Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3183 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3183 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
Irpef- accertamento sintetico
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12304/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, in forza di procura a margine del ricorso, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma al INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 1171/15 depositata in data 10/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023 dal consigliere dott. NOME COGNOME.
Rilevato che:
LRAGIONE_SOCIALE, emetteva due avvisi di accertamento sintetico con cui recuperava a imposizione, a fini Irpef, maggior reddito di NOME COGNOME, per gli anni di imposta 2006 e 2007, in base alla presenza di beni indice costituiti, per il primo anno, dal possesso di un’abitazione principale, in Cumiana, di un immobile in Courmayeur al 50%, di un’autovettura BMW, di du e collaboratori familiari e del pagamen to del premio di un’assicurazione multirischio; per il 2007, degli stessi indici, tranne il premio assicurati vo e i servizi di un collaboratore, e con l’aggiunta di un immobile in S. Margherita Ligure in locazione. L’accertamento era al netto della prova dei disinvestimenti offerta dalla contribuente.
La contribuente proponeva distinti ricorsi contro i due atti impositivi, evidenziando anche di aver presentato dichiarazione riservata ai sensi dell’art. 13 -bis d.l. n. 78 del 2010, ricorsi che, previa loro riunione, la CTP di RAGIONE_SOCIALE accoglieva.
Contro tale decisione proponeva appello l’ufficio che la RAGIONE_SOCIALE del Piemonte accoglieva.
In particolare, i giudici d’appello , evidenziato preliminarmente in fatto che lo scudo fiscale non aveva ad oggetto somme di denaro, come ritenuto dalla CTP, ma un immobile in Svizzera, escludevano che la prova del possesso di un immobile potesse costituire prova liberatoria prevista dalla disciplina in tema di redditometro, data da un reddito esente o già assoggettato a imposta; per completezza escludevano anche la validità della tesi difensiva per cui l’adesione alla procedura precludesse ogni accertamento, applicabile solo in caso di rimpatrio di attività finanziarie ai sensi dell’art. 12 , secondo le modalità dell’art. 13 d.l. n. 350 del 2001.
Esaminavano pertanto le eccezioni ritenute assorbite, rigettandole; in particolare escludevano la rilevanza dei redditi di locazione dell’immobile, in assenza di un collegamento tra i re dditi e il valore dell’immobile; ritenevano generiche le doglianze relative alla incomprensibilità RAGIONE_SOCIALE regole sottostanti i criteri di calcolo del reddito sintetico e alla motivazione dell’accertamento; ritenevano infondata in fatto la circostanza che ella non avesse la disponibilità dell’appartamento materno a Courmayeur e infondata in diritto la censura relativa alla irrilevanza del possesso di un’abitazione principale e della polizza multirischio, affermata in quanto si trattava di spese non riferibili ad un consumo voluttuario; ritenevano infine nuove alcune ulteriori questioni non proposte in primo grado.
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione la contribuente, in base a sei motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 21/12/2023.
Considerato che:
La ricorrente propone sei motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 14, comma 1, lett. a) e 16, comma 1, d.l. n. 350 del 2001, per aver la CTR ritenuto erratamente che l’esclusione della potestà accertativa operi solo in caso di rimpatrio di attività finanziarie estere e non anche nel caso di regolarizzazione di immobili siti all’estero, in quanto l’art. 16, comma 1, prevede espr essamente che anche in tal caso si producano gli effetti dell’art. 14, limitatamente agli imponibili rappresentati dagli immobili detenuti all’estero.
Con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 14, comma 1, lett. a) e 16, comma 6, d.l. n. 350
del 2001, ritenendo che la regolarizzazione degli immobili esteri precluda l’accertamento sintetico di maggiori imponibili fino a concorrenza degli importi RAGIONE_SOCIALE attività oggetto di regolarizzazione indicati nella dichiarazione riservata.
Con il terzo motivo , in subordine, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 14, comma 1, lett. a) e 16, comma 6, d.l. n. 350 del 2001, in relazione alla omessa considerazione, ai fini della giustificazione dei maggiori redditi accertati, dei redditi percepiti dalla locazione dell’immobile regolarizzato; ciò in quanto l’art. 14, comma 8, d.l. n. 350 del 2001, prevede che anche i redditi derivanti dalle attività finanziarie rimpatriate, e quindi anche di quelle regolarizzate, beneficino degli effetti preclusivi ed estintivi dello scudo fiscale.
Con il quarto motivo , in subordine, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 11 5 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ. , ed afferma l’erroneità della sentenza laddove ha ritenuto di superare la non contestata deduzione difensiva relativa all ‘ esatta quantificazione RAGIONE_SOCIALE spese di manutenzione dell’automobile, che erano state sovrastimate dall’ufficio, in quanto è facoltà del contribuente, nel caso di applicazione del cd. redditometro, dimostrare che le spese sostenute effettivamente sono diverse da quelle presunte.
Con il quinto motivo, in subordine, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 11 5 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ. , e ripropone il quarto motivo, come violazione di legge.
Con il sesto motivo, sempre in subordine, deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 18, comma 2, e 56 d.lgs. n. 546 del 1992 nonché dell’art. 346 cod. proc. civ. , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. , nella parte in cui i
giudici di appello non hanno esaminato l’eccezione relativa alla illegittimità del metodo accertativo in quanto in contrasto con le norme statutarie e con il principio del contraddittorio, costituendo le risultanze dell’accertamento mere presunzioni semplici .
Occorre esaminare congiuntamente primo e secondo motivo, che concernono la medesima questione giuridica.
I motivi non censurano la prima ratio della decisione che è contenuta al par. 2.3. della sentenza, ove la CTR afferma, del tutto correttamente come si vedrà anche successivamente, che, in tema di redditometro, il contribuente ha l’onere di provare che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o che esso non esiste o esiste in misura inferiore, e che la regolarizzazione di un immobile detenuto all’estero non costituisca un reddito esente ovvero già assoggettato a imposta; l’affermazione censurata dal primo e dal secondo motivo è esplicitamente posta (nel par. 2.4) solo «per completezza», in relazione ad altra doglianza riproposta in appello, costituita dall’operare, anche in tal caso, della preclusione dell’accertamento di cui all’art. 14 d.l. n. 350 del 2001.
Ciò premesso i motivi affermano un’efficacia del cd. scudo fiscale in relazione a ogni accertamento tributario entro il limite quantitativo rappresentato dagli imponibili oggetto di regolarizzazione e cioè fino a concorrenza degli importi dichiarati nella dichiarazione riservata, secondo una tesi che già in diverse occasioni non è stata avallata da questa Corte.
Il d.l. n. 78 del 2009, art. 13bis , come convertito, consente la possibilità di far emergere, mediante «rimpatrio» o «regolarizzazione», le attività finanziarie e non finanziarie detenute all’estero in violazione RAGIONE_SOCIALE norme tributarie e di monitoraggio valutario contenute nel d.l. n.
167 del 1990, come convertito, attraverso la presentazione ad un intermediario di una dichiarazione riservata con la quale si procede all’emersione RAGIONE_SOCIALE attività finanziarie e degli investimenti detenuti all’estero, ed il versamento di un’imposta straordinaria, con le modalità degli artt. 14 e ss. del d.l. n. 350 del 2001.
L’art. 16 d.l. n. 350 del 2001 prevede che «In conformità alle disposizioni del Trattato istitutivo della Comunità europea in materia di libera circolazione dei capitali, gli interessati che comunque detengono alla data di entrata in vigore del presente decreto investimenti ed attività all’estero diversi dalle attività di cui all’articolo 15 possono regolarizzare, nel periodo di tempo di cui all’articolo 12, i predetti investimenti e attività con le modalità indicate nel predetto articolo 15, senza obbligo della certificazione ivi prevista. La regolarizzazione produce gli effetti di cui all’articolo 14, ad eccezione del comma 8».
A proposito degli effetti dell’accesso allo scudo fiscale, sono richiamati quelli dell’art. 14, comma 1 , del d.l. n. 350 del 2001, che a sua volta prevede che il rimpatrio RAGIONE_SOCIALE attività finanziarie effettuato ai sensi dell’articolo 12 e nel rispetto RAGIONE_SOCIALE modalità di cui all’articolo 13 preclude, nei confronti del dichiarante e dei soggetti solidalmente obbligati, ogni accertamento tributario e contributivo per i periodi d’imposta per i quali non è ancora decorso il termine per l’azione di accertamento alla data di entrata in vigore del decreto, limitatamente agli imponibili rappresentati dalle somme o dalle altre attività costituite all’estero e oggetto di rimpatrio; e poi, al comma 6, che «In caso di accertamento, gli interessati possono opporre agli organi competenti gli effetti preclusivi e estintivi di cui al comma 1 con invito a controllare la congruità della somma di cui all’articolo 12, comma 1, in relazione all’ammontare RAGIONE_SOCIALE attività indicato nella dichiarazione riservata, ovvero l’effettività della sottoscrizione dei titoli di cui all’articolo 12, comma 2. Previa adesione dell’interessato, le basi imponibili fiscali e
contributive determinate dalle amministrazioni competenti sono definite fino a concorrenza degli importi dichiarati».
Questa Corte ha già avuto modo di precisare che in tema di esercizio del potere d’imposizione sui capitali c.d. «scudati», l’effetto preclusivo del generale potere di accertamento tributario, previsto all’art. 14, comma 1, lett. a), del d.l. n. 350 del 2001, ha natura di misura eccezionale di agevolazione per il contribuente, il quale ha l’onere di fornire la prova della ricorrenza dei suoi presupposti; la limitazione normativa dell’inibizione dell’accertamento in riferimento agli «imponibili rappresentati dalle somme o dalle altre attività costituite all’estero e oggetto di rimpatrio» richiede la dimostrazione di una concreta correlazione oggettiva (quanto meno di compatibilità, se non di immediata derivazione, oltre che cronologica e quantitativa) tra il reddito accertato e la provenienza RAGIONE_SOCIALE somme o dei beni rimpatriati o regolarizzati, nel senso che il reddito non dichiarato, oggetto di accertamento, deve essere collegato alle somme o ai beni emersi a seguito dei rimpatrio, restando pertanto escluse dall’efficacia inibente dello «scudo» tutte quelle fattispecie in cui l’accertamento abbia ad oggetto componenti estranei rispetto alle attività «scudate» e con essi non compatibili (Cass. 30/12/2019, n. 34577; Cass. 22/02/2021, n. 4719; Cass. 08/02/2022, n. 3862; Cass. 20/03/2023, n. 8000), precisando poi ulteriormente che deve escludersi che l’adesione allo scudo importi una limitazione oggettiva – la quale si esaurisca nella mera corrispondenza quantitativa tra le somme rimpatriate e qualsiasi imponibile oggetto di possibile accertamento, come se l’importo di cui alla dichiarazione riservata possa rappresentare una sorta di franchigia opponibile, sino a concorrenza, dal contribuente all’amministrazione finanziaria, rispetto a qualunque tipologia di reddito successivamente accertato (Cass. 06/12/2021, n. 38722) ed a prescindere da qualsiasi ulteriore collegamento, non semplicemente numerico, tra quest’ultimo
e le attività rimpatriate, fornendo così una sorta di lasciapassare per tutte le evasioni eventualmente compiute dal contribuente entro un certo plafond (Cass. 6/11/2023, n. 30776).
I primi due motivi sono quindi infondati.
Il terzo motivo è infondato.
In primo luogo, la CTR ha ritenuto, con affermazione in fatto non censurata adeguatamente, che non vi sarebbe correlazione tra l’immobile e i redditi evidenziati (l’ RAGIONE_SOCIALE avendo dedotto che non vi era prova che i redditi provenissero da tale immobile).
Inoltre, come evidenziato dall’RAGIONE_SOCIALE e come emerge dallo stesso ricorso nonché dalla sentenza, occorre precisare che i redditi percepiti dalla locazione immobiliare non sono stati oggetto di rimpatrio o regolarizzazione (e del resto l’assunto che essi fossero entrati nella disponibilità della contribuente nel 2006-2007 contrasta con il necessario presupposto della detenz ione all’estero alla data del 31/12/2008).
Infine, l’invocato art. 14, comma 8, relativo ai redditi RAGIONE_SOCIALE attività finanziarie, espressamente non è applicabile alla regolarizzazione di immobili di cui all’art. 16, giusta il disposto dell’ultimo periodo di quest’ultimo.
Il quarto ed il quinto motivo ripropongono la medesima doglianza, relativa all’asserita non contestazione RAGIONE_SOCIALE spese sostenute per il mantenimento del bene indice autovettura, inferiori a quelle presuntivamente accertate, doglianza declinata rispettivamente come violazione di norma processuale e come violazione di legge; i motivi sono quindi da esaminare congiuntamente e sono infondati.
Costante orientamento di questa Corte afferma che «la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa (Cass. 13/11/2023, n. 31579; Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933;
Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335), per cui il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni» (Cass. 01/09/2016, n. 17487; in termini analoghi, Cass. 23/07/2007, n. 16284; e rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso i donea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588).
Per le stesse ragioni è altresì infondato il sesto motivo (non solo perché l’omessa pronuncia non sussiste in quanto la CTR ha deciso la doglianza ritenendola generica), in quanto la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa e non una mera presunzione semplice che l’ufficio abbia necessità di integrare a seguito di contraddittorio con il contribuente.
6. Il ricorso va quindi respinto.
Alla soccombenza segue condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, spese che liquida in euro 4.100,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2023.