Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25469 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25469 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/09/2024
NOME COGNOME NOME COGNOME ROCCA COGNOME COGNOME NOME COGNOME
Presidente
Consigliere
Consigliere – COGNOME.
Consigliere
Consigliere ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 30355/2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO .
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al ricorso per cassazione.
Indirizzo Pec: EMAIL
– controricorrente –
Ud. 1/12/09/2024 C.C. PU R.G. 30355/2018 –
Cron. 17987/2019
R.G.N. 17987/2019
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della LIGURIA n. 713, depositata in data 7 giugno 2018, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto i ricorsi, riuniti, presentati dalla RAGIONE_SOCIALE, avverso le cartelle di pagamento emesse su iscrizione a ruolo frazionata in conseguenza RAGIONE_SOCIALE decisioni emesse dalla Commissione tributaria provinciale di La Spezia con cui erano stati rigettati i ricorsi relativi alle imposte accertate per le annualità dal 2002 al 2006, in conseguenza dell’intervenuta cance llazione dal RAGIONE_SOCIALE.
I giudici di secondo grado hanno dato atto che la Commissione tributaria regionale, con sentenza n. 61 del 14 febbraio 2013, passata in giudicato, aveva disposto la reintegrazione dell’RAGIONE_SOCIALE nel RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con effetti « ex tunc », e hanno rilevato l’intervenuta i nsussistenza della pretesa tributaria azionata dall’Ufficio in conseguenza della cancellazione dell’RAGIONE_SOCIALE dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, cancellazione che ormai doveva essere considerata « tamquam non esset »; inoltre, hanno evidenziato che l’Ufficio, nell’ambito del proprio potere di autotutela doveva procedere all’annullamento di quanto non dovuto, in forza del potere di revoca in presenza di atti infondati per una diversa valutazione RAGIONE_SOCIALE esigenze che erano alla base della emanazione degli atti medesimi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
L’RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
In via preliminare va disattesa l’eccezione di «improcedibilità» del ricorso per inesistenza della notifica eseguita alla parte personalmente presso la sede dell’RAGIONE_SOCIALE e non al difensore come da nomina in atti. In particolare, l’RAGIONE_SOCIALE aveva notificato il ricorso press o lo studio dell’AVV_NOTAIO in La Spezia, INDIRIZZO, in data 12 ottobre 2018, revocato, e successivamente (a seguito del rifiuto della notifica da parte del difensore) presso la sede sociale di NOME. In realtà, a decorrere dal 9 genna io 2018, l’RAGIONE_SOCIALE aveva nominato difensore l’AVV_NOTAIO , coma da atto di procura alle liti depositato nel fascicolo di secondo grado.
1.1 Ed invero, la notifica del ricorso per cassazione alla parte personalmente e non al suo procuratore non determina l’inesistenza ma la nullità della notificazione, sanabile ex art. 291, primo comma, cod. proc. civ., con la sua rinnovazione, oppure con l’intervenuta costituzione della parte destinataria, a mezzo del controricorso (così nel caso in esame), secondo la regola RAGIONE_SOCIALE dettata dall’art. 156, secondo comma, cod. proc. civ., applicabile anche al giudizio di legittimità (Cass., 17 ottobre 2017, n. 24450; Cass., 3 luglio 2014, n. 15236).
Va parimenti disattesa l’eccezione di inammissibilità ai sensi degli artt. 360 bis n. 1 e 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., sollevata dall’RAGIONE_SOCIALE controricorrente in relazione a tutti i motivi di ricorso, non essendo stato disatteso l’onere previsto dall’art. 366, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., che impone alla parte ricorrente, a pena d’inammissibilità, nel giudizio di cassazione, trattandosi di rimedio a critica vincolata, l’indicazione di motivi aventi caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata e di indicare puntualmente le norme di legge di cui intende lamentare la violazione,
di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente ad indicare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa officiosa che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. U., 28 ottobre 2020, n. 23745; Cass., 24 febbraio 2020, n. 4905).
3. Il primo motivo deduce il vizio di motivazione apparente e la nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 61 e 36, comma 2, n. 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992 e la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata non spiegava quale fosse il nesso tra la sentenza n. 61 del 14 febbraio 2013 e il giudizio in atto, né spiegava perché da tale sentenza derivava l’insussistenza de lla pretesa tributaria, in tal modo impedendo la comprensione di quali questioni di fatto e/o di diritto la Commissione avesse preso in esame e su quali elementi di legittimità e di merito avesse fondato la propria decisione.
3.1 Il motivo è infondato.
3.2 Va osservato, con la giurisprudenza di questa Corte, che, dovendo l’obbligo motivazionale ritenersi compiutamente adempiuto allorché per mezzo della concisa esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione venga ad essere illustrato il percorso motivazionale che ha indotto il giudice a regolare la fattispecie al suo esame mediante la norma di diritto applicata, viene al contrario meno all’obbligo in parola – e si mostra perciò viziata dal difetto di motivazione apparente o di mancanza della motivazione – la decisione nella quale «il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo
sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass., 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., 5 agosto 2019, n. 20921; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105).
3.3 Più specificamente in base alla costante giurisprudenza di legittimità, la «motivazione apparente» ricorre allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente – come parte del documento in cui consiste la sentenza (o altro provvedimento giudiziale) – non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché esibisce argomentazioni obiettivamente inidonee a far riconoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento e, pertanto, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. U. 22 settembre 2014, n. 19881).
3.4 Così delineati i principi statuiti da questa Corte, la censura svolta dal motivo non appare fondata, dal momento che dalla lettura della sentenza impugnata risultano chiaramente esposte, anche se in forma concisa, le ragioni della decisione, avendo i giudici di secondo grado affermato che poiché la pretesa tributaria in esame era stata azionata in conseguenza della cancellazione dell’RAGIONE_SOCIALE dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dato che tale cancellazione doveva ritenersi venuta meno, giusta sentenza RAGIONE_SOCIALE Commissione tributaria regionale n. 61 del 14 febbraio 2013, anche la pretesa tributaria doveva ritenersi insussistente e che l’Ufficio, nell’esercizio del potere di autotutela, doveva procedere all’annullamento di quanto dovuto.
3.5 Risulta, pertanto, evidente che la decisione impugnata assolve in misura adeguata al requisito di contenuto richiesto dalle disposizioni di legge di cui il ricorso lamenta la violazione, attesa l’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione, sufficiente ad evidenziare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione.
4. Il secondo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e 295 cod. proc. civ. e dell’art. 7 del TUIR, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ..La sentenza impugnata si poneva in contrasto con i principi del c.d. «giudicato esterno», rimanendo affetta anche dal vizio indicato in rubrica, non applicabili nel caso in esame. Ed infatti, la sentenza n. 61/04/2013 aveva annullato il provvedimento di cancellazione dall’RAGIONE_SOCIALE (con conseguente reintegro dell’RAGIONE_SOCIALE in tale RAGIONE_SOCIALE), ma la medesima sentenza non poteva essere invocata per giustificare l’annullamento di cartelle di pagamento generate da pretese impositive ormai definitive (sentenze di secondo grado passate in giudicato in data 8 ottobre 2012) e cristallizzate, né per l’annullamento degli atti impositivi recanti tali pretese. Il fondamento degli atti impositivi emessi dall’ufficio nei confronti di NOME non risiedeva nel provvedimento di cancellazione dall’anagrafe RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, bensì nelle irregolarità e violazioni riscontrate in merito al mancato assolvimento degli obblighi contabili derivanti dall’esercizio dell’attività commerciale e all’accertamento di maggiori redditi prodotti nell’esercizio di tale attività.
4.1 Il motivo è inammissibile, perché non si confronta con il contenuto della sentenza impugnata, che non ha fatto applicazione dei principi dettati in tema di giudicato esterno, ma ha, come già detto, affermato che poiché la pretesa tributaria in esame era stata azionata a seguito della cancellazione dell’RAGIONE_SOCIALE dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, venuta meno tale cancellazione, giusta sentenza RAGIONE_SOCIALE Commissione tributaria regionale n. 61 del 14 febbraio 2013, anche la pretesa tributaria doveva ritenersi insussistente.
Il terzo mezzo deduce, la violazione e falsa applicazione degli artt. 68, comma primo, lettera a) del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 19, primo comma, del decreto legislativo n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. A seguito RAGIONE_SOCIALE sentenze della Commissione tributaria provinciale della
Spezia del 2010 favorevoli all’RAGIONE_SOCIALE (sentenze 109/04/10; 110/04/10; 111/04/10; 112/04/10; 113/04/10; 114/04/10; 115/04/10; 116/04/10), l’Ufficio aveva emesso le due cartelle di pagamento impugnate, che recavano le iscrizioni provvisorie dei tributi, con i relativi interessi, risultanti da 7 diversi avvisi di accertamento e da un atto di irrogazione sanzioni (notificati in data 25 maggio 2009), iscrizioni effettuate ai sensi dell’art. 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 19, primo comma del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. L’Ufficio aveva operato in ossequio dell’art. 68, primo comma, lett. a), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 19, primo comma del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, iscrivendo a ruolo i 2/3 RAGIONE_SOCIALE somme dovute, in quanto tale iscrizione frazionata prescindeva dalla sussistenza di ulteriori gravami. Le sentenze di primo grado avevano trovato conferma nelle sentenze nn. 13, 14, 15, 16, 17, 18 e 19 del Giudice d’appel lo, depositate in dato 23 febbraio 2012 e passate in giudicato in data 8 ottobre 2012, fatta eccezione per la sentenza n. 110/04/2010, pronunciata dal Giudice di primo grado sul ricorso avverso l’accertamento relativo alle ritenute alla fonte n. P_IVA, relativo all’anno d’imposta 2005, che aveva trovato nella sentenza del Giudice regionale n. 97/02/2017 un esito favorevole all’RAGIONE_SOCIALE e che l’Ufficio aveva impugnato con ricorso per cassazione del 19 aprile 2017, pendente.
5.1 Il motivo è fondato.
5.2 Nel caso di specie, vertendosi in tema di riscossione frazionata del credito tributario in pendenza di giudizio, si deve avere riguardo alla regola RAGIONE_SOCIALE contenuta nell’art. 68 del decreto legislativo n. 546 del 1992 nella sua formulazione ratione temporis vigente, che prevede che: « Anche in deroga a quanto previsto nelle singole leggi d’imposta, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni, il tributo, con i relativi interessi
previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato: a) per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso; b) per l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso; c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale. Per le ipotesi indicate nelle precedenti lettere a), b) e c) gli importi da versare vanno in ogni caso diminuiti di quanto già corrisposto ».
5.3 Ancora l’art. 19, primo comma, del decreto legislativo n. 472 del 1997 prevede che « In caso di ricorso alle commissioni tributarie, anche nei casi in cui non è prevista riscossione frazionata si applicano le disposizioni dettate dall’articolo 68, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante disposizioni sul processo tributario ».
5.4 Questa Corte, in proposito, ha evidenziato come, a seguito di tale ultima previsione, il citato art. 68 sia divenuto la regola RAGIONE_SOCIALE in tema di riscossione frazionata nella fase relativa alla pendenza del processo tributario (Cass., 12 novembre 2010, n. 22997; Cass., 19 giugno 2011, n. 12791) e, più di recente, che l ‘art. 68 del decreto legislativo n. 546 del 1992 regola la riscossione frazionata del tributo nella fase relativa alla pendenza del processo tributario, a differenza dell’art. 15, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, che, invece, concerne, nell’ambito della disciplina dell’iscrizione nei ruoli in base ad accertamenti non definitivi, la riscossione del tributo nella fase amministrativa (Cass., 31 ottobre 2018, n. 27803; Cass., 1 aprile 2021, n. 9064; Cass., 13 gennaio 2023, n. 900).
5.5 Dunque, la riscossione frazionata dei tributi in pendenza del processo, prevista dall’art. 68 del decreto legislativo n. 546 del 1992, presuppone la pronuncia nel corso RAGIONE_SOCIALE stesso di una sentenza,
sebbene non ancora definitiva, solo a seguito dell’emanazione della quale, pertanto, decorre il termine per l’esercizio dell’attività di riscossione (Cass., 19 dicembre 2018, n.32794); si tratta di un regime (quello della riscossione frazionata in pendenza di giudizio, a norma dell’art. 68 del decreto legislativo n. 546 del 1992, a seguito di sentenze intermedie favorevoli all’amministrazione finanziaria) che non realizza in via definitiva la pretesa tributaria, ma opera sul piano meramente anticipatorio e interinale degli effetti di un accertamento giudiziale ancora « in itinere » (Cass., 16 settembre 2021, n. 25014).
5.6 Con specifico riferimento, poi, alle sanzioni, questa Corte ha precisato che « In riferimento alla riscossione frazionata di sanzioni, a norma dell’art. 68, commi 1 e 2, del D.gs. n. 546 del 1992, nella formulazione vigente dal 1° aprile 1998, a seguito dell’intervento abrogativo dell’art. 29 del D.Lgs. n. 472 del 1997, riguardante proprio le sanzioni pecuniarie, l’applicazione RAGIONE_SOCIALE medesime, in caso di esecuzione frazionata, può avvenire anche antecedentemente al passaggio in giudicato della sentenza che ad esse si riferisca » (Cass., 19 dicembre 2018, n., 32794).
5.7 Infine, in tema di riscossione dei tributi, l’iscrizione a ruolo e la cartella di pagamento divengono illegittime a seguito della sentenza che, accogliendo il ricorso proposto dal contribuente, annulla l’atto impositivo da esse presupposto, poiché tale pronuncia fa venir meno, indipendentemente dal suo passaggio in giudicato, il titolo sul quale si fonda la pretesa tributaria, privandola del supporto dell’atto amministrativo che la legittima ed escludendo quindi che essa possa formare ulteriormente oggetto di alcuna forma di riscossione provvisoria (Cass., 17 dicembre 2019, n. 33318) e l’iscrizione provvisoria a ruolo, ai sensi dell’art. 68 del decreto legislativo n. 546 del 1992, deve ritenersi «travolta» nel caso in cui la sentenza, sulla base della quale quell’iscrizione è stata eseguita, sia stata riformata o cassata da decisioni della commissione regionale o della Corte di
Cassazione, indipendentemente dall’impugnazione del ruolo stesso o dall’intervenuto pagamento della somma iscritta a ruolo, in considerazione dell’effetto espansivo esterno della sentenza di riforma o di cassazione, ai sensi dell’art. 336, comma 2, cod. proc. civ. (Cass., 28 novembre 2018, n. 30775).
5.8 Ciò posto, nel caso di specie, risulta dallo stesso ricorso che le due cartelle esattoriali sono state emesse, previa iscrizione a ruolo, in esecuzione RAGIONE_SOCIALE sentenze di primo grado emesse nel 2010 dalla Commissione tributaria provinciale di La Spezia e, dunque, trova applicazione la norma del l’art. 68 del decreto legislativo n. 546 del 1992, che regola, per l’appunto, la riscossione frazionata del tributo nella fase relativa alla pendenza del processo tributario; tuttavia la Commissione tributaria regionale non ha fatto corretta applicazione dei principi suesposti, perché non ha tenuto conto del principio che, in tema di riscossione dell’imposta in pendenza di giudizio, gli atti impositivi sono oggetto, nei casi previsti, di una riscossione frazionata del quantum in essi definito, in misura determinata dalla legge e differente a seconda della definizione del rispettivo grado di giudizio e ha, per converso, affermato che l’Ufficio, nell’ambito del proprio potere di autotutela doveva procedere all’annullamento di quanto non dovuto, in forza del potere di revoca in presenza di atti infondati per una diversa valutazione RAGIONE_SOCIALE esigenze che erano alla base della emanazione degli atti medesimi.
6. Per le ragioni di cui sopra, va accolto il terzo motivo di ricorso; va rigettato il primo e dichiarato inammissibile il secondo; la sentenza impugnata va cassata e la causa deve essere rinviata, in relazione al motivo accolto, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 12 settembre 2024.