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Rivalsa IVA: la Cassazione tutela il fornitore

Una società di servizi, dopo aver pagato l’IVA accertata dall’Agenzia delle Entrate per prestazioni inizialmente fatturate in esenzione, ha agito in giudizio per recuperare tale importo dal proprio cliente. I giudici di primo e secondo grado avevano negato questo diritto, applicando una vecchia normativa nazionale. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che il divieto di rivalsa IVA era contrario al principio di neutralità dell’IVA sancito dal diritto dell’Unione Europea. Pertanto, il giudice nazionale ha il dovere di disapplicare la norma interna e riconoscere il diritto del fornitore di recuperare l’imposta, garantendo che il peso del tributo ricada sul consumatore finale e non sull’impresa.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rivalsa IVA post accertamento: Il Diritto del Fornitore è sempre Garantito

L’esercizio della Rivalsa IVA rappresenta un meccanismo cardine nel sistema dell’Imposta sul Valore Aggiunto. Consente di trasferire il carico del tributo lungo la catena produttiva fino al consumatore finale. Ma cosa succede quando l’IVA non viene applicata inizialmente e l’Amministrazione Finanziaria la contesta solo in un secondo momento? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale: il diritto del fornitore di recuperare l’imposta dal cliente prevale sulla normativa nazionale, se questa è in contrasto con i principi europei.

Il Contesto della Controversia: Una Fatturazione Senza IVA

Una società operante nel settore dei servizi aveva stipulato un contratto di appalto con un’azienda pubblica di servizi alla persona. Per anni, le prestazioni erano state fatturate in regime di esenzione IVA. Tuttavia, a seguito di un controllo, l’Agenzia delle Entrate aveva contestato alla società fornitrice l’omessa applicazione dell’imposta per le annualità dal 2004 al 2009. Per chiudere il contenzioso, la società aveva pagato l’IVA richiesta dal Fisco. Successivamente, ha agito in giudizio contro l’azienda pubblica cliente per ottenere il rimborso di quanto versato, esercitando, appunto, il proprio diritto di rivalsa.

La Decisione dei Giudici di Merito e il Tema della Rivalsa IVA

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la domanda della società fornitrice. La loro decisione si basava sulla normativa nazionale in vigore all’epoca dei fatti (precedente alla modifica del 2012), la quale escludeva esplicitamente il diritto di Rivalsa IVA in caso di pagamento dell’imposta a seguito di un accertamento fiscale. Secondo i giudici di merito, la legge applicabile era quella vigente al momento delle operazioni (principio del ratione temporis), che di fatto poneva l’onere definitivo dell’imposta accertata a carico del fornitore.

Le Motivazioni della Cassazione: Primato del Diritto UE e Neutralità dell’IVA

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la prospettiva, accogliendo il ricorso della società. I giudici hanno stabilito che la vecchia normativa nazionale, pur applicabile ratione temporis, era in palese contrasto con un principio cardine del diritto dell’Unione Europea: il principio di neutralità dell’IVA. Questo principio, sancito dalla Direttiva 2006/112/CE, impone che l’imposta gravi esclusivamente sul consumatore finale e non debba mai diventare un costo per gli operatori economici intermedi.

Negare al fornitore il diritto di recuperare l’IVA versata a seguito di accertamento significherebbe violare tale principio, trasformando l’impresa in un contribuente di fatto, anziché in un mero soggetto passivo incaricato della riscossione per conto dello Stato. La Corte ha sottolineato che i giudici nazionali hanno il potere, e anzi il dovere, di disapplicare qualsiasi norma interna che si ponga in contrasto con i principi del diritto dell’Unione Europea dotati di effetto diretto. Questo obbligo sussiste anche nelle controversie tra privati e prescinde da una specifica richiesta di parte.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza sulla Rivalsa IVA

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza la tutela delle imprese, garantendo che l’IVA, anche se accertata a distanza di anni, possa essere recuperata dal cliente che ha beneficiato della prestazione. In secondo luogo, riafferma il primato del diritto europeo su quello nazionale in materia fiscale, consolidando l’obbligo per i giudici di interpretare e, se necessario, disapplicare le leggi interne non conformi. In conclusione, il diritto di Rivalsa IVA è un elemento strutturale del sistema e non può essere compresso da normative nazionali che minino la neutralità del tributo, anche se tali normative erano in vigore al momento dell’operazione. La sentenza impugnata è stata quindi cassata con rinvio alla Corte di Appello, che dovrà decidere nuovamente la controversia attenendosi a questi principi.

Un fornitore può esercitare la rivalsa IVA nei confronti del cliente dopo un accertamento fiscale, anche se la normativa nazionale dell’epoca lo vietava?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la normativa nazionale che vietava la rivalsa era in contrasto con il principio di neutralità dell’IVA del diritto dell’Unione Europea. Pertanto, il giudice nazionale ha l’obbligo di disapplicare tale norma e riconoscere il diritto del fornitore a recuperare l’imposta dal cliente.

Quale principio giuridico fondamentale tutela il diritto di rivalsa IVA?
Il diritto di rivalsa è tutelato dal principio di neutralità dell’IVA, un cardine del sistema fiscale europeo. Questo principio garantisce che l’imposta non diventi un costo per le imprese, ma gravi esclusivamente sul consumatore finale del bene o servizio.

Il giudice nazionale ha l’obbligo di ignorare una legge italiana se questa è in contrasto con il diritto dell’Unione Europea?
Sì. La Corte ribadisce che il giudice nazionale ha il potere e il dovere di disapplicare qualsiasi disposizione del diritto nazionale che sia contraria a una norma del diritto dell’Unione avente effetto diretto. Questo dovere vige anche d’ufficio, indipendentemente da una specifica richiesta delle parti in causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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