Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19280 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19280 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/07/2024
Oggetto: studi settore gravità dello scostamento – omessa pronuncia
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 68/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME rappresentato e difeso in forza di procura speciale in atti dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL) e dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME (PEC: EMAIL) con domicilio eletto presso quest’ultim a in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’ RAGIONE_SOCIALE dello RAGIONE_SOCIALE con domicilio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO (PEC: EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 545/31/2015 depositata in data 20/05/2015;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 26/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
–NOME , esercente l’attività di carrozziere, impugnava l’avviso di accertamento notificatogli per l’anno 2007 per maggiore IRPEF, IVA e IRAP sulla base di dati elaborati dagli studi di settore nonché di altri elementi rilevati in sede istruttoria;
-la CTP rigettava il ricorso;
-appellava il contribuente;
-con la pronuncia gravata il giudice di secondo grado ha confermato la decisione di primo grado rilevando in primo luogo la correttezza dello studio di settore applicato al contribuente;
-secondariamente, la CTR ha ritenuto non giustificato il risultato dichiarato poiché non risulta remunerativo di alcun elemento di spesa qual è il costo del venduto RAGIONE_SOCIALE retribuzioni, anche ritenendo che la perdita risulterebbe maggiore se si importasse il fitto del locale che non figura contabilizzato per beni di proprietà;
-ricorre a questa Corte NOME NOME con atto affidato a cinque motivi di impugnazione che illustra con memoria;
-resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso;
Considerato che:
-il primo motivo deduce la violazione dell’art. 132 c. 1 n. 4 c.p.c.; la nullità della sentenza per grave incomprensibilità e illogicità della motivazione; dell’art. 112 c.p.c. per ultrapetizione, per avere il giudice del gravame da un lato mosso il proprio ragionamento da un dato erroneo relativo all’indicazione di una perdita in realtà insussistente nel modello unico 2008; dall’altro per aver incentrato la motivazione sulla non remuneratività del costo del venduto, il cui importo non è indicato né nel modello unico 2008, né nell’avviso di accertamento impugnato; ciò operando, la CTR avrebbe espresso, secondo parte ricorrente, una motivazione viziata da ragionamento manifestamente illogico;
-il motivo è infondato;
-costituiscono principi giurisprudenziali consolidati quelli per cui: a) ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza quando
essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. 61, 1.3.2022, n. 6758; Cass., Sez. 1, 30.6.2020, n. 13248); b) il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. Sez. L, 14.2.2020, n. 3819);
-nel presente caso, il giudice del gravame dà conto, sia pur assai sinteticamente, RAGIONE_SOCIALE ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione con ciò chiarendo le ragioni sottese alla conferma di quel pronunciamento, di guisa che la motivazione si pone al di sopra del c.d. ‘minimo costituzionale’;
-il secondo motivo di ricorso si incentra sulla violazione dell’art. 132 c. 1 n. 4 c.p.c.; esso denuncia la ancora la motivazione apparente della sentenza impugnata e la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39 c. 1 lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 54 c. 2 del d.P.R. n. 633 del 1972 con riferimento alla inapplicabilità dello standard degli studi di settore al caso di specie; la violazione dell’art. 10 c. 2 lett. c) L. 146 del 1998 con riferimento all’assenza di condizioni di normalità nell’esercizio dell’attività imprenditoriale da parte del ricorrente;
-la CTR, secondo parte ricorrente, avrebbe fatto applicazione dello studio di settore TG31U per l’anno 2007 il quale si discostava dall’effettiva capacità reddituale della sua attività come riconosciuto dalla stessa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate in seguito agli accertamenti per gli anni di imposta 2005 e 2006 e dal fatto che
per l’anno 2008 il contribuente al risultato congruo dopo che lo studio era stato modificato da apposito decreto Ministeriale;
-il motivo è infondato;
-la CTR, nel valutare nel merito l’accertamento, ha specificamente apprezzato tutti gli elementi posti a giustificazione della ripresa e, dunque, per prima, la stessa correttezza del cluster applicato, dimostrando di aver operato un accertamento di fatto sulla correttezza del cluster medesimo, anche in ragione del fatto che il contribuente -neppure di fronte a questa Corte -ha mai indicato quale sarebbe stato, in alternativa, lo studio di settore diverso del quale fare applicazione;
-il terzo motivo di doglianza censura la pronuncia impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c.; esso denuncia l’omessa pronuncia su un motivo del ricorso in appello e la violazione falsa applicazione dell’art. 62 sexies del d. L. n. 331 del 1993, dell’art. 39 c.1 lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 54 c. 2 del d.P.R. n. 633 del 1972 con riferimento alla mancanza di gravità dello scostamento dei ricavi dichiarati rispetto a quelli presunti sulla base degli studi di settore; secondo parte ricorrente il giudice del merito di fronte a uno scostamento tra ricavi dichiarati e quelli presunti pari al 14% avrebbe erroneamente ritenuto sussistente il requisito della gravità dello scostamento, necessario per l’applicazione della tipologia di accertamento in argomento;
-il motivo è infondato;
-si tratta, come pare evincersi dal ricorso e dal controricorso di uno scostamento tra i ricavi dichiarati (euro 163.307,00) e quelli presunti (euro 187.143,00) ammontante a euro 23.836,00 che in termini percentuali risulterebbe del 14%;
-orbene, è pur vero che in precedenza questa Corte ha ritenuto come scostamenti solo lievi, e quindi inidonei alla rettifica dei redditi quelli del 4,23% (Cass., 14 luglio 2017, n. 17486), del 7% (Cass., 26 settembre 2014, n. 20414), del 10% (Cass., 2637/2019), del 21% (Cass., 10 novembre 2015, n. 22946), con
la precisazione che la nozione di “grave incongruenza” non può peraltro essere ricavata avendo riguardo in via assoluta e predeterminata, basandosi su precise soglie quantitative fisse di scostamento, essendo, invece, la nozione di indici qui in rilievo di natura relativa;
-essa, pertanto, andrà adattata a plurimi fattori propri della singola situazione economica, del periodo di riferimento ed in generale della stessa storia commerciale del contribuente destinatario dell’accertamento, oltre che del mercato e del settore di operatività;
-nel presente caso, la CTR ha rilevato la antieconomicità della gestione dell’impresa del contribuente, scrivendo che ‘il risultato dichiarato non è giustificato sotto alcun aspetto considerato che non risulta remunerativo di alcun elemento di spesa…. e considerato che la perdita risulterebbe maggiore se si imputasse il fitto del locale che non figura contabilizzato per bene di proprietà’;
-ciò operando, il giudice del merito ha quindi implicitamente rigettato la doglianza riferita al ritenuto non grave scostamento, con ciò dimostrando di avere implicitamente preso in esame prima e disatteso poi l’eccezione posta con il motivo in parola;
-come questa Corte ritiene costantemente nella propria giurisprudenza (tra molte si rimanda alla recente pronuncia Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 12131 del 08/05/2023) è configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza;
-il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d’appello è invero configurabile allorché manchi completamente l’esame di una
censura mossa al giudice di primo grado, mentre non ricorre nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda o con l’eccezione di parte, nel qual caso può parlarsi di statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (Cass., 11 gennaio 2022, n. 531; Cass., 13 agosto 2018, n. 20718; Cass., 6 dicembre 2017, n. 29191; Cass., 14 gennaio 2015, n. 452; Cass., 25 settembre 2012, n. 16254; Cass., 17 luglio 2007, n. 15882; Cass., 19 maggio 2006, n. 11756);
-il quarto motivo censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., dolendosi della omessa pronuncia su un motivo di ricorso in appello, oltre che della violazione dell’art. 39 c. 1 lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 54 c. 2 del d.P.R. n. 633 del 1973 con riferimento alla mancanza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza degli elementi presuntivi fondanti l’avviso di accertamento impugnato, nonché l’assenza di prova da parte dell’Ufficio;
-il motivo è inammissibile;
-esso, nella sua concreta declinazione, si incentra su una valutazione del meritus causae , che chiede a questa Corte di rivedere; operazione che non è consentita in questa sede di Legittimità;
-alla luce della decisione che precede, il successivo quinto motivo, incentrato sulla erroneità della condanna del contribuente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, è assorbito;
-in conclusione, quindi, il ricorso è rigettato;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 2.400 oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della i. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 26 giugno 2024.