Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6018 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6018 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 06/03/2025
Agenzia delle Entrate;
-intimata – avverso la sentenza n. 4001/2018, depositata il 26 settembre 2018, della Commissione tributaria regionale della Lombardia;
e
sul ricorso iscritto al n. 3914/2021 R.G. proposto da Agenzia delle Entrate (c.f.: 06363391001), in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (c.f.:
Registro Invim Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4165/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (c.f. NUMERO_DOCUMENTO), in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (cf. CODICE_FISCALEEMAIL), che la rappresenta e difende;
-ricorrente – contro
P_IVA), presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO ope legis domicilia (p.e.c.: EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (c.f. 97591640152), in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (cf. CODICE_FISCALEEMAIL), che la rappresenta e difende;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1384/2020, depositata il 29 giugno 2020, della Commissione tributaria regionale della Lombardia; svolta, nella camera di consiglio dell’otto
udita la relazione delle cause ottobre 2024, dal Consigliere dott. NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. -con sentenza n. 4001/2018, depositata il 26 settembre 2018, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha accolto l’appello proposto dall’ Agenzia delle Entrate avverso la decisione di prime cure che, diversamente pronunciando, aveva accolto l’impugnazione di un avviso di liquidazione (n. NUMERO_DOCUMENTO) dell’imposta di registro emesso dietro riqualificazione, quale cessione di azienda, di plurimi atti culminati in una cessione (totalitaria) di quote sociali;
1.1 -il giudice del gravame ha considerato che:
«La ricostruzione documentale della sequenza cronologica degli atti giuridici formalizzati dalle parti è la seguente:
09.03.2011: costituzione della RAGIONE_SOCIALE da parte della RAGIONE_SOCIALE che ne ha sottoscritto l’intero capitale di € 10.000 (100% delle quote);
23.05.2011: l’assemblea straordinaria della RAGIONE_SOCIALE delibera l’aumento del capitale della RAGIONE_SOCIALE da € 10.000 a € 1.000.000, mediante conferimento del ramo d’azienda in questione;
27.05.2011: la RAGIONE_SOCIALE conferisce nella newco RAGIONE_SOCIALE il ramo di azienda in discussione, costituito dalla attività di importazione/distribuzione in Italia dei veicoli e pezzi di ricambio a marchio RAGIONE_SOCIALE, sulla base di una perizia asseverata che ha valutato il valore del ramo d’azienda conferito in non meno di € 16.900.000;
01.06.2011 la RAGIONE_SOCIALE (divenuta RAGIONE_SOCIALE) cede alla RAGIONE_SOCIALE l’intero capitale della newco RAGIONE_SOCIALE per € 16.275.234,39.»;
la sequenza negoziale in discorso era stata correttamente riqualificata dall’Agenzia delle Entrate ai sensi del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, in quanto si trattava di «interpretare correttamente la sostanza della operazione posta in essere dalle parti, ai fini della quantificazione dell’imposta di registro, anche alla luce del collegamento funzionale fra più atti e negozi giuridici, tutti unitariamente diretti alla realizzazione degli effetti giuridici sostanziali veramente voluti dalle parti»;
1.2 – RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di cinque motivi;
-l’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva ;
-con sentenza n. 1384/2020, depositata il 29 giugno 2020, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello proposto dall’ Agenzia delle Entrate avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione di un avviso di rettifica e liquidazione recante rideterminazione, ai fini delle imposte di registro ed ipocatastali, del valore di beni aziendali oggetto di cessione;
2.1 -a fondamento del decisum , il giudice del gravame ha rilevato che:
«con Sentenza n. 8521/35/2016, pronunciata in data 12/05/2016 e depositata in data 10/11/2016 la stessa Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha annullato il medesimo avviso di liquidazione n. 20111T006210000, notificato alla società in data 03/12/2013, presupposto dell’atto impugnato con il ricorso introduttivo», così che -trattandosi di sentenza «divenuta definitiva con effetti esecutivi, per mancata impugnazione» – i relativi effetti «non possono essere sospesi»;
-per di più, l’appello doveva ritenersi inammissibile « per assenza di specifici motivi di impugnazione della Sentenza di primo grado» e in quanto non erano «stati riproposti nella presente sede d’appello gli assunti a supporto della legittimità della pretesa tributaria contenuta nell’avviso di rettifica e liquidazione n. 20111T006210000, di talché manca l’effetto devolutivo dell’atto d’appello»;
2.2 -l’ Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi;
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, ed ha depositato memoria.
Considerato che:
-il ricorso iscritto al n. 4165/2019 di R.G. espone i seguenti motivi:
1.1 -il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37bis , comma 4, al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52bis , alla l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, sull’assunto che illegittimamente il giudice del gravame aveva ritenuto che -avuto riguardo allo specifico contenuto dell’avviso di liquidazione che evocava un’elusione
dell’imposta di registro l’attività dell’amministrazione non implicasse il previo contraddittorio endoprocedimentale col contribuente;
1.2 -col secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, deducendo, in sintesi, che gli effetti giuridici dell’atto di cessione di quote sociali non potevano ascriversi ai (diversi) effetti giuridici correlati alla cessione di un ramo di azienda;
1.3 -il terzo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, e della l. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), sull’assunto che, contrariamente a quanto rilevato dal giudice del gravame, a detta disposizione -che innovava il contenuto prescrittivo dell’art. 20, cit. -doveva riconoscersi una naturale efficacia retroattiva, così come del resto espressamente disposto dalla l. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 1084;
1.4 -il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., reca la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. avendo il giudice del gravame omesso di pronunciare sul motivo di ricorso col quale si era dedotta l’erronea qualificazione, come complementare piuttosto che suppletiva, dell’imposta di registro liquidata;
1.5 -col quinto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 23, deducendo che, a seguito dell’operata riqualificazione dell’atto negoziale, gravava sull’amministrazione l’onere di rideterminare le diverse aliquote applicabili in relazione ai beni che avevano formato oggetto della cessione di ramo aziendale;
-il ricorso iscritto al n. 3914/2021 di R.G. è articolato sui seguenti motivi:
2.1 – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Agenzia denuncia nullità della gravata sentenza per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, e degli artt. 112, 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., assumendo, in sintesi, che -recependo acriticamente il decisum di prime cure, per di più senza dar conto del motivo di gravame proposto -l’impugnata sentenza aveva definito il giudizio sulla base di una motivazione apparente in quanto fondata su ragioni inconsistenti, vaghe e generiche;
2.2 -il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione dell’art. 2909 cod. civ., e dell’art. 124 d.a. cod. proc. civ., deducendo la ricorrente che:
la sentenza (n. 8521/35/2016) resa dalla Commissione tributaria provinciale di Milano non era affatto passata in cosa giudicata siccome oggetto di impugnazione davanti alla Commissione tributaria regionale della Lombardia che, oltretutto, con sentenza n. 4001/19/2018 aveva accolto l’appello di essa esponente;
la stessa controparte processuale non aveva contestato il motivo di appello che involgeva la pendenza del giudizio di gravame avverso detta pronuncia della Commissione tributaria provinciale di Milano;
-non sussisteva, pertanto alcun definitivo annullamento dell’avviso di liquidazione che, in effetti, costituiva atto presupposto di quello in contestazione tra le parti, in quanto volto alla riqualificazione della fattispecie sottoposta a tassazione (in termini di cessione di ramo di azienda) e sulla cui base era stata rettificata la base imponibile dei tributi col conseguente avviso di liquidazione in contestazione tra le parti;
2.3 -col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, assumendo che avverso la decisione di prime cure era stato articolato specifico motivo di impugnazione -che involgeva l’insussistenza di un giudicato sulla pronuncia di annullamento dell’atto presupposto (oggetto di impugnazione in appello) -e che -risultando decisa una questione pregiudiziale di merito -con lo stesso motivo di impugnazione era stata richiesta la riforma della sentenza impugnata, così che alcun ulteriore onere di riproposizione avrebbe potuto rilevarsi a fronte della richiesta conferma di legittimità dell’atto impositivo;
– i due ricorsi, seppur relativi a distinte pronunce rese dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, vanno riuniti per evidenti ragioni di connessione;
come, difatti, statuito dalla Corte, secondo un consolidato orientamento interpretativo, la riunione delle impugnazioni, obbligatoria, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., ove investano lo stesso provvedimento, può essere altresì disposta facoltativamente, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro provvedimenti diversi ma fra loro connessi, quando la loro trattazione separata prospetti l’eventualità di soluzioni contrastanti, siano ravvisabili ragioni di economia processuale ovvero siano configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale delle controversie (v., ex plurimis , Cass., 5 aprile 2022, n. 10876; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27550; Cass. Sez. U., 23 gennaio 2013, n. 1521; Cass. Sez. U., 4 agosto 2010, n. 18050; Cass., 17 giugno 2008, n. 16405);
e, in particolare, si è rimarcato che «l’istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall’art. 274 cod. proc. civ., in quanto volto a garantire l’economia ed il minor costo dei giudizi, oltre alla certezza del diritto, risulta applicabile anche in sede di
legittimità, in relazione a ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi, in ossequio al precetto costituzionale della ragionevole durata del processo, cui è funzionale ogni opzione semplificatoria ed acceleratoria delle situazioni processuali che conducono alla risposta finale sulla domanda di giustizia, ed in conformità al ruolo istituzionale della Corte di cassazione, che, quale organo supremo di giustizia, è preposta proprio ad assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonché l’unità del diritto oggettivo nazionale (Cass. Sez. Un. 13 settembre 2005, n. 18125; conf. Cass. 14 ottobre 2005. n. 19978; 31 ottobre 2005, n. 21109; 20 dicembre 2005, n. 28227; 28 settembre 2006, n. 21032).» (così Cass. Sez. U., 4 agosto 2010, n. 18050, cit.);
-tanto premesso -e, per ragioni di ordine logico-giuridico, anteponendo l’esame dei motivi di ricorso proposti nel giudizio iscritto al n. 4165/2019 di R.G. -rileva la Corte che il secondo ed il terzo motivo -che vanno congiuntamente esaminati perché espongono distinti profili di una medesima quaestio iuris di fondo -sono fondati e vanno accolti, con conseguente assorbimento dell’esame dei residui motivi di ricorso;
– il testo originario del d.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 (in buona sostanza riproduttivo del previgente d.P.R. n. 634 del 1972, art. 19) disponeva che «L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente.»;
la Corte, in relazione alla portata applicativa di detta disposizione, ha avuto modo di precisare che la stessa ha natura di regola interpretativa e non di norma antielusiva, sicché l’Amministrazione finanziaria può procedere alla riqualificazione del negozio senza necessità di un previo contraddittorio endoprocedimentale (Cass., 13 ottobre 2020, n. 22037; Cass., 30 maggio 2018, n. 13610; Cass., 9
aprile 2018, n. 8619; Cass., 9 gennaio 2018, n. 313; Cass., 19 giugno 2013, n. 15319); e, per quel che qui più rileva, che detta disposizione deve essere intesa nel senso che, nell’attività di qualificazione degli atti negoziali, l’Ufficio è tenuto ad attribuire rilievo preminente alla causa reale del negozio, ovvero alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai contraenti, anche mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali tra loro collegate, così che l’Amministrazione finanziaria può riqualificare come cessione di azienda la cessione totalitaria delle quote di una società, senza essere tenuta a provare l’intento elusivo delle parti, attesa l’identità della funzione economica dei due contratti, consistente nel trasferimento del potere di godimento e disposizione dell’azienda da un gruppo di soggetti ad un altro gruppo o individuo (v. Cass., 2 dicembre 2015, n. 24594; Cass., 20 maggio 2009, n. 11666; v. altresì , ex plurimis , – in relazione a fattispecie, oggetto di riqualificazione, relative a conferimenti societari di azienda correlati a cessioni di partecipazioni sociali, – Cass., 30 maggio 2018, n. 13610; Cass., 15 marzo 2017, n. 6758; Cass., 18 maggio 2016, n. 10216; Cass., 19 marzo 2014, n. 6405; Cass., 14 febbraio 2014, n. 3481; Cass., 19 marzo 2013, n. 6835; per il rilievo che la riqualificazione, ex art. 20, cit., «non può travalicare lo schema negoziale tipico in cui l’atto risulta inquadrabile» salva la prova di un disegno elusivo e delle modalità di manipolazione ed alterazione degli schemi negoziali classici, v. Cass., 27 gennaio 2017, n. 2054 cui adde Cass., 10 marzo 2020, n. 6790, in motivazione; Cass., 15 gennaio 2019, n. 722);
5.1 -la l. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a ), ha, quindi, ridisegnato le coordinate regolative dell’art. 20, cit., il cui contenuto ne è uscito riformulato nei seguenti termini: «L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la
forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi.»; e detta disposizione – cui la Corte aveva attribuito natura innovativa e, con ciò, non retroattiva (Cass., 9 gennaio 2019, n. 362; Cass., 28 febbraio 2018, n. 4589; Cass., 23 febbraio 2018, n. 4407; Cass., 26 gennaio 2018, n. 2007) – ha formato oggetto di un ulteriore intervento da parte del legislatore che, con la l. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 1084, ha precisato che «La L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a ), costituisce interpretazione autentica del testo unico di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, comma 1.»;
5.2 -le questioni di costituzionalità sollevate nei riguardi della riformulazione dell’art. 20, cit., quale disposizione di interpretazione autentica, sono state, quindi, disattese dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158; Corte Cost. 16 marzo 2021, n. 39); e il Giudice delle leggi ha, in particolare, rimarcato che:
«il senso fatto palese dal significato proprio delle parole della disposizione denunciata (secondo la loro connessione), i correlativi lavori preparatori (in particolare la relazione illustrativa all’art. 1, comma 87, della legge n. 205 del 2017) e tutti i comuni criteri ermeneutici (in particolare, quello sistematico) convergono univocamente nel far ritenere la disposizione oggetto delle questioni come intesa a imporre che, nell’interpretare l’atto presentato a registrazione, si debba prescindere dagli elementi «extratestuali e dagli atti ad esso collegati», salvo quanto disposto dagli articoli successivi del medesimo d.P.R. n. 131 del 1986.»;
-l’interpretazione evolutiva della disposizione di cui all’art. 20, cit., quale sottesa alla ricostruzione operata dalla Corte, «non equivale a priori a un’interpretazione costituzionalmente necessitata» dei parametri costituzionali evocati (art. 3 e art. 53 Cost.), in quanto «è
possibile ritenere compatibili con la Costituzione anche nozioni diverse, rispetto a quelle utilizzate dal rimettente, di «atto presentato alla registrazione» e di «effetti giuridici», in relazione alle quali considerare la capacità contributiva, tenendo c onto dell’individuazione delle voci in tariffa distintamente stabilite dal testo unico dell’imposta di registro. Tali possibili diverse nozioni, convalidate dalla novella censurata, riguardano lo stesso presupposto d’imposta individuato dall’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, che deve essere vagliato alla luce della disciplina del tributo nel suo complesso.»;
-gli interventi normativi che hanno inciso sull’originaria formulazione dell’art. 20, cit., «nel confermare la tassazione isolata del negozio veicolato dall’atto presentato alla registrazione secondo gli effetti giuridici da esso desumibili», risultano coerenti «con i principi ispiratori della disciplina dell’imposta di registro e, in particolare, con la natura di ‘imposta d’atto’ storicamente riconosciuta al tributo di registro dopo la sostanziale evoluzione da tassa a imposta. Per quanto possa apparire, de iure condendo , in parte obsoleta rispetto all’evoluzione delle tecniche contrattuali, tale natura non risulta superata dal legislatore positivo tenuto conto dell’attuale impianto sistematico della disciplina sostanziale e procedimentale dell’imposta di registro.»;
detti interventi – in quanto volti ad escludere il rilievo di elementi extratestuali e di atti collegati privi di qualsiasi nesso testuale con l’atto sottoposta a registrazione – sono, quindi, finalizzati «a ricondurre il citato art. 20 all’interno del suo alveo originario, dove l’interpretazione, in linea con le specificità del diritto tributario, risulta circoscritta agli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione (ovverossia al gestum , rilevante secondo la tipizzazione stabilita dalle voci indicate nella tariffa allegata al testo unico), senza che possano essere svolte indagini circa effetti ulteriori, salvo che ciò sia espressamente stabilito
dalla stessa disciplina del testo unico. … le ipotesi riconducibili all’accezione restrittiva generale della nozione di «atto» presentato alla registrazione sono individuabili solo al di fuori di quelle, espressamente regolate dallo stesso testo unico, che ammettono la rilevanza degli effetti di separati atti o fatti collegati o, in altri termini, di vicende rientranti nel complessivo programma di azione costituito da un precedente negozio, che incideranno sul regime fiscale di quest’ultimo o comporteranno trattamenti d’imposta diversificati.»; da tanto conseguendo che «il criterio di qualificazione e di sussunzione in via interpretativa risulta omogeneo a quello della tipizzazione, secondo le regole del testo unico e in ragione degli effetti giuridici dei singoli atti distintamente individuati dal legislatore nelle relative voci di tariffa ad esso allegata.»;
-«l’interpretazione evolutiva, patrocinata dal rimettente, di detto art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, incentrata sulla nozione di ‘causa reale’, provocherebbe incoerenze nell’ordinamento, quantomeno a partire dall’introduzione dell’art. 10 -bis della legge n. 212 del 2000. Infatti, consentirebbe all’amministrazione finanziaria, da un lato, di operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale stabilita a favore del contribuente e, dall’altro, di sv incolarsi da ogni riscontro di «indebiti» vantaggi fiscali e di operazioni «prive di sostanza economica», precludendo di fatto al medesimo contribuente ogni legittima pianificazione fiscale (invece pacificamente ammessa nell’ordinamento tributario nazionale e dell’U nione europea).» (così Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158);
5.3 -la giurisprudenza della Corte, successiva alla riformulazione dell’art. 20, cit., ed agli interventi della Corte costituzionale, ha rimarcato che il ricordato principio giurisprudenziale del rilievo preminente da attribuire alla «causa reale» del negozio, ovvero alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai
contraenti (cd. prevalenza della sostanza sulla forma), può continuare ad essere fatto valere dall’amministrazione – con riferimento agli effetti giuridici dell’atto presentato per la registrazione – seppur nei (più ristretti) limiti della unicità del dato documentale ( instrumentum ) che non consente più la considerazione di elementi extra -testuali e impone un’interpretazione ab intrinseco del gestum (v. Cass., 28 gennaio 2022, n. 2677; Cass., 22 aprile 2021, n. 10688; Cass., 1 aprile 2021, n. 9065); nonché che la funzione antielusiva deve essere fatta valere dietro applicazione della l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10bis (Cass., 22 aprile 2021, n. 10688, cit.; v. altresì, in motivazione, Cass., 20 luglio 2023, n. 21535).
5.4 -nella fattispecie va, pertanto, rimarcato, per un verso, che -dovendosi aver riguardo agli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione -la tassazione di registro dell’atto di cessione (sia pur totalitaria) delle quote sociali andava strettamente correlata all’atto tipico presentato per la registrazione e, dunque, ai suoi effetti giuridici che hanno ad oggetto la partecipazione societaria e non anche l’azienda che rimane nella titolarità del soggetto collettivo, così senz’alcuna conside razione, nell’interpretazione dello stesso atto di cessione, della sostanza economica dell’operazione (in tesi) perseguita dai contraenti; e, per il restante, che la funzione antielusiva -in tesi prospettabile in relazione alla complessiva operazione economica perseguita dalle parti e, quindi, avuto riguardo al collegamento funzionale che, ai fini di detto risultato (riqualificato in termini di cessione di azienda), è stato individuato nell’atto impositivo – non poteva che essere perseguita secondo i presupposti sostanziali, e la disciplina procedimentale, posta dalla l. n. 212 del 2000, art. 10bis , una volta esclusa, ad ogni modo, la legittimità di un’interpretazione dell’atto registrato complementare a quella desumibile da elementi extra -testuali;
-l’impugnata sentenza (n. 4001/2018, depositata il 26 settembre 2018) va, pertanto cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento del ricorso originario della contribuente;
-risultando, quindi, -così com’è incontroverso tra le stesse parti e come, del resto, emerge dalle stesse pronunce dei giudici di merito -che l’avviso di rettifica e liquidazione di cui al giudizio iscritto al n. 3914/2021 di R.G. costituiva (mero) svolgimento -sotto il profilo della base imponibile dei tributi che, per l’appunto, veniva rideterminata della pretesa impositiva oggetto dell’avviso di rettifica e liquidazione di cui al giudizio iscritto al n. 4165/2019 -la cui causa petendi , come anticipato, si sostanziava della riqualificazione della fattispecie impositiva (secondo collegamento negoziale e gli effetti da ultimo correlati alla cessione di quote sociali) in termini di cessione di ramo di azienda -rimane (del tutto) evidente che -col passaggio in giudicato della statuizione di annullamento dell’atto impositivo presupposto ne riesce caducato il successivo atto impositivo recante mera rideterminazione della base imponibile di fattispecie impositiva (per l’appunto) illegittima;
e, in detti termini, va corretta la motivazione della sentenza n. 1384/2020, depositata il 29 giugno 2020, della Commissione tributaria regionale della Lombardia, il cui dispositivo (di rigetto del gravame) è comunque conforme a diritto;
ne consegue, altresì, l’ inammissibilità dei motivi di ricorso articolati nel giudizio iscritto al n. 3914/2021 di R.G., per sopravvenuto difetto di interesse, atteso che dal relativo esame la parte non potrebbe conseguire alcun risultato utile, in quanto tale idoneo a rimettere in discussione l’illegittimità della fattispecie impositiva posta a fondamento dell’atto presupposto;
8. – le spese dei giudizi riuniti vanno integralmente compensate tra le parti -anche a riguardo del giudizio iscritto al n. 3914/2021 di RG, secondo il rilievo sopra svolto in punto di effetti caducanti, – tenuto conto del sovrapporsi in corso di causa, sull’orientamento di legittimità di cui sopra s’è dato conto, di interventi normativi, e di conseguenti pronunce del Giudice delle Leggi, che hanno conferito alla res controversa profili di novità con mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti in contestazione tra le parti.
P.Q.M.
La Corte
-riunisce i ricorsi iscritti ai nn. di R.G. 4165/2019 e 3914/2021;
-accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso iscritto al n. 4165/2019 di RG, assorbiti i residui motivi di ricorso, e dichiara inammissibile il ricorso di cui al n. di RG 3914/2021;
-cassa la sentenza n. 4001/2018, depositata il 26 settembre 2018, della Commissione tributaria regionale della Lombardia e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente;
-compensa integralmente, tra le parti, le spese dei giudizi riuniti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 8 ottobre