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Royalties e Valore in Dogana: La Cassazione decide

Una società importatrice di modellini di auto di lusso si è vista aumentare i dazi doganali e l’IVA perché l’Agenzia delle Dogane ha incluso nel calcolo le royalties pagate ai titolari dei marchi. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando che le royalties, in base ai contratti di licenza, costituivano un costo da includere nel valore in dogana della merce importata, rendendo così legittimo l’accertamento fiscale.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Royalties e Valore in Dogana: La Cassazione sul Caso dei Modellini di Lusso

L’importazione di beni prodotti su licenza solleva spesso complesse questioni fiscali, in particolare sulla corretta determinazione del valore in dogana. Con la sentenza n. 32863 del 2024, la Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento, stabilendo che le royalties pagate per l’utilizzo di marchi celebri devono essere incluse nella base imponibile per il calcolo di dazi e IVA, se sussistono determinate condizioni. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti: La Controversia sui Modellini da Collezione

Una società italiana, specializzata nella produzione di modellini da collezione di auto di lusso, importava dalla Cina i prodotti finiti. Per poter commercializzare queste miniature con i loghi di famosi marchi automobilistici, l’azienda pagava delle royalties ai rispettivi titolari dei marchi.

In seguito a un controllo, l’Agenzia delle Dogane notificava alla società un avviso di accertamento, sostenendo che le royalties versate avrebbero dovuto essere incluse nel valore in dogana della merce importata. Di conseguenza, l’Agenzia richiedeva il pagamento di maggiori dazi e IVA. La società impugnava l’atto, dando inizio a un contenzioso che, dopo due gradi di giudizio a lei sfavorevoli, è approdato in Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica: Inclusione delle Royalties nel Valore in Dogana

Il cuore della disputa verteva sull’interpretazione della normativa doganale europea, in particolare degli articoli 70 e 71 del Regolamento UE 952/2013 (Codice Doganale dell’Unione). La tesi dell’Agenzia era che i pagamenti delle royalties, in forza degli specifici contratti di licenza, erano strettamente legati alla merce importata e costituivano una condizione di vendita. Pertanto, dovevano essere considerati parte integrante del prezzo effettivamente pagato o da pagare per i beni e, di conseguenza, inclusi nel loro valore in dogana.

La società ricorrente, invece, contestava questa interpretazione, presentando dieci motivi di ricorso in Cassazione. Tra questi, spiccavano censure di natura procedurale (come l’omessa pronuncia su alcuni punti) e di merito (violazione della normativa europea e omesso esame di fatti ritenuti decisivi).

I Motivi del Ricorso Rigettati dalla Corte

La Corte di Cassazione ha esaminato e rigettato tutti i motivi di ricorso, ritenendoli in parte inammissibili e in parte infondati.

* Vizi procedurali: I primi motivi, relativi alla presunta nullità della sentenza d’appello per omessa pronuncia, sono stati giudicati inammissibili. La Corte ha ribadito il principio secondo cui la decisione di merito, se incompatibile con una specifica eccezione, ne implica il rigetto implicito. Non si tratta di un’omissione, ma di una scelta del giudice che può essere contestata solo come errore di diritto o di motivazione.
* Violazione della normativa UE: I motivi dal terzo al sesto, che contestavano l’interpretazione delle norme europee sul valore in dogana, sono stati ritenuti inammissibili perché, di fatto, chiedevano alla Corte una nuova valutazione del merito della controversia e delle clausole contrattuali. Un’attività preclusa al giudice di legittimità, il quale può solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare le prove.
* Omesso esame di fatti decisivi: Anche i motivi settimo e ottavo sono stati respinti. La Corte ha stabilito che la motivazione della sentenza d’appello, seppur sintetica, era sufficiente e non scendeva al di sotto del “minimo costituzionale” richiesto, fornendo una trama argomentativa idonea a sostenere la decisione.
* Altri vizi: Infine, sono stati ritenuti infondati anche i motivi relativi a un presunto conflitto tra motivazione e dispositivo della sentenza e alla carenza di motivazione dell’atto sanzionatorio.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su consolidati principi giurisprudenziali. In primo luogo, ha sottolineato che il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riproporre valutazioni di fatto. I giudici di merito avevano esaminato e interpretato le clausole contrattuali, concludendo che le royalties erano una condizione essenziale per l’acquisto e l’importazione dei modellini. Questa valutazione, essendo coerente e logicamente argomentata, non poteva essere rimessa in discussione in sede di legittimità.

In secondo luogo, la Corte ha chiarito che il vizio di omessa pronuncia non sussiste quando una tesi difensiva viene implicitamente rigettata da una decisione che accoglie una prospettazione opposta. La correttezza della motivazione del giudice d’appello è stata confermata, in quanto ha fornito una spiegazione logica e adeguata della decisione adottata, senza necessità di confutare analiticamente ogni singola argomentazione della parte soccombente.

Infine, la Corte ha confermato la legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Dogane, il cui atto impositivo era sufficientemente motivato da permettere al contribuente di comprendere appieno la pretesa fiscale e di esercitare il proprio diritto di difesa.

Le Conclusioni

La sentenza rafforza un principio fondamentale in materia doganale: la determinazione del valore in dogana deve tener conto di tutti gli elementi che costituiscono il corrispettivo reale dei beni importati. Le royalties pagate per l’utilizzo di un marchio non sono un costo separato e astratto, ma diventano parte integrante del valore della merce quando i contratti di licenza le legano indissolubilmente alla vendita e all’importazione dei prodotti stessi.

Per le aziende che operano con beni su licenza, questa pronuncia rappresenta un monito a esaminare con la massima attenzione i propri accordi contrattuali e a valutare correttamente tutti i costi da includere nella dichiarazione doganale, al fine di evitare futuri contenziosi e pesanti accertamenti fiscali.

Le royalties pagate per l’utilizzo di un marchio devono sempre essere incluse nel valore in dogana della merce importata?
No, non sempre. Secondo la Corte, esse devono essere incluse quando, in base agli accordi contrattuali, rappresentano una condizione per la vendita e l’importazione dei beni. La decisione dipende quindi da un’analisi specifica dei contratti di licenza tra le parti.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove o i contratti già valutati nei precedenti gradi di giudizio?
No, il ricorso per cassazione non consente un riesame dei fatti o delle prove. La Corte si limita a verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, senza poter entrare nel merito della valutazione fattuale operata dai giudici dei gradi inferiori.

Se un giudice d’appello non risponde esplicitamente a un motivo di ricorso, la sua sentenza è nulla?
Non necessariamente. Se la decisione finale è logicamente incompatibile con il motivo di ricorso non discusso, quest’ultimo si considera implicitamente rigettato. In tal caso, non si configura un’omessa pronuncia, ma la parte può contestare la decisione nel merito come errore di diritto o di motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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