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Ritenute su interessi: banca collocatrice non è sostituto

Una banca d’investimento, operante come collocatrice di fondi lussemburghesi, è stata assolta dall’obbligo di applicare le ritenute su interessi maturati sui conti di tali fondi. La Cassazione ha chiarito che il ruolo di ‘banca corrispondente’ non implica automaticamente un intervento nella riscossione degli interessi, presupposto necessario per qualificarsi come sostituto d’imposta ai sensi dell’art. 26, c. 3, d.P.R. 600/1973. La Corte ha inoltre confermato l’esenzione incondizionata prevista dall’art. 11-bis, d.l. 512/1983.

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Pubblicato il 20 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Ritenute su Interessi: La Banca Collocatrice non è Sostituto d’Imposta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 22419/2025, ha fornito chiarimenti cruciali in materia di ritenute su interessi per gli intermediari finanziari. La decisione stabilisce un principio fondamentale: una banca che si limita a collocare quote di fondi di investimento esteri non può essere automaticamente considerata sostituto d’imposta per gli interessi maturati da tali fondi. Questo intervento giurisprudenziale definisce con maggiore precisione i confini degli obblighi fiscali degli intermediari, distinguendo nettamente l’attività di commercializzazione da quella di intervento nella riscossione dei redditi.

I Fatti: La Controversia tra Banca e Fisco

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione Finanziaria a un noto istituto di credito. L’accusa era di aver omesso l’applicazione della ritenuta del 27% sugli interessi maturati nel 2010 sui conti correnti di due fondi comuni di investimento lussemburghesi. Secondo il Fisco, la banca, in qualità di ‘banca corrispondente’ e collocatrice delle quote in Italia, avrebbe dovuto agire come sostituto d’imposta.

La banca si è difesa sostenendo di aver svolto un ruolo di mera collocatrice, senza mai intervenire nella riscossione degli interessi attivi dei fondi. Dopo un esito favorevole in primo grado, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, ritenendo che la qualifica di ‘banca corrispondente’ residente in Italia fosse sufficiente a far scattare l’obbligo di ritenuta. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione sulle Ritenute su Interessi

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’istituto di credito, cassando la sentenza d’appello e stabilendo due principi di diritto di grande rilevanza pratica. L’analisi dei giudici si è concentrata su due aspetti chiave: la nozione di ‘intervento nella riscossione’ e l’applicazione di una specifica norma di esenzione.

Il Ruolo della ‘Banca Corrispondente’

Il cuore della decisione riguarda l’interpretazione dell’art. 26, comma 3, del d.P.R. 600/1973. Questa norma impone l’obbligo di ritenuta a un soggetto residente solo se ‘interviene nella riscossione’ degli interessi. La Corte ha chiarito che il ruolo di collocatore di quote di fondi esteri non coincide, né implica necessariamente, un intervento nella riscossione degli interessi che questi fondi percepiscono.

L’attività della banca si limitava alla commercializzazione delle quote e alla gestione dei pagamenti legati a sottoscrizioni e rimborsi per conto degli investitori italiani, non per conto dei fondi. Gli interessi in questione, invece, maturavano sui conti correnti intestati direttamente ai fondi lussemburghesi. Pertanto, la banca non aveva alcun ruolo nel flusso finanziario di tali interessi e non poteva essere considerata sostituto d’imposta.

L’Applicazione dell’Esenzione Fiscale

In secondo luogo, la Corte ha affrontato la questione dell’esenzione prevista dall’art. 11-bis del d.l. 512/1983 (normativa all’epoca vigente). I giudici di merito avevano erroneamente ritenuto che l’esenzione fosse condizionata al non superamento di una soglia di giacenza media annua.

La Cassazione ha corretto questa interpretazione, evidenziando che la legge prevedeva due ipotesi distinte. La condizione sulla giacenza media si applicava solo alle ritenute su interessi pagati da soggetti residenti (comma 2 dell’art. 26). Per le ritenute su interessi pagati da non residenti, come nel caso di specie (comma 3 dell’art. 26), la norma prevedeva un’esenzione piena e incondizionata. Di conseguenza, anche qualora la banca fosse stata considerata un soggetto che interveniva nella riscossione, gli interessi sarebbero comunque stati esenti da ritenuta.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio di stretta legalità in materia tributaria. Qualificare un soggetto come sostituto d’imposta richiede che siano soddisfatti tutti i presupposti normativi, senza possibilità di interpretazioni estensive. La nozione di ‘banca corrispondente’ attiene al ruolo di intermediario nella vendita di prodotti finanziari, mentre quella di ‘soggetto che interviene nella riscossione’ implica un coinvolgimento diretto e materiale nel flusso dei redditi. La Corte ha sottolineato che confondere questi due ruoli equivarrebbe a violare tale principio. Inoltre, la sentenza ha evidenziato che il beneficiario effettivo degli interessi era il fondo lussemburghese, soggetto tassato nel proprio paese di residenza. L’imposizione di una ritenuta in Italia avrebbe potuto generare una doppia imposizione, in contrasto con i principi del diritto tributario internazionale.

Conclusioni e Principi di Diritto

In conclusione, la sentenza fissa due importanti paletti interpretativi. Primo, la nozione di ‘banca corrispondente’ incaricata della collocazione di quote di fondi esteri non coincide automaticamente con quella di ‘soggetto residente che interviene nella riscossione degli interessi’. Secondo, la normativa di esenzione per le ritenute su interessi pagati da soggetti non residenti a fondi di investimento esteri (secondo la legge applicabile ratione temporis) era incondizionata. Questa decisione offre maggiore certezza giuridica agli intermediari finanziari che operano sul mercato italiano, chiarendo che l’obbligo di agire come sostituto d’imposta sorge solo in presenza di un coinvolgimento effettivo e diretto nella riscossione dei redditi e non per la sola attività di collocamento.

Una banca che colloca in Italia quote di fondi esteri è obbligata ad applicare le ritenute su interessi maturati dai fondi stessi?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il solo ruolo di collocatore o ‘banca corrispondente’ non è sufficiente per qualificare la banca come ‘soggetto che interviene nella riscossione degli interessi’, presupposto indispensabile per l’obbligo di ritenuta previsto dall’art. 26, comma 3, d.P.R. 600/1973.

Cosa si intende per ‘intervento nella riscossione degli interessi’?
Significa partecipare attivamente al processo attraverso il quale gli interessi vengono materialmente riscossi e messi a disposizione del beneficiario. La sentenza chiarisce che la mera commercializzazione di prodotti finanziari (come le quote di un fondo) non costituisce un intervento in tale riscossione.

L’esenzione dalla ritenuta per i fondi di investimento esteri è sempre condizionata?
No. La sentenza specifica che, in base alla normativa applicabile all’epoca dei fatti (art. 11-bis d.l. 512/1983), l’esenzione dalla ritenuta su interessi dovuti da soggetti non residenti (ai sensi dell’art. 26, comma 3) era incondizionata. La condizione legata alla giacenza media del conto corrente si applicava solo a un’altra tipologia di ritenuta (quella del comma 2 dello stesso articolo).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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