Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7835 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7835 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3446/2023 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
Contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato
-resistente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 3119/2022 depositata il 5 luglio 2022.
Udita la relazione svolta nella udienza del 28 febbraio 2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto: Registro
L’ oggetto della controversia è un atto di contestazione (n. TK3C06301255 2017), notificato dall’Agenzia delle Entrate -Roma INDIRIZZO, INDIRIZZO (d’ora in poi intimata), a RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi ricorrente) per il pagamento dell’imposta diretta e dell’Iva per il periodo di imposta 2012 che irrogava una sanzione di € 10.469,00 .
Con riferimento ad un controllo effettuato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE con sede legale in Roma e sede operativa ad Avezzano, erano stati segnalati dalla Direzione Regionale Abruzzo anomali versamenti di denaro effettuati da ll’odierna ricorrente nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
La CTP ha rigettato il ricorso e la CTR ha confermato la sentenza di primo grado, rigettando l’appello proposto dall’odierna ricorrente, per quello che ancora rileva in questa sede, sulla base delle seguenti ragioni:
-i motivi 6, 7, e 8 di cui all’elencazione si limitano a generiche affermazioni su presunte carenze motivazionali o su pretese violazioni del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, senza alcuna puntuale indicazione che consenta a questo giudice di comprendere quale sia l’effettiva censura formulata in rapporto ad uno specifico punto della sentenza impugnata;
-il motivo 10 è infondato perché, in linea con quanto affermato dal giudice di primo grado, la questione della ‘competenza va valutata i n ordine all’Ufficio che ha effettuato e notificato l’atto impositivo, a nulla rilevando invece, l’Ufficio che ha effettuato la segnalazione»;
-la Direzione regionale dell’Abruzzo ha segnalato l’anomalia dell’operazione, essendovene venuta a conoscenza , in quanto le società hanno la sede legale a Roma, ma esse hanno, altresì, sede operativa ad Avezzano e corretta appare la segnalazione da parte della Direzione Regionale dell’Abruzzo ;
-i motivi 9, 11, 12 e 14 attengono al merito della controversia e devono essere rigettati, perché l’Ufficio non ha operato sulla base di presunzioni, ma ha utilizzato una specifica documentazione attinente ad un bonifico bancario di € 50.000 privo di riscont ro in specifiche fatture; in secondo luogo «perché lo stesso Ufficio, considerato che la RAGIONE_SOCIALE ha
presentato la dichiarazione fiscale relativa all’anno 2012 con valori uguali a 1, ha proceduto a contestare la sanzione per acquisti di beni e/o servizi senza fattura, ai sensi dell’art. 6, comma 8, del d.lgs. n. 471 del 1997. Nulla provano in contrario le fatture prodotte dal ricorrente e concernenti caparre confirmatorie relative a vendita di macchina confezionatrice verticale sia perché comunque la somma di tali fatture (euro 55.000) non corrisponde all’entità del bonifico di cui si parla (euro 50.000), sia perché il ricorrente ben avrebbe potuto e dovuto produrre la fattura dell’intervenuto acquisto ».
L’odiern a ricorrente ha proposto ricorso fondato su cinque motivi, mentre l’Agenzia delle Entrate si è costituita tardivamente al solo fine di partecipare alla discussione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 58 del DPR/600/73, la nullità dell’atto impositivo fondato su un pvc relativo ad una verifica condotta direttamente dai funzionari della DRE dell’Abruzzo. Eccepisce l’i ncompetenza funzionale della Direzione territoriale dell’Agenzia delle Entrate -Direzione Regionale dell’Abruzzo, individuando la competenza dell’ufficio impositore nel comune ove ha sede la società. Richiama, in proposito la circolare n.32/E del 19 ottobre 2006, secondo cui gli organi legittimati a formulare richieste di informazioni, ad effettuare accessi e verifiche sono: a) Gli Uffici Centrali della Direzione centrale dell’Agenzia delle Entrate; b) Gli uffici locali dell’Agenzia delle Entrate; c) La Guardia di Finanza; d) Le Commissioni Tributarie. Evidenzia che n ell’elenco, dunque, non risulta compresa la Direzione Regionale.
1.1. Il motivo è infondato e, per alcuni versi, inammissibile, in quanto non si confronta con la parte della motivazione impugnata.
Nella sentenza si afferma che la questione della «competenza» va valutata in ordine all’ufficio che ha effettuato e notificato l’atto impositivo, a nulla rilevando l’ufficio che ha effettuato la segnalazione.
Nel caso di specie, solo la segnalazione dell’operazione anomala è stata effettuata dalla Direzione Regionale dell’Abruzzo, in quanto le società coinvolte in quella sede hanno una sede operativa.
È stato, viceversa, accertato e in alcun modo smentito che l’atto di contestazione, oggetto del giudizio, è stato lavorato dalla DPI di Roma, ufficio controlli.
Correttamente, dunque, la sentenza impugnata ha affermato la competenza dell’ufficio di Roma, in quanto le società coinvolte in quella stessa città hanno la sede legale. Su tale aspetto il motivo di impugnazione non ha svolto specifiche censure, imperniando tutta la difesa sulla presunta incompetenza della Direzione Regionale dell’Abruzzo che di fatto non ha emesso l’atto impositivo . Per tale aspetto il motivo presenta profili di inammissibilità.
Il motivo è anche infondato, posto che la circolare richiamata dalla ricorrente non rileva nel caso di specie, in quanto l’attività di segnalazione ivi regolamentata è cosa ben diversa da quella di esercizio della potestà impositiva.
In ogni caso, a questo proposito, si ricorda che, in tema di accertamento sintetico delle imposte sui redditi, l’incompetenza territoriale dell’Ufficio fiscale da cui proviene una segnalazione non incide sulla validità e sul perfezionamento del procedimento di rettifica operato dall’Ufficio fiscale competente, non sussistendo alcuna specifica disposizione che vincoli il valore indiziario degli elementi che ne sono a base in ragione della articolazione territoriale dell’ufficio dell’Erario che li ha acquisiti (Cass., Sez. 5, n. 3228/2021, Rv. 660484 – 01)
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c., la violazione e la falsa applicazione, dell’art. 12 della l. n. 212/2000, per mancata attivazione del contraddittorio obbligatorio. Contesta che l ‘Agenzia delle Entrate ha notificato al ricorrente l’atto impositivo senza preventivo contraddittorio e senza la redazione del processo verbale di constatazione in violazione di principi consolidati in sede di legittimità.
2.1. Il motivo è infondato. Questo Collegio intende ribadire il principio di legittimità per il quale, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’atto di contestazione avente ad oggetto sanzioni amministrative tributarie, come è quello del caso di specie, non deve essere preceduto dal contraddittorio previsto dall’art. 12, comma 7, l. n. 212 del 2000, atteso che esso si inserisce nel procedimento di cui all’art. 16 del d.lgs. n. 472 del 1997, il quale ha disegnato, con norme speciali, uno specifico spazio di contraddittorio con il contribuente posteriore all’atto di contestazione, ma preventivo rispetto all’eventuale successivo atto di irrogazione della sanzione (Cass., Sez. 5, n. 7620/2021, Rv. 660851 -01; nello stesso senso Cass., Sez. 5, n. 15581/2020, Rv. 658402 – 01).
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c., la violazione e la falsa applicazione , dell’art. 2697 c.c. Le contestazioni che si rilevano dall’atto impositivo , ad avviso della ricorrente, sono del tutto generiche e sprovviste di prova e non vi è una contestazione specifica, ma solo delle apodittiche e semplici affermazioni. Nell’atto impositivo nessuna prova l’Ufficio fornisce al riguardo, limitandosi lo stesso a richiamare una presunta violazione derivante da una segnalazione. Rappresenta che la controricorrente, dopo tre anni e due mesi dalla segnalazione della Direzione Regionale dell’Abbruzzo ha emesso un atto impositivo privo di motivazioni e di prova e che la sentenza non abbia esaminato la documentazione prodotta dalla ricorrente.
Contesta, poi, l’errata indicazione della data del bonifico che l’Ufficio indica come effettuato in data 27/02/2012. Tale bonifico è stato effettuato dalla ricorrente a favore della RAGIONE_SOCIALE, in acconto a n. 2 Fatture (n.05/01 del 09/01/2012 e n.05/02 del 20/01/2012), relativamente a caparre confirmatorie per vendita di macchine confezionatrici. L’importo versato a titolo di caparra è escluso, così come previsto dalla legge, dal campo di applicazione dell’Iva (art.2 DPR 633/72).
3.1. Il motivo è inammissibile, in quanto sotto la veste di impugnazioni per violazione di legge, sostanzialmente intende indurre il Collegio ad una
revisione degli esiti probatori, preclusa in sede di legittimità, pena il riconoscimento di un terzo grado di merito non previsto dal nostro ordinamento.
La sentenza ha affermato che l’ufficio non ha operato sulla base di presunzioni, ma utilizzato «specifica documentazione attinente ad un bonifico bancario di € 50.000,00 privo di riscontro in specifiche fatture, in secondo luogo perché lo stesso Ufficio, considerato che la RAGIONE_SOCIALE ha presentato la dichiarazione fiscale relativa all’anno 2012 con valori uguali a 1, ha proceduto a contestare la sanzione per acquisti di beni e/o servizi senza fattura ai sensi dell’art. 6, comma 8, del d.lgs. n. 471 del 1997. Nulla provano in contrario le fatture prodotte dal ricorrente e concernenti caparre confirmatorie relative a ‘vendita di macchina confezionatrice verticale’ sia perché comunque la somma di tali fatture (euro 55.000) non corrisponde all’entità del bonifico di cui si parla (euro 50.0 00), sia perché il ricorrente ben avrebbe potuto e dovuto produrre la fattura dell’intervenuto acquisto ».
Va esclusa, quindi, la nullità della sentenza e la dedotta violazione di legge, in quanto i giudici di secondo grado hanno fatto corretta applicazione delle regole di ripartizione degli oneri probatori, provvedendo a riscontrare gli elementi fattuali, addotti dalla controricorrente, derivanti da ll’estratto del conto corrente bancario della ricorrente . La sentenza ha, poi, esattamente evidenziato l’insufficienza della produzione documentale della ricorrente che non ha provveduto a produrre la fattura relativa all’acquisto , oltre a rimarcare la mancata coincidenza degli importi derivanti dalle fatture, concernenti caparre confirmatorie, secondo l’assunto della ricorrente, con l’importo complessivo in uscita risultante dalla copia dell’estratto conto.
Con il quarto motivo la ricorrente prospetta , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c., la violazione e la falsa applicazione, dell’art. 3 e 33 Cost. per avere la sentenza assegnato le spese di lite alla controricorrente che è stata in giudizio senza il ministero di un difensore.
4.1. Il motivo è infondato. Si deve qui ribadire che nel processo tributario, all’Amministrazione finanziaria che sia stata assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite, spetta la liquidazione delle spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti, atteso che l’espresso riferimento ai compensi per l’attività difensiva svolta, ora contenuto nell’art. 15, comma 2-bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, ma comunque da sempre previsto da detto articolo, conferma il diritto dell’ente alla rifusione dei costi sostenuti e dei compensi per l’assistenza tecnica fornita dai propri dipendenti che siano legittimati a svolgere attività difensiva nel processo (Cass., Sez. 5, n. 1019/2024, Rv. 670245 -01; nello stresso senso Cass., Sez. 5, n. 27634/2021, Rv. 662425 -01, Sez. 5, n. 23055/2019, Rv. 655137 – 01).
Con il quinto motivo la ricorrente prospetta , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e 118 disp att. c.p.c.
5.1. Il motivo è infondato. Ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza, quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. U, n. 22232/2016, Rv. 641526 -01; Sez. 6 – 5, n. 13977/2019, Rv. 654145 -01; Sez. 6 – 1, n. 6758/2022, Rv. 664061 -01; di recente nello stesso senso Sez. 5, n. 27551/2024, Rv. 672731 – 01)
La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando, pur se graficamente esistente, non consenta alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale”
richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost., ipotesi che si verifica quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza un’effettiva disamina logico -giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. Sez. 6 – 5, n. 9105/2017, Rv. 643793 -01, Sez. L, n. 3819/2020, Rv. 656925 -02, Sez. 1, n. 13248/2020, Rv. 658088 – 01).
Tale ipotesi non ricorre affatto nel caso di specie, in cui la motivazione c’è, come risulta dalla sintesi riportata nella parte in fatto della presente sentenza. Risulta, peraltro, ben chiaro il ragionamento che ha indotto i giudici a ritenere fondati gli elementi probatori addotti dalla controricorrente.
Nel caso di specie, come riconosciuto dalla stessa ricorrente, la sentenza ha indicato gli elementi su cui ha fondato il proprio convincimento e la semplice non condivisione di essi da parte della ricorrente non determina la nullità o l’apparenza della motivazione .
Né la ricorrente ha chiarito quali siano i passaggi della motivazione, a suo avviso, contraddittori.
Da quanto esposto segue il rigetto del ricorso. Nulla sulle spese, stante la tardiva costituzione della controricorrente.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma 28 febbraio 2025