Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9998 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9998 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17161/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che ex lege la rappresenta e difende.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE
-intimata-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 5141/2017, depositata il 06/12/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO CHE
Con sentenza n. 5141/2014, depositata in data 6/12/2017, la Commissione tributaria regionale della Lombardia dichiarava l’inammissibilità dell’appello (per aspecificità dei motivi di gravame) col quale l’RAGIONE_SOCIALE aveva censurato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’illegittimità dell’avviso di rettifica e liquidazione della maggior imposta di registro dovuta da RAGIONE_SOCIALE, quale parte acquirente dell’azienda ceduta da RAGIONE_SOCIALE (alla quale era stato notificato analogo avviso quale parte venditrice) e ricomprendente, in tesi, «tutte le attività e passività afferenti l’attività di fornitura di servizi broadcast e di telecomunicazioni oltre a servizi e prodotti integrati ad emittenti televisive e operatori di telefonia mobile, sia sul mercato italiano che su quello estero.»
L’operazione si era articolata nell’atto (registrato in data 19/12/2008) di conferimento d’azienda, intercorso tra RAGIONE_SOCIALE (conferente) ed RAGIONE_SOCIALE (conferitaria), poi cessata per incorporazione nella società RAGIONE_SOCIALE, cui era seguita la cessione della predetta partecipazione in RRD da RAGIONE_SOCIALE, a RAGIONE_SOCIALE, e l’incorporazione di RAGIONE_SOCIALE in detta ultima società.
L’Ufficio aveva operato una diversa valutazione in ragione dell’avviamento e degli altri beni ceduti, nonché del mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE passività afferenti l’attività d’impresa, previa riqualificazione, con altro avviso (oggetto d’impugnazione in separato giudizio), dei predetti atti, unitariamente considerati, come cessione indiretta di azienda e, quindi, determinando la base imponibile dell’imposta di registro con «il valore netto del conferimento dichiarato in atti di € 16.147.9997,00.»
Osservava il giudice di prime cure che la società RAGIONE_SOCIALE aveva ceduto le quote – ottenute in contropartita del conferimento – della partecipata RAGIONE_SOCIALE, ad RAGIONE_SOCIALE, «che ha poi incorporato detta partecipata», e che tali atti negoziali, oggetto di altro giudizio proposto innanzi al medesimo giudice tributario, non potevano assurgere a presupposto dell’imposizione, perché «non erano stati ritenuti idonei a configurare un abuso del diritto ex art. 20 d.P .R. 13171986», per cui neppure poteva logicamente ritenersi «sussistente il presupposto per ipotizzare un avviamento da azienda ceduta.»
La pretesa fiscale, sempre ad avviso della CTP di Milano, era comunque infondata, in quanto la perizia di stima attestava che, in sede di conferimento, «il complesso aziendale oggetto del conferimento medesimo era in realtà pressoché privo di un effettivo valore derivando, tra l’altro, da operazioni illegali.»
L’ intimata società non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di impugnazione l’RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 53, d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod.proc.civ., e deduce che nell’atto di appello era stata specificamente evidenziata l’irrilevanza dell’annullamento, disposto con sentenza di primo grado, dell’avviso con cui l’Ufficio aveva riqualificato come cessione di azienda le operazioni di conferimento d’azienda, cessione di partecipazioni ed incorporazione, intercorse tra le società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (in liquidazione).
Va premesso (Cass. n. 707/2019) che «(n)el processo tributario la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. c.c., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di
contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione.»
L’ RAGIONE_SOCIALE, nell’atto di appello, depositato con il ricorso per cassazione in ossequio al principio dell’autosufficienza (art. 366, comma primo, n. 3, cod.proc.civ.), aveva distintamente riproposto le argomentazioni, disattese dal primo giudice, poste a sostegno della sostenuta legittimità dell’avviso impugnato nonché della congruità del valore imponibile considerato, e tanto basta per ritenere sufficiente specifico il gravame ed il dissenso espresso rispetto alla decisione in prime cure adottata.
Nell’atto di appello, infatti, si legge che la verifica fiscale faceva emergere una «cessione indiretta di ramo d’azienda, elusivamente occultata per mezzo della duplice operazione di conferimento e cessione di quota», per cui l’Ufficio, « d )i conseguenza, emetteva il relativo avviso di liquidazione RAGIONE_SOCIALE imposte dovute, debitamente notificato alle parti, contro il quale la società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha incardinato ricorso (quello iscritto al n. 526/2021 r.g. ) che ad oggi risulta in pendenza di giudizio innanzi alla Suprema Corte di Cassazione.»
In effetti, la società RAGIONE_SOCIALE aveva impugnato, con distinto ricorso, per violazione degli artt. 1 e 20, d.P.R. n. 131 del 1986, l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro derivante dall’operata riqualificazione dell’operazione in questione, come cessione di ramo d’azienda, riqualificazione sulla scorta della quale l’Amministrazione finanziaria aveva liquidato l’imposta in misura proporzionale (3%), in luogo della misura fissa.
Il relativo giudizio si è definitivamente concluso con la sentenza n. 20073/2022 con cui questa Corte: 1) ha ritenuto superato l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità, in materia di imposta di registro, seguito dal giudice di appello, stante l’applicabilità retroattiva dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, nel testo novellato dall’art. 1, co. 87, della l. n. 205 del 2017, per effetto della precisazione contenuta nell’art. 1, co. 1084, della l. n. 145 del 2018; 2) ha affermato che l’Amministrazione finanziaria non aveva facoltà di riqualificare la sequenza di una pluralità di atti nei termini complessivi ed unitari di cessione (indiretta) di ramo aziendale, dovendo limitarsi a verificare la corretta
liquidazione dell’imposta di registro in relazione a ciascuna RAGIONE_SOCIALE predette operazioni, i cui effetti giuridici dovevano essere singolarmente e separatamente valutati ai fini fiscali qui considerati; 3) ha cassato la sentenza della CTR lombarda perché non aveva fatto corretta applicazione del principio sopra enunciato, essendo pacifico che per giungere alla sussistenza di una “cessione d’azienda” l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, contro il divieto di legge, ha posto in collegamento tra loro atti diversi e distinti, non solo per l’oggetto, ma anche per le parti contraenti; 4) ha deciso, nel merito, la causa con l’accoglimento dell’originario ricorso della contribuente.
Evidenzia il Collegio che dall’annullamento dell’atto riqualificatorio dell’Ufficio, che costituisce il presupposto della rettifica di valore (ex artt. 51 e 52, d.P.R. n. 131 del 1986) dell’azienda pretesamente ceduta, oggetto del presente giudizio, non può che conseguire la caducazione (anche) dell’avviso di liquidazione impugnato dalla società contribuente, che individua la medesima base imponibile (Cass. n. 34938/2021), donde l’infondatezza del ricorso per cassazione.
Non si fa luogo a pronuncia sulle spese del giudizio in assenza di attività difensiva della società contribuente.
L’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, non trova applicazione nei confronti RAGIONE_SOCIALE Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte e tasse che gravano sul processo (Cass. n. 1778/2016).
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2024.