Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28669 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 28669  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/10/2025
NOME,
-resistente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. SICILIA -SEZ. STACCATA CALTANISSETTA, n. 2079/2022, depositata il 14/03/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22
ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Irpef – rimborso ritenuta su indennità di esproprio – ritardo PA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23294/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  Direttore pro  tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato ,
-ricorrente – contro
NOME COGNOME impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Caltanissetta il silenzio-rifiuto formatosi sull’ istanza di rimborso della ritenuta (pari ad 30.729,00 euro) operata dal  Comune di  Sommatino sulle  somme a lui corrisposte  a  titolo  di indennità per l’espropriazione di due terreni avvenuta con ordinanze n. 31 del 23 luglio 1987 e n. 95 del 21 ottobre 1988.
La C.t.p. accoglieva il ricorso richiamando il principio di diritto espresso da questa Corte d legittimità per il quale, sebbene ai fini del prelievo fiscale di cui all’art. 11 ,  comma 5 legge n. 413 del 1991 è sufficiente che la percezione della somma, che realizza una plusvalenza in dipendenza di procedimento espropriativo, sia successiva al l’entrata in  vigore  della  disposizione,  il  prelievo  resta  escluso  nel  caso  di ingiustificato ritardo della P.A. nel pagamento.
 L’RAGIONE_SOCIALE  impugnava  la  sentenza  e  la  C .t.r. rigettava l’appello confermando la sentenza impugnata. Ribadiva che sussistevano i presupposti per l’applicazione del principio di competenza e che il pagamento era avvenuto dopo l’entrata in vigore della disposizione citata solo a causa del ritardo della P.A, sicché, se questa  «avesse  rispettato  tempi  e  stima  dei  fondi» l’indennità  non sarebbe stata colpita da imposta.
Avverso detta sentenza l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione.
Il  contribuente,  a  mezzo  dei  suoi  difensori,  AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, ha depositato nota, intestata «memoria di  costituzione»  con  la  quale,  ha  dato  atto  di  non  aver  proposto tempestivo controricorso ma di essere interessato a conoscere la data dell’udienza fissanda, e gli ulteriori eventi del procedimento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo l’RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ .,  violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 11, commi 5, 6 e 7 legge n. 413 del 1991, per non avere la RAGIONE_SOCIALE. applicato il principio di cassa, riconosciuto invece dalla  consolidata  giurisprudenza  di  legittimità,  che  assoggetta  a tassazione e a ritenuta ogni pagamento che realizzi una plusvalenza, conseguito dopo l’entrata in vigore della nuova disposizione.
Osserva che se da un lato sussiste il principio secondo cui la plusvalenza non sarebbe imponibile nel caso di ingiustificato ritardo della P.A. nel suo pagamento, dall’altro lato detto ritardo deve riferirsi esclusivamente ad una fase meramente amministrativa e non anche ad una fase, solo eventuale, giurisdizionale, rispetto alla quale opera il diverso principio della ragionevole durata del processo con altri sistemi di tutela. Aggiunge che nella fattispecie, i giudici regionali non avevano tenuto conto del fatto che non vi era stato un ingiustificato ritardo nell’erogazione dell’indennità da parte della RAGIONE_SOCIALEA. in quanto la parte non aveva promosso il giudizio in sede civile per ottenere il pagamento di quanto dovuto ma al fine di ottenere una giusta stima dei fondi espropriati; che la Corte d’Appello di Caltanissetta, aveva emesso n. 2 sentenze (n. 29/99, notificata in forma esecutiva il 23.04.1999 e n. 72/2000, notificata in forma esecutiva il 16.05.2000), che avevano determinato l’importo dell’indennizzo ed avevano condannato il Comune di Sommatino al relativo pagamento. Deduce che i tempi relativi all’espletamento della funzione giurisdizionale non potevano essere computati al fine di motivare in ordine ad una presunto ed ingiustificato ritardo da parte dell a P.A. sulla liquidazione dell’indennità di esproprio e, conseguentemente, per giustificare la non imponibilità della medesima indennità.
Il motivo è infondato.
2.1. L’art. 11 legge n. 413 del 1991, confluito nell’art. 35 d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, stabilisce la tassazione, con una ritenuta del 20 per  cento,  applicata  dall’ente  espropriante  in  qualità  di  sostituto
d’imposta al momento del pagamento, RAGIONE_SOCIALE somme percepite a titolo di indennità di esproprio (o di cessione volontaria) a seguito di procedimento espropriativo; la norma, infatti, qualifica come plusvalenze, che costituiscono reddito imponibile e che concorrono alla formazione dei «redditi diversi» di cui all’art. t.u.i.r., non solo le indennità di espropriazione, ma anche le somme comunque dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni di urgenza, divenute illegittime relativamente ai terreni destinati ad opere pubbliche.
2.2. Per giurisprudenza consolidata, ai fini del prelievo fiscale di cui all’art. 11, comma 5, cit. è sufficiente che la percezione della somma sia avvenuta dopo l’entrata in vigore della legge anzidetta, a nulla rilevando che il trasferimento del bene sia intervenuto prima del 1° gennaio 1989. La Corte, infatti, ha chiarito che la disciplina transitoria di cui al comma 9 dell’art. 11 cit. che consente, con una parziale retroattività, la tassazione di plusvalenze percepite prima dell’entrata in vigore della legge, condizionandola, però, al fatto che nel triennio successivo al 31 dicembre 1988 siano intervenuti sia il titolo, fonte della plusvalenza, sia la percezione della somma -non si riferisce anche alle riscossioni di plusvalenze successive all’entrata in vigore della legge, le quali sono assoggettabili ad imposizione ai sensi dei commi 1, lett. f), e 5 della medesima disposizione, indipendentemente dalla data degli atti ablativi che ne hanno determinato la percezione (Cass. 20/01/2016, n. 910).
2.3.  La  Corte,  tuttavia,  senza  mettere  in  discussione  il  principio generale di cassa di cui alla norma citata, ha sottolineato la necessità di verificare se il medesimo, di natura giurisprudenziale, possa essere derogato in presenza di situazioni peculiari connotate da un ingiustificato  ritardo  da  parte  della  Pubblica  Amministrazione  nella corresponsione dell’indennità di esproprio, laddove il soggetto
espropriato possa avere subito un danno in conseguenza della modifica normativa nel frattempo intervenuta e che non avrebbe subito ove il pagamento fosse avvenuto nel termine «ragionevole» di definizione dei procedimenti amministrativi.
In particolare, con la sentenza n. 1429 del 2013, (cui si è uniformata la giurisprudenza successiva) fornendo un’interpretazione della legislazione nazionale conforme ai principi comunitari, si è escluso l’assoggettamento a tassazione della plusvalenza qualora il ritardo ascrivibile alla P.A. integri inadempimento. La Corte, quindi, ha affermato il principio di diritto secondo cui «qualora gli atti integranti il trasferimento cui consegue la plusvalenza, cioè, rispettivamente, il decreto di esproprio, la cessione volontaria o l’occupazione acquisitiva, siano intervenuti prima del 31 dicembre 1988, ma il pagamento sia intervenuto dopo l’entrata in vigore della legge n. 413 del 1991, la plusvalenza non è imponibile nel caso di ingiustificato ritardo della P.A. nel pagamento della plusvalenza»; La Corte ha, altresì posto in rilievo che una diversa interpretazione risulterebbe in contrasto con i principi costituzionali di: a) buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione (art. 97 Cost.); b) degli obblighi internazionali come limite generale di validità della legislazione statale e regionale (art. 117 Cost.); c) del giusto processo e della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.) (Cass. 25/05/2021, n. 14420 Cass. 04/08/2020, n. 16629, Cass. 12/01/2016, n. 265).
2.4. La  tesi  sostenuta  dall’A mministrazione,  secondo  la  quale  il ritardo rilevante sarebbe solo quello strettamente amministrativo e non quello  conseguente  alla  durata  del  processo  e,  in  particolare,  del processo con la quale la contribuente ha contestato la stima, non è condivisibile.
Questa Corte ha già evidenziato che un’ interpretazione della nuova disposizione, diversa da quella prospettata, si porrebbe in violazione,
oltre che del principio di buon andamento dell’Amministrazione e degli obblighi internazionali, anche del principio del giusto processo e della ragionevole durata del processo  (cfr. tra le più recenti, Cass. 11/07/2025, n. 19093). Così statuendo, evidentemente, questa Corte ha dato rilievo al ritardo dello Stato, in senso lato, comprensiva anche degli organi giurisdizionali.
Del resto, si è chiarito che detta soluzione è conforme anche alla giurisprudenza della Corte EDU, per la quale lo Stato va considerato quale apparato unitario che dal punto di vista internazionale ha «un solo volto» (raggruppando l’insieme di autorità cui l’ordinamento attribuisce il potere di emanare e di applicare le norme e i comandi con i quali lo Stato fa valere la sua supremazia) e che, dunque, ha il dovere di non vulnerare il diritto di proprietà e quello alla giustizia del processo per come tutelati dall’art. 6 Conv. EDU e dall’ art. 1 Prot. n. 1. In tal senso si è evidenziato come debba evitarsi che il contribuente, già danneggiato dal comportamento dilatorio della P.A., sia costretto a un ulteriore iter giudiziario davanti agli organi sovranazionali la fine di ottenere il risarcimento del danno, quando il medesimo risultato perseguito dall’interessato (c.d. bene della vita) può essergli riconosciuto in forza di una interpretazione convenzionalmente orientata della normativa nazionale, evitando, tra l’altro, l’eventuale apertura di procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano e ulteriori aggravi costituiti dalle spese per la difesa in giudizio davanti agli organi sovranazionali e nazionali (Cass. 04/04/2024, n. 9022).
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Non deve provvedersi sulle spese, stante la mancanza di attività difensiva dell’intimato .
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,
non si applica l’art. 13 comma 1quater , d.P.R., 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME