Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16571 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16571 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25582/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, anche disgiuntamente tra loro, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, n. 10/2022, depositata il 22 marzo 2022
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 4 giugno 2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto che la Corte rigetti il ricorso.
Udito l’avv. NOME COGNOME per la ricorrente.
Udito l’avv. dello Stato NOME COGNOME per l’Avvocatura Generale dello Stato.
FATTI DI CAUSA
Si legge nel ricorso che la RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE ha quale oggetto sociale anche la distribuzione di energia elettrica ed è stata costituita in data 23 settembre 2010.
In data 21 dicembre 2010, la RAGIONE_SOCIALE ha conferito nella RAGIONE_SOCIALE il ramo d’azienda concernente l’attività di distribuzione dell’energia elettrica nella Provincia Autonoma di Bolzano, con effetti giuridici ed economici decorsi dall’ultimo istante utile del 31 dicembre 2010.
Il primo periodo d’imposta della RAGIONE_SOCIALE si è dunque chiuso in data 31.12.2010 ed ha avuto una durata pari a 100 giorni.
Con verbale del 30 giugno 2016, è stato deliberato il cambio di denominazione sociale da RAGIONE_SOCIALE ad RAGIONE_SOCIALE
Avendo l’art. 81, commi 1618, del d.l. del 25 giugno 2008, n. 112 previsto, a decorrere dal 2008, l’assoggettamento ad un’addizionale Ires delle imprese operanti nel settore del petrolio e dell’energia elettrica (c.d. ‘Robin Tax’) che, nel periodo precedente, abbiano conseguito un volume di ricavi superiori a 10 milioni di euro ed un reddito imponibile superiore ad un 1 milione di euro, la
stessa RAGIONE_SOCIALE ha, in data 16 luglio 2012, versato la somma di € 709.159,34 a titolo di saldo addizionale Ires, settore petrolifero e gas, per l’anno 2011.
La medesima società ha quindi presentato, in data 10 settembre 2012, istanza di rimborso dell’addizionale versata, riten endo di non avere superato, nel periodo precedente (ossia, l’anno di imposta 2010),i limiti dimensionali per l’applicazione dell’imposta .
Con provvedimento del 7 maggio 2019, l’Ufficio ha tuttavia negato il rimborso, assumendo, in base alla propria circolare n. 35/E del 18 giugno 2010, che -avendo in data 21.12.2010 l’ istante e la Enel Distribuzione s.p.a. sottoscritto un contratto di conferimento di ramo d’azienda per verificare il superamento dei limiti dimensionali dell’art. 81 del d.l. n. 112 del 2008 andavano presi a riferimento non solo i ricavi conseguiti dalla società soggetta all’addizionale, ma anche quelli riferiti all’azienda conferita ed ottenuti, nel periodo d’imposta precedente (2010), dalla conferente Enel s.p.a.
Avverso il diniego, la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso, che la Commissione Tributaria di primo grado di Bolzano ha rigettato.
Avverso la pronuncia di prime cure la società ha proposto appello, che la Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano ha rigettato con la sentenza di cui all’epigrafe.
La medesima società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza d ‘appello.
L’Agenzia delle Entrate si è difesa con controricorso.
Con precedente ordinanza interlocutoria il ricorso è stato rimesso alla pubblica udienza.
Considerato che:
1. Con il primo motivo si denunzia « Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 81, comma 16, d.l. 112/2008 (nel testo vigente all’epoca dei fatti); violazione e/o falsa applicazione dell’art. 176, co. 4, del d.p.r. 22.12.1986, n. 917 (t.u.i.r.); violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 disposizioni preliminari al codice civile: tutti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. ».
Lamenta la ricorrente che, in assenza di alcun riferimento normativo, la circolare dell’Agenzia delle entrate n.35/E del 18 giugno 2010 – presa a determinante fondamento della decisione impugnata ha affermato che, ai sensi dell’art. 176, comma 4, del T.U .I.R., in caso di conferimento d’azienda, il soggetto conferitario dovrà tenere conto, ai fini di verificare il superamento o meno della soglia minima dei ricavi dell’art. 81, comma 16, d.l. n. 112 del 2008, anche dei ricavi, riferiti all’azienda conferit a, conseguiti dal conferente nel periodo di imposta precedente. In questo modo, secondo la ricorrente, la CTR ha dato luogo ad un’interpretazione estensiva e/o analogica dello stesso art. 81 d.l. n. 112 del 2008, che non trova corrispondenza non solo nella lettera di tale disposizione, ma nemmeno nella ratio di quest’ultima.
A sua volta, aggiunge la ricorrente, l’art. 176, comma 4, del t.u.i.r. non costituisce una norma avente ‘valenza generale’ che possa, in via di analogia, compensare una lacuna dell’art. 81, comma 16, d.l. n. 112 del 2008 – , ma rappresenta una specifica norma di favore, che consentire di rateizzare le plusvalenze in caso di opzione per l’a ffrancamento, e che disciplina pertanto tutt’altra fattispecie rispetto a quella qui controversa.
2. Con il secondo motivo si denunzia «Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5) c.p.c. per non avere la corte di giustizia tributaria di secondo grado esaminato l’eccezione sollevata dalla ricorrente, secondo cui RAGIONE_SOCIALE non può essere considerata neo-costituita in relazione al periodo di imposta 2011.
Nella sostanza, la ricorrente denunzia che la CTR avrebbe omesso di esaminare il dato cronologico relativo alla sua costituzione, rilevante al fine di escluderla, comunque, dalla fattispecie astratta evidenziata dalla predetta circolare e considerata dalla CTR come ‘integrativa’ dell’art. 81, comm a 16, d.l. n. 112 del
2008.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo è fondato e va accolto.
Giova trascrivere innanzitutto , per quanto qui interessa, il testo dell’art. 81, comma 16, del d.l. n. 112 del 2008, ratione temporis vigente, sul quale si fonda l’imposizione oggetto della domanda di rimborso:
« In dipendenza dell’andamento dell’economia e dell’impatto sociale dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico, l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società di cui all’articolo 75 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è applicata con una addizionale di 6,5 punti percentuali per i soggetti che abbiano conseguito nel periodo di imposta precedente un volume di ricavi superiore a 10 milioni di euro e un reddito imponibile superiore a 1 milione di euro e che operano nei settori di seguito indicati:
c) produzione, trasmissione e dispacciamento, distribuzione o commercializzazione dell’energia elettrica ».
È opportuno poi riportare il testo della citata circolare erariale, sul quale poggiano sostanzialmente sia la negazione, da parte dell’Agenzia delle entrate, del diritto della contribuente al rimborso; sia la decisione impugnata, che tale diniego ha ritenuto legittimo:
«I soggetti neocostituiti, ma risultanti da operazioni di aggregazione aziendale disciplinate dagli articoli 172 e 173 del TUIR (fusioni e scissioni di società) devono verificare il superamento o meno della soglia minima di ricavi prendendo a riferimento anche i ricavi conseguiti dal soggetto (o dai soggetti) esistente nell’esercizio precedente all’operazione straordinaria. Ai sensi dell’articolo 176, comma 4, del TUIR, il medesimo principio vale anche nell’ipotesi di conferimento di azienda effettuato in neutralità fiscale, nel qual caso il soggetto conferitario dovrà tenere conto anche dei ricavi, riferiti all’azienda conferita, conseguiti dal conferente nel periodo di imposta precedente.» (circolare n.35/E del 18 giugno 2010, § 3.1, pagg. 7 s.).
Infine, è utile riprodurre anche il testo, ratione temporis vigente, del l’ dell’articolo 176 del t.u.i.r., il cui comma 4 è citato a sostegno dallo strumento di prassi appena richiamato:
«1. I conferimenti di aziende effettuati tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese commerciali, non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze. Tuttavia il soggetto conferente deve assumere, quale valore delle partecipazioni ricevute, l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita e il soggetto conferitario subentra nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda stessa, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti in bilancio e i valori fiscalmente riconosciuti.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche se il conferente o il conferitario è un soggetto non residente, qualora il conferimento abbia ad oggetto aziende situate nel territorio dello Stato. 2-bis. In caso di conferimento dell’unica azienda dell’imprenditore individuale, la successiva cessione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento è disciplinata dagli articoli 67, comma 1, lettera c), e 68, assumendo come costo delle stesse l’ultimo valore fiscale dell’azienda conferita. 2-ter. In luogo dell’applicazione delle disposizioni dei commi 1, 2 e 2-bis, la società conferitaria può optare, nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio nel corso del quale è stata posta in essere l’operazione o, al più tardi, in quella del periodo d’imposta successivo, per l’applicazione, in tutto o in parte, sui maggiori valori attribuiti in bilancio agli elementi dell’attivo costituenti immobilizzazioni materiali e immateriali relativi all’azienda ricevuta, di un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, con aliquota del 12 per cento sulla parte dei maggiori valori ricompresi nel limite di 5 milioni di euro, del 14 per cento sulla parte dei maggiori valori che eccede 5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro e del 16 per cento sulla parte dei maggiori valori che eccede i 10 milioni di euro. I
maggiori valori assoggettati a imposta sostitutiva si considerano riconosciuti ai fini dell’ammortamento a partire dal periodo d’imposta nel corso del quale e’ esercitata l’opzione; in caso di realizzo dei beni anteriormente al quarto periodo d’imposta successivo a quello dell’opzione, il costo fiscale è ridotto dei maggiori valori assoggettati a imposta sostitutiva e dell’eventuale maggior ammortamento dedotto e l’imposta sostitutiva versata è scomputata dall’imposta sui redditi ai sensi degli articoli 22 e 79. 3. Non rileva ai fini dell’articolo 37-bis (1) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 , il conferimento dell’azienda secondo i regimi di continuità dei valori fiscali riconosciuti o di imposizione sostitutiva di cui al presente articolo e la successiva cessione della partecipazione ricevuta per usufruire dell’esenzione di cui all’articolo 87, o di quella di cui agli articoli 58 e 68, comma 3.
Le aziende acquisite in dipendenza di conferimenti effettuati con il regime di cui al presente articolo si considerano possedute dal soggetto conferitario anche per il periodo di possesso del soggetto conferente. Le partecipazioni ricevute dai soggetti che hanno effettuato i conferimenti di cui al periodo precedente o le operazioni di cui all’articolo 178, in regime di neutralità fiscale, si considerano iscritte come immobilizzazioni finanziarie nei bilanci in cui risultavano iscritti i beni dell’azienda conferita o in cui risultavano iscritte, come immobilizzazioni, le partecipazioni date in cambio.
Nelle ipotesi di cui ai commi 1, 2 e 2-bis, l’eccedenza in sospensione di imposta, ai sensi dell’articolo 109, comma 4, lettera b), relativa all’azienda conferita non concorre alla formazione del reddito del soggetto conferente e si trasferisce al soggetto conferitario a condizione che questi istituisca il vincolo di sospensione d’imposta previsto dalla norma predetta.».
1.1. Tanto premesso, la ratio decidendi esposta nella sentenza impugnata appare incerta nel ricostruire il rapporto tra le due fonti normative e la prassi, ed in particolare tra quest’ultima e l’art. 81, comma 16, del d.l. n. 112 del 2008. Infatti, descritti sinteticamente i ‘presupposti l egali come desumibili dal testo di legge per I ‘applicazione dell’addizionale IRES a suo tempo in vigore ‘ , la CTR prosegue rilevando che ‘ La mancanza legale, per guanto riguarda il coinvolgimento di operazioni straordinarie (nella presente causa, appunto, il conferimento di azienda ad una società neocostituita) è stata eliminata – anche per venire incontro a possibili configurazioni abusivi e elusivi-con la predetta circolare n. 35/E del 18 giugno 2010 con l’indicazione dell’art. 176 comma 4 TUIR e specificando che in caso di conferimento d’azienda il soggetto conferitario (e cioè la società appellante) deve tener conto, ai fini di verificare il superamento o meno delle soglie minime anche dei ricavi, riferiti all’azienda conferita conseguiti dal conferente (e cioè dalla RAGIONE_SOCIALE) nel periodo di imposta precedente. ‘.
In disparte che quella che il giudice a quo definisce ‘mancanza legale’ ( sembrando sottintendere un vuoto normativo in ordine ai presupposti dell’imposizione addizionale) appare piuttosto un’ interpretazione del dettato di cui al ridetto art. 81, comma 16, l d.l. n. 112 del 2008, deve comunque sottolinearsi che, in ragione della tipicità legale delle fonti del diritto, della loro gerarchia e della riserva costituzionale di legge in materia ( ex art. 23 Cost.), la mera prassi dell’amministrazione finanziaria non potrebbe legittimamente costituire una fattispecie impositiva ‘mancante’ (per usare la terminologia della CTR) nella disciplina dettata dal legislatore. Tanto meno, per le stesse ragioni, gli strumenti della prassi erariale potrebbero costituire un dato normativo positivo con il quale colmare, per analogia legis o iuris, l’assunto vuoto normativo.
Al riguardo, appare sufficiente ricordare il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui le circolari con le quali l’Agenzia delle entrate interpreti una norma tributaria, anche qualora contengano direttive agli uffici gerarchicamente
subordinati, esprimono esclusivamente un parere non vincolante, oltre che per gli uffici a cui sono dirette, per il contribuente, per la stessa autorità che le ha emanate e per il giudice; pertanto, la cd. interpretazione ministeriale delle norme tributarie, sia essa contenuta in circolari o risoluzioni, non costituisce fonte di diritto, né è soggetta al controllo di legittimità esercitato dalla Corte di cassazione (ex artt. 111 Cost. e 360 c.p.c.), trattandosi non di manifestazione di attività normativa, ma di attività interna alla medesima pubblica amministrazione, destinata ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti, ma inidonea ad incidere sul rapporto tributario (Cass. n. 35098 del 29/11/2022 e giurisprudenza ivi citata, ex plurimis ).
1.2. Escluso pertanto che la richiamata circolare integri una fonte normativa che regoli direttamente la fattispecie, altra questione è quella della fondatezza o meno del l’interpretazione dell’ art. 81, comma 16, l d.l. n. 112 del 2008 sostenuta nella stessa circolare e condivisa in questa controversia dall’Amministrazione e (sia pur nella rilevata ambiguità della motivazione) dal giudice a quo , il quale invero evoca anche il tema dell’interpretazione.
In questa prospettiva, dunque, la questione è quella dell’interpretazione dell’ art. 81, comma 16, l d.l. n. 112 del 2008, che, con rifermento al caso sub iudice del conferimento del ramo d’azienda effettuato in neutralità fiscale, dovrebbe integrarsi con l’art . 176, comma 4, del t.u.i.r., o quanto meno con il principio ricavabile da quest’ultimo, secondo cui, ai fini dell’addizionale controversa, i l soggetto conferitario deve tenere conto anche dei ricavi, riferiti all’azienda conferita, conseguiti dal conferente nel periodo di imposta precedente.
Tuttavia, come è stato rilevato anche dalla dottrina, l’art . 176, comma 4, del t.u.i.r. , affermando il criterio per cui il periodo di possesso dell’azienda rileva sia nei confronti del soggetto conferitario, sia nei confronti del soggetto conferente, intende semplicemente rendere applicabili eventuali norme fiscali che fanno riferimento all’anzianità dei beni inclusi nell’azienda conferita o delle partecipazioni ricevute, senza invece consentire la creazione di possibili commistioni intersoggettive. In particolare, la disposizione consente di tener
conto anche del periodo di possesso dell’azienda ai fini del rispetto, da parte del conferitario, delle condizioni alle quali l’art. 87, comma 1, lett. a) del t.u.i.r. consente la rateizzazione delle plusvalenze; ed ai fini del rispetto, da parte del conferente, delle condizioni per fruire del regime pex in caso di cessione ravvicinata della partecipazione.
Deve invece escludersi che lo stesso art. 176, comma 4, del t.u.i.r. abbia la pretesa valenza interpretativa generale che gli attribuisce la tesi erariale, ed in particolare deve negarsi che possa estendersi ad elementi oggettivi (quali la soglia dei ricavi del periodo d’imposta precedente) di natura difforme da quelli che regola espressamente, tanto meno ove, come nel caso sub iudice , l’estensione sia invocata al fine sostanziale di configurare, con riferimento a fattispecie come quella controversa, pre supposti dell’imposizione non già disciplinati dal legislatore nella norma impositiva. Norma della quale, peraltro, è stata già dichiara ta l’ illegittimità costituzionale, ma solo a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione nella gazzetta ufficiale della sentenza n. 10 del 2015 della Corte cost., senza che il consolidato, e condiviso dal Collegio, orientamento di questa Corte sulla irretroattività di tale pronuncia, rispetto alle obbligazioni tributarie riguardanti adempimenti relativi ai periodi d’imposta chiusi in data antecedente al 12 febbraio 2015 (Cass. n. 18016 del 01/07/2024, ex plurimis ), sia stato posto in discussione in questa sede, non facendo parte del thema decidendum .
1.3. Quanto poi alla necessità, cui pure si riferisce la sentenza impugnata, di scongiurare che attraverso operazioni di conferimento d’azienda possano realizzarsi possibili abusi od elusioni, al fine di evitare l’imposizione addizionale controversa, deve rilevarsi che l’ordinamento tributario contempla comunque forme di tutela generali e specifiche per reprimere, ricorrendo ai relativi procedimenti, tali condotte. Nel caso di specie, peraltro, la ricorrenza in concreto di condotte elusive o abusive imputate alla contribuente non risulta allegata e comunque non appartiene al thema decidendum .
2. Il secondo motivo è ammissibile.
Invero, nonostante la sua formale rubrica, il mezzo, nel suo corpo, non censura sostanzialmente l’omesso esame , da parte della sentenza impugnata, del fatto rappresentato dal dato cronologico relativo alla costituzione della contribuente. Piuttosto, la censura rileva ulteriormente l’infondatezza, in diritto, della decisione d’appello, argomentando che, anche laddove dovesse condividersi la tesi erariale, la fattispecie concreta sub iudice non potrebbe comunque essere sussunta in quella ricostruita dalla r idetta circolare e fondata sull’integrazione tra gli artt. 81, comma 16, l d.l. n. 112 del 2008 e 176, comma 4, del t.u.i.r. Pertanto, il mezzo sfugge alla eccepita inammissibilità per la doppia conformità
delle decisioni di merito, eccepita dalla controricorrente.
Tanto premesso, il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo, che esclude a monte che, nell’ipotesi di conferimento di azienda effettuato in neutralità fiscale, ai fini della verifica del superamento o meno della soglia minima dei ricavi della contribuente, si debbano prendere a riferimento anche i ricavi, riferiti all’azienda conferita, conseguiti dal conferente nel periodo di imposta precedente.
3. Concludendo, va accolto il primo motivo di ricorso e, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice a quo , affinché applichi i principi sinora espressi e decida su ogni altra questione eventualmente assorbita nei giudizi di merito.
I provvedimenti sulle spese del giudizio di legittimità sono demandati al giudice del rinvio
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso e, dichiarato assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano, cui demanda di provvedere anche sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 giugno 2025.