Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31384 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31384 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 10215/2022 proposto da:
Agenzia delle Entrate (C.F.: 06363391001), in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO) e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE già ‘Azionaria RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), con sede in Vicenza alla INDIRIZZO, in persona del rappresentante legale pro tempore , dottor NOME COGNOME rappresentata e difesa, come da procura speciale allegata e congiunta al controricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; PEC: EMAIL) del Foro di Milano, NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; PEC: EMAIL) del
Avviso accertamento IMU -Ruralità immobile di lusso
Foro di Vicenza e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; PEC: EMAIL) del Foro di Vicenza, i quali dichiarano di voler ricevere tutte le comunicazioni e le notificazioni, di Cancelleria e di parte, presso gli indirizzi PEC sopra indicati, iscritti nel RE.G.IND.E. e già comunicati ai rispettivi Ordini professionali, ivi intendendo eleggere domicilio;
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
e
Comune di Radda in Chianti;
– intimato –
-avverso la sentenza 1133/2021 emessa dalla CTR Toscana il 14/10/2021 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Siena un avviso di accertamento per IMU 2012 emesso dal Comune di Radda in Chianti in conseguenza del mancato riconoscimento dei requisiti di ruralità relativi a sette immobili.
Con sentenza n. 5/2019, la CTP rigettava il ricorso, affermando che l’avviso di accertamento valeva anche come notifica del mancato riconoscimento dei requisiti di ruralità e che il tardivo (siccome operato dopo il termine del 20.11.2012 prescritto dal d.l. n. 70/2011) disconoscimento del requisito di ruralità giustificava l’esclusione solo delle sanzioni e degli interessi, come peraltro risultava già fatto nell’avviso.
Sull’impugnazione del contribuente, la CTR della Toscana accoglieva il gravame, affermando che dalla notifica degli atti attributivi o modificativi della rendita decorre il termine per l’impugnazione, ma ciò non esclude l’applicabilità della rendita anc he al periodo precedente, che i provvedimenti di diniego erano sufficientemente motivati, che, quanto alle cinque autorimesse, la ruralità doveva alle stesse essere estesa essendo pertinenze delle abitazioni dei dipendenti esercenti attività agricole nell’azienda, che, quanto alle due rimanenti unità, le stesse erano da
considerarsi rurali, siccome pacificamente adibite ad uso abitativo, con la conseguenza che non rilevava la circostanza che presentassero le caratteristiche di lusso previste dal d.m. 2.8.1969 (trattandosi di villa con una superficie superiore ai 240 mq).
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale condizionato fondato su quattro motivi. Il Comune di Radda in Chianti non ha svolto difese. In prossimità dell’adunanza camerale la controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente principale deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 9 d.l. 30.12.1993, n. 557 (conv. con mod. in l. 26.2.1994, n. 113) e 8 d.lgs. n. 23/2011, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato, con riferimento alle cinque autorimesse, che l’art. 9, comma 3 -bis d.l. n. 557/1993, nell’elencare le costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola, cui va riconosciuto il carattere della ruralità, richiama, alla lettera f), quelle destinate dal titolare dell’impresa agricola ‘ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricole nell’azienda’, ma non fa alcun cenno, al fine dell’attribuzione della ruralità, a garages o altre pertinenze degli stessi immobili.
1.1. Preliminarmente, occorre evidenziare che il motivo è ammissibile, essendo destituita di fondamento l’eccezione, sollevata dalla controricorrente , di difetto di legittimazione attiva in capo all’Agenzia delle Entrate, come, peraltro, riconosciuto dalla stessa contribuente a pagina 23 del controricorso.
Invero, il Comune, relativamente ai fabbricati iscritti in catasto, deve applicare l’imposta comunale sugli immobili (ICI), attenendosi ai criteri fissati nell’art. 5, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, né può riconoscere l’esclusione dall’imposta se sussistano i caratteri di ruralità per i predetti immobili (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 17054 del 21/07/2010).
Nella presente fattispecie è in contestazione non la categoria catastale nella quale inquadrare gli immobili (nel qual caso solo il Comune sarebbe legittimato ad impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta; cfr., fra le tante, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 20001 del 30/09/2011), bensì il riconoscimento della qualifica di ruralità a dei cespiti pertinenziali, ai fini della loro sottoposizione, o meno, all’IMU. Pertanto duplice è l’oggetto della lite, rivolto sia alla classificazione catastale (da qui la partecipazione al giudizio dell’Agenzia delle Entrate), sia alla caducazione dell’atto impositivo locale.
1.2. Ciò debitamente premesso, il motivo si rivela infondato.
La CTR della Toscana ha accolto sul punto l’appello della contribuente, affermando che le cinque autorimesse erano pertinenze di abitazioni ( recte , di fabbricati rurali) date in uso a dipendenti dell’agriturismo le quali, come tali, rientravano nella previsione dell’art. 9, comma 3 -bis, lett. f), d.l. 30.12.1993, n. 557, con la conseguenza che, anche in applicazione del principio accessorium sequitur principale di cui all’art. 817 c.c., godevano dello stesso carattere di ruralità di cui godevano gli immobili principali, a prescindere dal regime di edificabilità attribuito dallo strumento urbanistico all’area.
Orbene, la tesi dell’Agenzia, secondo cui, al fine di riconoscere il carattere di ruralità a garages posti a servizio di abitazioni rurali, occorrerebbe una espressa previsione normativa, che non può essere identificata con l’art. 9, comma 3-bis, lett. f), d.l. n. 557/1993, non tiene conto del fatto che, da un lato, l’art. 2 d.lgs. n. 504/1992, dettato in tema di Ici, stabilisce che <> e, dall’altro, l’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201/2011, dettato in tema di IMU, prevede che <>.
Del resto, questa Corte (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 18377 del 26/10/2012
e Cass., Sez. 5, Sentenza n. 21363 del 30/11/2012) ha già chiarito, in tema di RAGIONE_SOCIALE (cui, come è noto, è subentrata dal 1993 l’Ici), che, ai fini dell’inapplicabilità del sistema di valutazione automatica di cui all’art. 52, comma quarto, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, il carattere rurale di costruzioni o porzioni di costruzioni, ‘nonché delle relative pertinenze’, dal quale deriva la mancata attribuzione di una rendita catastale autonoma rispetto a quella del terreno cui i fabbricati accedono, dipende, ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e dell’art. 9 del decreto legge 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito in legge 26 febbraio 1994, n. 133), dalla sussistenza di due condizioni: una di tipo soggettivo, afferente alla persona dell’utilizzatore del fabbricato, che deve essere addetta alla coltivazione della terra o alle altre attività specificate dalla norma, e l’altra di tipo oggettivo, riguardante l’immobile, che deve essere “strumentale” all’esercizio di quelle attività, e in quanto tale deve presentare caratteristiche rispondenti alle relative esigenze.
In quest’ottica, in materia di ICI -come di Imu – deve escludersi l’autonoma imponibilità di un’area pertinenziale ad un fabbricato, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, ove ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi di cui all’art. 817 c.c., restando irrilevante, in detta ipotesi, il regime di edificabilità attribuito dallo strumento urbanistico a tale area (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 2128 del 24/01/2019).
2. Con il secondo motivo la ricorrente principale lamenta, con riferimento ai due fabbricati ad uso agrituristico, la violazione e falsa applicazione degli artt. 9, commi 3, 3-bis e 3-ter, d.l. 30.12.1993, n. 557 (conv. con mod. in l. 26.2.1994, n. 113) e 61 d.P.R. n. 1142/1942, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che la contribuente non aveva contestato il classamento degli immobili in categoria A/7, sicchè dovevano valorizzarsi, ai fini del disconoscimento della ruralità, le caratteristiche di lusso (villa di oltre 240 mq) previste dal d.m. 2.8.1969.
2.1. Il motivo è fondato.
Ai fini della classificazione catastale delle unità immobiliari, le costruzioni destinate alla ricezione ed all’ospitalità, nell’ambito dell’attività di
agriturismo svolta da un’azienda agricola, rivestono il carattere di strumentalità all’attività agricola che giustifica il riconoscimento della ruralità, ai sensi dell’art. 9, comma 3-bis, del d.l. n. 557 del 1993, n. 557, conv., con modif., dalla l. n. 133 del 1994, senza che ad esse possa trovare applicazione l’esclusione di cui alla lett. e) dell’art. 9, comma 3, dello stesso decreto, operante per le sole costruzioni rurali destinate ad abitazione, anche con riguardo alla classificazione catastale nelle categorie A/1 e A/8, che, pertanto, non è ostativa al riconoscimento della ruralità (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 22674 del 12/08/2024). In particolare, ai fini della classificazione catastale delle unità immobiliari, le costruzioni destinate alla ricezione ed ospitalità, nell’ambito dell’attività di agriturismo svolta da una azienda agricola, rivestono il carattere di strumentalità all’attività agricola che giustifica il riconoscimento della ruralità, ai sensi dell’art. 9, comma 3bis, del d.l. n. 557 del 1993, senza che ad esse possa trovare applicazione l’esclusione di cui alla lett. f) dell’art. 9, comma 3, dello stesso decreto, operante per le sole costruzioni rurali destinate ad abitazione (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 27198 del 15/09/2022).
Tuttavia, occorre altresì tener presente il principio (enunciato da Cass., Sez. 5, Sentenza n. 20953 del 01/08/2008 e ribadito da Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 27439 del 20/09/2022) secondo cui, in tema di classamento, solo con riferimento ai fabbricati diversi da quelli destinati ad abitazione (categoria D/10) il carattere rurale non può essere negato ogniqualvolta essi siano strumentalmente destinati allo svolgimento di attività agricole contemplate dall’art. 29 del d.P.R. n. 917 del 1986 o anche di quelle aggiunte dall’art. 9, comma 3-bis, del d.l. n. 557 del 1993. Invero, in materia di classamento catastale, va sempre riconosciuta natura rurale ai fini fiscali ai fabbricati strumentali alle attività agricole di cui all’art. 29 del t.u.i.r. del 1986, secondo quanto stabilito dall’art. 9, comma terzo – bis – aggiunto dal d.P.R. 23 marzo 1998, n. 139 -, del decreto legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito in legge 26 febbraio 1994, n. 133, mentre la causa di esclusione della ruralità prevista dall’art. 9, comma terzo, lettera e), dello stesso d.l. per i fabbricati aventi caratteristiche di lusso ai sensi del decreto del Ministro
dei lavori pubblici 2 agosto 1968 opera soltanto per i fabbricati aventi uso abitativo (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 9760 del 18/06/2003).
Ragion per cui, in applicazione dei principi che precedono, la CTR dovrà in concreto verificare se, sulla base delle prove fornite, i due immobili fossero destinati alla ricezione e all’ospitalità nell’ambito di un’attività di agriturismo o semplicemente ad abitazione, tenendo presente ch e l’unico dato oggettivo è quello dell’inquadramento catastale del cespite nella cat. A/7, vale a dire abitazioni in villini.
2.2. Del resto, in tema di ICI, per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), per cui l’immobile che sia stato iscritto come “rurale”, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557 (conv. in legge 26 febbraio 1994, n. 133) non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23 comma 1 bis del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207 (conv. in legge 27 febbraio 2009, n. 14) e dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504; ne consegue che, qualora, come nel caso di specie, l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, restandovi, altrimenti, quest’ultimo assoggettato; allo stesso modo, il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta (in applicazione di tale principio, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 20001 del 30/09/2011 ha escluso che i fabbricati di pertinenza di cooperativa agricola siano automaticamente da ritenersi rurali, e dunque esclusi dal campo di applicazione dell’ICI; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 5167 del 05/03/2014, la quale ha escluso che fabbricati utilizzati per l’esercizio di attività agrituristica siano, per ciò solo, da ritenersi rurali, e dunque esclusi dal campo di applicazione dell’ICI; cfr. altresì Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16737 del 12/08/2015).
La contribuente ha dedotto (cfr. pag. 18 del controricorso) di aver, in data
13.10.2011, presentato ‘Domanda di variazione catastale per l’attribuzione della categoria A/6 agli immobili rurali ad uso abitativo e della categoria D/10 agli immobili strumentali all’attività agricola’, corredata dalle relative autocertificazioni.
Questa Sezione (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 22009 del 05/08/2024) ha di recente chiarito che, in tema di fabbricati rurali, gli effetti retroattivi del riconoscimento di ruralità previsti dall’art. 2, comma 5-ter del d.l. n. 102/2013 conv. in l. n. 124/2013 (l’art. 7, comma 2 bis, del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ha sancito la retroattività delle variazioni annotate negli atti catastali a seguito di domanda presentata in forza della suddetta normativa, i cui effetti, in forza dell’art. 2, comma 5 ter, del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito con la legge 28 ottobre 2013, n. 124, sono stati fatti decorrere dal quinquennio antecedente alla presentazione della domanda stessa), presuppongono, quale unico dato rilevante ai fini di tale riconoscimento, l’apposizione di una specifica annotazione in atti, risultando superate, in ragione del disposto dell’art. 13, commi 14 e 14-bis, del d.l. n. 201/2011 conv. in l. n. 214/2011 e del d.m. 26 luglio 2012, le previsioni normative (art. 7, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. n. 70/2011, conv. in l. n. 106/2011) che correlavano siffatto effetto ad una variazione del classamento catastale. In tal guisa ragionando, è stato sottoposto a parziale revisione critica l’indirizzo (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 5769 del 09/03/2018) secondo cui, ai fini dell’applicabilità dell’esenzione per i fabbricati rurali, prevista dal combinato disposto dell’art. 23, comma 1-bis, del d.l. n. 207 del 2008 (conv., con modif., dalla l. n. 14 del 2009), e dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale, senza che assuma rilevanza la strumentalità dell’immobile all’attività agricola, come confermato sia dall’art. 9 del d.l. n. 577 del 1993 (conv., con modif., dalla l. n. 133 del 1994), sia dalla disciplina inerente le modalità di variazione-annotazione attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione, anche retroattiva, dei fabbricati come rurali, onde beneficiare dell’esenzione, di cui agli artt. 7, comma 2-bis, del d.l. n. 70 del
2011 (conv., con modif., dalla l. n. 106 del 2011), 13, comma 14-bis, del d.l. n. 201 del 2011 (conv., con modif., dalla l. n. 214 del 2011), 2, comma 5-ter, del d.l. n. 102 del 2013 (conv., con modif., dalla l. n. 124 del 2013), nonché dagli artt. 1 e 2 del decreto del ministero dell’economia e delle finanze del 26 luglio 2012.
Tuttavia, va ribadito il principio per cui, ai fini del trattamento esonerativo, rileva l’oggettiva classificazione catastale del cespite come rurale, con il conseguente onere di impugnazione del diverso classamento da parte di chi richieda il riconoscimento del requisito di ruralità, né può ritenersi sufficiente a determinare la variazione catastale, nei limiti del quinquennio anteriore, la mera autocertificazione secondo le modalità di cui all’art. 7, comma 2-bis, del d.l. n. 70 del 2011, conv., con modif., dalla l. n. 106 del 2011, e delle norme successive, se il relativo procedimento non si sia concluso con la relativa annotazione in atti, atteso che, come sottolineato dalla Corte costituzionale (ord. n. 115 del 2015), il quadro normativo, ivi comprese le disposizioni regolamentari di cui al d.m. 26 luglio 2012, porta ad escludere l’automaticità del riconoscimento della ruralità per effetto della mera autocertificazione (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26617 del 09/11/2017; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 3226 del 10/02/2021, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 22009 del 05/08/2024).
Orbene, è la stessa contribuente ad aver sostanzialmente ammesso (cfr. pag. 31 del controricorso) che la sua domanda volta al riconoscimento della ruralità è stata rigettata, sebbene i relativi provvedimenti di diniego non le sarebbero stati notificati. La circostanza è confermata all’inizio di pagina 8 della sentenza qui impugnata. Del resto, l’avviso di accertamento impugnato rappresenta proprio la conseguenza del mancato riconoscimento dei requisiti di ruralità relativi ai sette immobili.
In quest’ottica, in difetto di annotazione, sol o l’accertamento in concreto della ruralità degli immobili, nel senso in precedenza chiarito, connoterebbe come illegittimo il diniego della stessa e giustificherebbe, pur in presenza di una classificazione catastale in categoria A/7 e delle caratteristiche di lusso previste dal d.m. 2.9.1969, l’esenzione IMU.
Con il primo motivo la ricorrente incidentale deduce, in via condizionata, la violazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda di annullamento dei provvedimenti di diniego della ruralità, posti a fondamento dell’accertamento IMU.
3.1. Il motivo è infondato.
Dalla sentenza impugnata si evince, infatti, che gli unici due profili in relazione ai quali la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi (la presunta verifica della ruralità ed il conseguente diniego sarebbero intervenuti ‘senza sopralluogo’ ed in assenza di con traddittorio con il contribuente (cfr. pag. 23 del controricorso, che richiama pag. 27 dell’atto di appello) sono stati dalla stessa analizzati, rispettivamente, a pagina 8 >>] e 9 (<>) della pronuncia.
Con il secondo motivo la ricorrente incidentale lamenta, sempre in via condizionata, la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 74, comma 1, l. n. 342/2000, per non aver la CTR considerato che, in materia di atti modificativi della rendita catastale, il provvedimento catastale è efficac e ‘solo a decorrere dalla loro notificazione’.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda, proposta in riforma della sentenza di primo grado, di annullamento dell’accertamento IMU per inesistenza dell’atto presupposto -diniego di ruralità -per illegittimità del relativo procedimento amministrativo (essendo, da un lato, il provvedimento di diniego della ruralità munito di una mera annotazione a mano priva di alcun valore certific ativo della paternità e della genuinità dell’atto e, dall’altro, lo stesso ‘Avviso di accertamento catastale’ privo dell’attribuzione di un numero di
atto e di indicazione dell’anno).
6. I due motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono infondati.
E’ vero che l e Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, Sentenza n. 3160 del 09/02/2011) hanno chiarito che, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’art. 74, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, nel prevedere che, a decorrere dal 1° gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, va interpretato nel senso dell’impossibilità giuridica di utilizzare una rendita prima della sua notifica al fine di individuare la base imponibile dell’ICI, ma non esclude affatto l’utilizzabilità della rendita medesima, una volta notificata, a fini impositivi anche per annualità d’imposta “sospese”, ovverosia suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso. Pertanto, il detto articolo va inteso nel senso della preclusione all’utilizzo di una rendita prima della sua notifica, al fine di individuare la base imponibile dell’imposta, ma non impedisce l’utilizzabilità della stessa rendita, una volta notificata, ai medesimi fini, anche per le annualità di imposta sospese (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 14773 del 05/07/2011; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 23600 del 11/11/2011, secondo cui non è esclusa la utilizzabilità della rendita medesima, ma solo una volta notificata, a fini impositivi, anche per annualità di imposta anteriori -“sospese” -, ancora suscettibili di accertamento, di liquidazione o di rimborso; cfr., altresì, in tal senso Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 14402 del 09/06/2017).
Tuttavia, nel caso di specie, la conseguenza della mancata notifica del diniego di ruralità è inevitabilmente la vigenza della precedente classificazione in categoria A/7, non potendosi condividere le conseguenze che la contribuente vorrebbe trarne.
Con il quarto motivo la ricorrente incidentale si duole della violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 7 l. n. 212/2000, per non aver la CTR considerato che all’atto impositivo non erano allegati (o, almeno, riprodotti nei loro termini essenziali) gli atti
presupposti (dinieghi di ruralità) richiamati.
6.1. Il motivo è inammissibile per non aver la contribuente, in violazione del principio di autosufficienza, trascritto, almeno nei suoi passaggi essenziali, l’avviso di accertamento, al fine di porre questo Collegio, nelle condizioni di scrutinare se i dinieghi di ruralità fossero almeno stati trascritti nell’avviso stesso.
Senza tralasciare che la doglianza comunque si rivela irrilevante, atteso che, per le ragioni esposte nell’analizzare i precedenti due motivi, vale tuttora la precedente classificazione dei cespiti.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso principale merita di essere accolto con riferimento al secondo motivo, laddove quello incidentale va rigettato. La sentenza impugnata va, per l’effetto, cassata, con conseguente rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana.
P.Q.M.
Accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il primo ed il ricorso incidentale;
cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana in differente composizione;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 3.12.2024.