Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29575 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29575 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/11/2025
Oggetto: II.DD. -IVA -responsabilità amministratori di fatto -società capitali -trasferimento estero sede -accertamento -principio diritto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13732/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
COGNOME NOME, COGNOME NOME, entrambi rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL), elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME (pec: EMAIL);
-controricorrenti –
e
NOME, rappresentato e difeso anche disgiuntamente dall’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL) e dall’AVV_NOTAIO elettivamente domiciliato presso lo studio del primo difensore in INDIRIZZO INDIRIZZO;
-controricorrente –
nonché
NOME COGNOME;
-intimato – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5226/13/2015 depositata il 2/12/2015 e non notificata.
Il AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 27 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5226/13/2015 veniva rigettato l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 9532/2/2014 con la quale erano stati riuniti e accolti i ricorsi proposti da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME contro gli avvisi di accertamento relativi ai periodi di imposta 2007, 2008 e 2009 e i relativi atti di irrogazione sanzioni.
Si legge nella sentenza impugnata che gli avvisi di accertamenti venivano emessi per maggiori imposte IVA, IRES e IRAP ex artt. 2945 cod. civ. e 36 d.P.R. n. 602 del 1973 nei confronti dei contribuenti, quali amministratori della RAGIONE_SOCIALE, societ à̀ operante nel settore edile e che aveva tenuto comportamenti volti ad evadere ritenute IRPEF e contributi, nonché dichiarato negli anni costi mai sostenuti e fatto figurare crediti IVA inesistenti allo scopo di abbattere le imposte.
Il giudice di prime cure riteneva inapplicabili alla fattispecie i disposti di cui agli artt. 2945 cod. civ. e 36 d.P.R. n. 602 del 1973, ritenendo che l’RAGIONE_SOCIALE non avesse provato né il ruolo di amministratori di fatto in capo ad RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, né che essi avessero compiuto, come neppure l’amministratore formale NOME COGNOME, quegli atti da cui le norme facevano discendere una responsabilità personale. Il giudice d’appello confermava tale decisione.
Avverso la sentenza d’appello l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi, cui replicano NOME COGNOME e NOME COGNOME con controricorso e NOME COGNOME con distinto controricorso che illustra con memoria ex art.380-bis.1. cod. proc. civ.; NOME COGNOME è rimasto intimato.
Considerato che:
In via preliminare va dato atto dell’eccezione di inammissibilità del ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE, sollevata da NOME COGNOME per asserito difetto
di autosufficienza, non accoglibile dal momento che il ricorso è adeguatamente specifico e contiene gli elementi idonei a consentire al Collegio di esaminare le doglianze.
Con il primo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp att. cod. proc. civ, degli artt. 36, comma 2, n. 4, 53 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992.
3. Il motivo è infondato.
3.1. Si rammenta che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, dev ‘ essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione (cfr. Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053). Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.
3.2. L ‘RAGIONE_SOCIALE ritiene che la motivazione sia apparente nella parte in cui il giudice ha affermato, da un lato, che il mero trasferimento all’estero della societ à RAGIONE_SOCIALE non è equiparabile alla sua liquidazione trattandosi di atti giuridici ontologicamente differenti, con conseguente inapplicabilit à dell’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973. D all’altro, ha
escluso la responsabilit à solidale dei ricorrenti persone fisiche, anche ove fossero ritenuti amministratori di fatto, ex art 7 l. n. 326 del 2003, per le sanzioni amministrative tributarie.
Con riferimento ai tributi, la CTR ha rigettato l’appello sul preliminare rilievo della inapplicabilit à nella specie dell’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 ai contribuenti, ritenendo altresì che le ulteriori questioni poste dall’RAGIONE_SOCIALE, afferenti alla prova circa la posizione di amministratori di fatto della societ à , fossero assorbite da tale preliminare rilievo. La ratio è chiaramente comprensibile e rispetta il minimo costituzionale.
Egualmente, la decisione rispetta il minimo costituzionale anche nella parte in cui -giusta o sbagliata che sia – esclude l’ applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni a carico dei ricorrenti, richiamando l’art. 7 della l. n. 326 del 2003 e affermando che, anche a volere ritenere quest’ultimi amministratori di fatto della societ à contribuente, da ci ò non avrebbe potuto discendere la loro responsabilit à solidale in ordine alle sanzioni.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione degli artt. 2495 cod. civ., 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, 7 del d.l. n. 269 del 2003, 2, comma 2, 9 e 11 del d.lgs. n.472 del 1997, per la mancata equiparazione del trasferimento all’estero della societ à con la sua liquidazione ai fini della responsabilità dei contribuenti, ritenuti amministratori di fatto, sia per i tributi che per le sanzioni, avendo il giudice mancato di considerare che il trasferimento all’estero integra gli estremi di un ‘abuso del diritto’ .
Il motivo è fondato, nei termini che seguono.
5.1. Innanzitutto, il Collegio osserva che non vi è traccia nella sentenza impugnata né nella porzione del p.v.c. riprodotta alle pagg. 4-8 del ricorso di alcun riferimento all’abuso del diritto, presente invece a
pag.41 del ricorso. Laddove tale riferimento sia inteso in senso tecnico (art.10 bis l. n.212/2000), dev’essere considerato una deduzione nuova formulata con il presente motivo di ricorso e in parte qua inammissibile.
Tuttavia, non vi è dubbio che l’Amministrazione ha contestato in sede di merito che il trasferimento della «sede all’estero (…) sarebbe inesistente», come si legge a pag.2 della sentenza impugnata. La questione è stata anche riproposta nel corpo della censura, alle pag. 37-38 del ricorso, con indicazione degli elementi probatori versati agli atti volti a dimostrare che il centro effettivo di direzione controllo e l’ attività della società sono rimasti in Italia, con conseguente fittizietà del trasferimento. Il riferimento all’abuso si può dunque leggere come riferito al prospettato trasferimento meramente fittizio della sede societaria all’estero.
5.2. Con riferimento ai tributi, l ‘affermazione del giudice d’appello è, in termini generali e astratti, logica nel ritenere non equiparabile il trasferimento all’estero della societ à con la sua liquidazione, equiparazione evocata dalla ricorrente ai fini dell’applicazione dell’art. 36 cit.. Infatti, il rapporto giuridico in forza del quale, ai sensi dell’art. 36 cit., pure l’amministratore è tenuto a rispondere in proprio RAGIONE_SOCIALE imposte non pagate ha la sua fonte in un’obbligazione ex lege (cfr. Cass. Sez. 5, n. 16446 del 2016), di cui egli è responsabile secondo le norme comuni degli artt. 1176 e 1218 cod. civ., in relazione agli elementi obiettivi della sussistenza di attività nel patrimonio della società e della distrazione di tali attività a fini diversi dal pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte dovute (Cass. n.9688 del 1995). Essa, infatti, non è di per sé equiparabile all’obbligazione derivante dalla responsabilità verso i creditori (artt. 2394 e 2456, ora art. 2495 cod. civ.), bensì alla responsabilità per obbligazione propria ex lege, secondo il moRAGIONE_SOCIALE degli artt. 1176 e 1218 cod. civ. (cfr. Cass. n.11968 del 2012).
5.3. La cancellazione di societ à dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese italiano che sia avvenuta non a compimento del procedimento di liquidazione dell’ente, o per il verificarsi di altra situazione che implichi la cessazione dell’esercizio dell’impresa e da cui la legge faccia discendere l’effetto necessario della cancellazione (cfr. Cass. Sez. U. n.5945 del 2013), bens ì , come nella specie, come conseguenza del trasferimento all’estero della sede della societ à , e, quindi, sull’assunto che questa continui, invece, a svolgere attivit à imprenditoriale, bench é in altro RAGIONE_SOCIALE, non determina il venir meno della continuit à giuridica della societ à trasferita (v. Cass. n.4818 del 2015). Inoltre, non ne comporta, in alcun modo, la cessazione dell’attività e neppure l’estinzione a mente dell’art.2495 cod. civ.. Ne deriva che, in tale ipotesi, non è applicabile la responsabilit à sussidiaria degli amministratori, liquidatori e soci ex art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, ma sempre purché il trasferimento all’estero della società non sia stato fittizio (ragionando, da Cass. n.43 del 2017).
5.4. Dev’essere così affermato il principio di diritto secondo il quale: « In tema di accertamento a carico di amministratori di fatto di società di capitali, ai fini dell’art.2495 cod. civ. e dell’ art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, il trasferimento della sede legale di una società all’estero non è equivalente alla sua liquidazione e successiva cancellazione dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, salvo che il trasferimento sia fittizio. » .
Alla luce del principio, il giudice ha applicato falsamente i disposti di legge sopra richiamati perché si è limitato ad affermare a pag.6 della sentenza in astratto che « non è possibile equiparare il trasferimento all’estero della sede sociale della RAGIONE_SOCIALE con la sua liquidazione » , ma senza dar conto di aver valutato in concreto il fatto, potenzialmente decisivo, che il trasferimento nel caso specifico sia stato meramente
fittizio, né la motivazione dà conto che abbia operato alcuna valutazione del compendio probatorio dedotto dall’RAGIONE_SOCIALE secondo la quale il centro effettivo di direzione controllo e attività della società è rimasto in Italia.
Tale adempimento va demandato al giudice del rinvio, il quale si atterrà al principio di diritto sopra formulato, tenendo altresì conto che, in tema di imposte dirette e IVA, ai fini della traslazione dell’imponibile dalla società al soggetto che l’ha gestita uti dominus , tale da assicurare la ripresa a tassazione nei confronti di quest’ultimo RAGIONE_SOCIALE imposte dovute, non è rilevante « comprendere se ci si trovi o meno al cospetto di un amministratore formale o un amministratore di fatto. Quello che invece deve emergere è che il soggetto terzo si comporti uti dominus , ossia come colui che ne gestisce e dirige le risorse -autonomamente dalla societ à e anche, se del caso, indipendentemente dagli interessi di questa-, ideando e ponendo in essere le condotte (illecite) dalle quali e per le quali possa insorgere un credito erariale. In tali ipotesi assume rilevanza non il rapporto fiscale della societ à , ma quello che fa capo direttamente all’interponente, che dunque è l’effettivo possessore del reddito d’impresa ed al quale dunque l’amministrazione finanziaria ha diritto di chiedere conto » (cfr. Cass. n.23987/2025, in parte motiva).
Passando alla responsabilità per le sanzioni, i giudici di merito hanno erroneamente ritenuto non sussistere una responsabilit à̀ solidale dei ricorrenti per le sanzioni applicate relative al rapporto tributario facente capo alla societ à̀ .
6.1. Come condivisibilmente affermato dalla sentenza da ultimo citata: « tenendo conto dei principi enunciati in materia di sanzioni relative al rapporto tributario, la giurisprudenza di legittimit à ha intanto ritenuto che esse siano a carico della societ à dotata di personalit à giuridica, ex
art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, anche quando gestita da un amministratore di fatto, salvo che nelle ipotesi di societ à “cartiera”, atteso che, in tal caso, si tratterebbe di una mera ‘fictio’, utilizzata quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari, commessi a personale vantaggio dell’amministratore di fatto, con il conseguente venir meno della stessa ratio che giustifica l’applicazione del suddetto art. 7, diretto a sanzionare la sola societ à con personalit à giuridica, dovendosi pertanto ripristinare la regola generale, secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito (Cass., 20 ottobre 2021, n. 29038; 22 novembre 2021, n. 36003).
Questa Corte ha peraltro avvertito che, nell’interposizione del gestore “uti dominus” alla societ à di capitali interposta, non ha rilievo il rapporto fiscale di quest’ultima, ma quello che fa capo direttamente all’interponente, sicch é la fattispecie esula dal disposto di cui all’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 e le violazioni, pur formalmente dell’ente collettivo, vanno riferite all’attività del gestore uti dominus (Cass., 25 luglio 2022, n. 23231). L’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, difatti, trova il suo dir etto riferimento nella condotta dell’interponente, il quale è sanzionato in proprio, in relazione all’avvenuta traslazione dei tributi dell’ente collettivo, con conseguente imputazione anche RAGIONE_SOCIALE condotte evasive. L’attenzione speculare alla compagine sociale ha consentito pertanto di affermare che, perch é difetti la ratio dell’art. 7, d.l. n. 269 del 2003, che sanziona la sola societ à dotata di personalit à giuridica, e sia ripristinata la regola secondo cui la sanzione pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito, è necessario acquisire riscontri probatori, anche presuntivi, valevoli ad escludere la vitalit à della societ à medesima, quand’anche gestita da un amministratore di fatto (Cass., 23 gennaio 2023, n. 1946). La vitalit à , infatti si contrappone alla sua gestione e direzione da parte di un soggetto terzo uti dominus . » (Cass. n.23987/2025).
La questione dovrà quindi essere riesaminata dal giudice del rinvio in ragione della contestazione mossa a ciascuno dei contribuenti, senza che rilevi, anche ai fini RAGIONE_SOCIALE sanzioni, la distinzione amministratore di fatto-di diritto.
Resta assorbito dalla decisione sul secondo motivo il terzo, con cui si lamenta, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ., l’ omesso esame di fatto decisivo con riferimento alle medesime affermazioni della CTR già censurate con il secondo mezzo di impugnazione.
La sentenza impugnata è perciò cassata nei limiti suddetti e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il secondo motivo del ricorso, nei termini di cui in motivazione, rigettato il primo e assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2025
Il Presidente NOME COGNOME