Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12788 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12788 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
Oggetto: IRPEF – Accertamento sintetico Omessa dichiarazione dei redditi – Art. 43 d.P.R. n. 600/1973 – Tardività della notifica – Riproposizione eccezioni in appello termine – art. 56 d.lgs. n. 546/1992
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23439/2020 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale rilasciata su foglio separato e allegato al ricorso , dall’Avv. NOME COGNOME il quale ha indicato l’indirizzo pec EMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna, n. 408/10/2020, depositata in data 11 febbraio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
A seguito di controlli eseguiti dalla Direzione provinciale di Modena sulla base di taluni indici di capacità contributiva , l’ Ufficio chiedeva alla contribuente di fornire chiarimenti idonei a giustificare lo scostamento rilevato rispetto ai redditi dichiarati per gli anni di imposta 2007 e 2008.
L’Ufficio emetteva quindi due avvisi di accertamento sintetico con cui recuperava ad imposizione, a fini Irpef, ai sensi dell’art. 38, commi 4 e 5, d.P.R. n. 600/1973, maggior reddito della contribuente (per un totale di euro 81.264,00) per gli anni di imposta 2007 e 2008 (a fronte di un reddito dichiarato pari ad euro 14.034,00 per il 2007 ed euro 12.450,00 per il 2008).
In particolare, l’Agenzia delle entrate rilevava una serie di beni indice di capacità contributiva (un immobile concesso in locazione e un immobile di proprietà, due autoveicoli, dei quali uno immatricolato nel 2006 e detenuto per 12 mesi, il secondo acquistato nel 2009 per il prezzo di euro 21.500,00; spese per incrementi patrimoniale).
Impugnati gli atti, la Commissione tributaria provinciale di Modena riuniva i ricorsi e li accoglieva per intervenuta decadenza dal potere impositivo, rilevando la tardività della notifica dell’avviso di accertamento.
Nello specifico, la circostanza che la contribuente aveva percepito solo redditi di lavoro dipendente conduceva la CTP a ritenere non sussistente l’omessa presentazione della dichiarazione, conseguendone l’obbligo per l’Agenzia di notificare gli avvisi di accertamento entro quattro anni dalla scadenza dei termini per la presentazione delle due dichiarazioni.
Interposto gravame dall’Ufficio, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna accoglieva l’appello , rilevando che il primo giudice aveva errato nel ritenere violato l’art. 43 , comma primo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
In particolare, i giudici di seconde cure affermavano che «la ratio della norma è quella di consentire l’ampliamento dei termini dell’accertamento ove, pur essendovi tenuto, il contribuente non abbia ottemperato all’obbligo di denunciare i redditi posseduti. Tali devono essere considerati non solo quelli cartolarmente esistenti dalle certificazioni rilasciate, ma anche quelli occulti» (pag. 3 della sentenza), rispetto ai quali sarebbe altrimenti precluso l’accertamento sintetico , nei termini fissati dall’ar t. 43, comma 2, d.P.R. 600/1973, nei confronti dei contribuenti che si dichiarano esclusivamente possessori di un reddito da lavoro dipendente.
Avverso la decisione della CTR dell’Emilia -Romagna ha proposto ricorso la contribuente, affidandosi a due motivi.
L’ Ufficio ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l ‘ adunanza camerale del 14/04/2025.
Considerato che:
Con il primo motivo la contribuente deduce la «illegittimità e infondatezza della sentenza che si impugna per violazione e falsa applicazione dell’art. 43 DPR 600/73 (vigente ‘ ratione temporis ‘ ) in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.» , atteso che la CTR avrebbe errato nel ritenere omessa la dichiarazione dei redditi da parte di soggetto titolare di soli redditi da lavoro dipendente al quale sia stato regolarmente consegnato il CUD da parte del proprio datore di lavoro.
La ricorrente censura l ‘ impugnata sentenza nella parte in cui la CTR ha ritenuto che non ricorresse la fattispecie di cui al comma 1 della norma citata, avendo la stessa debitamente presentato la dichiarazione dei redditi posseduti, costituita dalla certificazione CUD, sulla base della quale l’Agenzia poteva secondo le prospettazioni della contribuente -valutare la congruità dei redditi dichiarati in rapporto al tenore di vita espresso.
Il motivo è infondato.
Giova premettere che la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto, come pure chiarito dalla circolare dell’Agenzia delle entrate, n. 10/E del 14 maggio 2014, che qualora il contribuente, titolare di un CUD, abbia omesso di presentare la dichiarazione dei redditi, pur essendo obbligato a tale adempimento per aver prodotto oltre che un reddito di lavoro dipendente anche altri redditi, la decadenza dal potere di accertamento, ai sensi dell’art. 43 d.P.R. n. 600/1973, non potrà che aversi, essendo stata omessa la dichiarazione dovuta, il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la stessa avrebbe dovuto essere presentata. Deve escludersi, del resto, in mancanza di espressa disposizione normativa, che in tutte le ipotesi in cui il contribuente sia in possesso di redditi di lavoro dipendente e assimilati, certificati dal sostituto d’imposta mediante il CUD, la dichiarazione, ai fini della individuazione del termine di decadenza dal potere accertativo, possa considerarsi comunque presentata. Viceversa, il maggior termine per l’accertamento deve ritenersi si applichi indistintamente a tutti coloro che, pur avendone l’obbligo, omettano di presentare la dichiarazione dei redditi, così rientrando nell’ipotesi di cui all’art. 43, secondo comma, a prescindere dal fatto, che, in quanto lavoratori dipendenti, il datore di lavoro abbia presentato il CUD in qualità di sostituto d’imposta (Cass. 29/11/2021, n. 37149; Cass 16/11/2022, n. 33834).
La CTR ha, quindi, fatto corretta applicazione dei principi sopra esposti, ritenendo tempestivo l’avviso di accertamento, in quanto notificato entro il maggior termine previsto dalla normativa per il caso di omessa dichiarazione.
Con il secondo strumento di impugnazione la contribuente lamenta la «violazione e falsa applicazione degli artt. 54 e 56 D.Lgs. 546/1992 in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. ».
Deduce, in particolare, che la CTR avrebbe errato nel ritenere necessaria la proposizione di un appello incidentale in relazione a motivi di impugnazione sui quali la Commissione tributaria provinciale non si era affatto pronunciata, avendo limitato l’esam e al
motivo di tardività dell’accertamento ex art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, d all’accoglimento del quale ha ritenuto assorbiti gli altri motivi sollevati in primo grado.
Il motivo è fondato.
2.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass. 19/10/2012, n. 17950; Cass. 18/12/2014, n. 26830; Cass. 22/06/2016, n. 12937; Cass. 30/09/2020, n. 20815; Cass. 05/09/2022, n. 26008) nel processo tributario la volontà dell’appellato, che s ia risultato totalmente vincitore in prime cure, di riproporre le questioni assorbite, pur non occorrendo a tal fine alcuna impugnazione incidentale, deve essere espressa non solo in modo ‘specifico’ come richiede l’art. 56, d.lgs. n. 546/1992 (cfr. da ult imo Cass. 19/09/2024, n. 25239, secondo cui la riproposizione non può essere affidata a formule di mero stile o di contenuto generico, ad. es. mediante il richiamo al complessivo contenuto degli atti del primo grado), ma anche tempestivamente, ossia, a pena di decadenza, nell’atto di controdeduzioni da depositare nel termine previsto per la costituzione in giudizio, sicché tale volontà di riproposizione non può essere manifestata in un atto successivo.
Militano in favore di questa linea interpretativa diversi elementi.
In primo luogo, induce in tale direzione la struttura e le finalità del processo tributario, indubbiamente ispirato a criteri di speditezza e di concentrazione, essendo un processo di tipo impugnatorio con ambito delimitato, oltre che dal contenuto dell’at to impugnato, dai motivi specifici di censura formulati nel ricorso introduttivo (salva la possibilità, ma solo in casi particolari, di proporre motivi aggiunti), scandito da termini brevi e caratterizzato, di regola, dalla decisione della controversia, su base essenzialmente documentale, in un’unica camera di consiglio (o, su richiesta di parte, in udienza pubblica di trattazione), mentre non è neppure prevista la figura dell’udienza istruttoria.
Sotto tale profilo, è pienamente coerente con il complessivo delineato quadro normativo e con le finalità acceleratorie poste a fondamento della struttura del processo tributario (senza che, d’altra parte, ciò comporti alcun aggravio all’esercizio del diri tto di difesa), esigere che l’ambito della materia del contendere, devoluto al giudice del gravame, sia definito, da entrambe le parti, sin dal primo atto difensivo, con la conseguenza che anche la volontà dell’appellato di riproporre le questioni assorbite, che indiscutibilmente concorre alla determinazione della portata del thema decidendum , deve essere espressa nell’atto di controdeduzioni, da depositare nel termine prescritto, e non può essere manifestata successivamente, a seguito di costituzione tardiva ovvero in un atto successivo, esclusivamente destinato, come previsto dall’art. 32, d .lgs. n. 546/1992, ad una funzione meramente ‘illustrativa’, cioè esplicativa, delle questioni già poste all’esame dell’organo giudicante.
In questo ambito, va osservato che la previsione di cui all’art. 32, comma 2 (anch’esso applicabile al giudizio di appello in base al generale rinvio disposto dall’art. 61), stabilisce che fino a dieci giorni liberi prima della data di trattazione ciascuna delle parti può depositare ‘memorie illustrative’, alle quali, solo nel caso di trattazione in camera di consiglio, ‘sono consentite brevi repliche scritte’.
Se ne deve inferire che tali ulteriori memorie non possono che contenere l’illustrazione di quanto già dedotto ed eccepito nella prima memoria di costituzione in giudizio, disciplinata dall’art. 54, ma non possono introdurre per la prima volta questioni non già tempestivamente in essa dedotte.
D’altro lato, l’art. 53, comma 1, dispone che il ricorso in appello deve contenere, fra l’altro, a pena di inammissibilità, i ‘motivi specifici di impugnazione’, ed il successivo art. 54 dispone che l’eventuale appello incidentale deve essere proposto, sem pre a pena di inammissibilità, nel termine per la costituzione in giudizio (sessanta giorni dalla notifica dell’appello principale), nell’ambito
dell’atto di controdeduzioni. Entrambe le suddette previsioni sono, invero, palesemente indicative dell’intento legislativo di indurre i contendenti a delimitare la materia del contendere del giudizio di gravame già con i rispettivi atti di costituzione.
2.2. Sotto tale aspetto il processo tributario si distingue nettamente da quello civile ordinario, in cui la riproposizione, in appello, delle domande e delle eccezioni rimaste assorbite può avvenire anche alla prima udienza di trattazione innanzi alla Corte di appello (cfr. Cass. Sez. U. sent. n. 7940 del 21/03/2019).
2.3. La pronuncia impugnata non è conforme ai principi interpretativi sopra indicati, avendo affermato la necessità della proposizione dell’appello incidentale da parte della contribuente sulle doglianze proposte in primo grado e ritenute assorbite dalla CTP per effetto dell’accoglimento del motivo di ricorso relativo alla tardività dell’avviso di accertamento.
In definitiva il ricorso va accolto in relazione al secondo motivo, la sentenza la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Emilia-Romagna, in diversa composizione, perché proceda a nuovo giudizio in relazione alla censura accolta, in particolare verificando che le doglianze rimaste assorbite in primo grado siano state riproposte dalla contribuente in appello e, in caso positivo, valutando nel merito le dette questioni, ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Emilia-Romagna perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 aprile 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME