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Rivalutazione immobili e imposta non versata: il caso

Una società aveva indicato in dichiarazione dei redditi l’intenzione di effettuare una rivalutazione immobili, senza però versare la relativa imposta sostitutiva. L’Agenzia delle Entrate ha richiesto il pagamento, ma la Corte di Cassazione ha annullato la pretesa. La Corte ha stabilito che la procedura di rivalutazione si perfeziona solo con il versamento dell’imposta, non con la semplice dichiarazione, che di per sé non è vincolante.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rivalutazione Immobili: la Dichiarazione non Basta, Serve il Pagamento

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale in materia di rivalutazione immobili: la semplice indicazione in dichiarazione dei redditi di voler aderire alla procedura non è sufficiente a renderla vincolante. Per perfezionare l’operazione e far sorgere l’obbligo tributario è indispensabile il versamento dell’imposta sostitutiva. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una società, nella sua dichiarazione dei redditi per l’anno 2008, manifestava l’intenzione di procedere alla rivalutazione di alcuni beni immobili di sua proprietà. Tuttavia, a questa dichiarazione non faceva seguito il pagamento della relativa imposta sostitutiva calcolata.

Di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria, tramite un controllo automatizzato, emetteva una cartella di pagamento richiedendo alla società il versamento dell’importo dichiarato e mai corrisposto. La contribuente impugnava l’atto, sostenendo che l’obbligo tributario non fosse mai sorto, poiché la procedura di rivalutazione non si era mai perfezionata a causa del mancato pagamento, frutto di un ripensamento.

Dopo un giudizio parzialmente sfavorevole in primo grado e una conferma della decisione in appello, la società proponeva ricorso per cassazione.

L’Analisi della Corte: Quando si Perfeziona la Rivalutazione Immobili?

La questione centrale sottoposta alla Corte di Cassazione era se la dichiarazione di voler effettuare la rivalutazione immobili fosse di per sé una scelta irrevocabile e sufficiente a creare un’obbligazione tributaria, a prescindere dal successivo pagamento.

La Corte ha risposto negativamente, allineandosi a un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. I giudici hanno chiarito che la procedura di rivalutazione ha natura complessa e si perfeziona non con la mera manifestazione di volontà, ma con il compimento di tutti gli atti richiesti dalla legge.

L’Importanza Decisiva del Versamento

La Cassazione ha ribadito che, per il perfezionamento della procedura, assumono rilievo decisivo due elementi:

1. La redazione di una perizia giurata di stima del bene.
2. Il versamento dell’imposta sostitutiva (o, in caso di rateizzazione, almeno della prima rata).

La sola compilazione del relativo quadro nella dichiarazione dei redditi, senza il successivo versamento, non è sufficiente a completare l’iter. Di conseguenza, se il pagamento non avviene, l’operazione di rivalutazione non si considera mai perfezionata e l’effetto di rideterminazione del valore del bene non si produce.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando precedenti sentenze in materia di rideterminazione del valore di partecipazioni, il cui principio è stato ritenuto applicabile anche alla rivalutazione immobili. In tali pronunce, si era già stabilito che “solo il tempestivo ed integrale versamento (almeno) della prima rata dell’importo dovuto […] comporti il perfezionamento delle procedura“.

L’opzione espressa in dichiarazione, quindi, non è unilateralmente irrevocabile se non viene seguita dal comportamento concludente richiesto dalla norma, ovvero il pagamento. Senza questo passaggio fondamentale, la manifestazione di volontà resta priva di effetti giuridici e non può far sorgere un debito d’imposta. Pertanto, la pretesa dell’Agenzia delle Entrate è stata giudicata infondata, in quanto basata su una procedura mai completata.

Conclusioni: Implicazioni per i Contribuenti

Questa ordinanza offre un’importante tutela per i contribuenti. Si stabilisce chiaramente che un’impresa può legittimamente “ripensarci” dopo aver dichiarato di voler procedere a una rivalutazione, semplicemente omettendo il versamento dell’imposta sostitutiva. La dichiarazione, da sola, non costituisce un’obbligazione tributaria. L’obbligo sorge solo nel momento in cui si decide di dare concreto seguito all’opzione attraverso il pagamento. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate non può pretendere il versamento di un’imposta relativa a una procedura di rivalutazione che, nei fatti, non è mai stata portata a termine.

Una società che indica in dichiarazione la volontà di procedere a rivalutazione immobili è obbligata a versare l’imposta sostitutiva?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la procedura di rivalutazione non si perfeziona con la sola dichiarazione. È necessario il versamento dell’imposta (o della prima rata) perché l’obbligo di pagamento sorga.

L’Agenzia delle Entrate può emettere una cartella di pagamento basandosi solo sulla dichiarazione di rivalutazione non seguita dal versamento?
No. La sentenza ha stabilito che, in assenza del versamento che perfeziona la procedura, la pretesa tributaria è infondata e la relativa cartella di pagamento deve essere annullata, poiché si riferisce a un’obbligazione mai sorta.

Il contribuente può “ripensarci” dopo aver dichiarato di voler effettuare la rivalutazione immobili?
Sì. Fino a quando non viene effettuato il versamento dell’imposta sostitutiva, la manifestazione di volontà espressa in dichiarazione non è considerata vincolante. Il contribuente può quindi decidere di non completare la procedura senza incorrere in obblighi di pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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