Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4736 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4736 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11830/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempre, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso LA SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA NAPOLI n. 5183/2020 depositata il 03/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il contribuente NOME COGNOME era inciso da avviso di accertamento ai fini Irpef sugli anni di imposta 2007 e 2008, in seguito ad indagini bancarie per movimentazioni su conti a lui riferibili: un conto bancario intestato alla coop. RAGIONE_SOCIALE -su cui il contribuente ha operato anche dopo aver dismesso la qualifica di legale rappresentante del sodalizio cooperativo- ed un conto postale a lui stesso intestato. Reagiva il privato protestando aver sempre agito nell’interesse della cooperativa, anche d opo essere cessato da ogni carica sociale, rilevando comunque trattarsi di somme a quella riferibili e non implicanti ripresa a tassazione nei suoi confronti.
Il giudice di prossimità apprezzava in parte le ragioni del contribuente e, sull’appello dell’Ufficio e del privato, ciascuno per i propri capi di soccombenza, la sentenza di primo grado veniva integralmente confermata per l’anno 2007, mentre la ripresa a tassazione veniva radicalmente annullata per l’anno 2008. Le due sentenze d’appello erano oggetto di ricorso per cassazione e sono state chiamate in discussione all’odierna adunanza.
Nel frattempo, l’Ufficio procedeva all’iscrizione a ruolo delle residue imposte, sulla base della sentenza d’appello, confermativa della parziale ripresa a tassazione per l’anno 2007, cui seguiva la comunicazione da parte dell’esattore della preventiva iscrizione ipotecaria.
Ricorreva la parte contribuente avanti il giudice di prossimità, protestando l’irritualità della procedura, affermando necessario un nuovo atto di liquidazione, ritenendo che le imposte iscritte eccedessero l’ammontare consentito per la riscossione frazion ata, calcolate sull’importo integrale per il 2007 e non sulla minore somma come rimodulata in primo grado e confermata in appello. L’Ufficio confermava lo sgravio integrale per il 2008 e ribadiva la legittimità per il 2007, calcolata sul residuo fissato in sentenza.
I gradi di merito erano favorevoli alla parte contribuente, donde ricorre il Patrono erariale, affidandosi ad unico motivo, cui replica il privato con tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
In via preliminare occorre prendere posizione sull’istanza di parte erariale per la riunione con i ricorsi rgn. 1905/2016 e n. 1906/2016. La riunione non è necessaria, procedendosi a trattazione congiunta di tutti e tre i ricorsi nella medesima e contestuale camera di consiglio.
Viene proposto unico motivo di ricorso.
Con l’unico motivo di ricorso si profila censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione falsa applicazione dell’articolo 68 del decreto legislativo numero 546 del 1992, nonché dell’articolo 77 del DPR numero 602 del 1973.
Nella sostanza si lamenta che il collegio di merito abbia richiesto nuovo atto di liquidazione dell’imposta, laddove le disposizioni speciali sulla riscossione frazionata nulla prevedono in materia, ponendosi invece come norma speciale derogatoria di ogni altra disciplina.
2. Il motivo è fondato e merita accoglimento.
Con orientamento consolidato, cui preme qui dare continuità, non vedendosi motivi per discostarsene, questa Suprema Corte di Legittimità ha statuito che in tema di riscossione frazionata dei tributi in pendenza del processo tributario, l’art. 68 del d.lgs. n. 546 del 1992, nella formulazione modificata dall’art. 29 del d.lgs. n. 472 del 1997, ha natura di regola generale, sicché è legittima l’iscrizione a ruolo e la riscossione delle somme, anche a titolo di sanzioni pecuniarie, in forza di sentenza della Commissione tributaria regionale pubblicata dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 472 del 1997, anche se il relativo giudizio sia iniziato nella vigenza del rito
disciplinato dal d.P.R. n. 636 del 1972 (così Cass. V, n. 5158/2020, cfr., in termini, n. 33581/2019; n. 27867/2018).
2.1. Devesi ribadire che il prefato articolo 68 si pone quale disposizione speciale, espressamente indicata come capace di derogare ad ogni altra disciplina di settore, donde l’Ufficio può procedere alla riscossione frazionata sull’importo fissato dalla sentenza di merito che rimodula il dovuto, in conformità alla natura di annullamento-merito rivestita dalla giurisdizione tributaria. Ed infatti, la natura impugnatoria accertatoria della giurisdizione tributaria, si riflette nel suo carattere misto oggettivo e soggettivo e muove da un atto introduttivo teso alla demolizione di un provvedimento amministrativo a contenuto impositivo al fine di accertare l’esatto perimetro dell’obbligazione tributaria, sicché resta preclusa al giudice di merito la cognizione di vizi del provvedimento non esplicitamente prospettati nel termine decadenziale fissato per la notifica del ricorso. (cfr. Cass. V, n. 10779/2007; n. 13742/2015; Cass.VI -5, n. 11223/2016; n. 15769/2017). Pertanto, il giudice tributario, nell’ambito di un processo a cognizione piena diretto ad una decisione sostitutiva tendente all’accertamento sostanziale del rapporto controverso, quando ravvisi l’infondatezza parziale della pretesa dell’Amministrazione, non deve, né può, limitarsi ad annullare “in toto” l’atto impositivo, ma deve accertare e quantificare entro i limiti posti dal “petitum” delle parti l’entità della pretesa fiscale, dandone un contenuto quantitativo diverso da quello sostenuto dai contendenti, avvalendosi degli ordinari poteri di indagine e di valutazione dei fatti e delle prove consentiti dagli artt. 115 e 116 c.p.c. in tal modo determinando l’ammontare effettivo delle imposte e delle sanzioni dovute dal contribuente, senza che ciò violi il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e senza che ciò costituisca attività amministrativa di nuovo accertamento, rappresentando invece soltanto l’esercizio dei poteri di controllo, di
valutazione e di determinazione del “quantum” della pretesa tributaria (cfr. Cass. V, n. 3080/2021).
In sede di esecuzione, poi, la parte privata ha lo spazio per contestare la quantificazione della (frazione della) somma iscritta a ruolo.
Pertanto, il ricorso è fondato, la sentenza dev’essere cassata con rinvio al giudice di merito, dove dovrà essere ricalcolato l’ammontare del dovuto alla luce degli interventi delle sentenze di merito sull’originario atto impositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania -Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 16/01/2025.