Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31274 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31274 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12020/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
ANGENZIA DELLE ENTRATE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della SICILIA-SEZ.DIST. CATANIA n. 6365/2020 depositata il 17/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Dalla sentenza in epigrafe si apprende che ‘l a controversia trae origine dai ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Ragusa proposto dalla RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e C. , Codice Fiscale CODICE_FISCALE, in persona del suo legale rappresentante Sig. NOME COGNOME avverso atto di contestazione n. CODICE_FISCALE riguardante contestazione di violazioni in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, per gli anni 2007 e 2008, per la parte relativa alla irrogazione delle sanzioni di cui ai punti 01 IVA e 04 IVA, per omessa o inesatta annotazione sui registri di cui all’art. 23 e 24 D.P.R. 633/72 di fatture relative agli acquisti o alle prestazioni imponibili intracomunitari di beni’; la CTP, ‘in accoglimento della domanda subordinata formulata con il ricorso proposto, dichiara dovute unicamente le sanzioni per le violazioni d! carattere formale inerenti l’omessa doppia registrazione delle autofatture nei registri previsti dagli artt. 23 e 25 del decreto IVA, meglio descritte nella parte motiva’.
L’Agenzia delle entrate proponeva appello, accolto dalla CTR della Sicilia, con la sentenza n epigrafe, sulla base della seguente letterale motivazione:
L’appenante Agenzia delle Entrate contesta la motivazione dei giudici di prime cure secondo i quali poiché le inadempienze accertate a carico della contribuente società non hanno generato danni erariali … vanno applicate unicamente le sanzioni dovute in conseguenza delle accertate violazioni formali da determinarsi, per come richiesto dal procuratore di parte ricorrente, nella misura minima di legge: tenuto conto della tenuità della condotta illecita posta in essere.
L’Agenzia delle Entrate sottolinea, inoltre, di non aver proceduto al recupero d’imposta, applicando la sanzione di cui all’art. 6, comma 1, del D.Lgs. 471/97, non con riferimento all’imposta dovuta, bensì con riferimento all’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio.
In proposito occorre osservare che, nel caso in esame, pur non essendo stata contestata una maggiore imposta (dovuta), per le operazioni poste in essere, la società ricorrente, comunque, risulta aver violato le disposizioni normative IVA per gli acquisti intracomunitari essendosi limitata a registrare le fatture d’acquisto esclusivamente nel registro degli acquisti, senza integrazione dell’IVA.
Più correttamente, avrebbe dovuto procedere prima alla integrazione IVA delle fatture e poi alla successiva annotazione delle stesse, sia nel registro vendite che nel registro acquisti, così da neutralizzare l’imposta.
Ne consegue che l’incompletezza e la non regolarità delle registrazioni contabili, per cui sono state configurate le violazioni contestate, legittimamente sono state sanzionate, a norma del richiamato art. 6, comma 1, del D.Lgs. 471/97, che stabilisce: .
Non è condivisibile la diversa tesi della società ricorrente; in parte avallata dai Giudici del grado inferiore, secondo cui l’applicazione delle sanzioni a carico della contribuente società, non dovrebbe trovare applicazione e/o -sostanzialmente -dovrebbe essere più attenuata, in considerazione del fatto che le violazioni accertate, di carattere meramente formale, non hanno generato danni
erariali. Ciò comporterebbe, infatti, di dover riconoscere un particolare ed inammissibile favor rei nella valutazione dei comportamenti non conformi al rispetto delle norme in tema di IVA intracomunitaria.
Propone ricorso per cassazione la contribuente con due motivi. L’Agenzia delle entrate resta intimata.
Considerato che:
Preliminarmente, va dato atto che il dott. COGNOME in codelega nella procura speciale con l’Avv. COGNOME è dottore commercialista, sicché va esclusa la possibilità per il medesimo di svolgere attività defensionale in Cassazione e la procura, in parte qua, è inammissibile. Tale vizio, peraltro, non travolge il ricorso attesa la qualifica professionale dell’avv. COGNOME cui pure è stata conferita la procura.
Con il primo motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 6, comma 1 del Decreto Legislativo numero 471/1997 in relazione ai numeri 3) e 5) dell’articolo 360 del codice di procedura civile’.
2.1. In caso di ‘reverse charge’, ‘in assenza di limiti, oggettivi o soggettivi, all’esercizio della detrazione, l’operazione è fiscalmente neutrale in quanto l’imposta ‘a debito’ è esattamente pari a quella ‘a credito”. ‘Nel caso concreto l’Agenzia delle entrate disponeva di tutte le informazioni necessarie per accertare la sussistenza di detti requisiti sostanziali; non potendosi il diritto alla detrazione negare nei casi in cui, come il nostro, l’operatore nazionale non ha applicato -o non ha applicato correttamente -la procedura dell’inversione contabile, detto anche ‘reverse charge’, avente normalmente natura formale e non sostanziale’. ‘Se è stata omessa solo la doppia registrazione delle fatture integrate o
autofatture nei registri previsti dagli articoli 23 e 25 del decreto IVA ed è dimostrato -o non è controverso -che gli acquisti siano fatti da un soggetto passivo dell’IVA e che le merci siano finalizzate a proprie operazioni imponibili, le inadempienze accertate a carico del contribuente non generano danni erariali, poiché il risultato fiscale finale sarebbe stato comunque identico sul piano impositivo per effetto della prevista neutralizzazione bilaterale dell’IVA (vedasi anche la risoluzione n. 56/E/2009). A ciò si aggiunga che gli articoli 18, paragrafo 1, lettera d), e 22 della sesta direttiva come modificata dalla direttiva 91/680/CEE, devono essere interpretati nel senso che tali disposizioni dettano requisiti formali del diritto a detrazione la cui mancata osservanza, in circostanze come quelle occorse alla ricorrente, non può determinare la perdita del diritto medesimo. E per tale aspetto, fermo restando che le mancanze ascritte alla ricorrente non sono di natura sostanziale e non incidono sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo, indubbiamente, manca nel caso concreto il presupposto logico -giuridico della contestazione e della correlativa sanzione’.
2.2. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
2.2.1. Esso è inammissibile, a misura che, in violazione dei principi di precisione e di autosufficienza, dà per presupposto quel che invece avrebbe dovuto dimostrare, ossia l’essere pacifica o comunque dall’Amministrazione non contestata l’assenza di danno per l’erario in dipendenza dalla neppure descritta, in punto di fatto, condotta della contribuente. Ciò è tanto più vero alla lice dell’affermazione della CTR, nella sentenza impugnata, secondo cui, ‘pur non essendo stata contestata una maggiore imposta (dovuta)’, la contribuente ha comunque violato le disposizioni sul
‘reverse charge’, ‘essendosi limitata a registrare le fatture d’acquisto esclusivamente nel registro degli acquisti, senza integrazione dell’IVA’: talché il non avversato accertamento della mancata integrazione dell’IVA, a fronte, tuttavia, della registrazione in acquisto, di per sé esclude l’allegata assenza di danno per l’erario, creando la provvista di una consistenza indebitamente detraibile.
2.2.2. Esso è comunque manifestamente infondato.
Invero, pur a voler, in via di mera ipotesi, prescindere da quanto innanzi, del tutto decentrato è l’assunto da cui muove, volto a rimarcare, nel senso della non sanzionabilità o della minore sanzionabilità, la circostanza (per vero essa pure indimostrata) che ‘l’Agenzia delle entrate disponeva di tutte le informazioni necessarie per accertare la sussistenza di requisiti sostanziali; non potendosi il diritto alla detrazione negare nei casi in cui, come il nostro, l’operatore nazionale non ha applicato -o non ha applicato correttamente -la procedura dell’inversione contabile , avente normalmente natura formale e non sostanziale’.
Un tale assunto finirebbe per comportare un inammissibile effettivo abrogativo delle previsioni sanzionatorie riguardanti le violazioni delle disposizioni sul ‘reverse charge’, senza considerare che queste ultime, ben lungi dall’assumere una valenza meramente formale, hanno invece il primario scopo sostanziale di far emergere le operazioni imponibili, con contestuale liquidazione dell’imposta dovuta direttamente dal cessionario, costituito debitore d’imposta, proprio per effetto dell’artificio contabile della doppia registrazione, in luogo (come d’ordinario) del cedente, altresì consentendo, su un piano nondimeno logicamente dipendente da quello testé descritto,
i successivi controlli in capo al cessionario medesimo, controlli che altrimenti risulterebbero materialmente impossibili.
In linea con quanto innanzi, questa S.C. ha già avuto modo di rilevare che, ‘in tema di IVA, l’obbligo di autofatturazione, di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 471 del 1997, esteso anche a chi assolve l’imposta relativa agli acquisti di beni o servizi mediante il meccanismo dell’inversione contabile (cd. “reverse charge”), soddisfa l’esigenza di evitare un pregiudizio, da valutarsi con giudizio ‘ex ante’, all’esercizio delle attività di controllo da parte degli organi all’uopo preposti, sicché la sua violazione può ritenersi sussistente anche quando l’inosservanza degli adempimenti non abbia in concreto inciso sui versamenti e sulla determinazione dell’imponibile; ove, poi, la ritardata o omessa autofatturazione realizzi un ritardato versamento o, per le modalità di assolvimento dell’imposta, incidendo il ritardo sulla liquidazione periodica dei tributi, si traduca anche in un minor versamento alle scadenze di legge, tali circostanze assumono rilevanza ai fini della graduazione della sanzione comminabile ai sensi dell’art 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, la cui entità percentuale deve restare ancorata al principio di proporzionalità’ .
2.2.2.1. Deve, sinteticamente, enunciarsi il seguente principio di diritto:
In tema di registrazione contabile -mediante il meccanismo del cd. ‘reverse charge’ -di acquisti intracomunitari, nel caso di registrazione, ai fini dell’IVA, delle fatture in acquisto nel solo registro degli acquisiti, senza integrazione dell’imposta, non vale ad escludere la sanzionabilità della violazione ai sensi
dell’art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 471 del 1997, né a configurare un’ipotesi di minore gravità, la circostanza che l’Amministrazione disponga delle informazioni necessarie per accertare la sussistenza dei requisiti sostanziali legittimanti comunque il diritto alla detrazione, poiché la doppia registrazione della fattura previa integrazione dell’imposta persegue lo scopo sostanziale di far di per sé emergere le operazioni imponibili, con contestuale liquidazione dell’imposta dovuta direttamente dal cessionario, rendendo nel contempo possibile l’esperimento dei controlli in capo a questi .
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 6, comma 1 del Decreto Legislativo numero 471/1997 e dell’articolo 15, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 158/2015 in relazione ai numeri 3) e 5) dell’articolo 360 del codice di procedura civile’.
3.1. ‘L’art. 8 della legge 11 marzo 2014, n. 231, ha delegato il Governo, a procedere alla revisione del sistema sanzionatorio amministrativo’. ‘La delega è stata esercitata col D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158’. ‘L’art. 15, comma 1, lett. f), del Decreto Lgs. in parola, ha modificato le sanzioni amministrative in materia di documentazione e registrazione delle operazioni IVA, previste nell’art. 6 del D.lgs. n. 471 del 1997, integrando il comma 2 al fine di estendere la sanzione ridotta, già prevista per le violazioni degli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione delle operazioni non imponibili, esenti o non soggette ad IVA (dal 5 al 10 per cento dei corrispettivi non documentati o non registrati, ovvero da euro 250 a euro 2.000 laddove la violazione non rilevi neppure ai fini della determinazione del reddito) anche alle medesime
violazioni relative ad operazioni soggette all’inversione contabile. Con riferimento alle violazioni relative al meccanismo dell’inversione contabile commesse dal cessionario o committente, in particolare, è stato riscritto il comma 9 -bis e sono stati introdotti tre nuovi commi (9 -bis.1, 9 -bis.2 e 9 -bis.3). Le nuove disposizioni sono entrate in vigore dal primo gennaio 2016 e, pertanto, trovano applicazione, per il principio del favor rei , anche per le violazioni commesse fino al 31 dicembre 2015 per le quali non siano stati emessi atti che si sono resi ‘definitivi’ anteriormente al primo gennaio 2016 (cfr. circolare 4 marzo 2016, n. 4)’.
3.2. Il motivo è inammissibile.
Deliberata la sentenza di primo grado il 25 gennaio 2016 come emerge dall’atto di appello agenziale allegato al ricorso per cassazione – quest’ultimo – che di per sé non specifica tale data non offre dimostrazione di aver formulato richiesta di applicazione dello ‘ius superveniens’, con un esigibile grado di riferimento alla fattispecie concreta, già innanzi alla CTR, che l’avrebbe disattesa.
Pertanto – non dedotto il vizio di omessa pronuncia – la violazione di legge denunciata nel motivo si risolve in una richiesta di applicazione dello ‘ius superveniens’ nel solo grado di legittimità.
Sul punto, tuttavia, trova applicazione l’insegnamento secondo cui, ‘in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, le modifiche apportate dal d.lgs. n. 158 del 2015 non operano in maniera generalizzata in ‘favor rei’, rendendo la sanzione irrogata illegale, sicché deve escludersi che la mera deduzione, in sede di legittimità, di uno ‘ius superveniens’ più favorevole, senza altra precisazione con riferimento al caso concreto, imponga la cassazione con rinvio della sentenza
impugnata, non solo in ragione della necessaria specificità dei motivi di ricorso ma, soprattutto, per il principio costituzionale di ragionevole durata del processo’ .
4. In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato.
Nulla è a statuirsi sulle spese, stante la mancata costituzione dell’Agenzia.
Sussistono i presupposti affinché la contribuente sia tenuta al pagamento del cd. doppio contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 13 settembre 2024.