Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31907 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31907 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33901/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA n. 3592/03/18 depositata il 17/04/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 3592/03/18 del 17/04/2018, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli
(di seguito ADM) nei confronti della sentenza n. 21434/07/16 della Commissione tributaria provinciale di Napoli (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso un avviso di irrogazione sanzioni conseguente al ritardato pagamento delle accise relative all’anno 2015 .
1.1. La CTR respingeva l’appello di RAGIONE_SOCIALE evidenziando che: a) la società contribuente aveva fornito la prova della assenza di dolo o colpa, essendosi attivata per fronteggiare le difficoltà economiche conseguenti ad una crisi di liquidità e pagando, anche se in ritardo, le accise; b) sussisteva, in ogni caso, la forza maggiore, avendo la ricorrente provato che il mancato tempestivo pagamento delle accise era conseguenza del mancato pagamento di grossi fornitori e del contenzioso esistente con il Banco di Napoli.
Avverso la sentenza di appello RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE non si costituiva in giudizio, restando, pertanto, intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e dei principi afferenti l’onere della prova, nonché dell’art. 5 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto incolpevole il comportamento della ricorrente, la quale ha ritardato il pagamento delle accise, valorizzando elementi del tutto generici quali shock di liquidità esterno, persistente morosità dei maggiori acquirenti e revoche degli affidamenti bancari, elementi che si collocano fisiologicamente nelle dinamiche commerciali e nel rischio di impresa.
1.1. Con il secondo motivo si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente applicato il concetto, di derivazione unionale, di forza maggiore.
Il primo motivo è fondato.
2.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’art. 5 d.lgs. n. 472 del 1997, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale dall’art. 3 l. n. 689 del 1981, stabilisce che non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. È comunque sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l’uso della normale diligenza » (Cass. n. 2139 del 30/01/2020).
2.2. Nel caso di specie, la CTR, pur non violando le regole di riparto dell’onere della prova, non si è conformata al superiore principio di diritto.
2.3. Invero, gli elementi addotti a sostegno della pretesa non colpevolezza del trasgressore non costituiscono fattori esterni alle normali dinamiche imprenditoriali e, come tali, sono del tutto prevedibili ed evitabili con un’accorta gestione aziendale, sicché non può sostenersi che sia stata superata la presunzione prevista dall’art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997.
Il secondo motivo è fondato.
3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « In tema di sanzioni tributarie, posto che il diritto sanzionatorio ha natura punitiva, la forza maggiore va intesa secondo la sua accezione penalistica, e va quindi riferita ad un avvenimento imponderabile che annulla la signoria del soggetto sui propri comportamenti, elidendo il requisito della coscienza e volontarietà della condotta » (Cass. n. 11111 del 06/04/2022, la quale ha escluso che il reiterato inadempimento delle pubbliche amministrazioni integrasse detto elemento; conf. Cass. n. 8844 del 03/04/2024).
3.1.1. È stato, altresì, evidenziato che « la sussistenza di una situazione di illiquidità o di crisi aziendale non costituisce, di per sé, forza maggiore, ai fini dell’operatività della causa di non punibilità di cui all’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 472 del 1997, essendo invece necessaria la sussistenza di un elemento oggettivo, costituito da circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, correlato al dovere del contribuente di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, mediante l’adozione di misure appropriate, pur senza incorrere in sacrifici eccessivi » (Cass. n. 8175 del 22/03/2019; Cass. n. 39548 del 13/12/2021; si veda, anche, Cass. n. 3049 del 08/02/2018, con ampi riferimenti al diritto unionale).
3.2. Applicando i suddetti principi al caso di specie, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di appello, va sicuramente esclusa l’operatività dell’esimente, non rientrando nell’ambito della stessa le circostanze prese in considerazione dalla CTR, involgenti situazioni ampiamente prevedibili per un operatore commerciale.
In conclusione, il ricorso va accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Non essendovi ulteriori questioni di fatto da esaminare, la causa va decisa nel merito, con il rigetto dell’originario ricorso della società contribuente.
4.1. L’intimata va, altresì, condannata al pagamento in favore della ricorrente, delle spese del presente procedimento, liquidate come in dispositivo, avuto conto di un valore dichiarato della lite di oltre euro 186.000,00.
4.2. La peculiarità delle questioni di diritto affrontate nella presente controversia giustifica la compensazione tra le parti delle spese concernenti i gradi di merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dalla parte intimata; condanna l’intimata al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del presente procedimento che si liquidano in euro 5.900,00, oltre alle spese di prenotazione a debito; compensa tra le parti le spese relative ai gradi di merito.
Così deciso in Roma, il 26/06/2024.