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Sanzioni tributarie: Cassazione su ius superveniens

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3697/2025, interviene su un caso di accertamento fiscale a carico di una società per omesso versamento di ritenute su utili extracontabili. La Corte ha rigettato gran parte dei motivi di ricorso della società, ma ha accolto quelli relativi alle sanzioni tributarie. È stato stabilito che il giudice di merito ha l’obbligo di pronunciarsi sull’applicazione di normative sanzionatorie più favorevoli sopravvenute (ius superveniens) e sulla legittimità dell’irrogazione delle sanzioni tramite un atto separato. La sentenza è stata cassata con rinvio su questi specifici punti.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Sanzioni tributarie: la Cassazione sul principio dello ius superveniens

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3697 del 13 febbraio 2025, ha fornito importanti chiarimenti in materia di sanzioni tributarie, con particolare riferimento all’applicazione del principio del favor rei tramite lo ius superveniens. La pronuncia, pur respingendo la maggior parte delle doglianze di una società contribuente, ha cassato la decisione di secondo grado per non aver valutato due aspetti cruciali relativi proprio al regime sanzionatorio, riaffermando diritti fondamentali del contribuente nel processo tributario.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore della meccanica, successivamente incorporata da un’altra azienda, era stata sottoposta a una verifica fiscale relativa all’anno d’imposta 2007. All’esito del controllo, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato un avviso di accertamento e un atto di contestazione, basati sulle risultanze di un Processo Verbale di Constatazione (PVC) a cui la stessa società aveva prestato adesione. L’Amministrazione finanziaria contestava l’omessa effettuazione e versamento delle ritenute su maggiori utili che si presumevano distribuiti ai soci, derivanti da operazioni ritenute inesistenti.
La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della società, annullando gli atti. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in appello, riformava la decisione, confermando la legittimità delle pretese fiscali. La società proponeva quindi ricorso per cassazione, articolando dieci motivi di impugnazione.

L’Analisi della Corte di Cassazione sulle sanzioni tributarie

La Suprema Corte ha esaminato e rigettato la maggior parte dei motivi di ricorso, ritenendoli inammissibili o infondati. Tra questi, le censure relative alla presunta illegittimità della delega di firma dell’atto di appello, alla violazione delle norme sulla prova della distribuzione degli utili e alla presunta carenza di motivazione. La Corte ha ribadito che, avendo la società aderito al PVC, il maggior reddito societario era ormai un dato definitivamente accertato e non più contestabile in quel giudizio.

Tuttavia, l’attenzione dei giudici si è concentrata sugli ultimi due motivi di ricorso, entrambi accolti, che riguardavano specificamente il tema delle sanzioni tributarie.

Il Principio dello Ius Superveniens e la Quantificazione delle Sanzioni

Con il nono motivo di ricorso, la società lamentava l’omessa pronuncia da parte del giudice d’appello sulla richiesta di rideterminazione delle sanzioni. La contribuente sosteneva che le sanzioni avrebbero dovuto essere ricalcolate alla luce delle modifiche normative più favorevoli introdotte dal D.Lgs. n. 158 del 2015.
La Cassazione ha ritenuto fondato questo motivo, sottolineando che lo ius superveniens, ovvero la legge nuova più mite, è applicabile a tutti i giudizi ancora in corso. Di conseguenza, il giudice di merito aveva il dovere di pronunciarsi sulla questione e di valutare se la nuova disciplina sanzionatoria fosse più favorevole per il contribuente. L’aver ignorato questa specifica doglianza costituisce un vizio di omessa pronuncia che invalida la sentenza.

L’Atto Separato per l’Irrogazione delle Sanzioni

Con il decimo motivo, la società contestava la legittimità dell’irrogazione della sanzione per omesso versamento tramite un atto di contestazione separato, sostenendo che essa avrebbe dovuto essere inclusa nello stesso avviso di accertamento. Anche in questo caso, la Corte di Cassazione ha riscontrato un’omessa pronuncia da parte del giudice regionale.
Citando un proprio precedente (Cass. n. 36886/2021), la Corte ha ricordato che le “sanzioni collegate al tributo”, ovvero quelle irrogate per violazioni sostanziali che incidono sulla determinazione o sul pagamento del tributo, devono essere emesse contestualmente all’avviso di accertamento o di rettifica. L’aver utilizzato un atto separato era una questione procedurale che il giudice d’appello avrebbe dovuto esaminare.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha cassato la sentenza impugnata limitatamente ai due motivi accolti. La motivazione di tale decisione risiede nel vizio di omessa pronuncia (error in procedendo), che si configura quando il giudice non esamina e non decide su uno specifico motivo di gravame proposto dalla parte. Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva completamente ignorato le censure relative alla quantificazione delle sanzioni tributarie e alla modalità di irrogazione delle stesse.
La Cassazione ha affermato che il giudice del rinvio dovrà sanare questa omissione, procedendo a un nuovo esame dei punti controversi. Dovrà, quindi, verificare l’applicabilità della disciplina sanzionatoria più favorevole sopravvenuta e valutare la legittimità del procedimento di irrogazione utilizzato dall’Agenzia delle Entrate.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce due principi fondamentali a tutela del contribuente. In primo luogo, il diritto a beneficiare della legge più favorevole in materia di sanzioni tributarie (ius superveniens) non è una mera facoltà, ma un obbligo per il giudice, che deve pronunciarsi in merito se richiesto. In secondo luogo, il rispetto delle forme procedurali, come l’emissione delle sanzioni collegate al tributo nello stesso atto impositivo, è un elemento di garanzia che non può essere trascurato. La decisione, pertanto, pur confermando la pretesa fiscale nel merito, impone un nuovo giudizio per assicurare che il carico sanzionatorio sia determinato nel pieno rispetto della legge e dei diritti del contribuente.

Una nuova legge più favorevole sulle sanzioni tributarie si applica ai processi in corso?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che, in base al principio dello ius superveniens, le norme sanzionatorie più miti sopravvenute nel corso di un giudizio devono essere applicate. Il giudice del merito ha l’obbligo di pronunciarsi su tale richiesta se sollevata dal contribuente.

La sanzione per omesso versamento di ritenute deve essere comunicata con un atto separato?
No. La Corte ha accolto la tesi secondo cui le sanzioni “collegate al tributo”, come quelle per l’omesso pagamento, devono essere irrogate nello stesso atto impositivo (es. avviso di accertamento) e non mediante un atto di contestazione separato.

L’adesione di una società a un verbale di constatazione (PVC) preclude ogni successiva contestazione?
L’adesione al PVC rende definitivo il maggior reddito accertato a carico della società. Pertanto, nel giudizio che riguarda la società, non sono ammissibili contestazioni che mirano a rimettere in discussione tale reddito, come quelle relative alla prova della sua effettiva distribuzione ai soci (questione che riguarda i giudizi dei singoli soci).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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