Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22823 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 22823 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/08/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1302/2017 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE NAPOLI, con gli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME
– controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la Sentenza delle Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 6846/2016 depositata il 14/07/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi o dichiararsi inammissibile il ricorso principale e rigettarsi il ricorso incidentale.
Uditi l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME per l’Amministrazione ricorrente e l’Avvocato NOME COGNOME per la controricorrente, che hanno richiamato le conclusioni rassegnate in atti.
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento n. TEB03T10006/2014, notificato in data 14/07/2014, l’Ufficio Grandi Contribuenti della Direzione Regionale della Campania accertava, nei confronti dell’Azienda RAGIONE_SOCIALE Napoli (già RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ante trasformazione con effetto dall’aprile 2013), ai sensi degli artt. 39, comma 1, 40 e 41 bis, DPR 600/73, un reddito di impresa pari ad € 11.966.622,00 per l’anno di imposta 2009. Era accertata una maggiore IRES di € 2.624.383,00, oltre ai relativi interessi e sanzioni per un totale complessivo di € 6.560.957,00.
L’accertamento traeva origine e fondamento dalle risultanze emergenti dal processo verbale di constatazione redatto dall’Ufficio Grandi Contribuenti della Direzione Regionale della Campania in data 9 marzo 2012 e dagli elementi contenuti nella segnalazione ai fini Ires per l’anno 2009 facente parte integrante del pvc redatto nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
Con un primo rilievo (‘sub A’) l’Ufficio, sulla base del citato pvc del 09/03/2012, recuperava a tassazione un maggior reddito imponibile pari ad euro 724.057,05, come conseguenza del disconoscimento della deducibilità di un accantonamento che l’azienda speciale aveva stanziato per neutralizzare la tassazione dell’importo degli interessi attivi maturati sui conti correnti, sui quali erano stati ricevuti dei contributi in conto impianti per la realizzazione di infrastrutture di acquedotto, deduzione che l’Agenzia delle entrate riteneva operata in violazione degli artt. 105 – 106 e 107 del Tuir.
Con un secondo rilevo (‘sub B’) veniva recuperato a tassazione un maggior imponibile per complessivi euro 8.819.153,00 ai fini Ires, rappresentati da una variazione in diminuzione per lo stesso importo relativa all’utilizzo del “Fondo pensioni” e del “Fondo contenzioso ex s.p.e.”, ritenuta indebita.
4.1. Con particolare riferimento a tale secondo recupero, nell’atto si rappresentava che i rilievi determinati nell’ambito dell’ attività di controllo prendevano le mosse da un’operazione societaria straordinaria di scissione parziale ex art. 115 D.Lgs. 267/2000 (Tuel) dell’allora azienda speciale del comune di Napoli, la RAGIONE_SOCIALE, la quale, a seguito di delibera n. 200 del Consiglio comunale di Napoli del 30 ottobre del 2000, dava luogo alla costituzione dell’A.RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE di Napoli RAGIONE_SOCIALE in qualità di beneficiaria neo costituita ai sensi dell’art. 115, comma 7 del D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000.
4.2. Al fine di definire il valore dei beni patrimoniali oggetto di scissione, il comma 3 del suddetto art. 115 prevedeva l’obbligo di una perizia giurata di stima; il successivo comma 6 del medesimo articolo stabiliva l’esenzione fiscale del conferimento e dell’assegnazione dei beni degli enti locali e delle aziende speciali alle società neocostituite.
4.3. Ciò premesso, nella fattispecie in questione, la perizia di stima individuava, tra le altre, una passività potenziale, ossia un fondo rischi – pari ad euro 162.425.464 -da iscrivere in capo alla beneficiaria (l’RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE per effetto dell’operazione di scissione parziale, in relazione alla responsabilità sussidiaria, ex art. 2504 decies del c.c. ratione temporis vigente, per i debiti rimasti in capo all’azienda speciale scissa e calcolati dal perito al netto dei crediti altrettanto rimasti in capo alla scissa e nei confronti dei quali la beneficiaria poteva esercitare eventualmente il diritto di rivalsa.
4.4. Nel luglio del 2007 la contribuente rilevava mediante accollo anche i suddetti residui debiti ed acquisiva i crediti nonché le disponibilità liquide dell’azienda speciale, per consentirne la definitiva estinzione.
In contabilità, la contribuente rilevava i debiti acquisiti (e relativi essenzialmente ad un fondo pensioni e ad un fondo contenzioso
collegato allo stesso fondo pensioni relativi al pagamento di future pensioni ovvero esborsi per vertenze in atto con il personale dell’ex azienda speciale) mediante giroconto del fondo rischi da scissione creato in sede di costituzione e, dunque, facente parte del patrimonio fiscalmente rilevante dell’RAGIONE_SOCIALE
4.5. L’Ufficio finanziario rilevava che i due fondi “Fondo pensioni e Fondo contenzioso ex s.p.e.” -in quanto originati dal mero giroconto del “Fondo rischi”- ne avevano assunto la medesima natura fiscale. Il “Fondo rischi” era un fondo dedotto e, pertanto, dedotti – non tassati – dovevano esser ritenuti anche il “Fondo pensioni” e quello “Contenzioso ex s.p.e.”. Da ciò derivava, secondo l’Amministrazione, che non erano state trasferite le poste rettificative delle attività, né erano stati trasferiti i fondi tassati: i rischi e gli oneri alla cui copertura erano stati destinati si erano trasformati in passività certe (in quanto realizzate al momento del conferimento); pertanto era la società conferente che doveva operare -in dichiarazione -una variazione in diminuzione, trattandosi di annullamento di un fondo rischi ed oneri non dedotto ai fini fiscali nei precedenti esercizi.
In capo alla conferitaria il fondo rischi, iscritto successivamente all’atto del conferimento tramite l’utilizzo della riserva di scissione, costituiva pertanto, una passività fiscalmente riconosciuta, ossia un fondo dedotto.
4.6. In virtù della ritenuta rilevanza fiscale dell’elemento passivo patrimoniale rappresentato dal suddetto “fondo rischi da scissione” l’Ufficio, sulla scorta della disciplina sopra riferita, procedeva ad accertare, per l’anno 2007, una sopravvenienza fiscalmente rilevante pari ad euro 30.042.493, corrispondente all’importo del fondo rischi da scissione divenuto esuberante e ridondante sia giuridicamente sia economicamente e, dunque, da stralciare dallo stato patrimoniale societario dell’RAGIONE_SOCIALE; inoltre sempre in virtù della sopra riferita rilevanza fiscale del fondo rischi, l’ufficio
impositore provvedeva al recupero della variazione in diminuzione operata dalla società in sede di dichiarazione dei redditi per l’anno 2007, di cui al rigo RF 58 del modello UNICO SC 2008, in relazione all’utilizzo del fondo stesso per euro 10.552.811 e dovuto, più precisamente, tanto all’utilizzo delle componenti relative agli ex fondi pensione e contenzioso dell’azienda speciale, poi accollati in capo alla Spa, sia al pagamento eseguito nell’anno 2007 sempre dall’RAGIONE_SOCIALE “di danni ante 2001 dell’azienda speciale”.
Per l’anno d’imposta 2009, l’ufficio Grandi Contribuenti provvedeva, sulla scorta di quanto sopra illustrato – sempre in virtù della sopra riferita rilevanza fiscale del fondo rischi – al recupero della variazione in diminuzione operata dalla società in sede di dichiarazione dei redditi di cui al rigo RF 54 del modello UNICO SC 2010, in relazione all’utilizzo del fondo stesso per euro 8.819.153,00 e dovuto più precisamente all’utilizzo delle componenti relative agli ex fondi contenzioso ex s.p.e. (per euro 1.745.068) e fondo pensioni (per euro 7.074.085) dell’azienda speciale.
Avverso l’atto impositivo, in data 24/10/2014, presentava ricorso la società, chiedendone l’annullamento.
Il ricorso veniva accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli, che annullava l’atto impugnato.
Quindi, la CTR della Campania, in parziale accoglimento dell’appello erariale, con la sentenza indicata in epigrafe, limitava l’annullamento al secondo rilievo (‘sub ‘B’) .
Avverso la predetta sentenza ricorre l’Agenzia delle entrate con due motivi.
Resiste la società contribuente con controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi, a sua volta contrastato dall’Amministrazione finanziaria con controricorso .
Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta, chiedendo rigettarsi il ricorso principale ed il ricorso incidentale.
La Difesa erariale e la società contribuente hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale l’Agenzia delle entrate deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., che la Commissione tributaria regionale è incorsa nella violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ., nella parte in cui ha confermato il capo della sentenza di primo grado, con il quale la Commissione tributaria provinciale ha annullato l’avviso di accertamento impugnato con riguardo al rilievo ‘sub B ‘ , di recupero a tassazione di un maggior imponibile a fini IRES, rappresentato da una variazione in diminuzione del medesimo importo relativo all’utilizzo del ‘fondo pensioni’ e del ‘fondo contenzioso ex s.p.e. ‘.
Deduce, in particolare, l’Amministrazione finanziaria che il capo della decisione impugnato è sorretto da una motivazione apparente, avendo la Commissione tributaria regionale omesso di pronunciarsi sulle argomentazioni poste a sostegno dell’atto di appello e avendole, comunque, erroneamente interpretate.
1.1. Il motivo di ricorso è inammissibile, in quanto il medesimo capo della decisione viene censurato in relazione a profili tra loro incompatibili.
Ha a tale riguardo affermato questa Corte che «In tema di ricorso per cassazione, il vizio di omessa pronuncia, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., ricorre ove il giudice ometta completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito di accoglimento o di rigetto ma comunque indispensabile per la soluzione del caso concreto, sulla domanda o sull’eccezione sottoposta al suo esame,
mentre il vizio di omessa motivazione, dopo la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia stato, ma sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico oppure si sia tradotto nella mancanza assoluta di motivazione, nella motivazione apparente, nella motivazione perplessa o incomprensibile o nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» (Cass. Sez. 5, 23/10/2024, n. 27551; Cass. Sez. 5, 05/03/2021, n. 6150).
Con il secondo motivo del ricorso principale l’Amministrazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., denuncia la violazione degli artt. 88 e 109 del TUIR, dell’art. 115 del Tuel, nonché degli artt. 5 e 6 del D.lgs. n. 472/97.
2.1. Argomenta a riguardo l’ Agenzia: che l’art. 115, comma 6, Tuel prevede un’esenzione da imposizione fiscale della plusvalenza formatasi in capo alla dante causa, rendendo possibile l’iscrizione dei beni conferiti e/o assegnati nel bilancio della società beneficiaria entro il limite massimo dei valori di perizia, e dunque l’art. 115 cit. consente di dare pieno riconoscimento fiscale alle valutazioni, risultanti dalla perizia giurata, effettuate in sede di determinazione del patrimonio iniziale della società risultante alla trasformazione dell’Azienda speciale; -che l’operazione di scissione parziale oggetto del presente contenzioso è assimilabile, nella sostanza, ad una operazione di conferimento; – che, pertanto, venendo in rilievo, nella sostanza, un’operazione di trasformazione dell’originaria azienda speciale, sono fiscalmente rilevanti tanto i valori dell’attivo patrimoniale iniziale della società, tanto le poste del passivo, tra le quali rientra il ‘fondo rischi da scissione’ di cui si discute; – che, essendosi la società scissa accollata i debiti e i crediti dell’azienda speciale, è venuta meno la funzione del ‘fondo rischi da scissione’, che deve essere, pertanto, considerato tra le sopravvenienze attive rilevanti ai fini fiscali; -che,
conseguentemente, la Commissione Tributaria Regionale ha errato nel ritenere che fossero deducibili i fondi accantonati per pagare le pensioni e per il ‘contenzioso ex s.p.e.’, avendo essi origine da un fondo fiscalmente rilevante ai sensi dell’art. 115 Tuel.
2.2. Ha, in particolare, osservato la ricorrente che l’accertamento è fondato non sulla circostanza per la quale i costi sostenuti per il pagamento delle pensioni integrative erano da considerarsi deducibili o meno, ma piuttosto sul fatto che il fondo rischi da scissione era da considerarsi fiscalmente rilevante; ragion per cui, venuti meno i motivi che ne avevano determinato la creazione, ossia l’accollo in via principale – da parte di RAGIONE_SOCIALE – dei debiti e crediti dell’allora Arin, Azienda Speciale, e non essendovi altri motivi oggettivi e, dunque, legittimi né di ordine giuridico né di ordine economico, tale fondo, nel 2007, andava stralciato ed andava rilevata corrispondentemente una sopravvenienza attiva parimenti rilevante ai fini fiscali.
Per lo stesso motivo gli usi di detto fondo rischi che, nell’anno 2007, nel 2008 e poi nel 2009 erano stati fatti dalla ricorrente non potevano essere oggetto delle variazioni in diminuzione che, ai fini fiscali, avevano, al pari della mancata sopravvenienza, contribuito a sottrarre a tassazione importi attivi fiscalmente rilevanti.
Sarebbe errato, quindi, parlare dei fondi “pensione” e “contenzioso ex s.p.e.” come fondi tassati, in quanto trattasi di fondi fiscalmente rilevanti, ossia aventi origine da una posta – il fondo rischi da scissione – fiscalmente rilevante o, meglio, espressione di un patrimonio a cui il legislatore del Tuel, con l’art. 115 e per le ragioni sopra evidenziate, avrebbe voluto dare piena rilevanza fiscale e, dunque, il diritto, puntualmente esercitato dalla ricorrente a partire dall’anno 2001, di dedurre, in sede fiscale di determinazione del reddito imponibile per i vari anni d’imposta successivi all’operazione straordinaria, maggiori quote di ammortamento.
2.3. Osserva l’Agenzia delle entrate che l a società neocostituita può infatti iscrivere nel proprio bilancio i beni ricevuti ai maggiori valori risultanti dalla relazione di stima, compreso l’avviamento (se evidenziato in perizia), con pieno riconoscimento fiscale degli stessi e senza che il soggetto assegnante abbia subito alcuna tassazione diretta e indiretta sull’eventuale plusvalenza realizzata.
2.4. A differenza delle ordinarie scissioni realizzate in continuità di valori, in questo caso i maggiori valori dei beni avevano anche rilevanza fiscale, con conseguente riconoscimento dei maggiori ammortamenti ai sensi dell’art. 115 Tuel, che la CTR avrebbe erroneamente interpretato; da ciò deriverebbe che la riserva da scissione è una posta fiscalmente rilevante, ossia ‘ dedotta ‘, e quindi anche il fondo rischi da scissione, che da essa si origina, è una posta di bilancio fiscalmente rilevante.
Le deduzioni fiscali di maggiori quote d’ammortamento, di fatto, rappresentano la contropartita dei vantaggi fiscali che, nella sostanza, l’azienda speciale RAGIONE_SOCIALE avrebbe duplicato con la contestata deduzione anche delle quote di tali suddetti fondi promanati dal fondo rischi da scissione, che sarebbero fondi, in tal senso, “dedotti” e non “tassati”, come hanno rilevato i giudici del secondo grado.
Contesta, inoltre, l’Ufficio l’affermazione della CTR secondo cui l’imputazione a bilancio del fondo rischi da scissione non ha potuto generare maggiori attivi deducibili, ossia maggiori ammortamenti, atteso che tali partite non hanno ridotto il valore delle attività esposte in bilancio e non hanno comportato maggiori ammortamenti da dedurre. Sostiene, al contrario, che i beni sono stati conferiti con pieno riconoscimento dei valori fiscali, ai sensi del citato art. 115 Tuel, e che, pertanto, sui maggiori valori di trasferimento dei beni la beneficiaria aveva usufruito di maggiori ammortamenti, costituendo ciò uno dei vantaggi derivanti
dall’operazione di scissione effettuata nelle forme di cui alla norma citata.
3. Replica la società contribuente che: l’RAGIONE_SOCIALE, nel corso dell’anno 2001, ha perfezionato una scissione parziale ex art. 115 Tuel a favore della neo-costituita RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE, trasferendo a quest’ultima una parte del suo patrimonio; – che una parte ingente dei debiti dell’Azienda Speciale (in parte riferibili a debiti verso il socio Comune di Napoli, in parte relativi all’accantonamento dei costi per pensioni integrative da corrispondere agli ex dipendenti in virtù di un accordo integrativo aziendale approvato nel 1945) non è stata trasferita nel 2001 ad ABC per effetto di tale scissione; – che essendo ABC beneficiaria di una scissione, ha dovuto tenere in considerazione -e rappresentare in bilancio – la sua responsabilità sussidiaria ex art. 2504-decies, comma 2, c.c., e ha dunque stanziato a riduzione della riserva di scissione, e quindi senza generare alcuna componente negativa di reddito, un generico ‘fondo rischi da scissione’; – che tale fondo è di origine civilistica, costituito a fronte di un rischio connaturato alla scissione, e che nel caso di un conferimento non vi sarebbe stato, e non fiscale e, inoltre, è stato alimentato con accantonamenti mai dedotti in precedenti esercizi, circostanza questa mai contestata dall’Amministrazione finanziaria ; – che tale fondo rischi presente nel bilancio di ABC deve essere pertanto qualificato, ai fini fiscali, come ‘tassato’ e non come vorrebbe l’Agenzia delle Entrate, come fondo fiscalmente ‘dedotto’. 3.1. Deduce ancora a tale riguardo RAGIONE_SOCIALE, che: -conferimento e scissione sono due operazioni fisiologicamente diverse, in quanto una riguarda i beni, l’altra i soggetti, e pertanto non possono essere assimilate dal punto di vista fiscale, come invece vorrebbe l’Agenzia; -l’art. 115, comma 6, Tuel, non assimila la scissione al conferimento, ma afferma che alla scissione «si applicano …, per quanto compatibili, le
disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 del presente articolo nonché agli articoli 2504-septies e 2504-decies del codice civile»: detta norma non esclude che alla scissione si applichino anche le norme di cui all’art. 173 TUIR e i principi generali in materia; -l’art. 115, comma 6, Tuel, non può essere interpretato nel senso che le passività non dedotte si trasformano in passività dedotte, dato che la norma si limita a prevedere un’esenzione fiscale, e -contrariamente a ciò che ritiene l’Agenzia -non attribuisce rilevanza reddituale alle passività contabili, né vincola le riserve da scissione che sorgono in virtù dei maggiori valori esposti; l’art. 115 Tuel, differentemente da altre leggi di rivalutazione dei beni, non impone, a fronte della rivalutazione, di vincolare le riserve o i fondi, e ciò a maggior ragione se costituiti successivamente alla scissione, come è il caso del fondo rischi in esame; – essendo il fondo rischi da scissione una voce fiscalmente equivalente alla riserva da scissione, che è una riserva fiscalmente libera da vincoli, da cui è originato perché, come visto, non è stato costituito con accantonamenti fiscalmente dedotti, ma con un giroconto da una riserva libera da vincoli, la conseguenza è che il fondo rischi è, a sua volta, libero da vincoli fiscali, quindi tassato.
Il motivo in esame, da ritenersi ammissibile, non investendo, contrariamente a quanto rilevato dal pubblico ministero nella propria requisitoria, aspetti meritali della controversia, bensì profili di interpretazione della disciplina normativa applicabile è, tuttavia, infondato.
4.1. A tale riguardo deve rilevarsi che ai sensi dell’art. 107, comma 4, del d.P.R. n. 817/97 «non sono ammesse deduzioni per accantonamenti diversi da quelli espressamente considerati dalle disposizioni del presente capo» ed è pacifico che i fondi di accantonamento, per cui è controversia, non rientrano tra quelli ivi previsti; la norma fissa la regola tassativa della inderogabilità degli accantonamenti fiscalmente deducibili e mira a contemperare
principi di certezza, caratteristici del sistema tributario, ed esigenze di valutazione fiscale di poste meramente prudenziali; non rientrando i fondi in oggetto tra gli accantonamenti tassativamente previsti dalle disposizioni sulla determinazione del reddito d’impresa, gli oneri relativi sono deducibili esclusivamente se e nella misura in cui sono effettivamente sostenuti, mancando i requisiti di certezza e obiettiva determinabilità di costi, non ancora effettivamente sostenuti e di cui è assolutamente incerto il sostenimento; «il recupero a tassazione non può avvenire in via di rettifica della dichiarazione inerente ad esercizio posteriore, nel quale vi sia stato prelevamento in tutto od in parte dalla riserva, atteso che tale prelevamento non esprime un reddito del nuovo periodo d’imposta, ma il mero impiego di un reddito pregresso»; (v. Cass. n. 3243 del 19/04/1990; Cass. 28/5/2020 nn. 10122 e 10123; v. ancora, di recente, Cass. n. 12717/2022).
4.2. Gli accantonamenti ai fondi rischi, che esprimono passività incerte sia nello “an” che nel “quantum”, non sono dunque in via generale deducibili e assumono, pertanto, la natura di fondi cd ‘ tassati ‘ . Sono, invece, fondi ‘ dedotti ‘ il TFR, il fondo svalutazione crediti (in parte) e gli altri fondi la cui deducibilità è prevista dal Tuir.
4.3. Nel caso di specie i fondi devono pertanto ritenersi ‘tassati’ per natura, perché derivano d all’accantonamento dei costi per le pensioni integrative e dei costi per un contenzioso pendente, né l’Amministrazione sostiene il contrario, e dunque non possono, in prima analisi, costituire sopravvenienze attive al momento del loro utilizzo.
4.4. Inoltre, con specifico riferimento alla scissione di società, questa Corte ha affermato che «In tema di reddito imponibile delle società, in base ai principi della neutralità e della simmetria fiscale della fusione e della scissione di società (artt. 172 e 173 T.U.I.R.), l’avanzo da annullamento – generato da una serie di operazioni
straordinarie (fusione, scissione, ecc.), che sia riconducibile alla sopravvalutazione del patrimonio netto della società fusa o incorporata rispetto al suo valore effettivo, o alla previsione di perdite ed oneri futuri o di un “badwill” correlato alle attività di tale società – ove sia iscritto, ex art. 2504 bis, comma 4, c.c., tra i fondi per rischi ed oneri nel passivo dello stato patrimoniale della società risultante dalla fusione o della società incorporante e, quindi, sia effettivamente utilizzato per la copertura degli oneri e delle perdite civilistiche della società fusa o incorporata (al momento del loro manifestarsi), è irrilevante sotto il profilo fiscale, nel senso che non determina alcun prelievo tributario» (Cass. Sez. 5, 23/07/2020, n. 15757).
Nulla contestando, in termini generali, in merito agli approdi interpretativi ora evocati , tuttavia l’Agenzia ricorrente deduce che la disciplina speciale, e segnatamente l’art. 115 , comma 7, del Tuel, che dispone che «La deliberazione di cui al comma 1 può anche prevedere la scissione dell’Azienda speciale e la destinazione a società di nuova costituzione di un ramo aziendale di questa» precisando che «Si applicano, in tal caso, per quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 del presente articolo, nonché agli articoli 2504-septies e 2504-decies del codice civile» escluderebbe l’applicazione della restante disciplina in materia di scissione, e in particolare, della disciplina generale del Tuir in materia di tassazione degli accantonamenti.
5.1. Ciò in quanto, a differenza delle ordinarie scissioni realizzate in continuità di valori, in questo caso, i maggiori valori dei beni hanno anche rilevanza fiscale, con conseguente riconoscimento dei maggiori ammortamenti, come effetto voluto dall’art. 115 Tuel, e questo comporterebbe la rilevanza fiscale -anche -dei fondi che per regola generale non l’avrebbero .
La doglianza è infondata.
6.1. La norma speciale, infatti, non esclude espressamente l’applicazione della disciplina generale del Tuir in materia di tassazione dei fondi, né tale disciplina, che discende dai principi generali della neutralità e della simmetria fiscale della fusione e della scissione di società, di cui agli artt. 172 e 173 Tuir, presenta profili di incompatibilità con la disciplina speciale di cui all’art. 115 , comma 7, del Tuel.
6.2. Non appare, infine, conferente la deduzione dell’Agenzia laddove, evocando la disciplina in materia di conferimenti, valorizza la ‘contropartita’ in termini di maggiore valore di ammortamento che sarebbe consentita dal l’art. 115, comma 6, cit., secondo cui «Il conferimento e l’assegnazione dei beni degli enti locali e delle aziende speciali alle società di cui al comma 1 sono esenti da imposizioni fiscali, dirette e indirette, statali e regionali» e dal dettato del successivo comma 7, ove si dispone che «La deliberazione di cui al comma 1 può anche prevedere la scissione dell’Azienda, speciale e la destinazione a società di nuova costituzione di un ramo aziendale di questa».
6.3. Quanto affermato dalla Difesa erariale dalla disciplina non è infatti evincibile dalle disposizioni evocate, che si limitano a prevedere un’esenzione fiscale, e non attribuiscono rilevanza reddituale alle passività contabili né vincolano le riserve da scissione, fermo restando, inoltre, che conferimento e scissione sono due operazioni ontologicamente diverse che la norma non assimila in alcun modo ai fini fiscali.
6.4. Deve pertanto affermarsi il seguente principio di diritto: «In tema di reddito imponibile delle società, nella ipotesi di scissione societaria prevista dall’art. 115, settimo comma, del Testo unico del 18/08/2000 n. 267 (T.U.E.L.), detta disciplina non deroga ai principi della neutralità e della simmetria fiscale della fusione e della scissione di società (artt. 172 e 173 T.U.I.R.), né opera una equiparazione quoad effectum tra scissione e conferimento; ne
consegue che l’avanzo generato dalla operazione straordinaria, che sia riconducibile alla previsione di perdite ed oneri futuri, ove sia iscritto, ex art. 2504 bis, comma 4, c.c., tra i fondi per rischi ed oneri nel passivo dello stato patrimoniale della società risultante dalla scissione e, quindi, sia effettivamente utilizzato per la copertura degli oneri e delle perdite civilistiche della società (al momento del loro manifestarsi), è irrilevante sotto il profilo fiscale, nel senso che non determina alcun prelievo tributario».
Con il primo motivo di ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 , c.p.c., che la Commissione tributaria regionale è incorsa nella violazione degli artt. 88 e 110 t.u.i.r. nella parte in cui, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia, ha affermato che gli interessi attivi maturati sui contributi in conto impianti debbono essere tassati nel periodo di maturazione.
7.1. Sostiene la contribuente che le argomentazioni addotte dai giudici di appello non sono condivisibili, perché: – gli interessi attivi sono maturati su contributi ricevuti in conto impianti per la realizzazione di un’opera pubblica, che, in base alla vigente normativa, non concorrono a formare il reddito nell’anno in cui sono ricevuti e che sono destinati ad essere restituiti, nel caso in cui l’opera pubblica non sia eseguita; – conseguentemente, gli interessi attivi de quibus, riferendosi ai suddetti contributi, debbono essere ad essi assimilati e vanno imputati, unitamente ai contributi, a riduzione del costo delle immobilizzazioni acquisite con gli interessi attivi, non potendo seguire un trattamento diverso da quello proprio del capitale di riferimento ai fini del trattamento fiscale.
7.2. Il motivo è infondato.
7.3. Si richiama a tale riguardo l’orientamento espresso da questa Corte, in relazione ad una fattispecie analoga a quella in esame, secondo cui «gli interessi su depositi bancari, in mancanza di un
titolo di esenzione oggettivo riferibile all’ente in quanto tale, costituiscono redditi da capitale per il combinato disposto di cui agli artt. 6 e 44, comma 1, lett. a, t.u.i.r, come tali soggetti ad imposizione, restando priva di rilievo la provenienza delle somme depositate trattandosi di requisito in alcun modo contemplato dalle norme in questione». Muovendo da tale considerazione, è stato affermato il seguente principio: «in caso di finanziamento erogato da ente pubblico (nella specie, la ex Cassa del Mezzogiorno), gli interessi attivi maturati sul conto di deposito bancario costituiscono ricavi, soggetti ad imposizione, ove il destinatario non assuma la qualità di gestore di fondo rotativo ma sia l’utilizzatore delle somme per la realizzazione delle opere, senza che assuma rilievo la natura vincolata del finanziamento stesso» (Cass. 23 gennaio 2019, n. 1775).
Con il secondo motivo di ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 , c.p.c., che la Commissione Tributaria Regionale è incorsa nella violazione e falsa applicazione dell’art. 10, l. n. 212/2000, dell’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 472/1997 e dell’art. 8 d.lgs. n. 546/1992 nella parte in cui ha dichiarato legittima la ripresa a tassazione degli interessi attivi su contributi in conto impianti e ha confermato l’irrogazione delle relative sanzioni.
8.1. Sostiene la contribuente che nella specie la disapplicazione delle suddette sanzioni sarebbe giustificata, in applicazione del principio di buona fede e di affidamento sanciti dalle disposizioni invocate ed essendovi una oggettiva incertezza normativa sul trattamento fiscale di tali interessi.
8.2. Il motivo è infondato, alla luce del costante orientamento di legittimità.
8.3. Questa Corte ha di recente ribadito (cfr. Cass. Sez. T. 29.01.2024, n. 2604) che «In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il potere delle commissioni tributarie
di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni in caso di obiettive condizioni di incertezza su portata e ambito di applicazione delle norme cui la violazione si riferisce potere riconosciuto dall’art. 39 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (applicabile “ratione temporis”), tenuto fermo dall’art. 8 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e ribadito, con più generale portata, dall’art. 6, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 – sussiste quando la disciplina normativa da applicare si articoli in una pluralità di prescrizioni, con un coordinamento concettualmente difficoltoso per equivocità di contenuto, derivante da elementi positivi di confusione, il cui onere di allegazione grava sul contribuente» (Cass., 24 luglio 2013, n. 18031) e che «Sia nel vigore dell’articolo 39 bis del D.P.R. n. 636 Corte di Cassazione, sia in forza dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 546 del 1992, l’incertezza interpretativa che giustifica il provvedimento con il quale il giudice tributario dichiari non applicabili le sanzioni non penali deve essere oggettiva e non soggettiva, atteso che la norma espressamente richiede si verifichino obiettive condizioni di incertezza» (Cass., 8 agosto 2005, n. 16707).
In conclusione, il ricorso principale ed il ricorso incidentale devono essere rigettati, con integrale compensazione delle spese di legittimità, in ragione dell’esito del giudizio.
Rilevato che risulta soccombente, in relazione al ricorso principale, l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, ad essa non si applica il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1quater (Cass., 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 05/06/2025.