Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15559 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15559 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2652/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME
NOME (VCCMRA66M64G813U), NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. NAPOLI n. 2772/2020 depositata il 09/06/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME udito il Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatti rilevanti di causa.
§ 1. NOME COGNOME propone sei motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la Commissione Tributaria Regionale, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento per maggiore Tarsu/Tia 2011-2012 notificatole il 27.12.2017 dal Raggruppamento Temporaneo di Imprese (concessionario della riscossione per Napoli e provincia) composto da RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, la Commissione Tributaria Regionale ha rilevato che:
-diversamente da quanto affermato dal primo giudice, che aveva accolto il ricorso originario della COGNOME stante la carente legittimazione del RTI in questione perché non iscritto all’albo ministeriale dei concessionari, l’avviso di accertamento in questione era stato legittimamente adottato dal RTI, il quale si era aggiudicato in gara pubblica il servizio di accertamento e riscossione, ed era poi stato investito della relativa concessione con regolare contratto della Società RAGIONE_SOCIALE Napoli – SAPNA n. 095-2011;
-quanto al requisito dell’iscrizione all’albo ministeriale (artt. 52 e 53 d.lgs.446/97), era necessario e sufficiente che tale iscrizione
concernesse, nell’ambito di un RTI a struttura verticale, le sole partecipanti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (in quanto addette alle attività principali di accertamento, riscossione e gestione della tassa rifiuti), effettivamente iscritte, non anche RAGIONE_SOCIALE (in quanto adibita alle sole attività secondarie e marginali di comunicazione-informazione con i cittadini, rapporti con gli enti locali, call center e simili);
-deponeva in tal senso anche la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sent. n. 380/2017);
-ciò posto, infondate erano le ulteriori doglianze della contribuente (ritenute assorbite in primo grado), dal momento che: l’avviso era sufficientemente motivato con indicazione di tutti gli elementi costitutivi della pretesa, anche per quanto riguardava la maggiore superficie tassata, la categoria di appartenenza, le delibere applicate; -l’asserito errore di calcolo della superficie, per mancata considerazione del notevole spessore dei muri perimetrali ed interni del fabbricato, non era stato provato, a fronte del conteggio operato in avviso sulla base di banche-dati comunali; – inammissibile, perché proposta per la prima volta solo nel corso dell’udienza di discussione in appello, era poi l’eccezione di decadenza, per decorso del termine, dall’attività impositiva.
Resiste con controricorso il RTI, dando preliminarmente atto del subentro in esso di Agenzia Entrate Riscossione in luogo di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), ex art. 1 d.l. 193/16 conv. in l. 225/16.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso, dal momento che tutte indistintamente le società facenti parte del RTI dovevano essere iscritte all’albo ministeriale, secondo quanto già stabilito da questa Corte con ordinanza n. 35338/22.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione.
§ 2 . Va preliminarmente affermata -vertendosi di questione rilevabile d’ufficio la validità della costituzione di RTI, nel presente giudizio di legittimità, a mezzo di avvocato del libero foro, indipendentemente dal fatto che di esso faccia oggi parte, per effetto dell’indicata successione ex lege ad Equitalia, l’Agenzia delle Entrate Riscossione.
Nella specie, l’incarico difensivo viene espletato, per conto dell’intero RTI, in forza della procura speciale rilasciata non da Ader, ma dal dott. NOME COGNOME quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE e responsabile della gestione del raggruppamento, ad avvocato del libero foro. Si legge nella procura in esame: ‘ a tanto autorizzato in virtù di procura speciale per notaio NOME COGNOME repertorio 43.250 raccolta 24.654 del 9 novembre 2017 registrata in Roma il 20 novembre 2017 al n. 30.136 serie 1T – ricorrendone i presupposti in considerazione della peculiarità dell’appalto e della circostanza che, nell’ambito del raggruppamento, RAGIONE_SOCIALE è deputata alla emissione e notifica degli accertamenti e, di conseguenza, alla gestione del correlato contenzioso (…)’.
Sul punto ci si limita a richiamare quanto, in identica fattispecie, recentemente stabilito da questa Corte con ordinanza n. 25925 del 2 ottobre 2024, secondo cui: ‘ In tema di rappresentanza processuale, l’art.1, comma 8, del d.l. n.193 del 2016, conv. con modif. dalla l. n. 225 del 2016, ed il Protocollo 22 giugno 2017, intervenuto tra l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) e l’Avvocatura generale dello Stato, non sono applicabili rispetto ad un raggruppamento temporaneo di imprese di tipo misto, con AdEr quale mandataria e capogruppo, quando la procura ad litem al difensore viene rilasciata, previa autorizzazione della stessa AdEr, dal legale rappresentante di una impresa mandante, atteso che il potere di rappresentanza, anche processuale, spetta alla mandataria o capogruppo esclusivamente nei confronti della stazione appaltante e per le operazioni e gli atti dipendenti dall’appalto, ma non
si estende anche nei confronti dei terzi estranei a quel rapporto, quale nella specie la contribuente ‘.
§ 3.1 Con il primo motivo di ricorso la contribuente lamenta -ex art. 360 co. 1^ n. 3 cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione degli artt. 30, 37 d.lgs. 163/06 e dei principi generali in tema di affidamento in concessione di servizi pubblici, nonché degli artt. 11 co. 5 quater d.l. 195/09, 52 co. 5^ lett. b) nn. 1, 2, 4 e 53 d.lgs.446/97, 97 Cost.; deduce inoltre, -ex art. 360 co. 1^ n. 5 cod.proc.civ. -‘incoerenza e manifesta illogicità della motivazione’.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce analoga violazione e falsa applicazione di legge nonché, sempre ex art. 360 co. 1^ n. 5 cod.proc.civ., ‘incoerenza, perplessità, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione’. Erroneamente la Commissione Tributaria Regionale aveva applicato nella specie la disciplina degli appalti pubblici di cui al d.lgs. 163/06 (Codice dei contratti pubblici) in luogo di quella della concessione di servizi pubblici locali (accertamento e riscossione Tarsu) invece applicabile ex art. 30 d.lgs. cit.. Di conseguenza, erronea era la distinzione tra attività principali e secondarie ex art. 37 d.lgs. cit., dal momento che in materia di servizi pubblici vigeva una regola di unitarietà, infrazionabilità e, nel caso di affidamenti misti, di assorbimento da parte dell’attività predominante (così l’attuale art. 169 del d.lgs.50/2016, Nuovo codice dei contratti pubblici, ma sulla base di una regola già precedentemente evincibile). Da ciò derivava che all’iscrizione all’albo speciale di cui all’art. 53 d.lgs.446/97 erano tenute tutte indistintamente le società partecipanti al RTI, compresa RAGIONE_SOCIALE; ed illegittima sarebbe stata la lex specialis di gara che tale generalizzata iscrizione non avesse previsto. Del tutto irrilevante era dunque il fatto che ad Ottogas fossero state affidate solo attività considerate secondarie o marginali.
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione della normativa già dedotta nelle due doglianze che precedono, nonché nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. e delle norme sulla valutazione probatoria. Il tutto con riguardo alla mancata pronuncia, da parte della Commissione Tributaria Regionale, sull’eccezione proposta dalla contribuente (tanto in primo quanto in secondo grado) circa il fatto (quand’anche ritenuta la scorporabilità delle attività) che non vi fosse alcuna prova che l’avviso di accertamento in questione fosse riferibile alle sole società iscritte e non anche ad Ottogas, tanto più che RTI aveva sempre rivendicato a sé, in giudizio, l’unitarietà del servizio di accertamento, e che l’avviso opposto, oltre ad essere sottoscritto a nome di tutte le società componenti, recava anche, in intestazione, il logo di Ottogas.
§ 3.2 Questi motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle censure con essi sollevate, sono infondati.
Per quanto concerne i dedotti vizi di ‘insufficienza’ motivazionale, si osserva in primo luogo come – secondo quello che è ormai divenuto, a seguito di Cass.SU n. 8053/14, vero e proprio diritto vivente in materia -la doglianza di mera insufficienza motivazionale non è oggi (dopo la riforma di cui al d.l. n. 83/12 conv. in legge 134/12) più consentita, posto che la riformulazione dell’art. 360 co. 1^ n.5) cod.proc.civ. così apportata ‘ deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione
apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione ‘ (SU cit., ed innumerevoli altre).
Nel caso di specie la motivazione della Commissione Tributaria Regionale si pone ben al di sopra di questo parametro minimo, necessario e sufficiente, avendo adeguatamente argomentato in ordine al proprio convincimento di infondatezza dell’eccezione di parte contribuente, così da enucleare una chiara e ben individuabile (non apparente, né contraddittoria, né perplessa) ratio decisoria, difatti puntualmente censurata nei suoi risvolti tanto fattuali quanto giuridici. In definitiva, i profili di ricorso in esame appaiono non soltanto giuridicamente avulsi dal contesto interpretativo ormai assodato, ma anche lontani dalla realtà della concreta situazione processuale.
§ 3.3 Le doglianze sono poi infondate anche nel loro contenuto sostanziale relativo alla asserita necessità, pena l’invalidità degli atti accertativi e riscossivi, che anche Ottogas fosse iscritta all’albo ministeriale di cui all’art. 53 d.lvo. n. 446/97, come richiamato per l’ipotesi di esternalizzazione del relativo servizio comunale dall’art. 52, co. 5^ lett.b) d.lvo cit..
Per quel che qui rileva, il d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (ratione temporis) disponeva nei seguenti termini:
–
«……..
I regolamenti, per quanto attiene all’accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate, sono informati ai seguenti criteri:
……..
b) qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e
delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, a:
i soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53, comma 1; ……………» ;
«Presso il Ministero delle finanze è istituito l’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni» (art. 53, comma 1; v., altresì, il d.m. 11 settembre 2000, n. 289 recante il relativo regolamento).
La Corte ha già avuto modo di rilevare che:
– la disciplina del Raggruppamento Temporaneo di Imprese portata dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 37 (v. poi, negli stessi sostanziali termini, il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 48) distingue due tipi di raggruppamento, quello orizzontale (quando, per i servizi e le forniture tutte le imprese riunite eseguono la medesima prestazione) e quello verticale (quando, invece, per i servizi e le forniture, la mandataria esegue la prestazione principale e le mandanti eseguono le prestazioni secondarie), essendo, inoltre, consentito anche il raggruppamento c.d. misto, che è un raggruppamento verticale in cui l’esecuzione delle singole prestazioni (per i servizi e le forniture) viene assunta da subassociazioni di tipo orizzontale;
– «come ribadito anche dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. St. nn. 435/2005, 2294/2002, 2580/2002), in via generale, in caso di partecipazione alla gara – indetta per l’aggiudicazione di appalto di servizi – di imprese riunite in raggruppamento temporaneo, come nel caso di specie, occorre distinguere nettamente fra i requisiti tecnici di carattere oggettivo (afferenti in via immediata alla qualità del prodotto o servizio che vanno accertati mediante sommatoria di quelli posseduti dalle singole imprese), dai requisiti di carattere soggettivo (che devono essere posseduti singolarmente da ciascuna associata), tanto che può
verificarsi l’ipotesi di concorrente che, sebbene fornito di tutti i requisiti di qualificazione, non sia in grado di offrire uno specifico servizio per la cui erogazione avrebbe, in astratto, tutti i titoli in termini di capacità organizzativa, di controllo e di serietà imprenditoriale»;
-«secondo un principio di fondo del sistema, tali certificazioni costituiscono, infatti, un requisito tecnico di carattere soggettivo e devono essere possedute da ciascuna delle imprese associate a meno che non risulti che esse siano incontestabilmente riferite unicamente ad una parte delle prestazioni eseguibili da alcune soltanto delle imprese associate (cfr. Cons. St. nn. 1459/2004, 2569/2002)»;
«più volte, pertanto, è stato ribadito che sul piano sostanziale la certificazione di qualità, diretta a garantire che un’impresa è in grado di svolgere la sua attività almeno secondo un livello minimo di qualità accertato da un organismo a ciò preposto, è un requisito che deve essere posseduto da tutte le imprese chiamate a svolgere prestazioni tra loro fungibili (cfr., ex plurimis, Cons. St., nn. 4668/2006, 2756/2005, 2569/2002, 5517/2001)»;
«il consolidato orientamento del Giudice amministrativo è stato peraltro costantemente condiviso e ribadito, per parte sua, anche dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, ad esempio nel parere precontenzioso n. 254 del 10.12.2008, laddove la medesima Autorità ha chiarito come nei raggruppamenti “il requisito soggettivo” in parola debba essere “posseduto” da tutte le imprese chiamate a svolgere prestazioni tra loro fungibili» (così Cass., 30 novembre 2022, n. 35338 cui adde Cass., 6 dicembre 2024, n. 31391; Cass., 8 giugno 2023, n. 16261).
Tanto posto, va allora rimarcato, innanzitutto, che nulla escludeva, nella fattispecie, che l’affidamento dei servizi in questione avvenisse dietro distinzione tra attività principali e attività secondarie (di cd. supporto); e che, per queste ultime, non risultasse necessaria
l’iscrizione all’Albo (in questo senso v. Cass., 6 dicembre 2024, n. 31391).
La stessa giurisprudenza amministrativa, difatti, aveva rimarcato anche nella prospettiva della necessaria ricorrenza del requisito dell’iscrizione in un albo speciale (Albo per l’accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali) qual prescritta, ai fini dell’affidamento a terzi dei servizi di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi, dal d.lgs. n. 446 del 1997, art. 53 (Albo disciplinato, poi, dal d.m. 11 settembre 2000, n. 289) – la distinzione tra concessione (in senso proprio) di un pubblico servizio e affidamenti (in convenzione) di attività di supporto (alla gestione, accertamento e riscossione delle entrate tributarie) che, – non comportando «la delega al privato della potestà pubblicistica» (che rimane di pertinenza dell’Ente impositore), -si risolvono in prestazioni (meramente) strumentali rispetto alle quali «il controllo e la responsabilità su tutte le attività di accertamento e riscossione rimane in capo alla stazione appaltante, attraverso l’utilizzo di modelli da questa predisposti, nonché attraverso il controllo e l’assunzione di responsabilità da parte del funzionario responsabile del Comune su tutte le attività svolte dall’aggiudicataria» (così che «il potere tributario resta di pertinenza del Comune» cui fanno capo «la titolarità degli atti e la riscossione delle entrate derivanti dal servizio»; v. Tar Roma, sez. II, 10 maggio 2016, n. 5470; Tar Bari, 24 marzo 2016, n. 424; Cons. Stato, sez. V, 20 aprile 2015, n. 1999; Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2014, n. 1421).
E, con riferimento alla natura dei Raggruppamenti Temporanei di Imprese, si è, per l’appunto rilevato che (solo) in relazione ad un affidamento di servizi per il quale la legge di gara non distingue tra prestazioni principali e secondarie, limitandosi ad elencare le attività dedotte in contratto, non può essere ammessa la partecipazione di raggruppamenti temporanei di imprese di tipo “verticale”, con la
conseguenza che, potendo operare in tale contesto solo dei raggruppamenti di tipo “orizzontale” (nei quali, “gli operatori economici eseguono il medesimo tipo di prestazione”), i partecipanti alla gara avrebbero dovuto essere in possesso di tutti i requisiti – nessuno escluso – previsti dalla lex specialis per eseguire le prestazioni oggetto dell’appalto, relativamente alle quali assumono indistintamente responsabilità solidale (Consiglio di Stato, sez. V, 7 ottobre 2020, n. 5936; Consiglio di Stato, sez. V, 5 aprile 2019, n. 2243; Consiglio di Stato, sez. V, 7 dicembre 2017, n. 5772).
Ai fini in discorso, la distinzione tra attività principali e attività secondarie -in tema di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi -deve ritenersi venuta meno, con la conseguente necessità di iscrizione all’Albo previsto dall’art. 53, cit. (in apposita sezione) anche per lo svolgimento di attività di supporto, solo a seguito dell’attuazione della l. 27 dicembre 2019, n. 160, art. 1, comma 805 (secondo il cui disposto «Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo le procedure di cui all’articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le disposizioni generali in ordine alla definizione dei criteri di iscrizione obbligatoria in sezione separata dell’albo di cui al medesimo articolo 53 per i soggetti che svolgono esclusivamente le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate») ad opera del d.m. 13 aprile 2022, n. 101 (v., difatti, Tar Liguria, sez. I, 15 novembre 2023, n. 935).
Rimane (solo) da precisare che, laddove venga in rilievo nella fattispecie, la nozione di concessione di un pubblico servizio, come rilevato dalle Sezioni Unite della Corte (Cass. Sez. U., 20 aprile 2017, n. 9965), ha fondamento nel diritto dell’Unione Europea e si correla (come
gli stessi dati normativi di fattispecie rendono evidente) ad «un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo» .
La Corte ha altresì avuto modo di rilevare che le disposizioni secondo le quali le imprese in Raggruppamento Temporaneo devono conferire, con un unico atto, mandato collettivo speciale con rappresentanza all’impresa mandataria, con conferimento di procura al legale rappresentante dell’operatore economico mandatario – così che al mandatario «spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall’appalto, anche dopo il collaudo, o atto equivalente, fino alla estinzione di ogni rapporto» (d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, art. 37, commi 14, 15 e 16) – sono finalizzate ad agevolare l’amministrazione appaltante nella tenuta dei rapporti con le imprese appaltatrici ma non si estendono anche nei confronti dei terzi estranei a quel rapporto, atteso che la presenza di tale mandato collettivo non determina un centro autonomo di imputazione giuridica (art. 37, comma 17, cit.; v. Cass., 2 ottobre 2024, n. 25925, cit.; Cass., 29 dicembre 2011, n. 29737; Cass., 20 maggio 2010, n. 12422; v., altresì, Consiglio di Stato, V, 5 aprile 2019, n. 2243; Consiglio di Stato, Ad. plen., 13 giugno 2012, n. 22).
E, in particolare, si è rimarcato che tanto il potere gestorio dell’impresa mandataria quanto il potere rappresentativo del legale rappresentate della stessa non derivano direttamente dalla legge, ma
dalla designazione dell’impresa mandataria liberamente e volontariamente effettuata dalle imprese raggruppate, così che -non operando, in ambito negoziale di diritto privato, il principio delegatus delegare non potest -non sussistono ragioni per restringere l’operatività degli ordinari principi della rappresentanza negoziale con riferimento al rilascio di procure da parte del legale rappresentante dell’impresa mandataria (Cass., 27 aprile 2016, n. 8407).
Si ricorda che, seppure con riguardo a diverso settore di attività, la CGUE ha specificamente affermato l’illegittimità della pretesa con la quale un’amministrazione aggiudicatrice esiga l’iscrizione ad un albo professionale in capo a tutti indistintamente i soggetti partecipanti a gara come ATI: ‘ l’articolo 38, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/23, in combinato disposto con l’articolo 26, paragrafo 2, di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che un’amministrazione aggiudicatrice non può, senza violare il principio di proporzionalità garantito dall’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, di detta direttiva, esigere che ciascuno dei membri di un’associazione temporanea di imprese sia iscritto, in uno Stato membro, nel registro commerciale o nell’albo professionale ai fini dell’esercizio dell’attività di noleggio e leasing di automobili e autoveicoli leggeri’ (CGUE in Causa n. 486-21 v. §§ 98 segg.).
Va quindi ribadito il principio di diritto secondo il quale, in tema di affidamento del servizio di accertamento e riscossione dei tributi e delle entrate dei comuni ad un Raggruppamento Temporaneo di Imprese, il requisito soggettivo dell’iscrizione nell’apposito albo istituito presso il Ministero delle Finanze, ai sensi dell’art. 53 del d.lgs n. 446 del 1997 e del d.m. n. 289 del 2000, è richiesto solo per le imprese associate chiamate a svolgere prestazioni tra loro fungibili; ne consegue che, quando il servizio è affidato ad un Raggruppamento Temporaneo di Imprese di tipo misto, la predetta qualifica soggettiva è necessaria solo per le società del raggruppamento che svolgono le attività principali
concernenti l’accertamento e la riscossione dei tributi, per le quali detto requisito formale è previsto, ma non anche per quelle che svolgono attività secondarie, di mero supporto e non in rapporto di fungibilità con la prestazione principale ma solo in funzione servente, il cui accertamento è riservato al giudice del merito (Cass., 6 dicembre 2024, n. 31391).
Pur a fronte della previsione (art. 30 d. lvo n.163/06 cit.) secondo cui il Codice dei contratti pubblici non trova applicazione in materia di concessione di servizi, i principi appena richiamati in ordine alla autonoma soggettività del RTI come operatore economico UE, alla sua strutturazione orizzontale, verticale o mista, alla distinzione tra attività principali e secondarie, sono estendibili anche alle procedure di affidamento del servizio pubblico che rispondano alle regole della pubblica evidenza così come richiamate (tanto accade nella fattispecie, connotata da una strutturazione RTI mista) dal regolamento di gara.
Per quanto si affermi (v. Cass.SU n. 23155/24 in materia di giurisdizione) che si configura un appalto di pubblico servizio, anche in base al diritto unionale, quando il corrispettivo sia pagato direttamente dall’Amministrazione al prestatore del servizio, il quale, conseguentemente, non ne sopporta il rischio legato alla gestione, a differenza del concessionario di servizi, il quale trae la propria remunerazione dai proventi ricavati dagli utenti, le distinzioni appena richiamate in ordine alla struttura associativa ed alla tipologia di funzioni esercitabili nell’ambito del RTI (nel caso in esame richiamate dalla lex specialis di gara) hanno valenza generale, ed appaiono quindi richiamabili anche nel caso di affidamento del servizio secondo le regole dell’evidenza pubblica.
Dal Disciplinare di gara in atti (prot. 5111) si evince che si trattava in effetti di concessione del servizio di gestione ordinaria e straordinaria della riscossione volontaria e coattiva Tarsu e Tia in ambito provinciale,
ma all’esito di pubblica gara d’appalto per l’affidamento del servizio, in cui Sapna fungeva da amministrazione aggiudicatrice. Si precisava che l’appalto ‘ rientra nel campo di applicazione dell’accordo sugli appalti pubblici’ , e si ammetteva la possibilità di partecipazione di RTI ‘ con l’osservanza degli artt.34, 35, 36 e 37 d.lgs. 163/06 ‘; ancora, si stabiliva (art.2: oggetto e descrizione dell’affidamento) la suddivisione, anche economica, tra attività principali (ordinaria; riscossione volontaria e coattiva) e secondarie (comunicazione ed informazione ai cittadini, rapporti con gli enti locali della provincia di Napoli, call center, data entry notifiche, stampa e confezionamento della documentazione cartacea, data entry pagamenti, verifica anagrafica), con necessità di iscrizione all’albo solo per le società svolgenti le prime, con allegato impegno delle tre società a costituirsi in RTI, in caso di aggiudicazione, proprio ex art. 37 d.lgs.163/06. All’art.5 si poneva come ‘requisito di partecipazione’ quello di iscrizione all’albo per le sole società singole o raggruppate preposte allo svolgimento delle attività principali, mentre per quelle preposte alle attività secondarie veniva richiesta l’iscrizione alla Camera di Commercio.
Dal Bando di gara della stazione appaltante RAGIONE_SOCIALE si evinceva che l’iscrizione all’albo Mef di cui al D.M. 289/00 ed art. 53 d.lvo 446/97 era richiesta solo per i soggetti (partecipanti singolarmente o in consorzi o in RTI di tipo orizzontale o, per quelli verticali o misti) che partecipavano per l’espletamento delle ‘attività principali’; mentre per le imprese che partecipavano ad espletamento delle ‘attività secondarie’ era richiesta la sola iscrizione nel registro delle imprese.
Si tratta, per le considerazioni svolte, di previsioni non illegittime per contrasto con la disciplina primaria ratione temporis vigente e, dunque, di per sé non disapplicabili.
§ 3.4 Proprio in fattispecie ‘Ottogas’ del tutto sovrapponibile alla presente, questa Corte ha recentemente stabilito (Cass.n. 31391/24) la
non necessità per NOME dell’iscrizione all’albo Mef di cui agli artt. 52 e 53 cit..
Ciò in applicazione del seguente principio di diritto: ‘« la regola secondo cui, nell’ipotesi di affidamento del servizio di accertamento e riscossione dei tributi e delle entrate dei comuni ad un Raggruppamento temporaneo di imprese, il requisito soggettivo dell’iscrizione nell’apposito albo istituito presso il Ministero delle Finanze ai sensi dell’art. 53 del D.L.gs n. 446/1997 e del D.M. n. 289/2000 deve essere posseduto dalle imprese associate va riferita a quelle chiamate a svolgere prestazioni tra loro fungibili e dunque, nell’ipotesi di affidamento del servizio ad un Raggruppamento temporaneo di imprese di tipo misto, la predetta qualifica soggettiva deve essere rispettata solo da quelle società associate in RAGIONE_SOCIALE che svolgono quelle attività (principali) concernenti l’accertamento e la riscossione dei tributi, per le quali detto requisito formale è previsto, ma non anche da quelle che svolgono attività (secondarie) di mero supporto alla prima, la quale non si pone con la prestazione principale in rapporto di fungibilità, ma solo in funzione servente. L’accertamento della natura (principale o secondaria) delle attività svolte dalle imprese associate costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito ».
Dopo aver ricostruito i principi generali in materia, come desumibili dal diritto unionale e dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, la pronuncia in esame ha osservato come questi principi non fossero tali da indurre all’accoglimento della tesi della parte contribuente, dovendosi al fine precisare e rettamente intendere quanto già in materia affermato da Cass.n. 35338/22, come richiamata anche da Cass.n. 16261/23.
Si è quindi osservato (Cass.n. 31391/24 cit.) che: -‘(…) in dette pronunce questa Corte, richiamando varia giurisprudenza amministrativa, ha avuto modo di chiarire che le qualifiche tecniche di
carattere soggettivo devono essere possedute da ciascuna delle imprese associate, « a meno che non risulti che esse siano incontestabilmente riferite unicamente ad una parte delle prestazioni eseguibili da alcune soltanto delle imprese associate», precisando che detto requisito soggettivo « deve essere posseduto da tutte le imprese chiamate a svolgere prestazioni tra loro fungibili» (così, Cass. n. 35338/2022, richiamata da Cass. n. 16261/2023); il che significa che la predetta qualifica soggettiva, nella specie costituita dall’iscrizione della consorziata nel menzionato albo, ‘deve riguardare ed essere rispettata da quelle società associate in R.T.I, che svolgono quelle attività (principali) concernenti l’accertamento e la riscossione dei tributi, per le quali detto requisito formale è previsto, ma non anche da quelle che svolgono attività (secondaria) di mero supporto alla prima, la quale non si pone con la prestazione principale in rapporto di fungibilità, ma solo in funzione servente’; -nelle due citate ordinanze questa Corte aveva negato la legittimazione del predetto R.T.I. ‘sul decisivo rilievo secondo il quale: – «nel caso di specie, non è dimostrato che l’oggetto dell’affidamento, costituito dal servizio di riscossione coattiva dei tributi e delle altre entrate, era stato assegnato unicamente ai due contraenti in possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo previsto dall’art. 53 d.lgs. n. 446/1997, e che ad RAGIONE_SOCIALE erano state assegnate unicamente prestazioni «secondarie» (così, Cass. n. 35338/2022); in modo tale, diversamente da quanto accadeva nel caso in esame, che ‘le suddette decisioni hanno negato la legittimazione del R.T.I. in ragione della predetta risultanza fattuale, essendosi ritenuto in detti giudizi non dimostrato che il servizio di riscossione coattiva dei tributi fosse stato assegnato unicamente ai due contraenti in possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo previsto dall’art. 53 d.lgs. n. 446/1997 e che ad RAGIONE_SOCIALE fossero state assegnate solo prestazioni secondarie’.
Orbene, nella specifica fattispecie oggi dedotta, lo svolgimento da parte di Ottogas di (sole) attività serventi e strumentali rispetto a quelle prettamente accertative e riscossive (in conformità ed adempimento di quanto convenuto tra le associate già nell’atto di impegno costitutivo del RTI) risponde appunto ad un, qui non sindacabile, accertamento fattuale compiuto dal giudice di merito.
Vale solo aggiungere che – sul piano logico-giuridico che solo in questa sede rileva, e come già osservato in Cass.n.31391/24 cit. l’accertata diversa attività svolta nell’ambito del R.T.I. tra RAGIONE_SOCIALE (a cui era stata assegnata l’attività principale, di accertamento dell’imposta) ed RAGIONE_SOCIALE (a cui era stata demandata lo svolgimento di attività secondaria, di supporto alla prima) giustifica la circostanza che l’avviso sia stato sottoscritto dal legale rappresentate di RAGIONE_SOCIALE che tale funzione svolgeva, laddove il fatto che l’atto impugnato sia stato redatto su carta intestata del R.T.I. accredita, nel delineato contesto fattuale, solo l’ordine di idee che esso è certamente riferibile al citato raggruppamento nel quadro del descritto riparto di competenze, il che consente di comprendere anche perché COGNOME, pacificamente non iscritta all’albo e svolgente per come accertato nel presente giudizio – attività secondaria, fosse inserita nel ‘logo’ di intestazione dell’avviso.
§ 4.1 Con il quarto motivo di ricorso si lamenta -ex art. 360 co. 1^ nn. 3, 4 e 5 cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione degli artt. 3 l. 241/90 e 7 l. legge 212/00, nonché ‘incoerenza, perplessità, contraddittorietà e manifesta illogicità’ della motivazione, oltre ad ‘omessa, insufficiente ed erronea valutazione di elementi decisivi’ della fattispecie. Per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto sufficientemente motivato l’avviso nonostante che quest’ultimo non esplicitasse i presupposti di fatto della pretesa, segnatamente quelli concernenti la maggior superficie che si riteneva tassabile rispetto a
quella sulla quale la contribuente aveva, per oltre 30 anni, sempre versato la tassa senza ricevere contestazioni di sorta; né la motivazione dell’avviso, relativa ad elementi specifici e non predeterminati per legge o regolamento, poteva basarsi sul richiamo di non meglio precisate ‘banche -dati’.
Con il quinto motivo di ricorso si lamenta -ex art. 360 co. 1^ nn. 3, 4 e 5 cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione della normativa di cui al motivo che precede, oltre che degli artt.3, co. 154 e 155 l. 662/96 con riferimento all’All. C) punto 1. D.P.R. 138/98; nonché nullità della sentenza per insufficienza della motivazione, violazione delle norme sulla prova ed omesso esame di risultanze decisive. Per avere la Commissione Tributaria Regionale affermato che la minor superficie tassabile in ragione dello spessore dei muri non era stata provata dalla contribuente, nonostante che fosse onere dell’ente impositore dimostrare la maggior superficie e che, in ogni caso, la natura ed ubicazione dell’immobile (abitazione in sottocategoria R1 ai sensi del d.P.R. cit.) deponessero proprio per la minor estensione tassabile, in quanto assoggettato ad un particolare criterio di determinazione della superficie catastale che teneva conto, per i muri perimetrali e per quelli interni, solo di una parte (rispettivamente 50 e 25 cm.) dello spessore dei muri.
§ 4.2 I due motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria perché entrambi relativi al mancato rilievo dell’asserito vizio di insufficiente motivazione dell’avviso di accertamento, risultano per più versi inammissibili ovvero manifestamente infondati.
In primo luogo, essi sono formulati in maniera coacervata, con indistinto ed anche in sé contraddittorio richiamo ai numeri 3, 4 e 5 dell’art. 360 co. 1^ cod.proc.civ.. Soccorre l’indirizzo di legittimità (ben riassunto da Cass. ord. n. 26874/18), secondo cui: ‘ In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di
mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse ‘. D’altra parte, nel caso in esame questa opera giudiziale di focalizzazione ed isolamento delle singole doglianze appare tutt’altro che agevole ed immediata, non risultando affatto chiara l’opzione censoria della parte ricorrente: se di nullità della sentenza per pratica assenza di motivazione, se di insufficienza motivazionale per omesso esame di fatti decisivi, se -ancora -di violazione di legge (dovendosi però, sul punto, ancora stabilire se della disciplina sostanziale sui presupposti impositivi
Tarsu, ovvero di quella che presiede alla formazione e motivazione degli avvisi).
Alla base di tutto si pone poi la chiara ed univoca (questa si) finalizzazione dei due motivi ad ottenere in questa sede una rivisitazione di risvolti prettamente fattuali della fattispecie, così quanto sia a revisione del giudizio di assolvimento degli standard motivazionali dell’avviso come già reso dalla Commissione regionale, sia ad effettiva determinazione della superficie tassabile. Aspetti, come noto, riservati al giudice di merito che nella specie ne ha comunque dato sufficiente argomentazione (certo ben al di sopra di quel ‘minimo costituzionale’ la cui violazione, secondo Cass. SU n. 8053/14, si pone a presupposto della nullità della sentenza per assenza di motivazione); osservandosi ancora che: ‘ è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito ‘ (Cass., Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; conf. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021 ed altre).
Ad ogni buon conto, e pur volendo superare i profili di inammissibilità dei motivi così evincibili, resta che la sentenza di appello -sulla base di quel convincimento valutativo che si è detto qui incensurabile -si pone in linea con la normativa di riferimento, posto che l’avviso in questione risultava adeguatamente motivato sui presupposti fattuali e sulle ragioni giuridiche della pretesa (art. 7 l. legge 212/00) e che, per il resto, non di ‘motivazione’ dell’avviso si trattava quanto, se mai, di ‘prova’ della fondatezza della pretesa medesima.
Soprattutto, del tutto congruo risultava -in punto superficie – il richiamo in esso agli elementi informativi traibili dalla banca-dati
catastale liberamente accessibile dal Comune che ingenerava, quantomeno, una presunzione di rispondenza ed effettività; presunzione che era quindi onere della parte contribuente superare con specifico riguardo alla annualità d’imposta dedotta, risolvendosi per il resto l’accertamento nell’applicazione dell’ art. 73 d.lvo 507/93 co. 3, per cui: ‘ In caso di mancata collaborazione del contribuente od altro impedimento alla diretta rilevazione, l’accertamento può essere effettuato in base a presunzioni semplici aventi i caratteri previsti dall’articolo 2729 del codice civile .’
§ 5.1 Con il sesto motivo di ricorso si lamenta -ex art. 360 co. 1^ nn. 3, 4 e 5 cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione degli artt. 1 co. 161 legge n.296/06 e 70 d.lgs.n.507/93, nonché nullità della sentenza per: violazione dell’art. 112 cod.proc.civ.; mancato rilievo di nullità insanabile; motivazione perplessa, illogica e contraddittoria. Per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto di non poter pronunciare la decadenza dalla pretesa tributaria perché eccepita dalla contribuente per la prima volta in appello, nonostante che si trattasse di nullità insanabile dell’avviso e quindi rilevabile anche d’ufficio. L’eccezione era inoltre fondata, dal momento che nel caso, come di specie, di possesso dell’immobile già in corso al 20 gennaio dell’annualità di riferimento, il termine di decadenza iniziava a decorrere dall’anno in corso (2011 e 2012), e non da quello successivo.
§ 5.2 Fermi, anche in tal caso, i già rilevati limiti di ammissibilità della doglianza cumulativa, al pari di quella puramente alternativa ovvero esplorativa che demandi indebitamente al giudice il compito di esattamente enuclearla, è comunque dirimente come la censura si ponga in frontale contrasto con l’indirizzo di legittimità, secondo cui la natura impugnatoria del giudizio tributario non consente di rilevare cause di asserita nullità dell’atto impositivo al di fuori dei motivi di opposizione ritualmente proposti dalla parte; e, soprattutto, con il fermo
orientamento, specificamente mirato sulla decadenza dell’Ufficio, in base al quale:’ In tema di processo tributario, l’eccezione di decadenza dell’amministrazione finanziaria dall’esercizio del potere impositivo ha natura di eccezione in senso stretto, rimessa alla disponibilità della parte, cosicché essa non può essere sollevata nel corso del giudizio, neanche mediante la presentazione di motivi aggiunti, che è consentita, ex art. 24, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, soltanto in relazione alla contestazione di documenti depositati dalla controparte e fino ad allora non conosciuti’ (Cass. n. 2083/24; così Cass. n. 24074/18; n. 1154/12 ed altre).
§ 6. Ne segue, in definitiva, il rigetto del ricorso.
Le spese di lite, considerata l’insussistenza, allo stato, di un consolidato orientamento di legittimità in ordine alla questione della legittima operatività del RTI in relazione all’obbligo di iscrizione all’albo ministeriale, vanno interamente compensate.
PQM La Corte
-Rigetta il ricorso;
-Compensa le spese;
-v.to l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
-dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in data 22 gennaio 2025 nella camera di consiglio della Sezione Tributaria .
Il Cons. est.
NOME COGNOME
La Presidente
NOME COGNOME