Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6425 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6425 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6757/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. UMBRIA n. 477/2015 depositata il 07/09/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
A seguito del controllo degli atti registrati nell’anno 2006 dal Comune di Deruta, in qualità di avente causa nella cessione volontaria di area P.I.P. in località ‘INDIRIZZO, emergeva che, in relazione a sei atti di cessione, nell’ambito dei quali aveva pagato indennità di esproprio pari a complessivi euro 831.596,00, non aveva operato la ritenuta del 20%, ai sensi dell’art. 11 della l.
413/1991 e art. 35 comma 2 DPR n. 327/2001, pari ad euro 166.320,00.
In ognuno dei sei atti sopra citati si legge che il Comune non aveva operato la ritenuta perché i venditori, sotto la propria responsabilità, avevano dichiarato non sussistere la plusvalenza, in quanto gli stessi intendevano avvalersi della normativa sulla rivalutazione dei terreni: all’esito di detta rivalutazione, l’indennità di esproprio risultava pari al valore del terreno così come rivalutato.
L’RAGIONE_SOCIALE, sul presupposto che il Comune di Deruta avrebbe dovuto comunque operare la ritenuta, non avendo alcun potere discrezionale al riguardo, irrogava la sanzione prevista dall’art. 13 D.Lgs. 471/1993, pari al 30% RAGIONE_SOCIALE somme non versate all’Erario.
La Commissione Tributaria Provinciale di Perugia, su ricorso del Comune, annullava l’atto di irrogazione sanzioni impugnato.
Con la sentenza indicata in epigrafe la CTR dell’Umbria rigettava quindi l’appello dell’Ufficio.
Ricorre l’Amministrazione con unico motivo e resiste il Comune con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 comma 7 della legge 413/1991 in relazione all’art. 13 del D.Lgs. 471/97».
Osserva in particolare l’Ufficio che l’assunto su cui si regge la statuizione della CTR, per cui non sarebbe possibile irrogare sanzioni in relazione ad un tributo non dovuto, talché se non è dovuto il primo neanche le seconde possono richiedersi, sarebbe errata: nel caso in esame, infatti, l’obbligo del Comune di effettuare la ritenuta era normativamente previsto dall’art. 11
comma 7 della legge 413/91 ed ivi espressamente qualificato in termini di ritenuta d’acconto, dunque scomputabile nell’ipotesi in cui l’imposta dovuta fosse minore.
Il motivo è fondato.
3.1. Prevede l’art. 11, comma 7 cit. che «Gli enti eroganti, all’atto della corresponsione RAGIONE_SOCIALE somme di cui ai commi 5 e 6, comprese le somme per occupazione temporanea, risarcimento danni da occupazione acquisitiva, rivalutazione ed interessi, devono operare una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 20 per cento. È facoltà del contribuente optare, in sede di dichiarazione annuale dei redditi, per la tassazione ordinaria, nel qual caso la ritenuta si considera effettuata a titolo di acconto».
3.2. Dalla citata disposizione emergono un obbligo in capo all’ente espropriante e una facoltà in capo al soggetto espropriato.
L’ente espropriante che eroga l’indennità di esproprio è tenuto senza alcun margine di discrezionalità ad operare, sull’intera somma così come liquidata, la ritenuta nella misura del 20%, che dovrà poi versare all’Erario, in qualità di sostituto d’imposta.
Una volta che l’ente espropriante, all’atto della corresponsione della somma, abbia operato, in qualità di sostituto d’imposta, la trattenuta con le modalità RAGIONE_SOCIALE ritenute alla fonte a titolo d’imposta, il contribuente è esonerato da qualsiasi ulteriore obbligo tributario.
Tuttavia, in sede di dichiarazione dei redditi, è facoltà del contribuente, insindacabile dall’amministrazione finanziaria, optare per la tassazione ordinaria, considerando, quindi, la ritenuta effettuata a titolo di acconto, con la conseguenza che egli dovrà cumulare l’indennità nei redditi percepiti, dichiarandola e scomputando l’acconto subìto.
3.3. Pertanto, il soggetto che percepisce un’indennità di esproprio assoggettata alla ritenuta del 20%, può scegliere fra due forme di imposizione tra loro alternative: i) la prima consiste nel
considerare la ritenuta d’imposta subita, a titolo definitivo dell’IRPEF dovuta sull’intera indennità di esproprio che, pertanto, non dovrà essere dichiarata nel modello unico; ii) la seconda consiste nel qualificare la ritenuta subita, a titolo d’acconto dell’IRPEF dovuta sulla plusvalenza dell’esproprio, la quale sarà sottoposta a tassazione in sede di dichiarazione dei redditi alla stregua di un corrispettivo percepito per la cessione di un terreno edificabile, optando quindi per il regime di tassazione ordinaria (o separata); iii) resta ferma, in entrambe le ipotesi, la possibilità da parte del soggetto espropriato di inoltrare istanza di rimborso all’Ufficio Finanziario competente, ove ritenga di aver subito erroneamente la ritenuta.
Ne discende che l’obbligo di versamento incombe sul Comune, sostituto d’imposta, indipendentemente dal realizzarsi, in concreto, di una plusvalenza tassabile in capo al sostituito; inoltre, l’effettiva esistenza di una imposta dovuta non può comunque che essere accertata, in via postuma, a seguito di attività di controllo dell’Ufficio avente ad oggetto la correttezza della rivalutazione.
In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza deve essere cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., con il rigetto dell’originario ricorso del Comune.
Si compensano le spese dei gradi di merito, stante la peculiarità RAGIONE_SOCIALE questioni trattate.
Le spese relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso originario del Comune di Deruta.
Compensa le spese dei gradi di merito.
Condanna la parte resistente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in euro 4.100,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 22/02/2024.