Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25252 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25252 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17630/2019 R.G. proposto da :
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna n. 460/2018 depositata il 13/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto registrato il 13 ottobre 2003 NOME COGNOME, nell’ambito di una procedura di espropriazione per pubblica utilità, cedeva bonariamente alla RAGIONE_SOCIALE un terreno di mq. 28175 sito in Forlimpopoli al prezzo di euro 324.013,00. Nel medesimo atto era previsto il pagamento in favore dello COGNOME di euro 681.056 a titolo di indennizzo per le seguenti causali: la perdita del requisito di imprenditore agricolo; il costo delle pratiche relative al cambio di destinazione d’uso dell’immobile rimasto di proprietà del venditore;
la serra e l’impianto di riscaldamento; a titolo di ristoro di “danno biologico”.
Tale indennizzo veniva percepito negli anni 2003 e 2004 ed il contribuente ometteva di indicarne le relative somme nella dichiarazione dei redditi.
Con avviso di accertamento ritualmente notificato l’Agenzia recuperava a tassazione il predetto importo ai fini Irpef 2004, qualificandolo come “reddito di natura fondiaria non determinabile catastalmente” ex art. 81 (ora art. 67) Tuir.
La CTP di Forlì accoglieva il ricorso del contribuente ed annullava l’avviso di accertamento.
La CTR dell’Emilia -Romagna, in riforma della sentenza di primo grado, con la sentenza 121/6/2010 depositata il 17 dicembre 2010, accoglieva l’appello dell’Agenzia e confermava integralmente l’avviso di accertamento impugnato.
La CTR, per quanto qui ancora rileva, premesso che le somme percepite a titolo di indennità di esproprio erano tassabili ex art. 11 L. 413/1991, affermava che, per le rimanenti somme, percepite dal contribuente a titolo di risarcimento dei danni, andava senz’altro applicato l’art. 67 Tuir, in forza del quale deve ritenersi sottoposto a tassazione qualunque emolumento derivante dalla cessione del terreno e che non sia connaturato alla rendita agraria o fondiaria.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione, con tre motivi, il contribuente.
7.1. Questa Corte accoglieva il secondo e terzo motivo di ricorso, affermando: – che la CTR aveva erroneamente valutato la natura delle somme percepite a vario titolo dal contribuente, ma che la stessa CTR riconosce aventi tutte natura risarcitoria, ritenendo senz’altro applicabile la disposizione, di carattere residuale, di cui all’art. 81 lett. e) (ora 67) Tuir, relativa a redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente, vale a dire quei redditi immobiliari che non devono essere iscritti in catasto o derivanti da terreni dati
in affitto per usi non agricoli; – che non appariva al riguardo condivisibile, considerata l’ampia formulazione dell’art. 6 Tuir, la statuizione della sentenza impugnata, che, nell’escludere l’applicabilità di detta disposizione, aveva affermato che la distinzione tra danno emergente e lucro cessante, posta da detta norma, nel caso di specie non era configurabile; – che, come questa Corte ha già affermato, al contrario, in tema di imposte sui redditi, in base all’art. 6, comma 2, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (nel testo applicabile “ratione temporis”), le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a imposizione soltanto se, e nei limiti in cui, risultino destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi, mentre non costituiscono reddito imponibile nell’ipotesi in cui esse tendano a riparare un pregiudizio di natura diversa (Cass. 29579/2011); – che la CTR, al contrario, pur attribuendo a dette somme natura risarcitoria, ha affermato la riconducibilità dell’importo in contestazione alla categoria dei “redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente”, di cui all’ art. 81 lett. e) (adesso 67) ed ha erroneamente escluso l’applicabilità dell’art. 6 comma 2 Tuir; che di conseguenza ha omesso di distinguere, nell’ambito degli emolumenti corrisposti al contribuente, la componente riconducibile al mancato guadagno soggetta a tassazione, dal c.d. “danno emergente”, che dalla tassazione deve invece ritenersi escluso.
La sentenza veniva pertanto cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa ad altra sezione della CTR dell’EmiliaRomagna.
Riassunta la causa ad opera del contribuente, la Commissione regionale, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva il ricorso originario del contribuente, annullando l’atto impugnato.
Avverso la predetta sentenza ricorre l’Agenzia delle entrate con tre motivi e resiste il contribuente con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. la «Nullità della sentenza per motivazione contraddittoria, in violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4 del D.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 132 c.p.c.».
Deduce l’Amministrazione ricorrente che l a sentenza impugnata si basa su affermazioni contraddittorie e obiettivamente incomprensibili, che non consentono di ricostruire con certezza il decisum del giudice, con particolare riferimento alla distinzione tra somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio, destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi, e dunque tassabili, e somme che costituiscono reddito imponibile nell’ipotesi in cui esse tendano a riparare un pregiudizio di natura diversa.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 384 c.p.c. Allega l’Agenzia delle entrate che, s ebbene non risulti possibile ripercorrere con certezza l’iter logico-giuridico seguito dai giudici per pervenire alla propria decisione, può nondimeno affermarsi che la decisione è comunque errata in quanto non si è uniformata alle indicazioni contenute nella sentenza della Corte di Cassazione, con conseguente violazione delle norme che regolano la tassazione delle voci del risarcimento del danno.
Con il terzo strumento di impugnazione, si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, comma 2, Tuir, dell’art. 1223 c.c.
I primi due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente, in quanto, strettamente connessi, entrambi prospettano vizi di nullità della sentenza, sono fondati, con assorbimento del terzo motivo.
4.1. Con la sentenza di rinvio n. 9181/2016 questa Corte ha rilevato come la CTR dell’Emilia -Romagna, pur attribuendovi natura risarcitoria, ha affermato la riconducibilità dell’importo in
contestazione alla categoria dei “redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente”, di cui all’art. 81 lett. e) (adesso 67) ed ha erroneamente escluso l’applicabilità dell’art. 6 comma 2 Tuir; di conseguenza ha omesso di distinguere, nell’ambito degli emolumenti corrisposti al contribuente, la componente riconducibile al mancato guadagno soggetta a tassazione dal c.d. “danno emergente”, che dalla tassazione deve invece ritenersi escluso. A tale proposito, giova ribadire che «In tema di classificazione dei redditi ex art. 6, comma 2, TUIR, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a imposizione soltanto se, e nei limiti in cui, risultino destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi (cd. lucro cessante), e non costituiscono reddito imponibile nell’ipotesi in cui esse tendano a riparare un pregiudizio di natura diversa (cd. danno emergente)» (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14329 del 05/05/2022).
4.2. La CTR, nella sentenza qui impugnata, ha reiterato il medesimo errore, omettendo qualsiasi scrutinio delle diverse voci dell’indennizzo corrisposto al contribuente, come invece era stato richiesto da questa Corte al fine di poterne affermare la natura di lucro cessante ovvero di danno emergente. I giudici del rinvio, infatti, si sono limitati ad affermare, che le somme percepite dal sig. COGNOME «hanno natura risarcitoria per reintegrare il patrimonio del contribuente dalla perdita subita per cui, non rientrando nelle ipotesi di mancato guadagno, esse si da definirsi nell’ambito del lucro cessante, non assumono rilevanza reddituale. È, pertanto, la perdita economica del contribuente che è stata risarcita, a nulla valendo in contrario opposte ragioni, motivi e conclusioni che pertanto si respingono integralmente. Il danno emergente è pertanto stato risarcito senza, però, che da tale attività possa nascere un potere impositivo da parte dell’Ufficio». 4.3. Tali asserzioni risultano, inoltre, viziate anche sotto il profilo motivazionale, rammentandosi che, come affermato da
giurisprudenza costante di questa Corte, (Cass. VI-5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.
5. In conclusione, assorbito il terzo motivo, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Emilia-Romagna affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, in particolare verificando, con riguardo alle singole voci, se le somme ricevute dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a imposizione in quanto destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi (cd. lucro cessante), ovvero non costituiscono reddito imponibile nell’ipotesi in cui esse tendano a riparare un pregiudizio di natura diversa (cd. danno emergente). Il giudice del rinvio dovrà inoltre provvedere alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10/09/2025.