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Rivalutazione terreni: vendita a prezzo inferiore

La Corte di Cassazione ha stabilito che un contribuente non perde i benefici della rivalutazione terreni se vende l’immobile a un prezzo inferiore a quello indicato nella perizia giurata. L’Agenzia delle Entrate non può, in questo caso, ricalcolare la plusvalenza basandosi sul costo storico del bene. La rivalutazione fissa un nuovo valore fiscale di partenza; se il prezzo di vendita è inferiore, non si realizza alcuna plusvalenza tassabile.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rivalutazione terreni: cosa succede se vendo a un prezzo più basso?

La procedura di rivalutazione terreni e partecipazioni, prevista dall’art. 7 della Legge n. 448/2001, è uno strumento molto utilizzato per ridurre il carico fiscale sulle plusvalenze. Ma cosa accade se, dopo aver rivalutato un terreno e pagato l’imposta sostitutiva, si è costretti a venderlo a un prezzo inferiore a quello della perizia? Si perde il beneficio fiscale? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento definitivo, consolidando un principio favorevole al contribuente.

I Fatti del Caso

Una contribuente aveva impugnato un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2009. L’Agenzia delle Entrate le contestava una plusvalenza non dichiarata, derivante dalla vendita di un terreno edificabile. La particolarità del caso risiedeva nel fatto che la contribuente si era avvalsa della procedura di rivalutazione terreni, facendo redigere una perizia giurata e versando la relativa imposta sostitutiva. Tuttavia, al momento della vendita, il prezzo di cessione era risultato inferiore al valore di perizia. Secondo l’Ufficio, questa circostanza faceva decadere il beneficio, consentendo la tassazione della plusvalenza calcolata sul costo storico originario del terreno. I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevano dato ragione alla contribuente.

La questione giuridica e la validità della rivalutazione terreni

La questione centrale portata all’attenzione della Corte di Cassazione era se la vendita di un bene a un prezzo inferiore al suo valore rideterminato comportasse la decadenza dal regime agevolato. L’Amministrazione finanziaria sosteneva che il valore di perizia costituisse un “valore normale minimo” e che la sua mancata applicazione nell’atto di vendita facesse venir meno i presupposti del beneficio. Di conseguenza, l’Ufficio avrebbe avuto il potere di accertare la plusvalenza secondo le regole ordinarie, ossia basandosi sulla differenza tra il prezzo di vendita e il costo di acquisto originario del bene, ignorando di fatto la rivalutazione avvenuta.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione, rigettando il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha confermato l’orientamento già espresso dalle Sezioni Unite (sentenza n. 2321/2020). I giudici hanno chiarito che la rivalutazione terreni ha lo scopo di permettere al contribuente di assumere il valore “rideterminato” come nuovo valore fiscale del bene. Questo valore diventa il nuovo costo di riferimento per il calcolo di eventuali future plusvalenze.

Il pagamento dell’imposta sostitutiva cristallizza questo nuovo valore. Pertanto, se il bene viene successivamente venduto a un prezzo inferiore a quello di perizia, semplicemente non si realizza una plusvalenza tassabile. Non si verifica alcuna “decadenza” dal beneficio. La legge, infatti, non prevede alcun onere per il contribuente di indicare nell’atto di vendita il valore di perizia, né sanziona con la perdita del beneficio la vendita a un prezzo inferiore. L’indicazione di un corrispettivo inferiore al valore di perizia non fa rivivere il costo storico originario del bene ai fini del calcolo della plusvalenza.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di certezza giuridica fondamentale per i contribuenti. Chi si avvale della rivalutazione terreni può essere sicuro che il beneficio ottenuto con il pagamento dell’imposta sostitutiva è definitivo. La successiva vendita del bene a un prezzo inferiore, magari a causa delle fluttuazioni del mercato immobiliare, non esporrà al rischio di un accertamento fiscale basato sul costo originario. Il valore di perizia funge da nuovo “costo fiscale” del bene. Se il prezzo di vendita è pari o inferiore a tale valore, non ci sarà alcuna plusvalenza da tassare. Se è superiore, la plusvalenza sarà calcolata solo sulla differenza tra il prezzo di vendita e il valore di perizia, con un notevole risparmio d’imposta.

Se vendo un terreno a un prezzo inferiore a quello di rivalutazione, perdo il beneficio fiscale?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il beneficio fiscale derivante dalla rivalutazione non si perde. La procedura si perfeziona con la redazione della perizia e il versamento dell’imposta sostitutiva.

Cosa succede ai fini fiscali se il prezzo di vendita è più basso del valore rideterminato con la perizia?
Se il prezzo di vendita è inferiore al valore rideterminato, non emerge alcuna plusvalenza tassabile. Il valore di perizia diventa il nuovo costo fiscale di riferimento e, non essendoci un guadagno rispetto a tale valore, non c’è materia imponibile.

L’Agenzia delle Entrate può ignorare la rivalutazione e calcolare la plusvalenza sul costo storico del terreno in questo caso?
No. La Corte ha chiarito che l’Amministrazione finanziaria non ha il potere di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene se il contribuente ha correttamente effettuato la rivalutazione, anche se poi vende a un prezzo inferiore a quello periziato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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