Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22422 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 22422 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
Oggetto: Art. 26 comma 3 d.P.R. 600/1973 – Ritenute su interessi – Fondi lussemburghesi – Anno 2009 * Principio di diritto
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 33662/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE SAN PAOLO RAGIONE_SOCIALE (già Banca Fideuram s.p.a.RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del difensore;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 4984/09/2018, depositata il 12 luglio 2018.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 3 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; uditi per la società ricorrente l’ Avv. NOME COGNOME e per l’Agenzia delle entrate l’avvocato dello Stato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La banca RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO (ed il conseguente atto di irrogazione delle sanzioni), con il quale l’Ufficio le aveva contestato l’omessa effettuazione della ritenuta del 27% sugli interessi maturati nel 2009 sui conti correnti intrattenuti da due fondi comuni di investimento, evidenziando il proprio ruolo di mera collocatrice e ‘banca corrispondente’, ovvero deputata al collocamento in Italia delle quote del fondo ed all’esecuzione dei pagamenti connessi alle sottoscrizioni.
La Commissione tributaria provinciale di Roma, riuniti i ricorsi, li accoglieva aderendo alla tesi della banca circa il pagamento ‘estero su estero’ degli interessi ed il ruolo di Fideuram quale semplice collocatore di quote.
L ‘Agenzia proponeva gravame innanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, deducendo che la banca, in quanto soggetto residente, potesse rivestire la qualifica di sostituto d’imposta, quale incaricato del pagamento degli interessi in Italia.
La CTR preliminarmente dichiarava dovuta la ritenuta nella misura del 27%, ai sensi dell’art. 26, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, in quanto la contribuente, residente in Italia, svolgeva il ruolo di ‘banca corrispondente’, ovvero incaricata dei pagamenti.
La contribuente propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. L’Ufficio resiste con controricorso.
Fissata l’udienza pubblica del 03/06/2025, il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME ha depositato memoria con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
In data 30 maggio 2025 l’Avvocatura dello Stato ha depositato istanza per la declaratoria della cessazione della materia del contendere, limitatamente all’atto di contestazione delle sanzioni, annullato dall’Ufficio in autotutela.
All’udienza pubblica del 03/06/2025 il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME si è riportato alle conclusioni rese nella memoria, chiedendo il rigetto del ricorso; l’avvocato della ricorrente ha chiesto l’accoglimento del ricorso; l’avvocato dello Stato ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va delibata l’istanza di declaratoria della cessazione del contendere, proposta dal patrono erariale con la memoria depositata il 30/05/2025, in relazione all’atto di contestazione delle sanzioni, annullato in via di autotutela dall’Ufficio.
L’istanza non può essere accolta. Invero, subito dopo l’annullamento, in autotutela, dell’atto di contestazione l’Ufficio procedeva alla rideterminazione, sempre in autotutela, delle sanzioni dovute (quantificandole in Euro 1.151.561,40, in luogo di Euro 1 .256.248,80); per tale motivo, l’avvocatura dello Stato ha chiesto dichiararsi la debenza delle sanzioni comminate nell’avviso di accertamento nell’importo di Euro 1.151.561,40.
Ora, in relazione alle sanzioni non può dirsi affatto cessata la materia del contendere, atteso che l’atto di contestazione delle stesse è stato sì annullato in autotutela, ma contestualmente sostituito da un nuovo atto (intimazione di pagamento) con il quale le sanzioni irrogate con l’avviso di accertamento impugnato nel presente giudizio sono state rideterminate.
Ciò posto, ragioni di ordine logico-giuridico impongono l’esame, in via prioritaria, del secondo e del terzo motivo di ricorso.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la «violazione e falsa applicazione dell’art. 26, comma 3, D.P.R. n. 600/1973» per aver la CTR erroneamente ritenuto la RAGIONE_SOCIALE ‘banca corrispondente ovvero sogge tto incaricato dei pagamenti’; la contribuente sostiene, invece, che nella specie difetterebbe il secondo presupposto previsto dalla citata norma, ovvero l’esistenza di un sostituto di imposta italiano che intervenga nella riscossione degli interessi attivi; la RAGIONE_SOCIALE, infatti, non è mai intervenuta nella riscossione degli interessi maturati sui conti correnti (accesi presso la banca depositaria lussemburghese) in capo ai fondi lussemburghesi, né ha disposto di alcuna informazione al riguardo, per cui non era nelle condizioni di applicare una ritenuta alla fonte su tali interessi. La CTR avrebbe omesso qualsiasi verifica del detto presupposto normativo. Il ruolo svolto dalla ricorrente consisteva esclusivamente nella commercializzazione in Italia delle quote dei Fondi Lussemburghesi e nella esecuzione dei pagamenti connessi: a) alle sottoscrizioni (all’atto dell’investimento); b) ai rimborsi (in occasione della dismissione dell’investimento); c) alla distribuzione periodica degli utili di gestione agli investitori. Solo dagli investitori la ricorrente aveva ricevuto mandato (in relazione alle dette tipologie di pagamento), non anche dai Fondi Lussemburghesi.
Il motivo è fondato.
2.1. Va preliminarmente evidenziato che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la CTR ha verificato l’esistenza del presupposto normativo relativo all’intervento della Fideuram nella riscossione degli interessi attivi, avendo qualificato l’is tituto di credito in termini di ‘banca corrispondente’, incaricata dei pagamenti.
2.2. La decisione, però, non può essere condivisa.
Il comma 3 dell’art. 26 cit. impone la ritenuta solo se il soggetto residente ‘intervenga nella riscossione’ degli interessi; nella specie, la ricorrente afferma di aver agito come mera collocatrice,
nel mercato, delle quote dei fondi lussemburghesi, non anche di aver partecipato alla riscossione degli interessi.
La CTR, ritenendo la ‘banca corrispondente’ un soggetto che ‘interviene nella riscossione’ ha violato il principio di stretta legalità tributaria che informa il sistema tributario ( in primis sanzionatorio, v. Cass. 04/11/2020, n. 24517): la prima, infatti, interviene nella collocazione delle quote dei fondi lussemburghesi, ma, non per questo, necessariamente ‘interviene’ anche nella riscossione degli interessi che maturino sui conti correnti intestati ai fondi lussemburghesi.
Inoltre, il beneficiario effettivo degli interessi, inteso quale destinatario finale degli stessi (e, quindi, del reddito derivante dagli stessi; cfr., da ultimo, nella giurisprudenza di questa Corte, Cass. 20/02/2025, n. 4427), è, nella specie, senza dubbio il fondo lussemburghese (soggetto a tassazione in Lussemburgo senza esenzioni); sia il Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni OCSE (artt. 10, 11 e 12) sia le corrispondenti previsioni della Convenzione Italia-Lussemburgo contro le doppie imposizioni firmata il 03/06/1981, escludono che beneficiario effettivo possa essere considerato il soggetto intermediario che percepisca dividendi, interessi e canoni in nome e per conto di un altro soggetto.
Analoga disciplina è dettata, infine, nella direttiva 2003/49/CE RAGIONE_SOCIALE: una società di uno Stato membro è considerata beneficiario effettivo di interessi o canoni soltanto se riceve tali pagamenti in qualità di beneficiaria finale e non di intermediaria (art. 1 della direttiva); invero, secondo la CGUE (C-115/2016, C118/2016, C-119/2016 e C299/2016) ‘l a nozione di «beneficiario degli interessi», ai sensi della direttiva de qua dev’essere quindi interpretata nel senso che designa un’entità ch e benefici realmente degli interessi corrispostile. Il successivo articolo 1, paragrafo 4, avvalora tale riferimento alla realtà economica, precisando che una società di uno Stato membro è considerata quale beneficiario di interessi o di canoni unicamente nel caso in cui li percepisca per
conto proprio e non quale rappresentante, ad esempio quale amministratore fiduciario o firmatario autorizzato, di un altro soggetto ‘.
2.3. Pertanto, la CTR ha errato nel ritenere integrato il secondo presupposto normativo di cui all’art. 26, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, sulla base della mera natura di ‘banca corrispondente’ della Fideuram.
Con il terzo motivo la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la «violazione e falsa applicazione dell’art. 11 -bis , d.l. n. 512/1983» per aver la CTR erroneamente ritenuto rilevante la questione della giacenza media dei conti correnti bancari intrattenuti dai fondi lussemburghesi presso la banca depositaria lussemburghese.
La doglianza si sviluppa lungo due direttrici: da un lato, viene denunciata la violazione dell’art. 11bis, comma 1, del d.l. 512/1983, in quanto la CTR ha ritenuto rilevante la questione della giacenza media dei conti correnti intrattenuti dai Fondi Lussemburghesi presso la banca depositaria lussemburghese; la norma prevede, di contro, una esenzione dalla ritenuta prevista dal comma 3 dell’art. 26 d.P.R. n. 600/1973 senza condizioni; dall’altro, viene lamentata la violazione del secondo comma della citata norma, poiché il risultato di gestione, sul quale applicare l’imposta sostitutiva, andava calcolato al netto dei proventi ‘a ritenuta a titolo d’imposta’; precisamente, ove dovesse ritenersi applicabile agli interessi la ritenuta di cui al comma 3 dell’art. 26 cit., questa dovrebbe essere operata a titolo di imposta (e non di acconto), e gli interessi dovrebbero essere esclusi dal risultato di gestione (assoggettato all’imposta sostitutiva del 12,50%), al fine di garantire il rispetto del principio del divieto di doppia imposizione.
Il motivo è fondato per quanto di ragione.
Va premesso che non costituisce motivo di ricorso (come espressamente affermato dalla ricorrente, nota 16, pag. 23 del ricorso) la questione dell’avvenuto superamento della soglia del 5%
della giacenza media, ponendo la ricorrente la questione, preliminare, della errata applicazione dell’art. 11bis comma 1 d.l. 512/1983.
È opportuno riportare il quadro normativo di riferimento.
3.1. L’art. 11bis del d.l. 512/1983, conv. con modificazioni dalla legge 649/1983 (oggi abrogato), prevedeva, nella formulazione applicabile ratione temporis , al comma 1 che i fondi comuni di investimento mobiliare autorizzati al collocamento nel territorio dello Stato ai sensi della l. 786/1956 non sono soggetti alle imposte sui redditi. Sugli interessi ed altri proventi dei conti correnti bancari non si appl icano: a) la ritenuta prevista dal comma 2 dell’art. 26 d.P.R. n. 600/1973, a condizione che la giacenza media annua non fosse superiore al 5% dell’attivo medio gestito; b) le ritenute previste dai commi 3 e 3bis dell’art. 26 d.P.R. n. 600/1973.
L’articolo 26 del d.P.R. n. 600/1973 prevede (al comma 2) la ritenuta del 27% che Poste Italiane e gli istituti di credito devono operare sugli interessi ed altri proventi corrisposti ai titolari di conti correnti e (al comma 3) la medesima ritenuta che i soggetti indicati nell’art. 23, che intervengano nella loro riscossione, devono operare su interessi ed altri proventi dovuti da soggetti non residenti.
La lettera dell’art. 11bis è chiara nel distinguere due ipotesi: solo nella prima (ritenuta operata ai sensi del comma 2 dell’art. 26) è prevista una condizione per la relativa esenzione, ovvero che la giacenza media annua sia superiore al 5% dell’attivo m edio gestito; nell’altra ipotesi (ritenute operate ai sensi dei successivi commi 3 e 3bis dell’art. 26) l’esenzione è, invece, disposta senza condizioni.
3.2. Ciò posto, nella specie la CTR ha ritenuto la RAGIONE_SOCIALE un soggetto residente che interviene nella riscossione degli interessi attivi; di qui, l’applicazione dell’art. 26, comma 3, d.P.R. n. 600/1973.
Se tal è la premessa, la conseguenza è che, trattandosi di ritenute da operare ai sensi del comma 3 dell’art. 26, l’art. 11bis prevede una esenzione senza condizioni, per cui non solo la verifica
della giacenza media è ultronea, ma, prima ancora, alcuna ritenuta è dovuta dal soggetto che interviene nella riscossione di interessi attivi dovuti da soggetti non residenti.
3.3. Il terzo motivo va, pertanto, accolto per quanto di ragione, non avendo la CTR fatto corretta applicazione del dato normativo sopra riportato.
L’accoglimento del terzo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del primo, con il quale la contribuente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e falsa applicazione dell’art. 67 D.P.R. n. 600/1973, dell’art. 163 del TUIR (divieto di doppia imposizione)» ed esime la Corte dalla delibazione degli ulteriori motivi (quarto e quinto), avanzati in via subordinata.
In base alle considerazioni svolte la sentenza di appello va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alle censure accolte, in particolare alla verifica del ruolo effettivamente svolto dalla ricorrente, ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Il giudice del rinvio si atterrà ai seguenti principi di diritto:
«in tema di ritenute sugli interessi, ai sensi dell’art. 26, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, la nozione di ‘banca corrispondente’, incaricata della collocazione nel mercato delle quote dei fondi lussemburghesi, non coincide necessariamente con quella di ‘soggetto residente che interviene nella riscossione degli interessi’ »;
« in tema di ritenute sugli interessi, ai sensi dell’art. 11bis del d.l. 512/1983, conv. con modificazioni dalla legge 649/1983, vigente ratione temporis , sugli interessi ed altri proventi dei conti correnti bancari la ritenuta prevista dal comma 3 dell’art. 26 d.P.R. n. 600/1973 non è dovuta dal soggetto che interviene nella riscossione di interessi attivi dovuti da soggetti non residenti».
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alle censure accolte e provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 giugno 2025.