Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20777 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20777 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8084/2017 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 4865/2016 depositata il 23/09/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
La Commissione tributaria regionale Lombardia con la sentenza in epigrafe indicata ha rigettato l’appello proposto dalla contribuente con la conferma della decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso avverso il provvedimento di diniego del riconoscimento della ruralità di immobili;
ricorre in cassazione l’RAGIONE_SOCIALE con quattro motivi di ricorso, integrati anche da successiva memoria;
resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE che chiede il rigetto del ricorso.
Considerato che
Il ricorso risulta infondato e deve respingersi con condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese, con il raddoppio del contributo unificato.
Manifestamente infondato l’ultimo motivo di ricorso (omessa pronuncia, art. 112 e 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e violazione di legge, art. 3, legge 241 del 1990, 7 e 12, legge 212 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. p roc. civ.), che si tratta per primo in considerazione della sua pregiudizialità.
Sussiste un implicito rigetto, e non una omessa pronuncia, in quanto la sentenza ha deciso sull’insussistenza dei presupposti per il beneficio e logicamente ha escluso la sussistenza di fondate questioni pregiudiziali («È configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come
necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività», Sez. 3 – , Ordinanza n. 12131 del 08/05/2023, Rv. 667614 – 01).
Non si configura neanche una violazione di legge (necessità del contraddittorio preventivo) in quanto non si discute di un accertamento, ma di un rigetto di una istanza per una agevolazione, svolta comunque a «tavolino»; non trattandosi, infine, di tributi armonizzati: «In tema di accertamento, il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 non opera nell’ipotesi di accertamenti cd. a tavolino, salvo che riguardino tributi “armonizzati” come l’IVA, ipotesi nella quale, tuttavia, il contribuente che faccia valere il mancato rispetto di detto termine è in ogni caso onerato di indicare, in concreto, le questioni che avrebbe potuto dedurre in sede di contraddittorio preventivo» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 27420 del 29/10/2018, Rv. 651436 – 01).
Con il primo motivo la ricorrente prospetta l’omessa motivazione (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.) della sentenza e la violazione o falsa applicazione di legge degli art. 36, d.lgs. 546 del 1992, 132, 276, cod. proc. civ., 118, disp. att. cod. proc. civ. e 111, sesto comma, Cost. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.). Il motivo è infondato in quanto la sentenza motiva relativamente alla mancata prova di un requisito essenziale per il riconoscimento della ruralità della costruzione (la qualifica di imprenditore agricolo professionale), ritenendo assorbiti gli altri motivi di appello.
Non sussiste, pertanto, il vizio della motivazione denunciato, poiché in tema di motivazione meramente apparente della sentenza, questa Corte ha più volte affermato che il vizio ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost., art. 111, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’ iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta: «In seguito alla riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Sez. 1 – , Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022, Rv. 664120 – 01); in tale grave forma di vizio non incorre, dunque, la sentenza impugnata laddove i giudici di appello, statuendo sui motivi di appello hanno affermato che manca la prova di un requisito essenziale per il beneficio richiesto.
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta violazione e falsa applicazione degli art. 3, legge n. 241 del 1990, 7, legge 212 del 2000 e 57, primo comma, d.lgs. 546 del 1992; il motivo è infondato in quanto l’oggetto del contendere è determinato dalla
richiesta (respinta) della contribuente di una agevolazione fiscale e non da un atto di accertamento dell’RAGIONE_SOCIALE . La contribuente nell’impugnazione di un provvedimento di diniego diventa attore sostanziale , con l’onere di provare la sua pretesa («In tema di rimborso RAGIONE_SOCIALE imposte sul reddito, il contribuente che impugni il rigetto dell’istanza, rivestendo la qualità di attore in senso sostanziale, ha l’onere di allegare e provare gli elementi costitutivi della pretesa, con la conseguenza che, al fine di qualificare come indebito il versamento eseguito dal sostituto d’imposta, non è sufficiente la mera allegazione dell’erronea qualificazione del reddito da parte di quest’ultimo, occorrendo la prova che la corretta qualificazione avrebbe escluso l’imposizione fiscale o comportato un’imposizione fiscale meno gravosa», Sez. 5 – , Ordinanza n. 18644 del 03/07/2023, Rv. 668246 – 01).
Inoltre, la posizione dell’RAGIONE_SOCIALE è stata sempre lineare nel ritenere insussistenti i presupposti dell’agevolazione richiesta, potendo limitarsi, quale convenuta, a negare la sussistenza del diritto, senza la necessità di motivare il diniego al pari di un accertamento (vedi Sez. 5, Sentenza n. 8998 del 18/04/2014, Rv. 630299 -01).
Con il terzo motivo la ricorrente prospetta una violazione o falsa applicazione degli art. 2697, cod. civ., 115, 116, cod. proc. civ., 47, 48 e 76, d.P.R. n. 445 del 2000, relativamente all’efficacia probatoria della dichiarazione sostitutiva dell’atto d i notorietà attestante il possesso della qualifica di imprenditore agricolo. Per la ricorrente ci sarebbe una omessa contestazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e, conseguentemente, il fatto avrebbe dovuto ritenersi provato, in relazione all’art. 115, cod. p roc. civ.
L’autocertificazione ha il suo valore in sede amministrativa (art. 46, d.P.R. n. 445 del 2000), ma non nel processo. L’RAGIONE_SOCIALE, del resto, sin dal provvedimento di diniego ha contestato la sussistenza dei presupposti per il beneficio richiesto, ribadendo tale
contestazione anche nel giudizio di merito. Nello stesso ricorso in cassazione la ricorrente riporta i motivi del diniego, tra i quali «l’attività prevalente del richiedente risultava diversa da quella agricola». Infine, nella sentenza impugnata la Commissione nello svolgimento del processo dà att o che l’Ufficio ha confutato le argomentazioni di controparte; conseguentemente nessuna mancata contestazione può ritenersi sussistente, anche per la mancata trascrizione o allegazione della costituzione dell’Agenz ia, al fine di valutare la sussistenza della mancata contestazione, laddove la sentenza dà atto della confutazione di tutte le argomentazioni della contribuente.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.500.00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 31/05/2024.