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Sanzioni amministratore di fatto: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato le sanzioni a carico di due amministratori di fatto di una società cooperativa rivelatasi una mera ‘società cartiera’. La sentenza stabilisce che il principio di responsabilità esclusiva della persona giuridica non si applica quando l’ente è uno schermo fittizio creato per l’esclusivo vantaggio personale degli amministratori. Pertanto, le sanzioni per l’amministratore di fatto diventano personali, colpendo direttamente gli autori dell’illecito tributario.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Sanzioni amministratore di fatto: quando la responsabilità è personale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto tributario: l’applicazione delle sanzioni all’amministratore di fatto quando la società gestita è in realtà uno schermo fittizio. La Suprema Corte ha confermato che chi si nasconde dietro una ‘società cartiera’ per commettere illeciti fiscali non può beneficiare delle norme che limitano la responsabilità alla sola persona giuridica, ma risponde personalmente delle sanzioni.

I fatti del caso: una società cooperativa sotto la lente del fisco

Il caso ha origine da un accertamento della Guardia di Finanza nei confronti di una società cooperativa. Le indagini hanno rivelato che la società era una mera ‘scatola vuota’, utilizzata per emettere fatture per operazioni inesistenti e consentire l’evasione fiscale a terzi. Gli inquirenti hanno individuato due soggetti quali reali gestori e beneficiari dell’attività illecita, qualificandoli come amministratori di fatto. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate ha notificato loro un atto di irrogazione di sanzioni per gravi violazioni fiscali (omessa presentazione delle dichiarazioni e irregolare tenuta delle scritture contabili) commesse negli anni 2007-2009.

Il percorso giudiziario e le questioni sollevate

Il contenzioso ha avuto un andamento altalenante. In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) ha accolto il ricorso dei contribuenti. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale (CTR), su appello dell’Agenzia delle Entrate, ha ribaltato la decisione, ritenendo provata la qualità di amministratori di fatto e la loro diretta responsabilità.
I contribuenti hanno quindi presentato ricorso in Cassazione, basandosi su due argomenti principali:
1. Vizio di extrapetizione: sostenevano che la CTR avesse deciso su questioni non appellate dall’Agenzia, sulle quali si sarebbe quindi formato un giudicato interno.
2. Violazione di legge: ritenevano che, ai sensi dell’art. 7 del D.L. n. 269/2003, le sanzioni amministrative relative a società con personalità giuridica dovessero gravare esclusivamente sull’ente e non sulle persone fisiche che lo amministrano.

La specificità dell’appello e le sanzioni all’amministratore di fatto

La Corte di Cassazione ha respinto il primo motivo, chiarendo un importante principio processuale. Nel processo tributario, l’onere di specificità dell’appello non richiede una contestazione analitica di ogni singolo punto della sentenza di primo grado. È sufficiente che dall’atto di gravame emerga in modo inequivocabile la volontà di contestare la decisione nel suo complesso. Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate, chiedendo la ‘riforma integrale’ della sentenza e riproponendo le argomentazioni a sostegno della legittimità del proprio operato, aveva efficacemente devoluto l’intera controversia al giudice d’appello. Di conseguenza, nessun giudicato interno si era formato e la CTR aveva legittimamente riesaminato l’intero merito della causa.

Responsabilità personale e società cartiere: un principio consolidato

Il punto centrale della decisione riguarda il secondo motivo. La Corte ha rigettato anche questa doglianza, confermando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. La norma invocata dai ricorrenti (art. 7 del D.L. n. 269/2003) stabilisce, in linea generale, che per le violazioni fiscali commesse da enti con personalità giuridica, le sanzioni pecuniarie colpiscono esclusivamente la società.

Tuttavia, questa regola subisce una fondamentale eccezione nel caso delle cosiddette ‘società cartiere’. Quando la società è una mera fictio iuris, uno schermo creato artificiosamente da una persona fisica al solo scopo di perseguire un interesse personale illecito, la ratio della norma viene meno. La società non è un’entità autonoma che beneficia dell’operato del suo amministratore, ma uno strumento nelle mani di quest’ultimo. In questi casi, il velo societario viene sollevato e la responsabilità, anche sanzionatoria, risale direttamente all’autore materiale e beneficiario effettivo della violazione. Le sanzioni all’amministratore di fatto diventano quindi una conseguenza diretta della sua condotta.

Le motivazioni della Corte

Nelle motivazioni, la Corte di Cassazione ha sottolineato che la CTR si è correttamente attenuta a questi principi. Le prove raccolte (dichiarazioni di terzi, movimentazioni bancarie sui conti personali dei ricorrenti) dimostravano inequivocabilmente che i due individui erano i ‘beneficiari effettivi della gestione societaria e delle violazioni contestate’. La società cooperativa era stata creata nel loro ‘esclusivo interesse’ come mero strumento di frode. In un simile contesto, applicare la norma sulla responsabilità esclusiva dell’ente avrebbe significato premiare un comportamento abusivo, consentendo al vero responsabile di sottrarsi alle conseguenze del proprio illecito. La sanzione deve colpire chi ha effettivamente commesso e tratto vantaggio dalla violazione, ripristinando così il principio personalistico della responsabilità.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un messaggio chiaro: l’ordinamento non tollera l’abuso della personalità giuridica per fini illeciti. Gli amministratori, specialmente quelli di fatto, non possono utilizzare lo schermo societario per evadere le imposte e poi invocare le norme a tutela dell’ente per sfuggire alle sanzioni. La giurisprudenza, applicando il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, assicura che la responsabilità ricada sull’effettivo autore della frode fiscale, garantendo l’efficacia del sistema sanzionatorio tributario.

Un amministratore di fatto può essere ritenuto personalmente responsabile per le sanzioni tributarie della società che gestisce?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, l’amministratore di fatto è personalmente responsabile quando la società è una ‘cartiera’, ovvero un’entità fittizia creata nel suo esclusivo interesse per commettere illeciti tributari e a suo personale vantaggio.

La norma che limita le sanzioni fiscali alla sola società si applica sempre?
No. La regola secondo cui le sanzioni amministrative colpiscono solo la persona giuridica (art. 7, D.L. n. 269/2003) non si applica alle società ‘schermo’ o ‘cartiere’. In questi casi, prevale il principio della responsabilità personale di chi ha materialmente commesso e beneficiato della violazione.

Per appellare una sentenza tributaria è necessario contestare ogni singolo punto della decisione?
No, non è necessaria una contestazione analitica. È sufficiente che dall’atto di appello emerga in modo chiaro e inequivoco la volontà di contestare la decisione nel suo complesso, ad esempio chiedendone la ‘riforma integrale’ e riproponendo le argomentazioni a sostegno della propria tesi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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