Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 446 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 446 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
Oggetto:
IVA – sanzioni
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35649/2018 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
-ricorrente -contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio professionale associato RAGIONE_SOCIALE
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, n. 419/6/18, depositata il 8 maggio 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 697/1/15 della Commissione tributaria provinciale di Pescara che aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE contro il diniego di rimborso di sanzioni IVA.
La Commissione tributaria regionale, nella parte che qui rileva, osservava in particolare non era fondata la tesi dell’agenzia fiscale circa la determinazione della sanzione in questione nella misura del 3% in relazione ad ogni singola operazione in contestazione, dovendosi qualificare il caso concreto come di “lieve entità” tenuto conto della correttezza del comportamento della società contribuente.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico.
Resiste con controricorso la società contribuente, che successivamente ha depositato una memoria.
Considerato che:
Con l’unico motivo dedotto l’agenzia fiscale ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione dell’art. 6, comma 9 bis, d.lgs. 471/1997, poiché la CTR ha negato l’applicabilità nel caso concreto della sanzione nella misura del 3% o almeno di euro 10.000 in relazione ad ogni singola operazione irregolare dopo l’entrata in vigore del regime del c.d. reverse charge .
In via preliminare deve osservarsi che il mezzo è ammissibile, trattandosi palesemente della deduzione di una violazione di legge
e non di un vizio motivazionale, sicchè il riferimento all’ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., è il frutto evidente di un refuso, del tutto ininfluente.
Ciò detto, la censura è parzialmente fondata nei limiti che si espongono di seguito.
Va premesso in fatto che risulta pacifico che, pur in sede di ravvedimento operoso, la società contribuente ha versato la somma complessiva di euro 952.645 a titolo di sanzioni per irregolarità nell’applicazione del meccanismo dell’ inversione contabile (c.d. reverse charge ) nel periodo tra il 20 febbraio 2010 ed il 17 novembre 2010, a seguito di un interpello che le indicava tale somma da versare; peraltro la Dell ha successivamente proposto istanza di rimborso della somma stessa, sostenendo che la liquidazione di dette sanzioni non era conforme alle previsioni normative, indi, a fronte del silenzio-rifiuto, ha proposto il ricorso introduttivo della lite.
In diritto, si deve in primo luogo osservare che è orientamento fermo di questa Corte che «In tema di inversione contabile, c.d. “reverse charge”, le omissioni relative all’emissione dell’autofattura ed alle successive annotazioni, ove non abbiano riflessi sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta o del versamento del tributo, configurano violazioni di carattere formale, poiché la normativa ha lo scopo di prevenire la violazione della procedura di inversione contabile, sì da evitare un pregiudizio all’esercizio delle attività di controllo, secondo una valutazione astratta e compiuta “ex ante”, anche quando l’inosservanza degli adempimenti non abbia in concreto inciso sui versamenti e sulla determinazione dell’imponibile» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 24561 del 09/08/2022, Rv. 665786 – 01).
Dunque, come affermato dall’agenzia fiscale nel caso di specie non può ritenersi che le violazioni consumate dalla società contribuente abbiano natura “meramente formale”, quanto piuttosto siano
violazioni “formali”, che trovano la sanzione limitata nell’importo massimo ad euro 10.000 ex art. 6, comma 9bis , dPR 633/1972, nella versione applicabile ratione temporis , trattandosi di violazioni commesse nel primo triennio di vigenza della nuova disciplina dell’inversione contabile.
Vi è tuttavia da rilevare che tale disposizione legislativa ha un evidente ratio di mitigazione del trattamento sanzionatorio in detto spazio temporale di prima attuazione dello speciale modulo attuativo dell’IVA.
Orbene, se da un lato risulta non corretta l’interpretazione della disposizione legislativa medesima patrocinata financo in questa sede dall’agenzia fiscale, conducendo ad una -chiara- violazione del principio unionale di proporzionalità (corretti e pertinenti i riferimenti giurisprudenziali della controricorrente nella memoria illustrativa, cui è pratico rinviare), da un altro lato non emerge con esattezza quale ne sia stata l’interpretazione in concreto dei due giudici di merito, anche con riguardo a detto -senz’altro cogenteprincipio del diritto eurounitario.
In altri termini non è dato comprendere secondo quale, preciso, criterio applicativo, secondo ermeneutica unionalmente orientata, si sia data attuazione nel giudizio di merito ed in particolare di secondo grado alla norma in esame, se non a contrario , ma in termini tutt’affatto non chiari, essendosi accolta l’istanza di rimborso oggetto della lite e quindi, almeno all’apparenza, la correlativa tesi liquidatoria della società contribuente.
Il giudice tributario di appello infatti, riportato pedissequamente quanto previsto dalla legge (misura proporzionale del 3%, limite massimo di euro 10.000) e negato che tali previsioni dovessero applicarsi per ciascuna operazione imponibile “irregolare”, come affermato dall’Agenzia delle entrate, si è limitato poi a qualificare il fatto in contesto come di “lieve entità”, in considerazione del comportamento corretto/collaborativo della società contribuente,
senza tuttavia precisare quale fosse quindi il parametro di liquidazione del quantum sanzionatorio che riteneva giusto nel caso di specie.
Di conseguenza, in questi più limitati termini, la denunciata violazione/falsa applicazione di legge appare effettivamente sussistente, dovendosi provvedere nel giudizio di rinvio a colmare la correlativa lacuna decisoria.
In conclusione, accolto il ricorso come sopra specificato, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
PQM
La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Cosi deciso in Roma 22 novembre 2023
Il presidente