Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21177 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 21177 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 30977/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-ricorrente e controricorrente incidentale-
contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrenti e ricorrenti incidentali- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. NAPOLI n. 3482/2019 depositata il 17/04/2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 09/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto sia del ricorso principale che di quello incidentale;
Uditi l’AVV_NOTAIO per l’RAGIONE_SOCIALE e l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per i contribuenti.
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Napoli ha rigettato il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, titolare di un centro raccolta scommesse ovvero centro trasmissione dati (CTD) per conto della RAGIONE_SOCIALE, avverso l’avviso di accertamento relativo al mancato pagamento dell’imposta unica sulle scommesse di cui all’art.1 d.lgs. n. 504/1998 per gli anni 2010 e 2011.
Gli ex soci della società, nel frattempo cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto appello che la Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Campania, preso atto dell’annullamento in autotutela dell’avviso relativo al 2010, ha accolto limitatamente alle sanzioni, ritenendo la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 6 comma 2 d.lgs. n. 472/1997 e di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni alle quali si riferisce la pretesa tributaria.
Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE che si è affidata ad un motivo.
Hanno resistito con controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME che propongono ricorso incidentale fondato su quattro motivi, illustrati con memoria con la quale si è sollecitato rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia.
Avverso il ricorso incidentale l’RAGIONE_SOCIALE resiste con apposito controricorso.
Con ordinanza interlocutoria depositata il 14.1.2023 si è rimessa la causa alla pubblica udienza a seguito della quale i contribuenti hanno depositato altra memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo l’RAGIONE_SOCIALE deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 2 d.lgs. n. 472/1997, richiamato dall’art. 5 comma 6, d.lgs. n. 504/1998 e dell’art. 10 della legge n. 212/2000, laddove la CTR ha riconosciuto l’esimente in tema di sanzioni in quanto dopo l’entrata in vigore (01.01.2011) RAGIONE_SOCIALE norme interpretative di cui all’art. 1 comma 66 legge n. 220/2010, non residua alcun margine di incertezza in ordine all’assoggettamento dei CTD all’imposta pretesa.
Con il primo motivo di ricorso incidentale i contribuenti deducono, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art.1 comma 2 lett. b) legge n. 288/1998, degli artt. 1326, 1327 e 1336 c.c. per aver la CTR ritenuto sussistente il profilo territoriale del presupposto di applicazione del tributo.
Con il secondo motivo deducono in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 56 TFUE e dei principi del diritto dell’Unione di parità di trattamento e non discriminazione, con riferimento all’art. 3 d.lgs. n. 504/12998, come interpretato dall’art. 1 comma 66 legge n. 220/2010, chiedendo in subordine rinvio pregiudiziale ex art. 267 comma 3 TFUE, alla stessa stregua del rinvio pregiudiziale proposto alla Corte di giustizia con ordinanza n. 565/2018 della CTP di Parma.
Con il terzo motivo deducono in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 56 TFUE e dei principi del diritto dell’Unione della libera prestazione di servizi e di
parità di trattamento, non discriminazione e proporzionalità, con riferimento all’art. 3 d.lgs. n. 504/12998, come interpretato dall’art. 1 comma 66 legge n. 220/2010, chiedendo in subordine rinvio pregiudiziale ex art. 267 comma 3 TFUE.
5. Con il quarto motivo deducono, in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 36 comma 2 n. 4 d.lgs. n. 546/1992 per non avere la CTR vagliato la doglianza relativa alla violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 3 d.lgs. n. 504/1998, 1 comma 66 lett. b) legge n. 220/2010, 64 comma 3 d.P.R. n. 600/1973, in relazione agli artt. 3 comma 1 e 53 comma 1 cost. « a valle della sentenza n. 27/2018 della Corte Costituzionale », secondo cui i rapporti interni tra coobbligati in solido (bookmaker estero e ricevitore nazionale) costituiscono materia disciplinabile per contratto, con traslazione dell’onere tributario dal ricevitore al bookmaker attraverso la regolazione negoziale RAGIONE_SOCIALE commissioni; secondo i ricorrenti, pertanto, si dovrebbe valutare se tale regolamentazione sia rispettosa del principio di eguaglianza e coerente con il principio secondo cui tutti debbono concorrere alle spese pubbliche e, se del caso, sollevare questione di legittimità costituzionale.
6. In memoria, poi, alla luce dell’intervenuta sentenza della Corte di giustizia, proprio sul rinvio disposto dalla CTP di Parma con ordinanza n. 565/2018 (Corte giust. 26 febbraio 2020, in causa C788/18), si è chiesto un ulteriore rinvio pregiudiziale su ulteriori questioni, modulate intorno agli « effetti temporali » di quella pronuncia: si osserva che la Corte ha talvolta limitato nel tempo gli effetti RAGIONE_SOCIALE proprie sentenze pregiudiziali interpretative, sebbene la norma come interpretata dalla Corte debba essere di regola applicata dal Giudice nazionale anche ai rapporti sorti prima della pronuncia, in quanto quest’ultima ne chiarisce la portata e le modalità applicative a partire dalla sua entrata in vigore, potendo
sussistere, come nel caso di specie, l’esigenza di limitarne gli effetti così da escludere dal suo perimetro i rapporti giuridici già costituiti in buona fede.
E’ prioritario l’esame del ricorso incidentale, i cui motivi dal primo al terzo possono essere esaminati unitariamente, trattandosi di profili ormai ampiamente trattati e definiti dalla costante giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, v. Cass. civ. nn. 89078911/2021, 9079-9081/2021, 9144-9153/2021, 9160/2021, 9162/2021, 9168/2021, 9176/2021, 9178/2021, 9182/2021, 9184/2021, 9160/2021, 9516/2021, 95289537/2021, 97289735/2021), anche alla luce dei precedenti del giudice RAGIONE_SOCIALE leggi (Corte cost. n. 27/2018) e della Corte di giustizia. Questi motivi devono essere rigettati, in quanto infondati,
7.1. Con l’art. 1, comma 66, della legge n. 220 del 2010, il legislatore ha chiarito che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio ed ha esplicitato l’obbligo RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti, come nel caso in esame, per conto di bookmakers privi di concessione, al versamento del tributo e RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni, svolgendo anch’esse una attività gestoria che costituisce il presupposto dell’imposizione.
7.2. La Corte costituzionale, con riferimento all’ambito soggettivo dell’imposta, ha dato atto dell’incertezza correlata all’interpretazione dell’art. 3 d.lgs. n. 504 del 1998 per il periodo antecedente alla disposizione interpretativa del 2010 (nel senso che era incerto se la pretesa impositiva si potesse rivolgere anche nei confronti dei soggetti che operavano al di fuori del sistema concessorio); ma ha riconosciuto che il legislatore con l’art. 1, comma 66, della legge n. 220 del 2010 ha stabilito che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio: « Con la disposizione interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, il legislatore ha dunque
esplicitato una possibile variante di senso della disposizione interpretata, ribadendo, da un lato, che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio e stabilendo, altresì, che il generale concetto di ‘gestione’ include anche l’attività svolta ‘per conto di terzi’, compresi i bookmakers con sede all’estero e privi di concessione » (v., in particolare, par. 4.1.1.), esplicitando l’obbligo RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti, come nel caso in esame, per conto di bookmakers privi di concessione al versamento del tributo e RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni, poiché svolgono anch’esse una attività gestoria che costituisce il presupposto dell’imposizione. A questo riguardo ha escluso che l’equiparazione, ai fini tributari, del “gestore per conto terzi” (ossia del titolare di ricevitoria) al “gestore per conto proprio” (ossia al bookmaker) sia irragionevole. L’attività consiste, infatti, nella raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, il volume RAGIONE_SOCIALE quali determina anche la provvigione della ricevitoria e per conseguenza il suo stesso rischio imprenditoriale. Entrambi i soggetti partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di “organizzazione ed esercizio” RAGIONE_SOCIALE scommesse soggetta a imposizione. In particolare, il titolare della ricevitoria, benché non partecipi direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque un’attività di gestione, perché assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, si occupa della trasmissione al bookmaker dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento RAGIONE_SOCIALE somme giocate, nonché del pagamento RAGIONE_SOCIALE vincite secondo le procedure e le istruzioni fornite dal bookmaker. Né viola il principio della capacità contributiva la scelta di assoggettare all’imposta i titolari RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione, nei limiti in cui il rapporto tra il titolare della ricevitoria che agisce per conto di terzi e il bookmaker sia disciplinato da un contratto che regoli anche le commissioni dovute
al titolare della ricevitoria per il servizio prestato. Ciò in quanto, attraverso la regolazione negoziale RAGIONE_SOCIALE commissioni, il titolare della ricevitoria ha la possibilità di trasferire il carico tributario sul bookmaker per conto del quale opera, assolvendo la rivalsa funzione applicativa del principio di capacità contributiva.
7.3. L’incostituzionalità della norma in esame è stata riscontrata dalla Corte limitatamente alle « annualità di imposta precedenti al 2011 », in ragione « dell’impossibilità per le ricevitorie di traslare l’imposta per gli esercizi anteriori al 2011» con conseguente violazione dell’art. 53 Cost., «giacché l’entità RAGIONE_SOCIALE commissioni pattuite fra ricevitore e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro regolatorio, anche sotto il profilo tributario, precedente alla L. n. 220 del 2010 ». La suddetta ragione di incostituzionalità, tuttavia, non è stata ravvisata per i « rapporti successivi al 2011, ossia alla data di entrata in vigore della disposizione interpretativa » citata (par. 4.4), quindi non solo per gli eventuali rapporti negoziali perfezionati dopo l’entrata in vigore della norma interpretativa, ma anche per i rapporti che, seppure sorti in data antecedente, si sono protratti oltre l’entrata in vigore della medesima norma.
7.4. Con riferimento, poi, al presupposto territoriale del tributo (di cui al primo motivo di ricorso), va aggiunto che questa Corte, con le pronunce sopra citate, ha precisato che non rileva la conclusione del contratto di scommessa poiché il fatto imponibile è la prestazione di servizi consistente nell’organizzazione del gioco da parte del ricevitore e nella raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, che consiste, in relazione a ciascun scommettitore, nella valida registrazione della scommessa, documentata dalla consegna allo scommettitore della relativa ricevuta (così Cass. n. 15731 del 2015), attività, queste, tutte svolte in Italia.
7.5. Riguardo, poi, alle violazioni dei principi unionali dedotte con il secondo e terzo motivo, le questioni sono state affrontate dalla
Corte di giustizia che ha escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, perché l’imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti (punto 21 di Corte giust. in causa C788/18), di modo che la normativa italiana « non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società (…) nello AVV_NOTAIO membro interessato ». Va osservato che nel settore dei giochi d’azzardo con poste in danaro, secondo costante giurisprudenza unionale, gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione dell’incitamento a una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di prevenzione di turbative dell’ordine sociale in generale, costituiscono motivi imperativi d’interesse generale atti a giustificare restrizioni alla libera prestazione di servizi: di conseguenza, in assenza di un’armonizzazione unionale della normativa sui giochi d’azzardo, ogni AVV_NOTAIO membro ha il potere di valutare, alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi in questione implica, a condizione che le restrizioni non minino i requisiti di proporzionalità (Corte giust. 24 ottobre 2013, causa C-440/12, punto 47; 8 settembre 2009, causa C-42/07).
7.5.1. Il legislatore nazionale ha proceduto a questa valutazione, dichiarando, nel comma 64 dell’art. 1 legge n. 220 del 2010, i propri obiettivi, tra i quali si colloca «… l’azione per la tutela dei consumatori, in particolare dei minori di età, dell’ordine pubblico, della lotta contro il gioco minorile e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore del gioco e recuperando base imponibile e gettito a fronte di fenomeni di elusione e di evasione fiscale nel medesimo settore »; la prevalenza dell’ordine di valori di ciascuno AVV_NOTAIO membro comporta che gli Stati membri non hanno l’obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine di eliminare la doppia imposizione
che risulta dal parallelo esercizio della rispettiva competenza fiscale (Corte giust. in causa C-788/18, cit., punto 23; per analogia, Corte giust. 1 dicembre 2011, causa C-253/09, punto 83).
7.5.2. Non solo si è esclusa, quindi, qualsivoglia discriminazione tra bookmaker nazionali e bookmaker esteri ma, anzi, come ha pure sottolineato la Corte costituzionale (ancora con la sentenza n. 27/18), a seguire la tesi prospettata in ricorso si giungerebbe ad una discriminazione al contrario: la scelta legislativa « risponde ad un’esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale nel settore del gioco, allo scopo di evitare l’irragionevole esenzione per gli operatori posti al di fuori del sistema concessorio, i quali finirebbero per essere favoriti per il solo fatto di non aver ottenuto la necessaria concessione …»; va evidenziato, a tal proposito, che la Corte di giustizia, se, col punto 17, in relazione al bookmaker, oltre che stabilire in via generale che la libera prestazione di servizi non tollera restrizioni idonee a vietare, ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro AVV_NOTAIO membro, col punto 24 specifica, in concreto, che, «… la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non prevede un regime fiscale diverso a seconda che la prestazione di servizi sia effettuata in Italia o in altri Stati membri »; sicché, conclude che, rispetto a un operatore nazionale che svolge le proprie attività alle stesse condizioni di tale società, il bookmaker estero non subisce alcuna restrizione discriminatoria a causa dell’applicazione nei suoi confronti di una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale.
7.5.3. Quanto al centro trasmissione dati, il punto 26 ribadisce che il bookmaker estero esercita un’attività di gestione di scommesse « allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali » ed è per questo che il centro di trasmissione dati che opera quale suo intermediario risponde dell’imposta, a norma dell’art. 1, comma 66, lett. b), della l. n. 220/10, ma ciò non toglie (punto 28) che la
situazione del centro trasmissione dati che trasmette i dati di gioco per conto degli operatori di scommesse nazionali è diversa da quella del centro trasmissione che li trasmette per conto di un operatore che ha sede in altro AVV_NOTAIO membro. La diversità della situazione è in re ipsa , per il fatto stesso che si tratta di soggetto che raccoglie scommesse per conto di un bookmaker estero: nel settore dei giochi d’azzardo, difatti, il ricorso al sistema RAGIONE_SOCIALE concessioni costituisce «… un meccanismo efficace che consente di controllare gli operatori attivi in questo settore, allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti » (Corte giust. 19 dicembre 2018, causa C- 375/17, punto 66, richiamata al punto 18 della sentenza in causa C-788/18, cit.); e ciò in conformità agli obiettivi esplicitamente perseguiti dal legislatore italiano (art. 1, comma 644, I, n. 220 del 2010), come puntualmente rimarcato dalla Corte di giustizia.
7.6. In questo quadro, deve evidenziarsi che la giurisprudenza penale di questa Corte citata in memoria (Cass. pen. 9 luglio 2020, n. 25439) è irrilevante (in questo senso, tra le tante, Cass. n. 25426 del 2022 in motivazione). Essa si riferisce difatti alla diversa questione della rilevanza penale dell’attività d’intermediazione e di raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, che questa Corte ha escluso, in base alla giurisprudenza unionale qualora l’attività di raccolta sia compiuta in Italia da soggetti appartenenti alla rete commerciale di un bookmaker operante nell’ambito dell’Unione europea che sia stato illegittimamente escluso dai bandi di gara attributivi RAGIONE_SOCIALE concessioni: e ciò perché in tal caso rileva la non conformità agli artt. 49 e 56 del TFUE del regime concessorio interno. Difatti, ha sottolineato questa Corte, « In forza dei principi affermati dalla Corte di giustizia (…) il mancato rispetto della disciplina amministrativa che non sia conforme al diritto dell’Unione europea non può comportare l’applicazione di sanzioni penali ». Il fatto che non si risponda del reato di esercizio abusivo di attività di gioco o
discommessa, previsto e punito dall’art. 4, commi 1 e 4-bis, della l. 13 dicembre 1989, n. 401, nessuna influenza produce sulla soggettività passiva della imposta unica sulle scommesse, che l’art. 3 del d.lgs. n. 504/98 riferisce a chiunque, con o senza concessione, gestisce i concorsi pronostici o le scommesse (v. anche Cass., n. 31694 del 2021; Cass., 7 marzo 2023, n. 6761, in motivazione).
E’ inammissibile, invece, il quarto motivo perché le questioni poste, relative al rapporto negoziale tra bookmaker e ricevitoria, sono meramente astratte e prive di puntuali riferimenti alla concreta fattispecie perché nulla è stato dedotto sugli specifici accordi tra bookmaker e ricevitoria. Vi è, quindi, un evidente difetto di rilevanza RAGIONE_SOCIALE questioni sollevate circa la compatibilità costituzionale della ‘traslazione economica’ dell’onere derivante dall’Imposta Unica dal ricevitore al bookmaker estero e della ‘regolamentazione privatistica’ dell’onere del tributo e della rivalsa, cosicché la doglianza si risolve in una sterile critica dell’assetto che scaturisce proprio dalla sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2018.
Quanto alla richiesta di sospensione del giudizio sulle questioni pregiudiziali formulate dalla ricorrente in memoria, va anzitutto osservato che la Corte di Giustizia (sentenza 6 ottobre 2021, in causa C-561/19) ha affermato che l’art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno deve adempiere il proprio obbligo di sottoporre alla Corte una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevata dinanzi ad esso, a meno che constati che tale questione non è rilevante o che la disposizione di diritto dell’Unione di cui trattasi è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte o che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione s’impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi. Orbene, la Corte
di Giustizia, con sentenza 26 febbraio 2020, in causa C- 788/18, ha pronunciato sulle tematiche sottese alle questioni prospettate dai motivi di ricorso incidentale senza circoscrivere l’efficacia temporale della sua decisione; ha ritenuto, evidentemente, che non vi fossero le condizioni per una tale limitazione e non si ravvisa alcuna necessità di richiedere alla Corte di Giustizia esplicitazioni sul punto.
10. Passando al ricorso principale dell’RAGIONE_SOCIALE, in primo luogo va disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata dai controricorrenti per violazione dell’art. 366 n. 3 c.p.c., in quanto il ricorso mancherebbe dell’esposizione dei fatti di causa, e dell’art. 366 n. 6 c.p.c. per omessa indicazione degli atti processuali e dei documenti su cui il ricorso si fonda. Secondo i principi di cui all’art. 366, comma 1, nn. 3) e 4), c.p.c., il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità al dovere processuale della chiarezza e della sinteticità espositiva (Cass. n. 8425 del 2020), al fine di far comprendere l’oggetto della controversia ed il contenuto RAGIONE_SOCIALE censure senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa (Cass. n. 30720 del 2022; Cass. n. 8177 del 2022); in questo caso il ricorso, redatto in forma sintetica, seleziona i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice evidenziando quelli rilevanti ai fini della formulazione e piena comprensione del motivo di ricorso. Inoltre, va osservato che « il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno
RAGIONE_SOCIALE censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito » (Cass. sez. un. 8950 del 2022); quindi, le modalità secondo cui tale principio trova attuazione vanno calibrate in relazione al motivo specifico, la cui valutazione in questo caso non richiede altro atto oltre la sentenza impugnata.
10.1. Nel merito, il motivo è fondato perché la CTR si è limitata ad osservare che la « vicenda legislativa, oggetto di decisioni contrastanti della giurisprudenza di merito, denoti chiaramente come vi fossero obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione dell’art. 3 d.lgs. 504/98, tanto che si è resa necessaria un’interpretazione imperativa in sede legislativa ed un successivo intervento del Giudice costituzionale per chiarirne la portata applicativa », in contrasto con l’orientamento di questa Corte, secondo cui una condizione di obiettiva incertezza normativa, rilevante ai sensi dell’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, esisteva solo fino alla data di entrata in vigore della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 66, l. n. 220 del 2010 (Cass. n. 9531 del 2021; Cass. n. 25450 del 2021; più recentemente, Cass. n. 14432 del 2024; Cass. n. 12952 del 2024) e non può riguardare l’anno in considerazione (2011).
Quanto al profilo della trasmissibilità ai soci RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative tributarie riferibili alla società estinta, in riferimento al quale la causa è stata rimessa alla pubblica udienza, secondo questa Corte « A seguito dell’estinzione della società, le sanzioni amministrative a carico di quest’ultima per la violazione di norme tributarie non sono trasmissibile ai soci ed al liquidatore, trovando applicazione l’art. 8 del d.lgs. n. 472 del 1997, che sancisce l’intrasmissibilità RAGIONE_SOCIALE stesse agli eredi, in armonia con il principio della responsabilità personale, codificato dall’art. 2, comma 2, del detto decreto, nonché, in materia societaria, con l’art. 7, comma 1, del d.l. n. 269 del 2003, conv., con modif., in l. n. 326 del 2003, che ha introdotto la regola della riferibilità esclusiva alle persone
giuridiche RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative tributarie » (Cass. 9094 del 2017; v. anche Corte n. 34273 del 2022; Cass. n. 29112 del 2021; Cass. n. 30011 del 2022; Cass. n. 24316 del 2023).
11.1. Questo Collegio ritiene che non possa darsi continuità a tale indirizzo.
11.2. E’ assai significativo che in tema di responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi da reato di cui al d.lgs. n. 231/2001 si sia affermato il principio secondo cui né il fallimento (Cass. sez. un. n. 11170 del 25/09/2014, dep. 17/03/2015), né l’estinzione della persona giuridica (Cass. n. 9006 del 22/02/2022; v. anche Cass. n. 36755 del 12/07/2023; contra , in precedenza, Cass. n. 41082 del 10/09/2019) determinano l’estinzione dell’illecito e RAGIONE_SOCIALE sanzioni, e ciò sulla base di argomenti che possono valere anche in ambito tributario. Si è rilevata la necessità di « ristabilire l’equilibrio economico alterato dal reato.. » (Cass. sez. un. n. 11170 del 2015, par. 5.4), cogliendosi un’esigenza che si rinviene anche nel settore fiscale. Anche la sanzione tributaria, infatti, rappresenta uno strumento volto a ristabilire l’equilibrio economico alterato dalla violazione fiscale, i cui effetti -appunto economici -sono comunque andati a vantaggio dell’ente collettivo e poi, a seguito della liquidazione del patrimonio della società estinta, a favore degli ex soci, i quali, con l’estinzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, finirebbero per conseguire il profitto geneticamente illecito derivante dalle violazioni fiscali riferibili alla società. Inoltre, i giudici penali trascurano il principio della responsabilità personale ed evidenziano piuttosto il profilo della responsabilità patrimoniale che deriva in capo ai soci in relazione ai « rapporti sorti nell’esercizio dell’impresa anteriormente allo scioglimento », tenuto conto che « la liquidazione della società avviene mediante conversione in denaro del patrimonio sociale» (Cass. n. 9006 del 2022, par. 3.3) .
11.3. Tornando alla materia tributaria, va rilevato che per le società dotate di personalità giuridica vige un regime speciale
previsto dall’art. 7 d.l. n. 269/2003, secondo cui le sanzioni sono riferibili esclusivamente all’ente nell’ambito dei suoi rapporti tributari, in deroga alla regola della responsabilità personale dell’autore ex art. 2 comma 2 d.lgs. n. 472/1997; tale disciplina si applica non soltanto all’autore della violazione che agisce per la società nell’ambito di un rapporto organico con l’ente ma anche, secondo giurisprudenza di questa Corte, al concorrente extraneus in deroga all’art. 9 d.lgs. n. 472/1997 (Cass. nn. 9448/9449/9450/9451 del 2020; Cass. n. 14364 del 2022; Cass. n.26057 del 2023). La deroga al principio della responsabilità personale, quindi, non è di scarso rilievo e ha una portata assai ampia, tanto che in dottrina si è dubitato della legittimità costituzionale della difformità di disciplina tra società di capitali e società di persone, per le quali continua a trovare applicazione la generale regolamentazione di cui al d.lgs. n. 472/1997 e, quindi, la responsabilità dell’autore e del concorrente, nonché della società ex art. 11 AVV_NOTAIO stesso decreto legislativo. Appare in qualche modo distonico il recupero di quel principio come dirimente criterio interpretativo per decidere della sorte RAGIONE_SOCIALE sanzioni in caso di estinzione della società di capitali. E tale distonia è destinata ad accentuarsi con l’entrata in vigore dell’art. 3 del d.lgs. n. 87 del 14 giugno 2024 che modifica l’art. 2 d.lgs. n. 472/1997 e prevede, al comma 2 bis, che « La sanzione pecuniaria relativa al rapporto tributario proprio di società o enti, con o senza personalità giuridica di cui agli articoli 5 e 73 del testo unico RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi , di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 , è esclusivamente a carico della società o ente », stabilendo, in tema di sanzioni tributarie, l’abbandono de l principio della responsabilità personale per le società.
11.4. Soprattutto, si palesa la difficoltà di far convivere un principio come quello della responsabilità personale, ‘tarato’ sulla persona fisica, con lo statuto RAGIONE_SOCIALE società e, in particolare, di
quelle di capitali. E’ noto che, secondo le Sezioni Unite di questa Corte, l’art. 2495 comma 3 c.c., come modificato dal d.lgs. n. 6 del 2003, realizza un fenomeno di tipo successorio, sia pure sui generis , prevedendo che, a seguito dell’estinzione della società di capitali, i soci succedono in tutti i rapporti obbligatori aventi natura patrimoniale e rispondono RAGIONE_SOCIALE obbligazioni sociali nei limiti di quanto riscosso a seguito del bilancio finale di liquidazione (Cass. sez. un. nn. 6070 e 6071 del 2013). Peraltro, « le suggestioni antropomorfiche derivanti dal possibile accostamento tra l’estinzione della società e la morte di una persona fisica» non possono far perdere di vista le differenze sostanziali tra la successione mortis causa ed il fenomeno lato sensu successorio che deriva dall’estinzione della società: la prima si fonda su un fatto naturale, il secondo deriva da un fatto volontario dei soci, che decidono di mettere in liquidazione e sciogliere la società, cancellandola dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese. Oltre a ciò, va considerato che i soci non possono rinunciare alla ‘successione’ né accettarla con beneficio di inventario, perché la loro, ex art. 2495 c.c., è una responsabilità ex lege, per un’obbligazione pecuniaria già maturata in capo alla società, in conseguenza del contratto sociale.
11.5. La ratio della norma, osservano le Sezioni Unite, « palesemente risiede proprio in questo: nell’intento d’impedire che la società debitrice possa, con un proprio comportamento unilaterale, che sfugge al controllo del creditore, espropriare quest’ultimo del suo diritto . Ma questo risultato si realizza appieno solo se si riconosce che i debiti non liquidati della società estinta si trasferiscono in capo ai soci, salvo i limiti di responsabilità nella medesima norma indicati» . La disciplina di questa ‘successione’ dipende dal « regime di responsabilità da cui, ‘pendente societate’, erano caratterizzati i pregressi rapporti sociali » e ciò spiega, per le società di capitali, il limite di responsabilità intra vires : nel caso in cui i soci decidano lo scioglimento dell’ente, costoro saranno
responsabili nei limiti di quanto riscosso e tale limitazione non arreca alcun ingiustificato pregiudizio ai creditori sociali, poiché la garanzia generica del loro credito è costituita soltanto dai beni sociali da cui deriva l’attivo distribuito ai soci e « se la società è stata cancellata senza distribuzione di attivo, ciò evidentemente vuoi dire che vi sarebbe stata comunque incapienza del patrimonio sociale rispetto ai crediti da soddisfare» (Cass. sez. un. n. 6071 del 2013).
11.6. In questo contesto l’applicazione del principio di personalità RAGIONE_SOCIALE sanzioni conduce ad esiti inappaganti, come emerge in maniera evidente nel caso in cui le sanzioni trovino capienza nel patrimonio sociale: la decisione dei soci di sciogliere la società, ove determini l’estinzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, lederebbe l’interesse del creditore Erario, con una ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli altri creditori sociali, e pregiudicherebbe la ratio dell’art. 2495 c.c., laddove tende a salvaguardare l’interesse del creditore alla garanzia costituita dal patrimonio sociale.
11.7. E’ quasi superfluo evidenziare, inoltre, come la soluzione non accolta si presti ad abusi e lasci un vuoto di tutela della pretesa sanzionatoria nei confronti RAGIONE_SOCIALE società di capitali, mentre nelle società di persone la responsabilità per le sanzioni, oltre all’autore RAGIONE_SOCIALE violazioni, si estende, ai sensi dell’art. 11 cit., alla società e coinvolge anche gli altri soci e persino i soci a responsabilità limitata (come l’accomandante): da un lato, opera il principio secondo cui il maggior reddito risultante dalla rettifica operata nei confronti di una società di persone, imputato al socio in proporzione della relativa quota di partecipazione, comporta anche l’applicazione allo stesso socio della sanzione per infedele dichiarazione prevista dall’art. 46 del d. P.R. n. 600/1973 (Cass. n. 939 del 2020; Cass. n. 16116 del 2017); d’altro lato, si imputa al socio non amministratore una culpa in vigilando per l’omesso o insufficiente esercizio dei poteri di controllo sull’amministrazione
previsti per le società di persone (Cass. n. 19192 del 2006; Cass. n. 1742 del 2022).
11.8. In conclusione, ad avviso di questa Corte, non vi è ragione di escludere la trasmissibilità RAGIONE_SOCIALE sanzioni tributarie per le società di capitali estinte, dovendo trovare applicazione la pertinente normativa societaria; una conferma in tal senso si rinviene proprio nella novella introdotta dal d.lgs. n. 87/2024, che, affermata anche per le società di persone la responsabilità esclusiva dell’ente per le sanzioni, lascia « ferma, nella fase di riscossione, la disciplina sulla responsabilità solidale e sussidiaria prevista dal codice civile per i soggetti privi di personalità giuridica » (v. art. 2 comma 2 bis, secondo periodo, del d.lgs. n. 472/1997), trattando l’obbligazione per le sanzioni tributarie al pari di ogni altra obbligazione sociale.
Deve fissarsi, pertanto, il seguente principio di diritto: In tema di sanzioni amministrative tributarie relative a rapporti fiscali propri di società di capitali, a seguito dell’estinzione della società per cancellazione dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, i soci rispondono RAGIONE_SOCIALE sanzioni secondo quanto previsto dall’art. 2495 c.c.
In conclusione, accolto il ricorso principale dell’RAGIONE_SOCIALE e rigettato quello incidentale, la causa deve essere rimessa davanti al giudice del merito.
P.Q.M.
accoglie il ricorso principale, rigettato quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del presente giudizio;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, AVV_NOTAIO stesso articolo 13.
Roma 9 aprile 2024
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME NOME COGNOME