Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10889 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10889 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31733/2018 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DEL LAZIO n. 1923/16/18 depositata il 27/03/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 1923/16/18 del 27/03/2018, la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito CTR) rigettava l’appello
proposto da NOME COGNOME in proprio e quale ritenuto amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE, nei confronti della sentenza n. 19616/53/16 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva rigettato il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento notificato a RAGIONE_SOCIALE e concernente IVA e sanzioni relative all’anno d’imposta 2010.
1.1. Come evincibile dalla sentenza impugnata, l’Amministrazione finanziaria contestava in proprio a NOME COGNOME nella sua qualità di amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE, la responsabilità per il mancato versamento dell’IVA in relazione ad operazioni soggettivamente inesistenti compiute dalla società, ritenuta una cartiera, e , quindi, l’applicabilità, in solido con quest’ultima, delle sanzioni.
1.2. La CTR respingeva l’appello proposto da NOME COGNOME evidenziando che: a) risultava comprovato, anche alla luce della sentenza di applicazione della pena su richiesta, che il contribuente era amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE; b) l ‘ amministratore di fatto rispondeva delle violazioni compiute dalla società di capitali, in deroga alla previsione di cui all’art. 7 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, conv. con modif. nella l. 24 novembre 2003, n. 326, laddove la società era stata artificiosamente creata nell’esclusivo interesse della persona fisica (o delle persone fisiche) e, cioè, in assenza di qualsiasi utilità in capo alla società medesima (circostanza che veniva riscontrata nel caso di specie ); c) il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento «non appar connotato da un livello di gravità tale da impedire l’esame di merito del rapporto tra il Falavigna e L’RAGIONE_SOCIALE».
Avverso la sentenza di appello NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.
L’Agenzia delle entrate (di seguito AE) resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di NOME COGNOME, proposto in proprio (e non anche in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE), è affidato a sette motivi, che vengono di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 1, comma 2, 36, comma 2, e 61 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 111, sesto comma, Cost., per avere la CTR reso motivazione apparente in ordine al primo motivo di appello. Con detto motivo il ricorrente ha dedotto un vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado, essendo stata accolta una pretesa nei confronti del contribuente mai contestata con l’originario avviso di accertamento e, comunque, sulla base di un fatto costitutivo (la sostanziale coincidenza di NOME COGNOME con RAGIONE_SOCIALE) non indicato nel medesimo atto impositivo.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR pronunciato ultrapetita in ordine alle circostanze menzionate con il primo motivo di ricorso.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2462, primo comma, cod. civ., dell’art. 7, comma 1, del d.l. n. 269 del 2003 e del principio di diritto enunciato da Cass. n. 19716 del 28/08/2013, per avere la CTR erroneamente ritenuto che NOME COGNOME sia l’esclusivo beneficiario delle violazioni compiute da
parte di RAGIONE_SOCIALE, con la conseguenza che egli non avrebbe potuto rispondere delle sanzioni erogate alla società.
1.4. Con il quarto motivo si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 1, comma 2, 36, comma 2, e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 111, sesto comma, Cost., per avere la CTR reso motivazione apparente in ordine alla contestazione mossa con il quarto motivo di appello. Con detto motivo il ricorrente ha evidenziato la carenza di moti vazione dell’avviso di accertamento nella parte in cui sarebbe stata attribuita al contribuente la qualifica di amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE
1.5. Con il quinto motivo si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 1, comma 2, 36, comma 2, e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 111, sesto comma, Cost., per avere la CTR reso motivazione apparente in ordine alla contestazione mossa con il secondo motivo di appello. Con detto motivo il ricorrente ha lamentato la carenza di motiv azione dell’avviso di accertamento nella parte in cui il ricorrente sarebbe stato riconosciuto responsabile delle violazioni contestate a RAGIONE_SOCIALE
1.6. Con il sesto motivo di ricorso, proposto in via subordinata al quinto motivo, si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, della l. 27 luglio 2000, n. 212, dell’art. 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, del principio di diritto enunciato da Cass. n. 19716 del 2013 e dei principi di diritto in tema di motivazione dell’atto impositivo, per avere la CTR erroneamente ritenuto che NOME COGNOME sia il
beneficiario esclusivo delle violazioni accertate nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
1.7. Con il settimo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 1, comma 2, 36, comma 2, e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 112 e 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 111, sesto comma, Cost. sotto un duplice profilo: a) la CTR avrebbe rigettato il settimo motivo di appello, senza indicare le ragioni per le quali non abbia proceduto all’applicazione del cumulo giuridico, in ragione delle sanzioni già irrogate per l’anno 2009; b) la CTR avrebbe omesso di pronunciare sul settimo motivo di appello.
Il primo e il secondo motivo di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati per ragioni di connessione, sono fondati nei termini di seguito indicati.
2.1. Nella prospettazione di NOME COGNOME il giudice di secondo grado, da un lato, avrebbe reso motivazione apparente in ordine al vizio di ultrapetizione sollevato con il primo motivo di appello e, dall’altro, sarebbe incorso egli stesso nel medesimo vizio . In buona sostanza, si denuncia che: a) l’avviso di accertamento non avrebbe mai attinto il ricorrente personalmente, nemmeno per le sanzioni, ma unicamente la società; b) nell’avviso di accertamento non vi sarebbe traccia della imputazione di responsabilità formulata nei confronti dell’amministratore di fatto, quanto meno sotto il profilo della integrale riconducibilità allo stesso dell’attività fittiziamente facente capo a RAGIONE_SOCIALE
2.2. Orbene, secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento
giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero -e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali -l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; Cass. S.U. n. 16599 del 05/08/2016).
2.2.1. Determina, infine, una violazione di legge costituzionalmente rilevante anche la motivazione contraddittoria, nella misura in cui esprima un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, mentre deve escludersi la possibilità di sindacare in sede di legittimità la semplice motivazione insufficiente (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014).
2.3. Nel caso di specie, la CTR si diffonde ampiamente sui criteri di imputazione delle sanzioni in capo all’amministratore di fatto che utilizza la società quale schermo per l’esecuzione del proprio disegno criminoso. Tuttavia, omette del tutto di considerare (e così anche il giudice di prime cure) che tale schema è del tutto estraneo all’avviso di accertamento impugnato, laddove il ricorrente è stato attinto quale autore delle violazioni nella sua qualità di amministratore di fatto della società e non anche nella qualità di soggetto che ha utilizzato la società come schermo a fini del personale profitto.
2.4. In buona sostanza, la CTR ha ritenuto che NOME COGNOME risponda delle sanzioni imputabili alla società contribuente in quanto,
in deroga alla previsione dell’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, è stato l’effettivo beneficiario dell’attività della società, costituita artificiosamente a fini illeciti. Il chiaro riferimento è alla giurisprudenza di questa Corte, per la quale « risponde delle sanzioni l’amministratore di fatto della cartiera atteso che, in tal caso, la società è una mera “fictio”, utilizzata quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a personale vantaggio dell’amministratore di fatto, con la conseguenza che viene meno la “ratio” che giustifica l’applicazione del suddetto art. 7, diretto a sanzionare la sola società con personalità giuridica, e deve essere ripristinata la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito » (Cass. n. 10975 del 18/04/2019; Cass. n. 29038 del 20/10/2021; Cass. n. 10651 del 01/04/2022; Cass. n. 23231 del 25/07/2022). Giurisprudenza, peraltro, evolutasi nel senso di ritenere il soggetto che abbia gestito uti dominus la società di capitali come possessore del reddito della società e, conseguentemente tenuto al pagamento delle imposte (Cass. n. 23231 del 2022, cit.; Cass. n. 1358 del 17/01/2023).
2.5. Tuttavia, come già evidenziato, l’avviso di accertamento non contesta la superiore fattispecie e nemmeno fa riferimento alla previsione dell’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, ma imputa (anche) all’amministratore di fatto, quale autore delle violazioni, quel le sanzioni di cui, ai sensi della menzionata disposizione, è responsabile unicamente la società.
2.6. Ne consegue la fondatezza dei primi due motivi di ricorso.
L’accoglimento di detti motivi implica l’assorbimento delle questioni poste con gli altri motivi di ricorso.
In conclusione, vanno accolti i primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo
grado del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente procedimento. Così deciso in Roma, il 07/11/2024.