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Royalties valore doganale: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32617/2024, ha stabilito che le royalties pagate per l’uso di un marchio su merci importate devono essere incluse nel valore doganale se il pagamento è una “condizione di vendita”, anche implicita. Nel caso esaminato, un importatore di abbigliamento di un noto marchio non aveva incluso le royalties nel valore dichiarato. La Corte ha dato ragione all’Agenzia delle Dogane, ritenendo che il controllo del licenziante sulla qualità e produzione dei beni, volto a tutelare l’immagine del marchio, fosse sufficiente a configurare tale condizione. È stato inoltre respinto l’argomento del giudicato esterno, poiché ogni importazione costituisce un’obbligazione doganale autonoma.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Royalties valore doganale: quando vanno incluse nei dazi secondo la Cassazione

L’inclusione delle royalties valore doganale nel calcolo dei dazi all’importazione è una questione complessa che ha importanti implicazioni finanziarie per le aziende. Con la recente sentenza n. 32617 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, delineando i criteri per stabilire quando i corrispettivi per l’uso di un marchio debbano essere considerati parte del valore imponibile delle merci. Questa pronuncia consolida un orientamento rigoroso, basato sulla nozione di “condizione di vendita”, anche qualora questa non sia esplicitamente prevista nei contratti.

Il Caso: Dazi Doganali e Royalties su Abbigliamento di Marca

La controversia nasce da un avviso di rettifica emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nei confronti di un’azienda importatrice di calzature e accessori di un noto marchio di abbigliamento e del suo spedizioniere doganale. L’Agenzia contestava la mancata inclusione, nel valore dichiarato in dogana, delle royalties che l’importatore versava al titolare del marchio. Secondo l’amministrazione finanziaria, tali corrispettivi costituivano una componente essenziale del valore delle merci importate e, pertanto, dovevano concorrere alla formazione della base imponibile per il calcolo dei dazi.

Le società ricorrenti si erano opposte, sostenendo che il pagamento delle royalties non fosse direttamente collegato alla transazione di acquisto dei beni e che, in ogni caso, la questione fosse già stata decisa a loro favore in precedenti contenziosi (eccezione di giudicato esterno). La Corte di Giustizia tributaria di secondo grado aveva accolto l’appello dell’Agenzia, portando la questione all’attenzione della Corte di Cassazione.

L’Analisi della Corte: Royalties Valore Doganale e la “Condizione di Vendita”

Il fulcro della decisione della Cassazione risiede nell’interpretazione del concetto di “condizione di vendita” secondo il Codice Doganale Unionale (Reg. UE 952/2013). La normativa europea prevede che i corrispettivi e i diritti di licenza debbano essere aggiunti al prezzo di transazione se il compratore è tenuto a pagarli come condizione per la vendita delle merci da valutare. La Corte ha chiarito che tale condizione non deve essere necessariamente esplicita. Può emergere, anche implicitamente, dal contesto contrattuale e commerciale complessivo.

Nel caso specifico, il contratto di licenza conteneva clausole che attribuivano al licenziante un penetrante potere di controllo sulla qualità dei prodotti. Ad esempio, il licenziante poteva rifiutare la distribuzione di merci non conformi ai propri standard qualitativi. Secondo i giudici, questo potere di controllo, finalizzato a tutelare l’immagine e il prestigio del marchio, è sufficiente a rendere il pagamento delle royalties una condizione implicita della vendita. In altre parole, l’importatore non avrebbe potuto acquistare e commercializzare i prodotti con quel marchio senza sottostare al sistema di controllo e, di conseguenza, senza pagare le relative royalties.

La Questione del Giudicato Esterno

La Corte ha anche rigettato l’eccezione basata sul giudicato esterno. I giudici hanno sottolineato che, in materia doganale, ogni singola operazione di importazione dà origine a un’obbligazione tributaria autonoma e distinta. Di conseguenza, una sentenza favorevole al contribuente su importazioni precedenti non può vincolare l’amministrazione per operazioni successive, che costituiscono fatti generatori del tributo diversi e indipendenti.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su un’analisi approfondita della normativa unionale e della giurisprudenza, sia nazionale che europea. Il principio cardine è che il valore in dogana deve riflettere il reale valore economico della merce importata, includendo tutti i fattori che contribuiscono a formarlo.

I giudici hanno spiegato che, con il nuovo Codice Doganale Unionale, la nozione di controllo del licenziante è diventata più ampia e generica. Non è più indispensabile un legame societario o contrattuale diretto tra il venditore della merce e il licenziante che percepisce le royalties. Ciò che conta è stabilire se, di fatto, il compratore possa acquistare i beni senza pagare tali corrispettivi. Se la risposta è negativa, le royalties sono una condizione di vendita.

La clausola sul controllo di qualità, interpretata dalla Corte, non rappresenta una mera verifica post-vendita, ma un potere di orientamento sull’intera filiera produttiva. Il licenziante, per salvaguardare il valore del proprio marchio, impone standard che il produttore e l’importatore devono rispettare. Questo sistema crea un legame funzionale indissolubile tra l’acquisto della merce e il pagamento del diritto di licenza. L’assolvimento di tale pagamento diventa, quindi, un presupposto necessario per l’intera operazione commerciale.

Conclusioni: Implicazioni per gli Importatori

La sentenza n. 32617/2024 della Corte di Cassazione rappresenta un importante monito per tutte le aziende che importano merci soggette a licenza di marchio. Le conclusioni pratiche sono chiare: l’analisi per determinare se le royalties valore doganale debbano essere incluse nella base imponibile non può limitarsi alla lettera del contratto di compravendita. È necessario esaminare l’intero assetto contrattuale, compresi gli accordi di licenza, per individuare eventuali forme di controllo, anche implicite, esercitate dal licenziante.

Un potere di controllo sulla qualità, sulla produzione o sulla distribuzione, finalizzato a tutelare l’immagine del marchio, è un forte indicatore della sussistenza di una “condizione di vendita”. Gli importatori devono quindi adottare un approccio prudente e, in caso di dubbio, considerare le royalties come parte integrante del valore doganale per evitare costosi accertamenti e sanzioni.

Quando le royalties devono essere incluse nel valore doganale delle merci?
Le royalties devono essere incluse nel valore doganale quando il loro pagamento costituisce una “condizione di vendita” delle merci importate. Ciò si verifica non solo quando è esplicitamente previsto, ma anche quando emerge implicitamente che l’acquirente non potrebbe acquistare i beni senza pagare tali corrispettivi, ad esempio a causa del controllo esercitato dal licenziante sulla produzione per tutelare il marchio.

È necessario un collegamento diretto tra il venditore delle merci e il titolare del marchio (licenziante) affinché le royalties siano incluse nel valore doganale?
No, secondo la nuova disciplina del Codice Doganale Unionale, un collegamento diretto tra il venditore e il licenziante non è più una condizione indispensabile. L’elemento cruciale è determinare se il pagamento delle royalties sia obbligatorio per l’acquirente al fine di poter acquistare e importare le merci, indipendentemente dalla struttura del rapporto trilaterale.

Una precedente sentenza favorevole su un caso analogo impedisce all’Agenzia delle Dogane di emettere un nuovo avviso di accertamento?
No. La Corte ha stabilito che, in materia doganale, ogni operazione di importazione è un fatto giuridico autonomo che genera una distinta obbligazione tributaria. Pertanto, il principio del “giudicato esterno” non si applica, e una sentenza relativa a importazioni passate non vincola l’amministrazione per operazioni future, anche se tra le stesse parti e su questioni simili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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