Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19275 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19275 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
Silenzio rifiuto – IRPEF – 2012
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20403/2017 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo sito in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata ex lege .
-resistente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 227/2017, depositata in data 3 febbraio 2017.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME impugnava il silenzio diniego sulla propria richiesta di rimborso della ritenuta fiscale IRPEF indebitamente ritenuta su una somma liquidata a titolo di risarcimento danno. In particolare, la stessa contribuente aveva convenuto in giudizio il Ministero dell’Università e della ricerca per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno patrimoniale a seguito di una serie
di contratti a tempo determinato, più volte reiterati e mai convertiti a tempo indeterminato.
La C.t.p. di Caserta, con sentenza n. 4426/2015, accoglieva il ricorso dichiarando non tassabili le somme corrisposte a titolo di risarcimento del danno derivante dalla stipulazione dei contratti, mentre lo rigettava limitatamente alle trattenute effettuate sugli importi corrisposti a titolo di differenze stipendiali.
Contro tale sentenza proponeva appello il l’Ufficio dinanzi alla C.t.r. della Campania; la contribuente si costituiva in giudizio ritenendo l’inammissibilità dell’appello.
La C.t.r. della Campania, con sentenza n. 927/2017, depositata in data 3 febbraio 2017, accoglieva l’appello dell’Ufficio.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Campania, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. L’Agenzia delle Entrate ha depositato nota scritta co al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza ai sensi dell’art. 370, primo comma, cod. proc. civ.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 6 giugno 2025.
Considerato che:
1.1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 132 cod. proc. civ. per omessa pronuncia. Violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.», la contribuente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso la disamina dell’inammissibilità dell’appello erariale in assenza di specifici motivi enucleati.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ., in riferimento alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ.m in relazione all’art. 53 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. Violazione
e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.», la contribuente lamenta l’error in iudicando per le censure declinate nel motivo precedente.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, secondo comma, d.p.r. 22 dicembre e 1986, n. 917, anche in relazione all’art. 51, primo comma, d.p.r. n. 917/1986. Violazione per erronea e/o falsa applicazione dell’art. 1223 cod. civ.. Travisamento in punto di fatto e diritto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.», la contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha diritto alla progressione professionale retributiva ed a percepire le differenze stipendiali maturate in ragione dell’anzianità di servizio e non anche quella ove viene espressamente sancito il diritto al risarcimento per la indebita reiterazione dei contratti a termine.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «illegittimità per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.», la contribuente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha valutato gli importi derivanti dalla illegittima reiterazione di contratti a termine oltre il termine consentito dalla legge, a titolo di risarcimento danni.
Il primo ed il secondo motivo, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione e stante l’affinità delle critiche sollevate, sono infondati.
2.1. Va qui richiamato l’orientamento giurisprudenziale (Cass. 26/05/2022, n. 17011) secondo, pur in assenza di specifica argomentazione, non è configurabile un vizio di omessa pronuncia o motivazione, dovendosi ritenere implicita la statuizione di rigetto ove la pretesa o l’eccezione non espressamente esaminata non
risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia.
Ancora, « Non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto.» (Cass. 04/06/2019, n. 1525).
2.2. Nella fattispecie in esame, la C.t.r., nel decidere sul merito, riconoscendo che gli importi in questione avevano natura di riparare la perdita di un reddito e non risarcitoria, implicitamente ha rigettato l’eccezione processuale di inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi.
Il terzo ed il quarto motivo, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione e stante l’affinità delle critiche sollevate, sono fondati.
3.1. In punto di diritto, sul precipuo punto del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative a mente dell’art. 36 comma 5, d.lgs. n. 165/2001, questa Corte a Sezioni unite, con il noto arresto n. 5072 del 15/03/2016, ha stabilito che ‘In materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista dall’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, va interpretata in conformità al canone di effettività della tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), sicché, mentre va escluso – siccome incongruo il ricorso ai criteri previsti per il licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui all’art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”,
determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne derivi una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l’indennità forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo, invece, agevola l’onere probatorio del danno subito’.
3.2. Ciò posto e, stabilito che la illegittima reiterazione dei contratti a termine deve essere sanzionata con il risarcimento del danno conseguentemente subito, il relativo importo, che si ripete concreta misura risarcitoria, non può essere ricondotto al ristoro per le mancate retribuzioni eventualmente non percepite.
Sul punto, costituisce principio giurisprudenziale pacifico quello secondo cui, in tema di imposte sui redditi, in base all’art. 6, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette ad imposizione qualora risultino destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi, mentre non costituiscono reddito imponibile nella diversa ipotesi in cui esse tendano a ristorare un pregiudizio di natura diversa (Cass. 26/04/2017, n. 10244; Cass. 05/05/2022, n. 14329; Cass. 27/03/2023, n. 8615 del 27/03/2023; Cass. 08/07/2024, n. 18624).
3.3. Venendo al caso di specie, la ricorrente asserisce che l’importo in questione è stato accordato a titolo risarcitorio e dunque non è soggetto all’imposizione sul reddito delle persone fisiche; più in particolare gli importi accordati a titolo di risarcimento fanno parte del reddito imponibile solo se e nei limiti in cui abbiano la funzione di reintegrare un danno che consiste nella mancata percezione di redditi (cosiddetto principio sostitutivo) non è invece tassabile ogni risarcimento inteso a riparare un pregiudizio di natura diversa da quella reddituale.
Tale accertamento, assolutamente obliterato nella pronuncia impugnata, non costituisce compito della Corte di cassazione la
quale non può procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito (Cass. 12/02/2008, n. 3267), dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; ciò che nel caso di specie non è dato riscontrare. Nella motivazione manca ogni argomentare sulla circostanza se la somma ha funzione sostitutiva di redditi di lavoro (cioè va a ristorare il danno derivante dalla mancata percezione di retribuzioni) oppure ha natura meramente risarcitoria per danno non patrimoniale, nel qual caso -soltanto non è imponibile. Invero, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997 ha sostenuto che le somme erogate a titolo risarcitorio sono tassabili soltanto se hanno funzione sostitutiva del reddito.
4. In conclusione, vanno accolti il terzo ed il quarto motivo di ricorso e, rigettati i restanti, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso e, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 6 giugno 2025.