Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21064 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21064 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22898/2023 R.G., proposto
DA
Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, ove per legge domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL );
RICORRENTE
CONTRO
fallimento della ‘ RAGIONE_SOCIALE, con sede in Varese, in persona del curatore pro tempore , autorizzato a resistere nel presente procedimento in virtù di decreto reso dal giudice delegato presso il Tribunale di Varese il 20 dicembre 2023, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Milano, ove elettivamente domiciliato (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL ), giusta procura in allegato al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
.
IMPOSTA DI REGISTRO ATTI GIUDIZIARI SCIOGLIMENTO DI CONTRATTO DI FACTORING DA PARTE DI CURATORE FALLIMENTARE EX ART. 72 L.F.
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia il 18 aprile 2023, n. 1401/06/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10 aprile 2025 dal Dott. NOME COGNOME
CONSIDERATO CHE:
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia il 18 aprile 2023, n. 1401/06/2023, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione per l’imposta di registro n. 2020/001/SC/000000663/0/003 nei confronti del fallimento della RAGIONE_SOCIALE per la registrazione della sentenza depositata dal Tribunale di Varese il 23 novembre 2020, n. 663, con la quale, a seguito dello scioglimento del curatore del fallimento della ‘ RAGIONE_SOCIALE da contratto di factoring in corso di esecuzione, la ‘ RAGIONE_SOCIALE era stata condannata al pagamento della somma di € 1.563.331,02, oltre ad interessi legali con decorrenza dalla domanda fino al saldo, a favore del fallimento della ‘ RAGIONE_SOCIALE a titolo di restituzione dei corrispettivi per la cessione di crediti futuri non ancora scaduti alla data di iscrizione della domanda di concordato preventivo, ha rigettato l’appello proposto dall ‘Agenzia delle Entrate nei confronti del fallimento della RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Varese il 19 luglio 2022, n. 228/01/2022, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
La Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di primo grado -che aveva accolto il ricorso originario del contribuente ed aveva annullato l’atto impositivo
-sul presupposto che « l’atto impugnato andava annullato non in ragione dell’alternatività IVA/imposta di registro, come ritenuto dal giudice di primo grado sul presupposto della natura di condanna della decisione del Tribunale di Varese, ma perché l’ufficio avrebbe dovuto fare applicazione dell’art. 8, lett. e) Tariffa parte Prima allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, che assoggetta ad imposta in misura fissa l’obbligo restitutorio derivante dall’applicazione delle regole dell’indebito, qual è quello conseguente allo scioglimento del contratto ex art. 72 legge fallimentare ».
Il fallimento della RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a due motivi.
Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunciarsi sul primo motivo di appello in ordine alla preliminare eccezione di non contestazione della pretesa impositiva « circa la tassazione dell’enunciazione del titolo e della condanna al pagamento degli interessi ».
Con tale censura, l’amministrazione finanziaria ha segnalato che « l’oggetto del contendere era solamente la tassazione della condanna al pagamento della somma di € 1.563.331,02 stabilita dal Giudice. Ciò in quanto la ricorrente nulla aveva eccepito circa la tassazione dell’enunciazione del titolo e della condanna al pagamento degli interessi. Le imposte conseguenti risultano pertanto definitive per omessa impugnazione. L’Ufficio aveva chiesto ai Giudici pronuncia su tale punto ». Laddove, « (l)a Commissione Tributaria Provinciale, non
prendendo atto di tale circostanza, ha integralmente annullato l’atto impositivo emesso incorrendo così in una violazione diretta dell’art. 112 c.p.c. ovverosia del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato che impone al giudice di doversi pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa ».
2.1 Il predetto motivo è fondato.
2.2 La sentenza impugnata, nonostante l ‘esplicita menzione di tale eccezione nell’esposizione delle vicende processuali (« Avverso tale decisione ha proposto appello l’Agenzia eccependo la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato poiché la contestazione della parte riguardava solo la tassazione della condanna statuita dal giudice e non anche le altr e poste considerate dall’ufficio (enunciazione contratto e interessi), che dovevano ritenersi definitive in quanto non contestate, men tre l’annullamento aveva riguardato tutto l’atto impositivo »), ha omesso di esaminarla (e deciderla) ed ha confermato l’annullamento dell’atto impositivo .
2.3 Dal canto suo, la controricorrente ha eccepito che: « Quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate è, tuttavia, smentito dall’esame della domanda principale proposta con il ricorso introduttivo del primo grado era la seguente: (pag. 12 dell’All. 2):
‘Sulla base di quanto precede, RAGIONE_SOCIALE in fallimento, come sopra rappresentata e difesa
CHIEDE
Volersi accogliere le seguenti conclusioni, previa sospensione in via preliminare -degli effetti esecutivi dell’atto impugnato:
In via principale, volersi dichiarare illegittimo, nullo e/o annullare l’avviso di liquidazione impugnato nella sua interezza per carenza di motivazione;
In via subordinata, volersi dichiarare illegittimo e/o nullo e/o annullare l’avviso di liquidazione impugnato, quanto all’importo liquidato pari a € 46.9000,00, si riferisce ad imposte non dovute per i motivi di cui in narrativa;
Con condanna dell’Ufficio a pagare le spese e le competenze professionali di lite.’
È evidente, dunque, che la domanda principale investiva l’avviso di liquidazione …nella sua interezza…e non limitatamente all’importo dell’imposta di registro di € 46.900,00 relativamente alla condanna per € 1.563.331,02, per carenza di motivazione, come si evince dalle conclusioni sopra riportate ».
2.4 Invero, il vizio di omessa pronunzia ex art. 112 cod. proc. civ. è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito (come quella attinente alla parziale incontrovertibilità della pretesa impositiva), e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito (tra le tante: Cass., Sez. 3^, 11 ottobre 2018, n. 25154; Cass., Sez. 5^, 8 marzo 2019, n. 6811; Cass., Sez. 6^-5, 15 ottobre 2019, n. 25958; Cass., Sez. 5^, 23 ottobre 2019, n. 27096; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2020, n. 22007; Cass., Sez. 5^, 4 dicembre 2020, n. 27804; Cass., Sez. 5^, 5 novembre 2021, n. 31855; Cass., Sez. 6^5, 23 dicembre 2021, n. 41362; Cass., Sez. 3^, 16 ottobre 2024, n. 26913; Cass., Sez. Trib., 25 febbraio 2025, n. 4907). Quindi, nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ. postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e
ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi; pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del ” fatto processuale “, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (tra le tante: Cass., Sez. 2^, 14 ottobre 2021, n. 28072; Cass., Sez. 5^, 4 maggio 2022, n. 14172; Cass., Sez. 3^, 13 giugno 2023, n. 16899).
2.5 Soddisfatte le condizioni di ammissibilità della censura, se ne può desumere che la sentenza impugnata ha effettivamente omesso di pronunciarsi in ordine alla ‘ non contestazione ‘ della contribuente circa l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa sull’enunciazione del contratto e sulla condanna agli interessi moratori e non ha conseguentemente tenuto conto della carenza di corrispondenza del petitum al decisum per l’annullamento dell’atto impositivo anche per la parte non contestata della pretesa impositiva, pervenendo alla conclusione che « l’atto impugnato andava annullato non in ragione dell’alternatività IVA/imposta di registro, come ritenuto dal giudice di primo grado sul presupposto della natura di condanna della decisione del Tribunale di Varese, ma perché
l’ufficio avrebbe dovuto fare applicazione dell’art. 8, lett. e) Tariffa parte Prima allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, che assoggetta ad imposta in misura fissa l’obbligo restitutorio derivante dall’applicazione delle regole dell’indebito, qual è quello conseguente allo scioglimento del contratto ex art. 72 legge fallimentare ».
2.6 Nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass., Sez. 5^, 28 ottobre 2015, n. 21968; Cass., Sez. 5^, 20 luglio 2016, n. 14878; Cass., Sez. 5^, 28 giugno 2017, n. 16171; Cass., Sez. 5^, 27 aprile 2018, n. 10217; Cass., Sez. 5^, 16 maggio 2019, nn. 13128 e 13136; Cass., Sez. 1^, 17 dicembre 2020, n. 28903; Cass., Sez. 6^-5, 24 maggio 2021, n. 14208; Cass., Sez. 6^5, 19 luglio 2022, n. 22605; Cass., Sez. 3^, 16 giugno 2023, n. 17416; Cass., Sez. Trib., 17 ottobre 2023, n. 28794; Cass., Sez. Trib., 7 marzo 2024, nn. 6128, 6138 e 6186; Cass., Sez. Trib., 4 ottobre 2024, nn. 26047 e 26055; Cass., Sez. Trib., 12 gennaio 2025, n. 791).
2.7 Nella specie, quindi, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, l’eccezione sulla mancata corrispondenza del chiesto al pronunciato può essere scrutinata dal giudice di legittimità. Ciò posto, dal ricorso originario -che è stato prodotto dalla ricorrente in sede di legittimità – si evince che non vi era stata alcuna censura della contribuente su ll’ enunciazione e sugli
interessi moratori, per cui il giudice di appello è palesemente incorso in extra-petizione con la pronuncia sull ‘intera consistenza della pretesa impositiva.
Per costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, è ravvisabile il vizio di extra-petizione soltanto allorquando il giudice di appello pronunci oltre i limiti delle richieste e delle eccezioni fatte valere dalle parti, oppure su questioni non dedotte e che non siano rilevabili d’ufficio, attribuendo alle parti un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato; non è, invece, precluso al giudice del gravame l’esercizio del potere-dovere di qualificare diversamente i fatti, con il solo limite di non esorbitare dalle richieste contenute nell’atto di impugnazione e di non introdurre nuovi elementi di fatto nell’ambito delle questioni sottoposte al proprio esame (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 28 luglio 2017, n. 18830; Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2021, n. 8716; Cass., Sez. 5^, 22 luglio 2021, n. 21057; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10897; Cass., Sez. 6^-5, 18 maggio 2022, n. 15992; Cass., Sez. Trib., 15 maggio 2023, n. 13265; Cass., Sez. Trib., 24 giugno 2024, nn. 17319, 17330 e 17341; Cass., Sez. Trib., 15 febbraio 2025, n. 3850). In particolare, poi, il potere-dovere del giudice di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del petitum e della causa petendi , sostanziandosi nel divieto d’introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di ” ultra ” o ” extra ” petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione ( petitum o causa petendi ), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto ( petitum immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso ( petitum mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle
eccezioni fatte valere dai contraddittori (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 11 aprile 2018, n. 9002; Cass., Sez. 5^, 23 ottobre 2020, n. 23229; Cass., Sez. 5^, 6 maggio 2021, n. 11984; Cass., Sez. 6^-5, 3 novembre 2021, n. 31258; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, nn. 10897 e 10905; Cass., Sez. 6^-5, 18 maggio 2022, n. 15992; Cass., Sez. Trib., 6 agosto 2024, n. 22234; Cass., Sez. Trib., 21 febbraio 2025, n. 4625).
2.8 In definitiva, il giudice di appello non ha rispettato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, decidendo su questione estranea al thema decidendum delineato nel ricorso originario dalla stessa contribuente, la quale aveva censurato -oltre all’adeguatezza motivazionale dell’avviso di liquidazione soltanto la debenza dell’imposta di registro in misura proporzionale con l’aliquota del 3% sulla condanna restitutoria (con tale incipit : « Benché quanto precede sia assorbente, si rileva che la tassazione in misura proporzionale del 3% sulla somma di € 1.563. 331,02, alla luce dell’esame della sentenza del Tribunale di Varese, non è legittima »).
3. Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell’art. 8 , comma 1, lett. b) ed e), della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nonché dell’art. 72 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che « la fattispecie in esame ( id est tassazione della statuizione di condanna) dovrebbe essere ricondotta nell’alveo della tassazione in misura fissa ai sensi dell’art. 8 Tariffa P.P. DPR 131/86 lettera e), che regola la tassazione degli ‘Atti che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto ancorchè portanti condanna alla restituzione di denaro o beni o la risoluzione del contratto’. La
decisione cui sono pervenuti i giudici di secondo grado è affetta da error in iudicando per violazione e falsa applicazione dell’art. 8 lettere b) ed e) della Tariffa Parte prima allegata al DPR 131/86 e all’art. 72 l. fall.. In realtà, l’art. 72 della legge fallimentare non fa riferimento alcuno ad ipotesi di nullità o annullamento del contratto ».
3.1 Il predetto motivo è fondato.
3.2 Questa Corte, con consolidato orientamento interpretativo, ha statuito che la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria fallimentare, producendo l’effetto giuridico del recupero alla procedura esecutiva di beni che ne erano in precedenza assenti e realizzando un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento, è soggetta ad aliquota proporzionale ai sensi dell’art. 8, primo comma, lett. b), della tariffa -parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, il quale assoggetta ad imposta in misura proporzionale i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori (comportanti, quindi, un trasferimento di ricchezza), mentre la lett. e) del medesimo articolo, norma speciale e di stretta interpretazione, determina l’imposta in misura fissa in relazione ai provvedimenti che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni o la risoluzione di un contratto (dunque, in funzione meramente restitutoria e ripristinatoria della situazione patrimoniale anteriore) (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 12 ottobre 2012, n. 17584; Cass., Sez. 5^, 6 novembre 2013, n. 24954; Cass., Sez. 5^, 7 luglio 2017, n. 16814; Cass., Sez. 5^, 4 dicembre 2018, n. 31277; Cass., Sez. 6^-5, 13 maggio 2019, n. 12685; Cass., Sez. 5^, 23 febbraio 2021, n. 4740; Cass., Sez. Trib., 8
marzo 2023, n. 6875; Cass., Sez. Trib., 3 aprile 2024, n. 8777).
Invero, la sentenza che pronuncia la revocatoria fallimentare di una cessione del credito ovvero di un pagamento « possiede contenuti ed effetti diversi dalle sentenze di nullità o annullamento di un atto o di risoluzione di un contratto, dal momento che, a differenza di queste, essa non opera alcuna caducazione dell’atto impugnato, che rimane in vita sia pure privo di efficacia nei confronti del fallimento e della procedura esecutiva .». In dette evenienze, la sentenza di revocatoria fallimentare « non comporta un ripristino della situazione anteriore, ma un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento, che vede incrementata la massa fallimentare. L’effetto giuridico della sentenza che accoglie l’azione di revocatoria fallimentare e dispone le conseguenti restituzioni è infatti ravvisabile, … nel mero recupero alla procedura esecutiva di beni che ne erano in precedenza assenti, situazione che realizza, per l’appunto, un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento »
3.3 A non diversa conclusione, a maggior ragione, si deve pervenire in relazione alla diversa previsione dell’art. 72 , primo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, a tenore del quale: « 1. Se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l’esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente Sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto ».
A tal proposito, la giurisprudenza di legittimità è ferma nell’enunciazione del principio secondo cui la scelta del curatore fallimentare di sciogliersi, in applicazione dell’art. 72 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, da un contratto ancora in corso di esecuzione al momento della dichiarazione di fallimento di una delle parti non è assimilabile all’esercizio della facoltà di recesso e fa venire meno il vincolo contrattuale con effetto ex tunc , nel senso che deve essere ripristinata la situazione anteriore alla stipula del contratto, così che le restituzioni e i rimborsi opereranno secondo la disciplina dettata dalle norme dell’indebito, in quanto l’efficacia retroattiva della scelta priva di titolo sin dall’origine le prestazioni eseguite (in questo senso: Cass., Sez. 1^, 24 luglio 2015, n. 15561; Cass., Sez. 1^, 20 dicembre 2021, n. 40785).
Ne consegue la palese insussistenza del presupposto delineato dall’art. 8, primo comma, lett. e), della tariffa -parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, con riguardo agli atti giudiziari « che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni, o la risoluzione di un contratto », atteso che la dichiarazione di scioglimento unilaterale del curatore fallimentare dal contratto in corso di esecuzione non è assimilabile ad alcuna delle vicende caducatorie ivi menzionate.
3.4 E tanto emerge ictu oculi dalla stessa sentenza soggetta a registrazione, la quale, in relazione al contratto di factoring in corso di esecuzione tra la ‘ RAGIONE_SOCIALE e la ‘ RAGIONE_SOCIALE , sin da epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento di quest’ultima, per un verso, ha dichiarato l ‘ efficacia delle cessioni di crediti sino alla data del l’ 8 aprile 2013 (cioè, sino alla proposizione della domanda di concordato preventivo)
e l’ opponibilità nei confronti del f allimento della ‘ RAGIONE_SOCIALE con conseguente diritto per la ‘ RAGIONE_SOCIALE.p.A RAGIONE_SOCIALE‘ di trattenere le somme incassate per le predette cessioni; per altro verso, ha dichiarato l’obbligo della ‘ RAGIONE_SOCIALE.p.A .RAGIONE_SOCIALE di restituire, a seguito della dichiarazione di fallimento e dello scioglimento unilaterale del curatore del fallimento della ‘ RAGIONE_SOCIALE , la somma di € 1.563.331,02 con gli interessi legali dalla domanda giudiziale fino all ‘ effettivo saldo.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, quindi, valutandosi la fondatezza dei motivi dedotti, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 10 aprile 2025.