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Riporto perdite fusione: il test di vitalità è cruciale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1715/2025, ha stabilito principi fondamentali in materia di riporto perdite fusione con effetti fiscali retroattivi. La Corte ha chiarito che il ‘test di vitalità’, necessario per trasferire le perdite fiscali, deve essere superato non solo per l’esercizio precedente alla fusione, ma anche per il periodo interinale tra l’inizio dell’anno fiscale e la data di efficacia dell’operazione. Il mancato superamento di questo test impedisce il riporto delle perdite. La sentenza ha inoltre affrontato la deducibilità delle perdite su crediti verso debitori in procedura concorsuale, confermando una maggiore flessibilità temporale per il creditore.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Riporto Perdite Fusione: Il Test di Vitalità si Applica Anche al Periodo Interinale

Il tema del riporto perdite fusione è da sempre al centro del dibattito fiscale, rappresentando un’opportunità strategica per le imprese ma anche un’area ad alto rischio di contestazioni. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 1715 del 24 gennaio 2025, getta nuova luce su un aspetto cruciale: l’applicazione del cosiddetto ‘test di vitalità’ nelle fusioni con efficacia fiscale retroattiva. La pronuncia chiarisce che la verifica della sostanza economica della società incorporata non può limitarsi al passato, ma deve estendersi anche al periodo interinale dell’anno in cui avviene l’operazione, con importanti conseguenze per la pianificazione fiscale aziendale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato a una società per l’anno d’imposta 2011. L’Amministrazione Finanziaria contestava due specifiche operazioni. La prima riguardava il disconoscimento delle perdite fiscali trasferite da una società incorporata a seguito di una fusione. L’operazione, avvenuta a dicembre 2011, prevedeva effetti fiscali retrodatati al primo gennaio dello stesso anno. Secondo il Fisco, la società incorporata non superava il ‘test di vitalità’ previsto dall’art. 172, comma 7, del TUIR, non solo per l’esercizio precedente (2010), ma soprattutto per il periodo interinale del 2011, ovvero tra il 1° gennaio e la data di efficacia della fusione.

La seconda contestazione verteva sull’indebito utilizzo del fondo svalutazione crediti. La società aveva dedotto integralmente perdite su crediti vantati verso un’altra impresa soggetta a procedura concorsuale nell’anno 2011, mentre l’Agenzia delle Entrate riteneva che la deduzione dovesse avvenire nell’anno di apertura della procedura.

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione alla contribuente, ma l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, portando la questione all’attenzione della Suprema Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso dell’Agenzia, relativo al riporto delle perdite, e ha respinto il secondo, concernente la deducibilità dei crediti. Di conseguenza, ha cassato la sentenza impugnata sul primo punto e, decidendo nel merito, ha confermato la legittimità del recupero fiscale operato dall’Amministrazione Finanziaria per il mancato superamento del test di vitalità.

Le Motivazioni: Il Riporto Perdite Fusione e il Test di Vitalità

Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 172 del TUIR. La norma è posta a presidio contro operazioni elusive, volte a utilizzare le fusioni per assorbire società prive di reale operatività economica (‘scatole vuote’) al solo fine di sfruttarne le perdite fiscali pregresse. Per garantire ciò, la legge impone un ‘test di vitalità’: la società le cui perdite si vogliono riportare deve dimostrare di aver avuto un livello minimo di ricavi e costi per il personale dipendente nell’esercizio precedente alla fusione.

La novità interpretativa della Corte riguarda le fusioni con retrodatazione fiscale. In questi casi, gli effetti fiscali dell’operazione vengono anticipati all’inizio dell’esercizio. La Corte ha stabilito che, per evitare facili elusioni, il test di vitalità deve essere verificato non solo per l’esercizio precedente, ma anche per la frazione di anno che precede l’efficacia giuridica della fusione. Sarebbe altrimenti troppo semplice svuotare una società della sua operatività in quell’intervallo di tempo, aggirando di fatto la ratio della norma. La finalità antielusiva della legge, spiegano i giudici, sarebbe vanificata se si consentisse a una società di superare il test nell’anno precedente per poi essere resa inattiva nei mesi immediatamente antecedenti la fusione. Pertanto, la verifica dei requisiti di vitalità economica deve coprire anche il periodo compreso tra l’inizio dell’esercizio e la data di efficacia dell’operazione.

Le Motivazioni: La Deducibilità delle Perdite su Crediti

Sul secondo motivo, la Corte ha invece dato torto all’Agenzia delle Entrate. I giudici hanno confermato un orientamento ormai consolidato secondo cui la deduzione della perdita su un credito verso un debitore soggetto a procedura concorsuale non è rigidamente fissata all’anno di apertura della procedura. Al contrario, al contribuente è concessa una ‘finestra temporale’ per effettuare la deduzione. Questa finestra si apre con la dichiarazione di fallimento (o l’ammissione ad altra procedura) e si chiude nell’esercizio in cui, secondo i corretti principi contabili, il credito deve essere definitivamente cancellato dal bilancio. Questa interpretazione offre una maggiore flessibilità al contribuente, allineando la norma fiscale ai principi contabili.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ha implicazioni significative per le imprese che pianificano operazioni di fusione. Il principio affermato dalla Corte impone una due diligence ancora più attenta. Non è più sufficiente verificare la ‘vitalità’ della società target nell’esercizio precedente, ma è indispensabile monitorare e documentare la sua operatività economica fino al momento stesso della fusione, specialmente se si opta per la retrodatazione fiscale. Le aziende devono essere consapevoli che qualsiasi calo significativo di attività nel periodo interinale può compromettere il diritto al riporto perdite fusione. Per contro, la decisione sulle perdite su crediti conferma un approccio più flessibile e ragionevole, consentendo alle imprese di gestire la deducibilità in un arco temporale più ampio, in armonia con le valutazioni contabili sulla recuperabilità del credito.

In una fusione con effetti fiscali retroattivi, il ‘test di vitalità’ va applicato solo all’esercizio precedente?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il test di vitalità, che verifica la sostanza economica di una società, deve essere superato sia per l’esercizio precedente a quello in cui la fusione è deliberata, sia per il periodo interinale che va dall’inizio dell’esercizio fino alla data di efficacia giuridica della fusione.

Cosa succede se una società non supera il test di vitalità per il periodo interinale della fusione?
Se il test di vitalità non è superato per tale periodo, la società incorporante non può riportare e utilizzare in diminuzione del proprio reddito le perdite fiscali pregresse della società incorporata. La norma mira a prevenire l’assorbimento di ‘scatole vuote’ a fini elusivi.

Quando è possibile dedurre fiscalmente una perdita su un credito verso un’impresa in procedura concorsuale?
La deduzione della perdita è ammessa entro una ‘finestra temporale’. Questa inizia con la data della sentenza dichiarativa di fallimento (o del decreto di ammissione ad altra procedura) e termina nel periodo d’imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si deve procedere alla cancellazione del credito dal bilancio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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