Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34568 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34568 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 801/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO CALABRIA n. 2804/2023 depositata il 31/10/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024
dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Reggio Calabria ha emesso l’avviso di accertamento n. TD7050301665/2020, notificato il 28.04.2021, con il quale ha posto a recupero una maggiore IRPEF, ADD.REG. e sanzioni, per l’anno 2015, per un totale di € 6.455,00, nei confronti del sig. COGNOME Vincenzo. Tale accertamento muoveva dall’ esito di alcune verifiche condotte nei confronti della datrice di lavoro del medesimo contribuente, la quale , secondo l’ufficio finanziario, avrebbe applicato ritenute eccessive.
Il contribuente ha impugnato tale avviso, contestando alcune violazioni formali e nel merito rilevando che le somme versate mensilmente dal sostituto d’imposta costituivano adempimento del contribuente al proprio obbligo fiscale, tanto che venivano incassate dall’Agenzi a in acconto e poi fatte oggetto di conguaglio sull’IRPEF complessivamente dovuta dal dipendente.
La CTP di Reggio Calabria, con la sentenza n. 3750/2022, dep. il 05/10/2022, ha accolto il ricorso del contribuente.
Il successivo appello promosso dall’amministrazione finanziaria è stato respinto dalla Corte di Giustizia tributaria di II grado della Calabria, con la sentenza oggetto del presente ricorso, la quale ha altresì accolto l’appello incidentale del contribuente in punto di spese di lite.
Ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate affidandosi a un mezzo di impugnazione.
Il contribuente si è costituito con controricorso.
7 . E’ stata fissata udienza in camera di consiglio per il successivo 16 ottobre 2024.
CONSIDERATO CHE
L’unico motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate rileva quanto segue:
Violazione art. 112 c.p.c. ed art. 23, 24, 25 DPR 600 del 1973 in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c., in quanto la Corte di Giustizia di secondo grado avrebbe omesso di pronunciarsi su alcuni dei motivi di appello formulati dalla stessa Agenzia, con riguardo alla natura fittizia delle ritenute applicate.
Il motivo di ricorso è infondato.
La motivazione della decisione impugnata non è affetta da alcun vizio di omessa pronuncia. Nella stessa è dato leggersi che ‘Questa Corte ritiene che, sebbene il portato motivazionale della sentenza impugnata sia affetto da evidente contraddittorietà, la stessa non vada riformata in considerazione del merito della vicenda. Va osservato, infatti, che il fulcro della questione riguarda l’asserita fittizietà di alcuni rapporti di lavoro e delle ritenute d’acconto subite dal contribuente in misura ritenuta anomala (45%-46%). Nel caso di specie, però, a differenza di altri casi trattati da questa Corte, il contribuente ha dimostrato l’esistenza del rapporto di lavoro esibendo decreto ingiuntivo del Tribunale di Locri n. 56/2018 passato in giudicato, ha fornito prova dei pagamenti tracciabili delle retribuzioni e la corrispondenza tra gli importi delle retribuzioni e gli importi previsti per le mansioni svolte dal contribuente. Tale quadro fattuale non è stato minimamente confutato dall’Agenzia che ha ricostruito le vicende, asseritamente fraudolente, di un gruppo facente capo al sig. COGNOME ma non ha fornito alcuna prova che tali comportamenti fraudolenti del gruppo abbiano
riguardato anche il rapporto lavorativo dell’odierno appellato (appellante incidentale)’.
In effetti, costituisce principio conformemente applicato da questa Corte, quello secondo cui non ricorre il vizio di omessa pronuncia ove la decisione comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione, da ritenersi ravvisabile quando la pretesa non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia, nel senso che la domanda o l’eccezione, pur non espressamente trattate, siano superate e travolte dalla soluzione di altra questione, il cui esame presuppone, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza.
Si è anche affermato che ‘è configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza’ (Cass. n. 12131 del 08/05/2023).
Orbene, appare evidente che nella specie i passaggi logici espressi dalla sentenza qui impugnata comportano il rigetto quantomeno implicito delle argomentazioni della parte appellante; essi si fondano sui seguenti punti essenziali:
vi è giudicato in merito all’esistenza del rapporto di lavoro fra il sig. COGNOME e la propria datrice di lavoro;
vi è prova dei pagamenti tracciabili delle retribuzioni del contribuente;
tali pagamenti corrispondono per importi a quanto previsto per le mansioni del contribuente medesimo;
d) non vi è alcuna prova che eventuali comportamenti fraudolenti commessi dal gruppo di imprese riconducibili al sig. COGNOME Domenico abbiano riguardato anche il rapporto di lavoro oggetto del giudizio.
In ogni caso, con riferimento al punto a) va in questa sede ribadito il principio per cui un decreto ingiuntivo non opposto acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso (da ultimo, Cass. n. 8937/2024).
Inoltre, le Sez. U, con sent. n. 10378 del 12/04/2019, hanno affermato che in tema di ritenuta di acconto, nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme, per le quali ha però operato le ritenute, il sostituito non è tenuto in solido in sede di riscossione, atteso che la responsabilità solidale prevista dall’art. 35 del d.p.r. n. 602 del 1973 è espressamente condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le ritenute.
In definitiva, non ravvisandosi la denunciata omissione di pronuncia ed apparendo comunque la motivazione, quantunque sintetica, non manifestamente illogica e, piuttosto, coerente con i principi in tema di onere della prova, il ricorso proposto deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Inoltre, poiché risulta soccombente la parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 – quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere le spese sostenute dal controricorrente, che liquida in Euro 950, oltre esborsi per Euro 200 e spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione