Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2613 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2613 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16694/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO-ROMA n. 2644/2016 depositata il 04/05/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
A seguito di verbale di constatazione redatto dai propri funzionari, l’RAGIONE_SOCIALE Provinciale di Roma 3, riprendendo e facendo propri tutti i rilievi mossi dai verificatori, notificava a RAGIONE_SOCIALE l’avviso d’accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, determinando un maggior reddito d’impresa e per l’effetto recuperando maggiori IRES, IRAP ed IRAP per l’a.i. 2010.
1.1. Le contestazioni riguardavano:
saldo negativo di cassa (in particolare, l’Ufficio, sulla base di un constatato saldo negativo di cassa, dovuto, secondo l’impostazione dal medesimo seguita, alla mancata registrazione di operazioni non contabilizzate, recuperava a tassazione l’intero importo, pari ad euro 219.813,00);
omessa contabilizzazione di ricavi (in particolare, l’Ufficio, in ragione di una mancata coincidenza tra i ricavi di esercizio ed il volume d’affari ai fini dell’IVA, considerato ininfluente il c/clienti, recuperava a tassazione un’eccedenza del saldo finale di cassa, pari ad euro 83.755,47);
sconti commerciali ed omaggi non documentati;
disconoscimento dell’inerenza come costo di prestazioni occasionali;
disconoscimento dell’inerenza come costo di servizi vari;
imputazione di costi non di competenza.
Pertanto l’Ufficio rideterminava l’imposizione del 2010 accertando il mancato pagamento, per i titoli di cui sopra, di euro 173.976,00, oltre accessori e sanzioni.
Proponeva ricorso la contribuente,
-eccependo ‘in via pregiudiziale, la nullità -inesistenza della notifica giusta l’assenza della data, oltre alla nullità della stessa notifica per la mancata indicazione della qualifica e della funzione dell’agente notificatore la nullità dell’atto per mancanza della sottoscrizione del capo dell’Ufficio locale dell’RAGIONE_SOCIALE o di un suo impiegato della carriera direttiva validamente delegato’ (p. 2 ric.);
-contestando nel merito le riprese, con riferimento alle quali, in particolare, a mente del tenore letterale del ricorso per cassazione,
–quanto al punto a), ‘denunciava la circostanza che tanto i verbalizzanti che l’Ufficio, durante e a conclusione RAGIONE_SOCIALE verifiche, non avevano tenuto in considerazione tutte le indicazioni e le spiegazioni fomite dal contribuente e in particolare che periodicamente venivano contabilizzati finanziamenti infruttiferi dei soci necessari a fare fronte a periodi di momentanea illiquidità della società. Per tali ragioni, veniva ben chiarito che il cd. ‘deficit’ di euro 219.813,00 riscontrato dagli accertatori veniva coperto contabilmente con due giroconti dalla banca alla cassa in data 30 novembre 2010 e 31 dicembre 2010, tanto che, come appurato dagli accertatori, il conto cassa al 31 dicembre del 2010 si era chiuso con un saldo positivo di euro 21.885,38′ (ivi).
–quanto al punto b), rilevava che ‘la differenza fra ricavi d’esercizio e volume d’affari IVA era più che giustificata in quanto tra i due sistemi esistono, in via generale, notevoli differenze in termini di quantità e qualità RAGIONE_SOCIALE poste economiche e finanziarie che li compongono e, inoltre, veniva documentato e provato che l’eccedenza del saldo finale era dovuto principalmente (i) al versamento infruttifero dei soci e (ii) al mancato incasso di fatture dei clienti’ (p. 3 ric.);
–quanto ai punti b) e c), ‘ rilevava che omaggi e sconti, vista peraltro la forte concorrenza sul mercato, e fare uso di servizi resi da terzi; tale ultima circostanza era provata sia dalle dichiarazioni sostitutive di atto notorio che dalla circostanza che la qualifica di tali soggetti (procacciatore di affari e operatori di vendita) era stata riconosciuta dagli stessi verbalizzanti nel PVC (pag. 2); sul versante degli sconti commerciali e degli omaggi, è logico e legittimo pensare che, su un fatturato di euro 3.433.319,00 costituito da migliaia di fatture di minimo importo, venga applicato sulla singola fattura un abbuono e/o sconto di qualche decina di centesimi di euro 8.309,44 con un’incidenza irrisoria dello 0,24%’ (p. 4 ric.);
–quanto al punto e), a fronte del recupero dell”importo di euro 4.226,00 su una fattura per servizi ricevuti, emessa e registrata dalla società nel 2010 ma di competenza del 2009′, ‘giustificava la registrazione ai sensi dell’art. 109, comma 1, TUIR per incertezza del ‘quantum debeatur” (p. 5 ric.).
La CTP di Roma, con sentenza n. 12442/11/2015 resa il 08.06.2015, rigettava il ricorso.
La contribuente proponeva appello, rigettato dalla CTR del Lazio, con la sentenza in epigrafe, alla stregua (in sintesi) della seguente motivazione:
In primo luogo, così come proposto dalla gravata sentenza, nessuna irregolarità appare sussistere in ordine alla notifica alla società dell’atto impositivo. Esso infatti è stato consegnato, così come normativamente previsto, in mani di persona dichiaratasi al servizio della società stessa.
Deve inoltre rilevarsi che, come più volte chiarito dalla Corte di cassazione, eventuali vizi di notifica risulterebbero comunque sanati dalla conoscenza dell’atto da parte del contribuente, in considerazione del raggiungimento dello scopo dell’atto stesso (per tutte Cass. 8674/15). Il che, nel
caso di specie, risulta comprovato dal fatto che la società risulta aver presentato tempestiva domanda di accertamento per adesione.
In secondo luogo deve considerarsi che l’appellante società operava in un quadro generale che, per propria stessa ammissione, risultava contrassegnato da gravi anomalie contabili. Basti al riguardo constatare che la complessiva gestione dei clienti avveniva con modalità extracontabili, tanto che nell’anno 2010 l’incasso RAGIONE_SOCIALE fatture emesse veniva registrato nel libro giornale della contabilità in sole due occasioni; e che proprio in conseguenza dell’anomala tenuta della contabilità, i saldi di cassa venivano costantemente contabilizzati dalla contribuente come negativi.
A fronte di tale anomala gestione, ed al necessario fine di determinare l’effettivo saldo giornaliero del conto cassa, si è pertanto provveduto in sede di accertamento a mettere a riscontro gli estratti dei conti bancari con il conto cassa, sì da pervenire a quantificare in euro 219.183,00 l’importo complessivo negativo .
ocietà contribuente si è limitata in proposito ad ammettere le anomalie contabili, senza tuttavia chiarirne pienamente le ragioni. In particolare non è stata fornita idonea e convincente prova che i due versamenti effettuati sul conto cassa nell’anno 2010, abbiano davvero riguardato tutti i ricavi conseguiti in quello stesso periodo.
Allo stesso modo non appare giustificata in termini convincenti l’accertata eccedenza dei versamenti rispetto al realizzato volume di affari.
Da un lato infatti l’Ufficio ha evidenziato di aver considerato i versamenti conseguenti a prelievi di denaro ed i giroconti al netto del saldo di cassa iniziale, in tal modo
accertando una eccedenza di versamenti da ritenere quale ricavi non dichiarati.
Da altro lato la società si è trincerata dietro teoriche considerazioni sulla erronea parificazione tra ricavi e volume di affari a fini IVA. In proposito appare condivisibile il rilievo proposto dalla CTP: il disallineamento contabile, constatato prima dal processo verbale di constatazione e poi trasfuso dall’Ufficio nel proprio atto impositivo, doveva essere giustificato dalla società mediante analitiche spiegazioni sul proprio operato, e non con richiami ad eventuali errori altrui.
Nessuna prova documentale è stata inoltre fornita dalla società non solo per quanto attiene a sconti commerciali ed omaggi, ma anche in relazione a pretese prestazioni rese da procacciatori di affari o da operatori di vendita.
Valuta infine la Commissione che il costo relativo alla fattura emessa in favore della società di elaborazione dati per la formazione RAGIONE_SOCIALE buste paga dei dipendenti della appellante, doveva essere imputato all’anno di imposta 2009, riguardando una componente negativa di reddito già conosciuta precedentemente alla redazione del bilancio 2009 ed alla presentazione della relativa dichiarazione dei redditi.
Propone ricorso per cassazione la contribuente con sei motivi. L’RAGIONE_SOCIALE si costituisce ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia: ‘Nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c) in relazione agli artt. 148 c.p.c. e 160 c.p.c. (nullità della notificazione) e 60, comma 1, lett. a), e b -bis D.P.R. 600/73 (notificazioni)e in relazione all’art. 156 c.p.c.’.
1.1. ‘La notifica dell’avviso di accertamento veniva effettuata in violazione degli artt. 148 c.p.c. e 160 c.p.c. e 60 D.p.r. 600/73’,
stante l”assenza’ di ‘data di notifica di consegna dell’atto notificato per posta in busta chiusa priva di timbro postale’ e di ‘qualifica dell’agente notificatore senza alcuna indicazione circa le sue funzioni e qualità e senza l’invio della seconda raccomandata con la comunicazione di avvenuta notifica ‘. ‘La ricorrente con il presente ricorso ripropone l’eccezione di nullità -inesistenza della notifica , avendo i giudici deciso in favore della sanatoria in luogo dell’inefficacia dell’atto di accertamento per insanabile inesistenza della notifica. Infatti la contestazione aveva ad oggetto l’assoluta assenza della data di notifica, della qualità e funzione dell’agente notificatore , nonché della mancata spedizione della comunicazione di avvenuta notifica tramite una seconda raccomandata spedita dall’agente al destinatario. In ordine a tali critiche, si osserva che tanto l’assenza della data di notifica dell’atto che la mancata specificazione della qualifica e funzione dell’agente notificatore sono vizi insanabili. I giudici hanno pertanto erroneamente applicato l’art. 156 e segg. c.p.c. in luogo della declaratoria di inesistenza della notifica, ‘ergo’, di nullità del provvedimento notificato’.
1.2. Il motivo è inammissibile.
Esso difetta di precisione ed autosufficienza. Invero, non specifica quale sia la data di cui lamenta la mancanza, riferendosi, alla stregua di un’espressione criptica, alla ‘data di notifica di consegna’ (con evidente ambiguità relativamente alla ‘notifica’ o alla ‘consegna’) ‘dell’atto notificato per posta in busta chiusa priva di timbro postale’, senza la benché minima descrizione del procedimento notificatorio seguito e senza alcuna riproduzione, o descrizione, degli atti rilevanti (né alle pp. 6 e 7 del ricorso, che enunciano il motivo in disamina, né, prima, alle pp. 2 e 5, che riassumono lo svolgimento del processo), anche in riferimento al soggetto notificante.
Sotto altro profilo, il motivo non si confronta con la ‘ratio decidendi’ sottesa, ‘in parte qua’, alla sentenza impugnata, che sottolinea essere stata la notificazione ricevuta da persona qualificatasi come al servizio della contribuente, la quale, del resto, ha presentato istanza di accertamento con adesione, in tal guisa confermando il positivo esito della notificazione stessa.
Con il secondo motivo si denuncia: ‘ Violazione e falsa applicazione deart. 12 comma 4 DPR 602/73 deart. 43 DPR 600/73, deart 112 c.p.c. artt. 1418 e 1421 c.c. e deart. 2697 c.c.’.
2.1. ‘ Nel caso di specie l’avviso di accertamento veniva sottoscritto per delega del Direttore Provinciale, dal capo Area . n seguito all’eccezione preliminare sollevata in primo grado, con la quale si richiedeva di depositare la delega, l’RAGIONE_SOCIALE nulla ha dedotto o prodotto (onere della prova ex art 2697 c.c.) al fine di provare i poteri di delega, né la Commissione di primo grado ha dedotto alcunché sul punto, in violazione dell’istituto di cui all’ art. 112 c.p.c. In secondo grado, la ricorrente ha riproposto i medesimi vizi ed eccezioni (cfr. pag. 4 ricorso in appello) ma anche in questa caso nulla è stato dedotto dalla controparte pubblica o dalla CTR (art 112 c.p.c.)’.
2.2. Il motivo è inammissibile.
Esso non riproduce l’esatto tenore della doglianza introdotta in primo grado avverso l’avviso e di poi del motivo d’appello devoluto alla CTR. Nella parte introduttiva del ricorso, in riferimento al primo grado (p. 2), si legge soltanto che ‘si eccepiva la nullità dell’atto per mancanza della sottoscrizione del capo dell’Ufficio locale dell’RAGIONE_SOCIALE o di un suo impiegato della carriera direttiva validamente delegato’; in riferimento al secondo grado (p. 5), si legge soltanto che, ‘sulle eccezioni pregiudiziali, ripetute in II grado, la CTR confermava la sentenza’.
Il motivo, pertanto, disattende il costante principio secondo cui, ‘nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività RAGIONE_SOCIALE questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del ‘fatto processuale’, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi’ (cfr., da ult., Sez. 2, n. 28072 del 14/10/2021, Rv. 662554 -01). Ciò tanto più in quanto ‘la parte che, in sede di ricorso per cassazione, deduce che il giudice di appello sarebbe incorso nella violazione dell’art. 112 c.p.c. per non essersi pronunciato su un motivo di appello o, comunque, su una conclusione formulata nell’atto di appello, è tenuta, ai fini dell’astratta idoneità del motivo ad individuare tale violazione, a precisare -a pena di inammissibilità -che il motivo o la conclusione sono stati mantenuti nel giudizio di appello fino al momento della precisazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni’ (Sez. 3, n. 41205 del 22/12/2021, Rv. 663494 -01).
Con il terzo motivo si denuncia: ‘ Violazione o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.) in relazione agli artt. 54, commi 2 3, DPR. 633/72 (Rettifica
dichiarazioni) e 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/73 (Redditi determinati in base alle scritture contabili). Pagg. 7-10 ric. e pagg. 7-14) e in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. (Disponibilità e valutazione RAGIONE_SOCIALE prove) (pagg. 8/9/10 ric. princ., e da pag 7 a pag. 13 atto di appello)’.
3.1. ‘Gli accertatori hanno usato un accertamento sintetico -induttivo per ricostruire saldi negativi giornalieri e, sulla scorta di richiami giurisprudenziali, recuperavano a reddito un’asserita evasione in quanto, sinteticamente, alcune operazioni non trovavano giustificazione. In primo e secondo grado si è ripetutamente eccepito che nel procedimento adottato si è operata un’illegittima e illogica identità fra ricavi, volume d’affari IVA e denaro in cassa, determinando, a dire degli accertatori, sia saldi di cassa negativi sia ricavi non contabilizzati. La questione, oggetto di ricostruzione in sede di accertamento, è sostanzialmente riconducibile alla presenza di 20 scoperti di cassa nel corso dell’anno 2010 coperti dalla società tramite giroconti dalla banca alla cassa (pag. 8 PVC; doc n. 7 allegato in stralcio nel fascicolo di I grado). In forza dei due giroconti complessivi, il c/cassa al 31/12/2010 chiudeva con un saldo positivo di +euro 21.885,38 (pag. 8 PVC doc. 7 allegato in stralcio fascicolo di I grado). Nei primi due gradi di giudizio la società denunciava l’illegittimità della pretesa per insussistenza del presupposto impositivo e travisamento dei fatti’. ‘n sede di ricorso e d’appello (pagg. 7 -10 ricorso I grado, pagg. 7-14 atto d’appello e pagg. 5/6 memoria in appello) la ricorrente evidenziava l’incoerenza logica dei risultati conseguiti in forza dell’asserita ricostruzione del conto cassa, giacché l’Ufficio perveniva contemporaneamente a due saldi di cassa opposti, vale a dire, con la ricostruzione a determinare 20 saldi negativi di cassa giornalieri per complessivi euro 219.183,00 avvalendosi dei tabulati extracontabili, e poi a un’eccedenza di versamenti rispetto al volume d’affari, per euro 83.755,47,
mediante l’incompleta rettifica del mastro di cassa (cfr. pag. 4 avviso d’accertamento). Tuttavia con quest’ultima operazione non si tiene conto né del versamento infruttifero dei soci contabilizzato in data 2.9.2010 (cfr. all. 5 fascicolo ricorrente I grado) né della differenza dei crediti verso clienti al 31.12.2010 rispetto all’inizio dell’anno pari a euro 8.450,00 (cfr. pag. 4 avviso di accertamento); ciò nonostante, i Giudici di I e II grado confermavano i redditi in asserita evasione per un totale importo recuperato a tassazione di euro 302.183,00 = +euro 83.755,47+(euro 219.183,00)’. ‘Con tale modalità accertativa si è pervenuti a una sola presunzione senza alcuna concordanza neppure con altri semplici fatti, rendendo inapplicabile il precetto normativo per carenza di ulteriori elementi’. ‘ due Collegi di merito non hanno valutato le allegazioni probatorie (finanziamento soci di euro 74.376,00, doc. 5 primo grado) in favore fomite dalla società ricorrente, peraltro, partendo dal presupposto che i verbalizzanti (pag. 9 PVC doc. n. 7) riscontrando errori organizzativi e di impostazione contabile della società – ma non un saldo di cassa negativo – hanno ritenuto di procedere ricostruendo l’andamento del conto cassa mediante i tabulati extracontabili relativi agli incassi giornalieri e il mastro cassa, rilevando un deficit di euro 219.183,00 tuttavia nello stesso PVC i verificatori hanno accertato che il saldo diventa positivo con le due operazioni contabili del 31.11.2010 e del 31.12.2010, l’errore contabile va ricercato nel fatto che la società ricorrente versava giornalmente in banca piuttosto che in cassa. L’errore si traduceva in un ‘deficit’ di cassa assolutamente virtuale attesa l’erronea imputazione contabile dei pagamenti alla cassa piuttosto che alla banca’. Determinando il saldo negativo di cassa un’inversione dell’onere della prova, ‘per quel che interessa in questa sede, è lo stesso Ufficio che fornisce al ricorrente la prova richiesta laddove (pag. 9 PVC allegato n. 7 ricorso primo grado) fa presente che: ‘dall’analisi degli estratti -conto bancari e dalla loro
riconciliazione con le operazioni registrate nel libro giornale i verbalizzanti constatano che i movimenti in avere del conto cassa hanno come contropartita quasi esclusivamente versamenti in banca di denaro contante o assegni’, vale a dire si è dato atto e per provato che si tratta di giroconti’.
3.2. Il motivo è inammissibile, in quanto:
-fa riferimento ad atti procedimentali (con particolare riguardo al PVC ed all’avviso di accertamento) e processuali non minimamente riprodotti né comunque pur sommariamente riassunti nella parti rilevanti;
-introduce questioni esclusivamente di merito, in violazione di canoni e limiti del giudizio di cassazione quale momento di controllo della mera legittimità (o legalità) degli atti impugnati;
-pretermette il costante principio a termini del quale, in tema di valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione RAGIONE_SOCIALE predette regole da parte del giudice del merito configura un errore di valutazione dei fatti, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione e, dunque, nei limiti -nella specie patentemente inosservati -dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I.n. 134 del 2012 ( Sez. 3, n. 23940 del 12/10/2017, Rv. 645828 -01);
-paventando difetti motivazionali, astrattamente riconducibili, come detto, all’art. 360, comma 1, n. 5, e non 3, cod. proc. civ., ‘sub specie’ di pretesa illogicità del percorso logico -giuridico della sentenza impugnata e di erronea valutazione del materiale istruttorio, incorre nel divieto derivante dalla cd. doppia conforme di merito (art. 348 -ter cod. proc. civ.).
Esso è altresì manifestamente infondato, in quanto tiene in non cale la considerazione principale da cui muove la CTR, consistente in ciò che -come ammesso dalla stessa contribuente, ‘ la complessiva gestione dei clienti avveniva con modalità extracontabili’. Donde la piana legittimità della metodologia accertativa impiegata dall’Ufficio. Invero, ‘in tema di accertamento analitico -induttivo, a fronte dell’incompletezza, falsità o inesattezza dei dati contenuti nelle scritture contabili, l’amministrazione finanziaria può completare le lacune riscontrate utilizzando, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici, aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c., con la conseguenza che l’onere della prova si sposta sul contribuente’ (cfr., ‘ex multis’, Sez. 5, n. 30985 del 02/11/2021, Rv. 662785 -01). Aggiungasi che, ‘in tema di accertamento dei redditi, costituisce presupposto per procedere col metodo analitico -induttivo la complessiva inattendibilità della contabilità, da valutarsi sulla base di presunzioni ex art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600, del 1973, alla stregua di criteri di ragionevolezza, ancorché le scritture contabili siano formalmente corrette; dette presunzioni non devono essere necessariamente plurime, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave’ (Sez. 5, n. 22184 del 14/10/2020, Rv. 659300 -01).
Il motivo altresì non considera che l’Ufficio come nuovamente evidenziato dalla CTR alla stregua di un’affermazione parimenti pretermessa -ha effettuato il confronto degli ‘estratti conto dei conti bancari con il conto cassa’ per ‘determinare l’effettivo saldo giornaliero del conto cassa’: talché, in definitiva, il saldo negativo di cassa -che, di per sé, nella sua incontestata esistenza ragionieristica (posto che la contribuente ne predica un’inesistenza solo ‘virtuale’), ‘implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, oltre a costituire
un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura pari almeno al disavanzo’ (cfr., da ult., Sez. 5, n. 7538 del 26/03/2020, Rv. 657459 -01) non è neppure stato considerato come unico indice rilevante, ma lo è stato -ad evidente garanzia della contribuente -in ragione del confronto con gli estratti dei conti correnti bancari.
Ulteriormente, e definitivamente, coglie nel segno l’osservazione della CTR cui il motivo non oppone alcunché di concreto -che la contribuente, ammesse le irregolarità RAGIONE_SOCIALE scritture contabili, non ne fornisce (ancora, per quanto di ragione, dinanzi a questa Suprema Corte) alcuna giustificazione. La contribuente, invero, si limita ad invocare in proprio favore assai circoscritti stralci del non riprodotto PVC, onde ricavarne che gli incassi giornalieri, pur non transitando sul conto cassa, venivano versati giornalmente in banca: ma -in disparte la materiale impossibilità di esaminare ‘funditus’ siffatta allegazione per il vizio originario di non autosufficienza del ricorso, con riguardo, non solo al PVC, ma soprattutto all’avviso di accertamento non allega la medesima di aver dimostrato, a fronte del contrario espressamente ritenuto dalla CTR, la precisa riconciliazione tra i versamenti giornalieri, le due operazioni del 30 novembre e 31 dicembre 2010 e lo sbilancio di cassa .
Con il quarto motivo si denuncia: ‘ Violazione o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.) in relazione agli artt. 85 e 109 D.P.R. 917/86 (Ricavi d’impresa) eart. 20 D.P.R. 633/72 (Volume d’affari IVA). Pagg. 3 -7 del ricorso introduttivo e pagg. 57 atto di appello’.
4.1. ‘Controparte giungeva a tassare un presunto saldo positivo di cassa (+euro 83.755,47, cfr. verbale accertamento pag. 4) nonostante in precedenza avesse tassato il medesimo saldo ma attribuendogli segno negativo, giungendo così a due risultati diversi. Denunciava e denuncia la ricorrente che la ripresa a
tassazione dei due contraddittori valori di cassa è totalmente illegittima per evidente violazione degli artt. 85 e 109 D.P.R. 917/86 e 20 D.P.R. 633/72. Per a un simile risultato, controparte introduceva un singolare principio secondo il quale esisterebbe una sorta di equazione tra il valore totale dei ricavi d’esercizio e il volume d’affari IVA previa integrazione di quest’ultimo con il conto ‘Crediti v/clienti’. L’Ufficio esplicava tale concetto nel PVC ove viene asserito che ‘gli incassi RAGIONE_SOCIALE fatture devono corrispondere sostanzialmente al volume d’affari comprensivo di IVA pari a euro 3.433.319′ e poi a pag. 4 dell’accertamento, atteso che a fronte di detto volume d’affari vi sarebbe un’eccedenza di incassi di euro 652.485,85. Da tale importo viene detratta la somma di euro 549.860,00 a titol di versamenti derivanti da prelievi di denaro da istituti di credito e di euro 18.870,38 quale saldo cassa al 01.01.2010′. ‘Secondo gli accertatori e Giudici di primo e di secondo grado, la società avrebbe dovuto fornire ‘analitiche spiegazioni’; in verità né gli accertatori né i Giudici hanno tenuto conto, senza alcuna logica e giuridica spiegazione, del versamento infruttifero nelle casse sociali di euro 74.376,00 (doc. 5 ricorso princ. e appello e doc. n. 5. allegato al presente ricorso), e dell’importo di euro 8.450,00 quale minor somma di crediti verso clienti al 31.12.2010 rispetto a inizio anno, giungendo in tale modo, ad un’eccedenza di versamenti rispetto al volume di affari di soli euro 931,83 (e non di euro 8 3.755,47)’. Avverso la decisione della CTR sul punto, ‘in sorge la ricorrente denunciando il ‘decisum’ sia per violazione di legge principio di competenza, art. 2423-bis cod. civ. e artt. 85 e 109 D.P.R. 917/80 il quale vuole il momento di sostenimento dei costi e dei ricavi (manifestazione economica) essere del tutto indipendente e autonomo rispetto al momento del loro pagamento o della loro riscossione (manifestazione finanziaria) mentre la normativa IVA risponde al diverso principio misto di competenza e
di cassa art. 20 D.P.R. 633/72), sia per il mancato esame, illogicità ed errata valutazione RAGIONE_SOCIALE prove (artt. 115 e 116 c.p.c.)’. ‘I Giudici, pur ammettendo ‘eventuali errori altrui’, pretendono una giustificazione dal contribuente, giustificazione che è stata ampiamente fornita in entrambi i gradi di giudizio’.
4.2. Il motivo è inammissibile, in quanto, come il precedente:
-fa riferimento ad atti procedimentali (con particolare riguardo al PVC ed all’avviso di accertamento) e processuali non minimamente riprodotti né comunque pur sommariamente riassunti nella parti rilevanti;
-non evidenzia donde, nanti i giudici di merito, sia stata dedotta la necessità di tener conto del versamento infruttifero di euro 74.376 e del minor importo di crediti verso terzi di euro 8.450, illustrandone le concrete ragioni contabili e viepiù dimostrandone la rilevanza, in specie al cospetto dell’affermazione della CTR riguardante l’avere l’Ufficio ‘considerato i versamenti conseguenti ai prelievi di denaro ed i giroconti al netto del saldo di cassa iniziale’;
-introduce questioni esclusivamente di merito;
-paventa difetti motivazionali, astrattamente riconducibili all’art. 360, comma 1, n. 5, e non 3, cod. proc. civ., ‘sub specie’ di pretese illogicità ed insufficienza del percorso logico -giuridico della sentenza impugnata ed erronea valutazione del materiale istruttorio, proponendo censure non più consentite dal paradigma di cui al suddetto art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. ed altresì incorrendo nel divieto derivante dalla cd. doppia conforme di merito (art. 348 -ter cod. proc. civ.).
Con il quinto motivo si denuncia: ‘V iolazione o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto (art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.) in relazione agli art. 115 e 116 c.p.c. (Disponibilità e valutazione RAGIONE_SOCIALE prove) pagg. 11/12 ric. e 14/ 15 appello, art. 132 c.p.c. contenuto della sentenza’.
5.1. ‘ La ripresa attiene ad una presunta non inerenza di costi relativi a prestazioni di servizi da parte di produttori e agenti di vendita e agli sconti commerciali ed omaggi’. La decisione della CTR sul punto ‘è censurabile sotto il profilo della violazione o falsa applicazione dell’art. 115 e 116 c.p.c.’. ‘mergono gravi incoerenze logiche e assoluto difetto di motivazione. La motivazione, sul punto, si riduce ad un riassunto RAGIONE_SOCIALE norme regolatrici della materia omettendo di motivare le ragioni del rigetto del ricorso, affermando ‘sic et simpliciter’ che ‘nessuna prova documentale è stata inoltre fornita dalla società’: dichiarando in concreto che la ricorrente non avrebbe prodotto documenti mentre ne aveva prodotti in primo grado (cfr. allegati 9 copia fatture per sconti e omaggi, n. 11 dichiarazione sostituiva atto notorio per prestazioni occasionali, fascicolo di I grado doc. n. 11, 12, 13)’. ‘I due Collegi giudicanti non hanno neppure preso in considerazione la produzione del ricorrente (allegati nn. 9, 11, 13) nonostante nel PVC sia attestata la presenza in azienda RAGIONE_SOCIALE qualifiche funzionali dei soggetti che hanno rilasciato la dichiarazione sostitutiva di atto notorio e che in fattura si qualificano tali: a pag. 2 PVC in epigrafe ‘Cenni Generali sull’attività’ – allegato n. 11 – gli accertatori scrivono che la società si avvale di 24 dipendenti fra i quali, oltre agli impiegati a busta paga, si annoverano un certo numero di procacciatori d’affari e operatori di vendita; tutto ciò prova l’assoluta inerenza RAGIONE_SOCIALE prestazioni giacché tre presunzioni gravi, precise e concordanti costituiscono prova (allegati primo grado nn. 11, 12, 13). Ad esempio, la natura della prestazione del sig. COGNOME emerge con chiarezza dalla certificazione di atto notorio (all. 12 allegato) con la quale dichiarava di essersi ‘occupato della gestione clienti’ andando a visitarli ed effettuando ‘vendite dei prodotti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE tipo cialde per il caffè espresso e relativi accessori …’. Peraltro si allegavano 12 fatture per ogni mese dell’anno (doc. n. 13 allegato).
Non si trattava quindi di prestazione occasionale ma di servizio abituale . Del pari, i cosiddetti ‘operatori di vendita’, in numero di sei, hanno dichiarato con certificazione sostitutiva di atto notorio (doc. n. 14) di avere svolto attività occasionale di ‘promoter per conto della RAGIONE_SOCIALE‘ ‘.
5.2. Il motivo è inammissibile, in quanto:
-non descrive con sufficiente precisione (finanche) le riprese;
-fa riferimento ad atti procedimentali (con particolare riguardo al PVC ed all’avviso di accertamento) e processuali non minimamente riprodotti né comunque pur sommariamente riassunti nella parti rilevanti;
-evoca produzioni difensive asseritamente non considerate dalla CTR, senza illustrarne contenuti e rilevanza;
-introduce questioni esclusivamente di merito;
-deduce, a dispetto dell’invocata violazione di legge, un errore di valutazione dei fatti, che tuttavia deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione e, dunque, nei limiti -nella specie patentemente inosservati -dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. ;
-paventa difetti motivazionali, astrattamente riconducibili, come detto, all’art. 360, comma 1, n. 5, e non 3, cod. proc. civ., ‘sub specie’ di pretesa illogicità del percorso logico -giuridico della sentenza impugnata e di erronea ed insufficiente valutazione del materiale istruttorio, incorrendo nel divieto derivante dalla cd. doppia conforme di merito (art. 348 -ter cod. proc. civ.).
Esso è, inoltre e comunque, manifestamente infondato, in quanto, a fronte del rilievo della CTR circa il non avere la contribuente fornito ‘nessuna prova documentale’ dei propri assunti, pretende di ricavare la prova dell”assoluta inerenza’ attraverso inesplicitate deduzioni che muovono dalla menzione, nel non adeguatamente (per autosufficienza) riprodotto PVC, di certune figure professionali corrispondenti ai ‘soggetti che hanno
rilasciato la dichiarazione sostitutiva di atto notorio e che in fattura si qualificano tali’, senza che sia dato di sapere di quali dichiarazioni sostitutive e fatture si tratti, laddove, invece, la prova dell’inerenza dei costi presuppone una rigorosa dimostrazione dell’effettiva afferenza dell’oggetto RAGIONE_SOCIALE prestazioni all’attività d’impresa (cfr., ad es., Sez. 5, n. 24880 del 18/08/2022, Rv. 665495 -01, secondo cui, ‘in tema di imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE società, la deducibilità di costi ed oneri richiede la loro inerenza all’attività di impresa, da intendersi come necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità -anche solo potenziale ed indiretta -secondo valutazione qualitativa e non quantitativa, la cui prova, in caso di contestazioni dell’amministrazione finanziaria, è a carico del contribuente, dovendo egli provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l’attività di impresa e non ai ricavi in sé’). Anche la dedotta ‘incidenza irrisoria’ degli omaggi sul fatturato si sottrae, per ciò solo, all’onere di puntuale loro dimostrazione.
Con il sesto motivo si denuncia: ‘ Violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.) in relazione all’art. 109 Tuir (pagg. 12/13 ricorso introduttivo pagg. 15/ 16 atto di appello)’.
6.1. ‘L’Ufficio riprende a tassazione il costo per difetto di competenza. La prestazione, effettuata nell’anno 2009, è stata contabilizzata nel 2010. I due Collegi di merito confermano la ripresa. Controparte denuncia la violazione dell’art. 109 TUIR in quanto la prestazione, se certa nell”an’ risultava incerta nel ‘quantum debeatur’ ‘ergo’ il costo relativo è stato imputato
nell’anno in cui detto importo veniva concretamente in essere e quindi noto alla società ricorrente. Non va peraltro dimenticato che detto costo, in ogni caso, andrebbe comunque ripreso per l’anno 2009 e dunque, con un sostanziale recupero d’imposta (Circolare n. 31E/2012 Ag. RAGIONE_SOCIALE). In altri termini, considerato che non esiste danno erariale in quanto la fattura è stata dichiarata nel 2010 come sopravvenienza passiva, una recente sentenza della Suprema Corte ha affermato che il combinato disposto dei principi di imparzialità della RAGIONE_SOCIALE, di tutela dei diritti individuali fondamentali e il principio del giusto processo sarebbero di per sé sufficienti a scongiurare, fra l’altro, un eventuale contenzioso sulle competenza temporale ‘.
6.2. Il motivo è inammissibile.
Esso, incorrendo in difetto di precisione, non esplicita neanche di quale costo si verta, né illustra i termini della censura mossa alla sentenza impugnata, rivolgendosi direttamente alla ‘controparte’, ossia all’RAGIONE_SOCIALE. In tal guisa, pretermette di confrontarsi con l’accertamento in fatto compiuto dalla CTR, secondo cui il costo realizzava bensì ‘una componente negativa di reddito’, nondimeno ‘già conosciuta precedentemente alla redazione del bilancio 2009 ed alla presentazione della relativa dichiarazione dei redditi’: accertamento, questo, nel motivo non menzionato né ‘a fortiori’ contestato con argomenti concreti e con specifici richiami documentali; donde la conferma della sentenza impugnata che legittimamente l’ha ritenuto fondare la ripresa per difetto di competenza.
In definitiva, il ricorso deve essere integralmente rigettato, con condanna della contribuente al cd. doppio contributo unificato.
Nulla sulle spese, per difetto di attività processuale dell’RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 21 novembre 2023.