’accesso d’impiegati dell’Amministrazione finanziaria nei locali destinati all’esercizio d’attività commerciali, agricole, artistiche o professionali per procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l’accertamento dell’imposta e per la repressione dell’evasione e delle altre violazioni. Gli impiegati che eseguono l’accesso devono essere muniti d’apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell’ufficio da cui dipendono. Tuttavia per accedere in locali che siano adibiti anche ad abitazione, è necessaria anche l’autorizzazione del procuratore della Repubblica. In ogni caso, l’accesso nei locali destinati all’esercizio di arti o professioni dovrà essere eseguito in presenza del titolare dello studio o di un suo delegato.
L’accesso in locali diversi da quelli indicati nel precedente comma può essere eseguito, previa autorizzazione del procuratore della Repubblica, soltanto in caso di gravi indizi di violazioni delle norme del presente decreto, allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture ed altre prove delle violazioni.
È in ogni caso necessaria l’autorizzazione del procuratore della Repubblica o dell’autorità giudiziaria più vicina per procedere
durante l’accesso a perquisizioni personali e all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l’esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale ferma restando la norma di cui all’articolo 103 del codice di procedura penale».
4.2 Dalla lettura coordinata delle surriportate disposizioni normative si evince che, qualora durante l’accesso in locali destinati all’esercizio di attività professionale i verificatori intendano procedere all’esame di documenti in relazione ai quali sia stato eccepito il segreto professionale, essi devono «in ogni caso» munirsi di apposita autorizzazione del Procuratore del Repubblica o, in alternativa, dell’autorità giudiziaria più vicina (comma 3).
4.3 Ciò posto, va notato che l’esame dei documenti di cui qui si discute era avvenuto nel corso di un accesso eseguito da militari della Guardia di Finanza presso lo studio dell’avv. COGNOME
4.4 Durante tale accesso era stato eccepito il segreto professionale relativamente ai detti documenti, onde gli operanti avrebbero potuto esaminarli soltanto in forza di un’autorizzazione «ad hoc» .
4.5 Una siffatta autorizzazione, proprio perché divenuta necessaria soltanto a sèguito dell’opposizione del segreto professionale, non poteva che intervenire successivamente al verificarsi della situazione che ne aveva imposto il rilascio e con specifico riferimento ai documenti per i quali l’esigenza si era manifestata.
Non era, quindi, sufficiente un’autorizzazione preventiva e generica, quale quella che la CTR ha accertato essere stata rilasciata nel caso di specie dal Procuratore della Repubblica di Paola.
4.6 Sull’argomento viene in rilievo la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 11082/2010, con la quale è stato affermato che l’autorizzazione in oggetto è un atto interno al procedimento fiscale, producente effetti soltanto in tale àmbito, e che la valutazione circa la sua legittimità o meno è devoluta al sindacato
del giudice tributario, la cui giurisdizione non riguarda esclusivamente gli atti finali del procedimento amministrativo di imposizione tributaria, ma si estende a tutti quelli che siano stati emanati nelle varie fasi dello stesso.
4.7 Nel richiamato arresto nomofilattico, per quanto qui specificamente interessa, è stato sottolineato (paragrafo E) che il «contenuto motivazionale» della detta autorizzazione «deve essere necessariamente correlato all’esigenza di esplicitare l’avvenuta comparativa valutazione delle contrapposte ragioni offerte dalle parti, ovverosia dei motivi per i quali il contribuente-professionista ha opposto il segreto professionale e delle ragioni che, secondo l’organo verificatore, rendono necessari e/o indispensabili, ai fini della verifica fiscale in atto, l’esame dei documenti e/o l’acquisizione delle notizie ‘secretati’» .
4.8 Orbene, proprio la predicata necessità di una «comparativa valutazione delle contrapposte ragioni offerte dalle parti» lascia chiaramente intendere come il provvedimento di cui all’art. 52, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972 possa essere legittimamente adottato solo dopo che il segreto professionale è stato eccepito, e non anche in via preventiva, quando ancora non è dato sapere se, ed eventualmente in relazione a quali documenti, esso sarà opposto.
4.9 Dalle surriferite «regulae iuris» si è discostata la CTR calabrese, la quale, nella constatata assenza di un’autorizzazione del Procuratore della Repubblica o dell’autorità giudiziaria più vicina rilasciata successivamente all’opposizione del segreto professionale e con specifico riferimento ai documenti per i quali questo era stato fatto valere, ha ritenuto utilizzabili ai fini dell’accertamento tributario i dati e le informazioni desunti dai finanzieri attraverso l’esame di un block notes reperito presso lo studio dell’avv. COGNOME nonchè le dichiarazioni rese da presunti clienti i cui nominativi erano stati ricavati proprio da quel documento.
Per quanto precede, si impone, dunque, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi (artt. 383, comma 1, e 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992).
5.1 Nell’assolvimento del còmpito affidatogli, il giudice del rinvio dovrà anche stabilire in quale misura le informazioni tratte dal block notes più volte menzionato siano risultate determinanti ai fini della ricostruzione del complessivo maggior reddito imponibile. 5.2 Allo stesso giudice viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità (artt. 385, comma 3, seconda
parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit.).
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo, cassa la sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione