Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4504 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4504 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , ex lege domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso gli Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALEAZIENDA RAGIONE_SOCIALE IN STELVIORAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per procura in calce al controricorso dall’Avv. NOME COGNOME che ha indicato indirizzo p.e.c.
-controricorrente-
avverso la sentenza n.99/2021 della Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, depositata il 9 dicembre 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 febbraio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME.
Tributi-Robin taxLimitazione temporale degli effetti di C. Cost. n.10/2015
Fatti di causa
L’Agenzia delle entrate notificò il 27 giugn o 2019 alla Elektrizitaetswe rk Stilfs Genossenschaft avviso, relativo all’anno di imposta 2014, con il quale accertò:
-una maggiore imposta in materia di addizionale IRES prevista per i contribuenti che operano nel settore petrolifero ed energetico, cd. Robin Hood Tax;
-l’erronea applicazione dell’aliquota IVA ridotta al 19% nelle fatturazioni relative alle forniture di energia termica per uso domestico, prodotta da una centrale di teleriscaldamento alimentata a gasolio.
La Società impugnò l’atto impositivo con esclusivo riferimento al primo rilievo, prestando acquiescenza al secondo, con ricorso che venne accolto dal Primo Giudice.
La decisione, appellata dall’Ufficio, è stata confermata dalla Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano con la sentenza indicata in epigrafe.
Il Giudice di appello ha disconosciuto il recupero dell’addizionale IRES (cd. Robin Tax) non versata dalla contribuente per l’anno di imposta 2014, in forza della disciplina di cui all’art.81, commi 16, 17 e 18 del d.l. n.112 del 2008, successivamente dichiarato incostituzionale dalla Consulta con sentenza n.10 del 2015, ritenendo che il limite temporale della dichiarata incostituzionalità fissato dalla Corte costituzionale (a partire dal 12 febbraio 2015, giorno successivo alla pubblicazione della sentenza) dovesse riferirsi alla data di versamento (spontaneo o coattivo del tributo).
Avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso, su unico motivo, cui resiste con controricorso la Società.
Il ricorso è stato avviato, ai sensi dell’art.380 bis- 1 cod. proc. civ., alla trattazione in camera di consiglio in prossimità della quale la ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1.Con l’unico motivo -rubricato: violazione e /o falsa applicazione dell’art.81, commi 16, 17, e 18 del d.l. 112/2008 convertito in l. n. 133 del 2008 nella formulazione ratione temporis vigente, anche alla luce dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale con sentenza n.1072015 nonc hé dell’art.3 Cost (art.360, comma primo, n.3 c.p.c.)la ricorrente deduce l’errore in cui era incorsa la Commissione tributaria territoriale nel confermare l’illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato relativo al periodo di imposta 2014.
Secondo la prospettazione difensiva dal tenore della sentenza della Corte costituzionale, di quanto esplicitato dall’Agenzia delle entrate già con circolare 28 aprile 2015 n.18/E e dalla stessa Corte Costituzionale, con la successiva ordinanza n.140 del 2019, era evidente che la Consulta avesse voluto escludere gli effetti retroattivi tipicamente connessi ad una pronuncia di incostituzionalità e che la norma in questione era stata espunta dall’ordinamento solo per il futuro , con la conseguenza che la caducazione della cd Robin Tax dovesse spiegare i suoi effetti esclusivamente con riferimento ai periodi di imposta che non fossero ancora chiusi al giorno successivo alla data di pubblicazione della sentenza di incostituzionalità (12 febbraio 2015) senza alcuna possibilità di distinguere tra versamenti e rimborsi.
1.1 La censura, alla luce della copiosa giurisprudenza di questa Corte formatasi in materia, è fondata. L’orientamento, già formatosi sin da Cass. n.32716 del 2018, cui hanno fatto seguito, tra le altre, Cass. n. 20814 del 2020, id. n.18732 del 2021, n. 10735 del 2012 e n.ri 10497 e 10498 del 2002, risulta a tutt’oggi seguito, come rilevato dalla ricorrente in memoria, da Cass. n. 18016/2024 (così massimata<>) seguita da Cass. n.2562 del 2024 e Cass. n. 25648 del 2024.
In tali pronunce, cui il Collegio ritiene dare continuità, si è condivisibilmente argomentato che la norma della quale è stata dichiarata (con le predette scansioni temporali) l’illegittimità̀ costituzionale è quella istitutiva dell’imposta di cui si discute, con la quale è stato tipizzato il presupposto dell’imposizione, al cui verificarsi consegue , in relazione a ciascun periodo d’imposta, il sorgere della relativa obbligazione tributaria, la cui nascita prescinde pertanto dalla successiva attivit à̀ di liquidazione (che avvenga con dichiarazione o tramite accertamento) dell’importo dovuto e, tanto pi ù̀ , dalle modalit à̀ e dai termini dettati per il successivo adempimento, o dalla data in cui quest’ultimo effettivamente avvenga. Pertanto, per quanto qui pi ù̀ rileva, l’ ‘effetto’ della norma che istituisce l’imposizione è quello di generare, al momento del verificarsi del relativo presupposto, l’obbligazione tributaria. Dunque, quando la Corte costituzionale, con la sentenza n. 10 del 2015, ha spiegato, nella motivazione, che «gli effetti della dichiarazione di illegittimit à̀ costituzionale di cui sopra devono, nella specie e per le ragioni di stretta necessit à sopra esposte, decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della presente decisione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica», ed ha (nel dispositivo, come corretto) dichiarato l’illegittimità̀ costituzionale « a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione di questa sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica», non può che avere inciso su
tale effetto, ovvero sulla nascita dell’obbligazione tributaria, al momento nel quale la fattispecie concreta integri quella legale astratta impositiva. Con la conseguenza, pertanto, che è al momento del sorgere dell’obbligazione, in conseguenza del verif icarsi del presupposto dell’imposizione in ciascun periodo d’imposta (e non a quello della liquidazione o del pagamento dell’obbligazione gi à̀ sorta), che occorre fare riferimento per verificare gli effetti della pronuncia del giudice delle leggi.
La sentenza impugnata nel fare retroagire gli effetti della dichiarata incostituzionalità al periodo di imposta 2014 si è discostata da tali superiori principi onde, in accoglimento del ricorso, va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la controversia può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo proposto dalla Società.
3.Le spese dei gradi di merito vanno integralmente compensate tra le parti mentre, in ossequio al principio di soccombenza, le spese di questo giudizio, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico della controricorrente.
La Corte
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla Società contribuente.
Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito.
Condanna la controricorrente alla refusione in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese liquidate in complessivi euro 3.000 oltre le spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 5 febbraio 2025.