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Scissione societaria e fondi rischi: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22823/2025, ha stabilito i principi fiscali applicabili a una scissione societaria di un’azienda speciale di un ente locale. La Corte ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, confermando che un fondo rischi generato durante l’operazione non costituisce una passività fiscalmente dedotta. Di conseguenza, il suo successivo utilizzo non genera una sopravvenienza attiva tassabile, in applicazione del principio di neutralità fiscale. La Corte ha inoltre respinto il ricorso incidentale della società, confermando che gli interessi maturati su contributi pubblici in conto impianti sono tassabili come redditi di capitale.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Scissione societaria e fondi rischi: la Cassazione conferma la neutralità fiscale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un’importante questione fiscale relativa alla scissione societaria di un’azienda speciale di un ente locale. La decisione chiarisce il trattamento tributario dei fondi rischi creati in tale contesto, applicando i principi generali di neutralità e simmetria fiscale anche quando l’operazione è disciplinata da norme speciali come l’art. 115 del Testo Unico degli Enti Locali (T.U.E.L.).

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione Finanziaria a una società di gestione del servizio idrico, nata dalla trasformazione di un’azienda speciale di un ente locale. L’accertamento contestava una variazione in diminuzione operata dalla società, relativa all’utilizzo di fondi precedentemente accantonati per coprire oneri futuri legati a pensioni e a un contenzioso con ex dipendenti.

Questi fondi erano stati originati da un più generico “fondo rischi da scissione”, istituito durante l’operazione di trasformazione dell’azienda speciale in società per azioni. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, questo fondo doveva considerarsi fiscalmente “dedotto” e, pertanto, il suo utilizzo non avrebbe dovuto generare una deduzione, ma anzi, l’insussistenza del rischio avrebbe dovuto comportare la tassazione di una sopravvenienza attiva.

La posizione dell’Amministrazione nella scissione societaria

L’Amministrazione Finanziaria basava la sua tesi su un’interpretazione dell’art. 115 del T.U.E.L. Questa norma, nel disciplinare la trasformazione di aziende speciali, consente un’esenzione fiscale sulla plusvalenza emergente e il riconoscimento fiscale dei maggiori valori degli attivi conferiti. Secondo il Fisco, questo regime speciale avrebbe reso l’intera operazione fiscalmente rilevante, trasformando anche le passività, come il fondo rischi, in elementi “dedotti”. Di conseguenza, venendo meno lo scopo del fondo, l’importo residuo avrebbe dovuto essere tassato come sopravvenienza attiva.

La Commissione Tributaria Regionale aveva parzialmente annullato l’accertamento, ritenendo legittimo l’operato della società. Contro questa decisione, l’Amministrazione ha proposto ricorso in Cassazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, fornendo una chiara interpretazione del rapporto tra la disciplina speciale del T.U.E.L. e i principi generali del diritto tributario in materia di operazioni straordinarie.

Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione tra “fondi tassati” e “fondi dedotti”. I fondi per rischi e oneri, la cui deducibilità non è espressamente prevista dalla legge, sono considerati “fondi tassati”. Ciò significa che sono costituiti con utili che hanno già scontato l’imposizione fiscale. Di conseguenza, il loro successivo utilizzo per coprire i costi per cui erano stati creati è un evento fiscalmente neutro, che non genera né deduzioni né sopravvenienze tassabili.

La Corte ha affermato che la disciplina speciale dell’art. 115 del T.U.E.L. non deroga a questo principio fondamentale. La norma speciale si limita a prevedere un’esenzione fiscale per la plusvalenza in capo alla scissa e a riconoscere fiscalmente i maggiori valori degli attivi per la beneficiaria, ma non si estende alle passività. Non trasforma, quindi, un fondo rischi (che per sua natura è “tassato”) in un fondo “dedotto”.

Inoltre, i giudici hanno ribadito che la scissione societaria è governata dal principio di neutralità fiscale (art. 173 del TUIR), secondo cui l’operazione non deve determinare l’emersione di materia imponibile. Assimilare il fondo rischi a una passività dedotta violerebbe questo principio, creando un prelievo fiscale ingiustificato.

Per quanto riguarda il ricorso incidentale della società sulla tassazione degli interessi maturati su contributi pubblici, la Corte lo ha respinto. Ha confermato il proprio orientamento secondo cui tali interessi costituiscono redditi di capitale e sono soggetti a tassazione autonoma, a prescindere dalla natura vincolata delle somme su cui maturano.

Le conclusioni

La sentenza stabilisce un importante principio di diritto: la disciplina speciale prevista dall’art. 115 del T.U.E.L. per la scissione societaria di aziende speciali non deroga ai principi generali di neutralità e simmetria fiscale per quanto riguarda le passività. Un fondo rischi creato in tale operazione mantiene la sua natura di “fondo tassato”, e il suo utilizzo è fiscalmente irrilevante. Questa decisione rafforza la certezza del diritto nelle operazioni di riorganizzazione che coinvolgono enti pubblici, garantendo che le norme speciali non vengano interpretate in modo da creare asimmetrie e oneri fiscali impropri.

Un fondo rischi creato durante una scissione societaria speciale di un’azienda pubblica è fiscalmente dedotto?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, nonostante il regime speciale dell’art. 115 T.U.E.L., un fondo accantonato per rischi futuri e incerti mantiene la sua natura di “fondo tassato” (cioè non dedotto fiscalmente). La norma speciale non trasforma le passività non deducibili in passività deducibili.

L’utilizzo di un “fondo tassato” per coprire costi specifici genera una sopravvenienza attiva tassabile se il fondo risulta esuberante?
No. Poiché il fondo è stato costituito con risorse già tassate, il suo successivo utilizzo è fiscalmente neutro. Se il fondo si rivela eccessivo o il suo scopo viene meno, la sua eliminazione non costituisce una sopravvenienza attiva tassabile, ma semplicemente la liberazione di una riserva di patrimonio netto.

Gli interessi attivi maturati su contributi pubblici in conto impianti sono tassabili?
Sì. La Corte ha confermato il suo orientamento consolidato secondo cui gli interessi maturati su depositi bancari, anche se le somme provengono da contributi pubblici vincolati a uno scopo specifico, costituiscono redditi da capitale e sono soggetti a imposizione autonoma, separatamente dal trattamento fiscale del contributo stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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