Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3687 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3687 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME del Foro di Venezia e NOME COGNOME, che hanno indicato recapito PEC, avendo la società dichiarato di eleggere domicilio presso lo studio del secondo difensore, alla INDIRIZZO in Roma ;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente – avverso
la sentenza n. 1802, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto il 9.11.2015, e pubblicata il 30.11.2015;
OGGETTO: Fatture per operazioni inesistenti, 2007 Spa con ristretta base partecipativa -Motivazione per relationem -Ius superveniens per le sanzioni.
ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
raccolte le conclusioni del P.M., s.Procuratore Generale NOME COGNOME che ha confermato la propria richiesta di accogliere il decimo motivo di ricorso, rigettando l’impugnativa nel resto;
ascoltate le conclusioni rassegnate, per la ricorrente, dall’Avv.to NOME COGNOME delegato, che ha domandato l’accoglimento del ricorso e, per la controricorrente, dall’Avv. dello Stato NOME COGNOME il quale ha domandato il rigetto dell’impugnativa;
la Corte osserva:
Fatti di causa
Nei confronti RAGIONE_SOCIALE, che produce minuterie in metallo ed altri materiali per l’industria, era eseguita una verifica fiscale relativa all’anno 2007, terminata con la redazione di Processo Verbale di Costatazione da parte della Guardia di Finanza, cui la società prestava adesione.
1.1. L’Agenzia delle Entrate notificava quindi alla contribuente gli avvisi di accertamento n. T6XCOTE0196/2012 e n. T6X07TE03056/2012, sempre con riferimento all’anno 2007, e fondati sulle risultanze del PVC, contestando il maggior reddito imponibile conseguente al disconoscimento di costi per operazioni inesistenti in relazione a pretesi contratti di assicurazione stipulati con società estere, ed irrogando sanzioni, per un valore dichiarato di Euro 9.606,00. L’Amministrazione finanziaria notificava inoltre ai soci l’avviso di accertamento in relazione al reddito di partecipazione ritenuto conseguito.
La società impugnava gli atti impositivi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, censurando nel merito le pretese riportate negli avvisi di accertamento. La CTP riuniva i ricorsi e, ritenute infondate le difese proposte, rigettava l’impugnativa della contribuente.
Avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio spiegava appello la società, innanzi alla Commissione
Tributaria Regionale del Veneto, La CTR rigettava il gravame, confermando la decisione adottata dalla CTP.
La contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia sfavorevole conseguita dalla CTR, affidandosi ad undici strumenti d’impugnazione. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle Entrate. La società ha pure depositato memoria.
La causa era fissata per l’udienza camerale del 20.6.2024, quando il Collegio riteneva opportuno disporne la trattazione in pubblica udienza, in considerazione della mancanza di precedenti specifici in ordine alle contestazioni sollevate dalla ricorrente in materia di sanzioni. Il giudizio è stato quindi nuovamente fissato per la trattazione, questa volta in pubblica udienza.
5.1. Occorre ancora dare atto, preliminarmente, che la contribuente ha segnalato la pendenza di due giudizi collegati, i quali risultano però definiti, con sentenza Cass. sez. V, 7 luglio 2022, n. 21487, in relazione al reddito di partecipazione conseguito dal socio COGNOME Dino nell’anno 2007 (ricorso del contribuente respinto), e con decreto presidenziale 7.3.2022, n. 7294, in relazione al reddito di partecipazione conseguito dai soci nell’anno 2006 (estinzione del processo per adesione a normativa condonistica).
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la società contesta la nullità della decisione della CTR, in conseguenza della violazione o falsa applicazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ., e degli artt. 36 e 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere il giudice del gravame pronunciato con motivazione meramente apparente, limitandosi a richiamare la decisione dei primi giudici, senza per nulla esaminare i motivi di appello.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente
censura la nullità della decisione del giudice dell’appello, in conseguenza della violazione o falsa applicazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 Disp. att. cod. proc. civ., e degli artt. 36 e 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per non avere il giudice di secondo grado chiarito perché abbia ritenuto che i documenti cui rinvia il PVC sarebbero stati conosciuti dalla società.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la contribuente critica ancora la nullità della decisione del giudice dell’appello, in conseguenza della violazione o falsa applicazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 Disp. att. cod. proc. civ., e degli artt. 36 e 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per essersi il giudice del gravame limitato a costatare circostanze pacifiche, senza chiarire perché non risultassero accoglibili le critiche proposte in materia di difetto di prova dei ‘maggiori utili in capo a NOME‘ (ric., p. 25).
Mediante il quarto strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2697 cod. civ., e dell’art. 5 bis del D.Lgs. n. 218 del 1997, perché l’adesione al PVC da parte della società non comporta la prova del conseguimento di maggiori utili che si afferma sarebbero stati poi distribuiti ai soci.
Con il quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la contribuente contesta la nullità della decisione del giudice dell’appello, in conseguenza della violazione o falsa applicazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 Disp. att. cod. proc. civ., e degli artt. 36 e 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per essersi la CTR espressa in modo contraddittorio, avendo ‘espressamente escluso che i maggiori utili che sarebbero stati conseguiti da NOME siano mai usciti dal perimetro sociale’ (ric., p. 31), ritenendo tuttavia applicabile la presunzione di distribuzione degli stessi ai soci.
Mediante il sesto mezzo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente censura la nullità della decisione del giudice di secondo grado, in conseguenza della violazione o falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 Disp. att. cod. proc. civ., e degli artt. 36 e 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per essersi il giudice di secondo grado limitato a confermare la decisione della CTP, la quale non ha però chiarito perché l’archiviazione del procedimento penale per il reato di appropriazione indebita del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE non sia idonea a costituire un elemento di ‘prova contraria alla presunzione di distribuzione’ (ric., p. 37).
Con il settimo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la contribuente critica la nullità della decisione del giudice dell’appello, in conseguenza della violazione o falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 Disp. att. cod. proc. civ., e degli artt. 36 e 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per non avere la CTR spiegato per quale ragione la presunzione di distribuzione del maggior reddito extracontabile impedirebbe al contribuente di contestare il periodo d’imposta in cui la distribuzione degli utili sarebbe intervenuta.
Mediante l’ottavo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 45 del Dpr n. 917 del 1992 (Tuir) in cui è incorso il giudice del gravame, perché anche ove potesse effettivamente ritenersi operante la presunzione di distribuzione di un maggior reddito ai soci, questo non potrebbe che essere imputato all’anno in cui la distribuzione è avvenuta, e non ad anno precedente, anche se contabilizzato in quest’ultimo.
Con il nono motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la contribuente contesta ancora
la nullità della sentenza impugnata in conseguenza dell’apparenza della sua motivazione, in violazione o falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 Disp. att. cod. proc. civ., e degli artt. 36 e 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per non avere la CTR affatto argomentato circa ‘il mancato scomputo, dagli utili di cui si è presunta la distribuzione, delle fee e delle imposte pagate da GIDI’ (ric., p. 44).
Mediante il decimo mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente censura la nullità della sentenza della CTR, in quanto emessa in violazione o falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 Disp. att. cod. proc. civ., e degli artt. 36 e 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per non avere il giudice del gravame chiarito perché abbia ritenuto corretta la contestata quantificazione delle sanzioni. Le stesse, comunque, devono essere annullate ai sensi del D.Lgs. n. 158 del 2015 in conseguenza dell’abolizione della sanzione per l’omesso versamento delle ritenute quando non operate, e comunque, anche a diversamente interpretare, le sanzioni sono state ridotte.
Con l’undicesimo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la contribuente critica la nullità della decisione adottata dal giudice dell’appello, in conseguenza della violazione del principio della necessaria corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ., perché la CTR non ha affatto pronunciato sulla contestazione che la sanzione per l’omesso versamento dei tributi avrebbe dovuto essere irrogata nello stesso atto impositivo, e non mediante separato atto di contestazione.
Mediante i motivi di ricorso primo, secondo, terzo, sesto, settimo e nono, la ricorrente contesta la nullità della sentenza pronunciata dalla impugnata CTR per essersi espressa mediante
una motivazione puramente apparente, trascurando di esaminare le questioni sottoposte dalla contribuente.
Invero la CTR ha fondato la propria decisione, pur assai sintetica ma chiara, evidenziando che la verifica fiscale nei confronti della società è stata definita mediante adesione al PVC. L’ammontare definito è stato quindi ripartito tra i soci stante la ristretta base partecipativa. La CTR ha ritenuto questi elementi decisivi ai fini della definizione del giudizio, e compete quindi alla ricorrente dimostrare in che cosa essi siano errati o inadeguati.
12.1. Premesso e sottolineato che il presente giudizio di cassazione risulta proposto dalla società, e non riguarda pertanto il reddito di partecipazione ritenuto conseguito dai soci, occorre evidenziare che, mediante gli indicati motivi di ricorso la società chiede in realtà il riesame dell’intero compendio probatorio raccolto nel processo, domandando una lettura alternativa degli elementi acquisiti al processo, il che non è consentito.
In proposito questa Corte ha già condivisibilmente statuito che ‘il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, c.p.c. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante’, Cass. sez. III, 10.6.2016, n. 11892.
Si è pure specificato che ‘in tema di scrutinio di legittimità del ragionamento sulle prove adottato del giudice di merito, la valutazione del materiale probatorio -in quanto destinata a
risolversi nella scelta di uno (o più) tra i possibili contenuti informativi che il singolo mezzo di prova è, per sua natura, in grado di offrire all’osservazione e alla valutazione del giudicante -costituisce espressione della discrezionalità valutativa del giudice di merito ed è estranea ai compiti istituzionali della S.C. (con la conseguenza che, a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non è denunciabile col ricorso per cassazione come vizio della decisione di merito), restando totalmente interdetta alle parti la possibilità di discutere, in sede di legittimità, del modo attraverso il quale, nei gradi di merito, sono state compiute le predette valutazioni discrezionali’, Cass. sez. III, 21.12.2022, n. 37382; e non si è mancato recentemente di sintetizzare che ‘in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme’, Cass. sez. II, 23.4.2024, n. 10927.
12.1.1. Merita ancora solo di essere evidenziato, con riferimento al sesto mezzo d’impugnazione, che pure a seguito delle recenti innovazioni legislative (D.Lgs. n. 87/2024) una pronuncia del giudice penale di archiviazione, che non è evidentemente una sentenza definitiva emessa a seguito di un dibattimento penale, non vincola il giudice tributario.
I motivi di ricorso primo, secondo, terzo, sesto, settimo e nono, devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Mediante il quarto strumento di impugnazione la ricorrente lamenta la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR perché l’adesione al PVC da parte della società non comporta la
prova del conseguimento di maggiori utili che si afferma sarebbero stati poi distribuiti ai soci.
Occorre ribadire, in proposito, che il presente giudizio di cassazione è stato introdotto dalla società, il cui maggior reddito risulta definitivamente accertato, in relazione all’anno 2007, per effetto dell’adesione al PVC, e non è più contestabile. Questa Corte regolatrice ha già avuto occasione di chiarire, in proposito, che ‘in materia tributaria, la definizione dell’accertamento con adesione su istanza del contribuente ai sensi del d.lgs. n. 218 del 1997 determina la intangibilità della pretesa erariale oggetto del concordato intervenuto tra le parti, sicché risulta normativamente esclusa per il contribuente la possibilità di impugnare simile accordo e, a maggior ragione, l’atto impositivo oggetto della transazione, il quale conserva efficacia, ma solo a garanzia del Fisco, sino a quando non sia stata interamente eseguita l’obbligazione scaturente dal concordato’, Cass. sez. VI -V, 31.7.2019, n. 20577 (conf. Cass. sez. V, 30.4.2009, n. 10086).
Inoltre non essendo i soci parte di questo giudizio, le questioni relative al conseguimento da parte loro di un reddito di partecipazione rimangono estranee alla materia del contendere.
Il quarto mezzo d’impugnazione risulta pertanto anch’esso inammissibile.
Con il quinto motivo di ricorso la contribuente contesta la nullità della decisione del giudice dell’appello, in conseguenza della contraddittorietà della pronuncia, avendo la CTR ‘espressamente escluso che i maggiori utili che sarebbero stati conseguiti da GIDI siano mai usciti dal perimetro sociale’ (ric., p. 31), e tuttavia ha ritenuto applicabile la presunzione di distribuzione ai soci.
14.1. Invero il giudice dell’appello non afferma che i maggiori redditi sono sempre rimasti nel perimetro sociale, ma ritiene che tanto non sia rilevante, in considerazione della ristretta base partecipativa della società, che impone di considerare conosciuti o
comunque conoscibili da parte dei soci tutti i fatti che concretano la gestione della società.
La contestazione appare comunque inammissibile, perché riguarda anch’essa il reddito di partecipazione conseguito dai soci, che però non sono parte di questo giudizio.
Mediante l’ottavo strumento di impugnazione la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 45 del Dpr n. 917 del 1992 (Tuir) in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame, perché anche ove potesse effettivamente ritenersi operante la presunzione di distribuzione di un maggior reddito ai soci, questo non potrebbe che essere imputato all’anno in cui la distribuzione è avvenuta, e non ad anno precedente, anche se contabilizzato in quest’ultimo.
Osserva la contribuente che i maggiori redditi i quali si pretende dall’Amministrazione finanziaria che sarebbero stati conseguiti dalla società, dipenderebbero dalla retrocessione di somme da parte delle assicuratrici estere. Ora, poiché gli oneri sono stati sopportati non solo nell’anno in contestazione, il 2007, ma anche nell’anno successivo, il 2008, risulterebbe evidente che i pretesi maggiori redditi non possono essere interamente imputati all’anno 2007, quando non erano ancora stati sostenuti gli oneri, e tantomeno è ipotizzabile che le somme fossero state retrocesse.
15.1. Il motivo di ricorso risulta mal proposto. La contribuente, infatti, non ha cura di specificare quando abbia introdotto la propria contestazione nel corso dei gradi di merito del giudizio, non mancando di riportare, almeno in sintesi, le formule utilizzate, in modo da consentire a questa Corte di assolvere al proprio compito di verificare la tempestività e congruità delle contestazioni proposte dalle parti, prima ancora di procedere a valutarne la decisività. Peraltro, il motivo di ricorso difetta di specificità, perché l’esponente neppure quantifica le somme che la società avrebbe versato nel successivo anno 2008, e non chiarisce come abbia provato la circostanza.
L’ottavo strumento d’impugnazione risulta pertanto inammissibile.
16. Mediante il decimo motivo di ricorso la società lamenta la nullità della pronuncia impugnata, per effetto della mera apparenza della motivazione adottata, non avendo il giudice del gravame chiarito perché abbia ritenuto corretta la contestata quantificazione delle sanzioni anche, ma non solo, perché la ricorrente afferma che le sanzioni avrebbero dovuto essere irrogate con unico atto, applicandosi in conseguenza l’istituto dell’assorbimento. Le sanzioni, nella prospettazione della società, devono comunque essere parzialmente annullate ai sensi del D.Lgs. n. 158 del 2015 in conseguenza dell’abolizione della sanzione per l’omesso versamento delle ritenute quando non operate, ed inoltre, anche a diversamente interpretare, le sanzioni devono essere ridotte in conseguenza dello ius superveniens .
Occorre allora evidenziare che, nella presente fattispecie, risulta pacifico che l’Amministrazione finanziaria ha applicato le sanzioni in conseguenza dell’infedele dichiarazione, ed inoltre, sia per non aver operato la ritenuta di quanto dovuto, sia per non aver versato quanto avrebbe dovuto trattenere.
16.1. In effetti, nella sua concisa motivazione, in materia di sanzioni la CTR si limita a rilevare che agli atti risulta adeguatamente provata ‘la quantificazione delle sanzioni’ (sent. CTR, p. III), ma nulla illustra sulle ragioni che l’hanno condotta ad una simile valutazione.
Il motivo di ricorso risulta pertanto fondato e deve essere perciò accolto.
Risulta peraltro opportuno segnalare che la revisione del sistema sanzionatorio invocata dalla società, di cui al D.lgs. n. 158 del 2015, non ha in realtà previsto una generalizzata riduzione delle sanzioni tributarie, ma ha dettato una diversa disciplina che risulta in larga parte favorevole per il contribuente.
Lo ius superveniens risulta peraltro vigente in relazione a tutti i giudizi ancora in corso (cfr. Cass. sez. V, 30.3.2021, n. 8716), ed è compito innanzitutto del giudice del merito pronunziarsi sul se debba applicarsi al contribuente una disciplina sanzionatoria più favorevole.
Inoltre, verificato quale sia la corretta sanzione applicabile, in considerazione del disposto di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015, occorrerà anche valutare se abbiano incidenza nella fattispecie le previsioni di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 87 del 2024.
16.2. Merita ancora di essere segnalato come, pure a seguito della riforma, l’art 14 del D.Lgs. n. 471 del 1997 preveda che ‘1. Chi non esegue, in tutto o in parte, le ritenute alla fonte è soggetto alla sanzione amministrativa pari al venti per cento dell’ammontare non trattenuto’, mentre l’art. 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997 dispone che ‘1. Chi non esegue , in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti … è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato’.
Il decimo strumento di impugnazione, nei termini esposti, risulta quindi fondato e deve essere pertanto accolto.
Con l’undicesimo motivo di ricorso la contribuente critica la nullità della decisione adottata dal giudice dell’appello, in conseguenza della violazione del principio della necessaria corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, perché la CTR non si è espressa sulla contestazione che la sanzione per l’omesso versamento dei tributi avrebbe dovuto essere irrogata nello stesso atto impositivo, e non mediante separato atto di contestazione.
17.1. In effetti nella decisione della CTR non si rinviene pronuncia sul punto, e la ricorrente ha avuto cura di specificare, in questo caso, come abbia proposto la sua censura nei gradi di merito del giudizio. Il motivo di impugnazione risulta pertanto fondato.
Appare peraltro opportuno segnalare, come evidenziato dal P.M. nelle sue conclusioni scritte, che questa Corte regolatrice ha chiarito che sono ‘sanzioni collegate al tributo … quelle irrogate per violazioni sostanziali che incidono sulla determinazione ovvero sul pagamento del tributo, per il cui recupero viene emesso contestualmente un avviso di accertamento o di rettifica, e tra le quali rientra la sanzione per omesso pagamento delle ritenute alla fonte ex art. 13, comma 1, d.lgs. n. 471 del 1997’, Cass. sez. V, 26.11.2021, n. 36886.
Anche l’undicesimo motivo di ricorso, nei limiti esposti, risulta pertanto fondato e deve perciò essere accolto.
18. In definitiva l’impugnazione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE deve essere accolta, cassandosi con rinvio la decisione della CTR, con riferimento al decimo ed all’undicesimo strumento di impugnazione, mentre deve essere dichiarato inammissibile nel resto.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie il decimo e l’undicesimo motivo di ricorso proposti dalla RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , dichiarati inammissibili gli ulteriori, cassa la decisione impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, e provveda anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 23.1.2025.