Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25132 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25132 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/09/2025
Oggetto: rimborso
sanzioni
–
fatto di terzi
– causa esclusione
punibilità – condizioni
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti ai nn. 32 e 75/2023 R.G. proposti da
COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME domiciliati presso l’indirizzo PEC: avvEMAIL
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 5216/02/2022 depositata l’ 8 giugno 2022, e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 13 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 5216/02/2022 veniva parzialmente accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Messina n. 4196/1/2019 con la quale era stato accolto il ricorso proposto da NOME e NOME COGNOME avverso il diniego all’istanza di rimborso di importi pagati a titolo di sanzioni amministrative pecuniarie.
I ricorrenti consideravano non dovute le sanzioni, ai sensi dell’art. 6, comma 3, d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, in presenza di causa di non punibilità ritenendo dimostrato che il pagamento di tributi sanzionato fosse stato eseguito per fatto denunciato all’A.G., addebitabile esclusivamente al commercialista che curava la loro contabilità, condannato dal giudice ordinario per appropriazione indebita.
Il giudice d’appello riformava in parte la decisione di primo grado favorevole ai contribuenti e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, dichiarava dovuti i rimborsi relativi alle sole
sanzioni per omesso versamento da dichiarazioni, senza interessi, rideterminando le somme in favore di NOME COGNOME in 600,75 euro e per NOME COGNOME in euro 1.513,19, compensando le spese per entrambi i gradi di giudizio.
Avverso la sentenza d’appello i contribuenti hanno proposto telematicamente due distinti ricorsi del medesimo tenore, il primo in data 29 dicembre 2022 iscritto all’RGN 32/2023 e, atteso che il sistema non aveva ancora scaricato la relativa ricevuta di accettazione, il secondo in data 31 dicembre 2022, iscritto all’RGN 75/2023 unitamente all’attestazione ex art. 369 cod. proc. civ., affidati a due analoghi motivi, mentre l’Agenzia è rimasta intimata. I contribuenti depositano memoria illustrativa ex art.380-bis.1. cod. proc. civ.
Considerato che:
Pregiudizialmente, ex art.335 cod. proc. civ. i due ricorsi proposti avverso la medesima sentenza devono essere riuniti, quello iscritto all’RGN 75/2023, più giovane al ricorso RGN 32/2023, più risalente.
Va osservato, peraltro, che il secondo ricorso costituisce una mera duplicazione telematica posto che, in relazione al primo ricorso, il sistema non aveva depositato la ricevuta telematica e, dunque, a fronte dell’istanza di accettazione del ricorrente, ha generato una duplicità di fascicoli.
Viene dunque in rilievo un unico unitario ricorso, la cui duplicazione, solo apparente, è stata determinata da un mero disguido informatico.
Con il primo motivo i ricorrenti prospettano, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 1 ( rectius : 3) e 5, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 6, comma 3, d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, con
riferimento al combinato disposto de ll’ art. 62 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, per aver la CTR erroneamente omesso di tener conto di tutte le sanzioni, avendo preso in considerazione solo le sanzioni pecuniarie relative agli «omessi versamenti da dichiarazione, come evidenziato e specificamente indicato dall’Agenzia, riconoscendo al Sig. COGNOME NOME il diritto al rimborso di 1.513,19 euro e al Sig. COGNOME NOME di 600,75 euro, quali sanzioni complessivamente versate e riferite ad omessi versamenti da dichiarazioni, per come risultante dagli estratti di ruolo depositati» (cfr. p.5 ricorso).
3. Il motivo è fondato.
3.1. E’ opportuna una breve ricostruzione della disciplina applicabile. Il terzo comma dell’art.6 del d.lgs.18/12/1997 n. 472, recante «Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell’articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n.662», nel testo ratione temporis vigente dispone: «Il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi.».
3.2. La causa di non punibilità è perciò riferita alle sanzioni amministrative pecuniarie perché il d.lgs. n. 472/1997 e la giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. Sez. 5, sentenza n.8630 del 30/05/2012) ha interpretato il disposto dell’art.6 nel senso che l’infedeltà dell’intermediario, incaricato del pagamento dell’imposta e della trasmissione della dichiarazione dei redditi e che abbia omesso di provvedervi, quand’anche accertata in sede penale, non esonera il contribuente dal pagamento dell’imposta stessa, rimanendo non dovuti soltanto gli interessi e le sanzioni.
Infatti, condivisibilmente è stato ritenuto dalla decisione ult. cit. che l’art. 3 del d.P.R. n. 322 del 1998, commi 3, 3-bis e 3 ter, poi abrogato, con l’art 4, comma 35, della L. n.183 del 2011, a decorrere dall’anno 2012, «considera incaricati della trasmissione in via telematica delle dichiarazioni all’Agenzia delle entrate le figure professionali ed i centri di assistenza fiscale – elencati nelle lettere da a) ad e) del comma 3 -, li obbliga a trasmettere le dichiarazioni se incaricati di predisporle, e prevede un compenso, a carico del bilancio dello Stato, per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa. La rilevanza dei compiti svolti dall’intermediatore nei confronti del Fisco non vale, però, ad escludere la natura privatistica del rapporto tra l’intermediatore ed il contribuente, che si desume dall’esame delle disposizioni citate, in relazione innanzitutto all’ an dell’incarico, che il contribuente è libero di non conferire potendo, appunto, provvedere “direttamente” alla presentazione delle dichiarazioni, in base al comma 2 dell’art. 3 in esame.
3.3. In secondo luogo, in relazione alla scelta del contraente, non comporta, ad ogni modo, la dedotta “estromissione del soggetto passivo -quello secondo le regole ordinarie- da ogni obbligo inerente al rapporto fiscale». Il sistema tributario prevede, infatti, un solo caso di “sostituzione” del soggetto passivo, definendo, all’art. 64, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, il sostituto d’imposta come colui che «in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri (…) anche a titolo di acconto» ed il caso in esame non rientra in tale ambito. L’intermediatore è incaricato, bensì, di trasmettere la dichiarazione che abbia elaborato, ma, di certo, non è obbligato, in proprio, a pagare l’imposta. Inoltre, secondo la prevalente giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 24962 del 2010, n. 14033 del 2006 e sentenze richiamate), il sostituito deve ritenersi, fin
dall’origine e non solo in fase di riscossione, obbligato solidale al pagamento dell’imposta, e perciò soggetto all’accertamento (fermo restando, in costanza dei relativi presupposti, il diritto di regresso verso il sostituto). Per altro verso, l’eventuale equiparazione tra il caso in esame e la delega conferita alla banca per il versamento dell’imposta sui redditi, ai sensi dell’art. 17 della L. n. 576 del 1975, sarebbe priva di base normativa, in quanto tale norma – diversamente dal caso dell’intermediazione, che attiene ai momenti dell’elaborazione e della trasmissione della dichiarazione – disciplina una modalità di pagamento che ha effetto liberatorio per il delegante, con contestuale nascita di una distinta obbligazione per la banca, avente ad oggetto la devoluzione alla tesoreria dello Stato della somma ricevuta (v. Cass. n. 9514 del 2009, in motivazione; n. 15110 del 2006, Sez. U. n. 1148 del 2000).
3.4. La circostanza che nella presente fattispecie l’intermediatore abbia tradito il mandato ricevuto dal contribuente e sia stato ritenuto responsabile, con sentenza ormai irrevocabile, tra l’altro, del delitto di appropriazione indebita, non comporta alcuna novazione del rapporto. Ciò non è previsto da alcuna disposizione di legge, né muta i termini della questione in relazione all’obbligo relativo al pagamento dell’imposta, tenuto anche conto che, per sanzioni ed interessi, il contribuente è privo di interesse a ricorrere, secondo le considerazioni sopra esposte. La fonte di tale obbligo non va infatti identificata nel comportamento penalmente illecito dell’intermediatore, come opina il contribuente, ma dev’essere , piuttosto, ricercata nella percezione di redditi da parte sua.
Il quadro in diritto sopra ricostruito, richiamata da ultimo anche l’ ordinanza Cass. Sez. 5, n.18086 del 21/07/2017 in tal senso, è ancora attuale e va ribadito anche nella presente fattispecie, nel senso che
l’infedeltà dell’intermediario che, incaricato del pagamento dell’imposta e della trasmissione della dichiarazione dei redditi, ometta di provvedervi, quand’anche accertata in sede penale, non esonera il contribuente dal pagamento dell’imposta stessa, rimanendo non dovuti soltanto gli interessi e le sanzioni.
Sulla base di tali premesse, proprio con riferimento alle sanzioni tributarie, la Corte in un caso ha anche precisato (Cass. n.10298 del 16/04/2024) che la commutazione delle sanzioni dal contribuente al professionista responsabile, prevista dall’art. 1 della l. 423 del 1995, e la non punibilità del contribuente stesso, ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997, se il mancato pagamento è addebitabile ad un terzo, non riguardano solo le sanzioni conseguenti all’omesso versamento, ma anche quelle che derivano dalle condotte poste in essere dal terzo nell’ambito del proprio comportamento fraudolento, atto a mascherare l’inadempimento dell’incarico ricevuto, e, in particolare, quelle ricollegate all’omessa trasmissione della dichiarazione dell’imposta.
Il principio di diritto è condivisibile e ne va data ulteriore continuità anche nella presente fattispecie, nel senso che l’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997, in ragione anche del tenore letterale della previsione normativa e della rubrica del decreto, si riferisce a tutte le sanzioni irrogate, non solo a quelle riferibili all’omesso versamento da dichiarazione. Del resto, anche su di un piano interpretativo logico e sistematico va tenuto conto del fatto che il contribuente è sanzionato per condotte del terzo, ed è pertanto ragionevole che tutto ciò che è riconducibile al l’azione o omissione del terzo rientri nel perimetro della suddetta causa di non punibilità.
Orbene, in applicazione di tale principio nella presente fattispecie va considerato che non è contestato che i contribuenti hanno affidato la loro contabilità alla ragioniera NOME COGNOME la quale ha omesso di
curare le relative imposte e tasse, nonostante avesse ricevuto dai ricorrenti la documentazione ed il denaro necessari per tali adempimenti. Di ciò dà conto la sentenza impugnata, che fa riferimento alla sentenza del giudice ordinario (Tribunale di Messina n. 748/2016) con cui la COGNOME è stata condannata per appropriazione indebita aggravata in danno di diversi clienti/contribuenti, tra i quali i ricorrenti e, per tale ragione ha ritenuto applicabile l’esimente di cui all’art.6, comma 3, cit. ed ha limitato il rimborso alle sanzioni per omesso versamento. La sentenza impugnata non è in linea con la ricostruzione in diritto che precede e di cui terrà conto il giudice del rinvio.
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo, con il quale i ricorrenti prospettano, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione agli artt. 91, 92 e 132, comma 2 n. 4, cod. proc. civ., sul presupposto che sia stata ingiustamente rigettata in parte l’istanza di rimborso delle sanzioni amministrative pecuniarie, con riferimento al capo della decisione d’appello relativo alla compensazione delle spese di lite mentre, in base al principio della soccombenza, la condanna alle spese s’imponeva anche in secondo grado. La questione sarà riesaminata dal giudice del rinvio.
La sentenza impugnata è perciò cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte
Riunisce il ricorso RGN 75/2023 a quello iscritto all’RGN 32/2023; accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza
impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti e per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 giugno 2025
Il Presidente
NOME COGNOME