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Riporto perdite fusione: il test di vitalità decisivo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27058/2025, ha stabilito che per il riporto perdite fusione, il ‘test di vitalità’ della società incorporata deve essere superato non solo per l’esercizio precedente, ma anche per il periodo di retrodatazione fiscale della fusione. Il caso riguardava una società che, dopo averne incorporata un’altra, aveva indebitamente utilizzato le perdite fiscali di quest’ultima. La Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, affermando che l’estensione del test a tale periodo è essenziale per prevenire l’incorporazione di ‘scatole vuote’ a soli fini elusivi.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Riporto Perdite Fusione: Stop alle “Scatole Vuote” con il Test di Vitalità Esteso

Le operazioni di fusione societaria sono strumenti strategici per la crescita aziendale, ma possono nascondere insidie fiscali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito la linea dura contro l’utilizzo elusivo del riporto perdite fusione, chiarendo un punto fondamentale sul cosiddetto ‘test di vitalità’. Questa decisione sottolinea come la sostanza economica di un’operazione prevalga sempre sulla forma, specialmente quando si tratta di beneficiare di agevolazioni fiscali.

I Fatti del Caso: Una Fusione Sotto la Lente del Fisco

Una società per azioni (l’incorporante) aveva realizzato un’operazione di fusione per incorporazione con una società a responsabilità limitata (l’incorporata). Successivamente, l’incorporante aveva utilizzato le perdite fiscali maturate dalla società incorporata per ridurre il proprio carico fiscale (IRES e IRAP).

L’Amministrazione Finanziaria, tuttavia, ha contestato l’operazione. Secondo il Fisco, l’incorporante non aveva il diritto di utilizzare tali perdite, poiché la società incorporata non soddisfaceva i requisiti di operatività economica richiesti dalla legge, noti come ‘test di vitalità’. La questione cruciale verteva sul periodo temporale a cui applicare questo test, specialmente in un caso di fusione con effetti fiscali retrodatati.
Mentre i giudici di primo e secondo grado avevano dato ragione alla società, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione.

L’Analisi della Corte: Il “Test di Vitalità” e il Riporto Perdite Fusione

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’articolo 172, comma 7, del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Questa norma limita la possibilità di riportare le perdite delle società che partecipano a una fusione per evitare pratiche elusive.

La Ratio della Norma: Evitare Abusi Fiscali

La legge mira a impedire che le aziende acquisiscano società inattive, vere e proprie ‘scatole vuote’ o ‘bare fiscali’, al solo scopo di sfruttarne le perdite fiscali accumulate per abbattere il proprio reddito imponibile. Per garantire che la società incorporata fosse un’entità economicamente attiva e non un mero veicolo per vantaggi fiscali, il legislatore ha introdotto il ‘test di vitalità’. Questo test richiede che, nell’esercizio precedente alla delibera di fusione, la società abbia conseguito ricavi e proventi e sostenuto spese per lavoro dipendente superiori a una certa soglia (il 40% della media dei due esercizi anteriori).

L’Applicazione al Periodo di Retrodatazione

La novità e il punto focale della decisione della Cassazione riguardano le fusioni con retrodatazione degli effetti fiscali. In questi casi, gli effetti della fusione, ai soli fini delle imposte sui redditi, decorrono da una data precedente a quella in cui l’operazione è stata legalmente perfezionata.
La Corte ha stabilito, in linea con le modifiche normative introdotte nel 2006, che il test di vitalità non deve essere effettuato solo con riferimento all’esercizio precedente la fusione, ma anche per il periodo che intercorre tra l’inizio dell’esercizio e la data di efficacia giuridica della fusione stessa.
Ignorare questo ‘frammento’ di esercizio creerebbe un vuoto normativo, consentendo a una società di essere svuotata della sua operatività proprio a ridosso della fusione, rendendo il test una mera formalità priva di efficacia. Il mancato superamento del test anche solo in questo periodo intermedio preclude il diritto al riporto delle perdite.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sottolineando che la finalità anti-elusiva della norma sarebbe ‘agevolmente elusa’ se non si considerasse anche il periodo immediatamente antecedente alla fusione. La disciplina sul riporto perdite fusione è una ‘regola circolare’ basata su criteri legali presuntivi che assicurano la conoscenza degli effetti fiscali dell’operazione. Tuttavia, questi criteri sono posti a presidio della sostanza economica dell’operazione. Se la società non dimostra la sua vitalità economica in modo continuo fino al momento della fusione, viene a mancare il presupposto fondamentale per il beneficio fiscale. Nel caso specifico, era pacifico che la società non avesse superato il test di vitalità per il periodo compreso tra l’inizio dell’esercizio 2006/2007 e la data di efficacia dell’operazione. Di conseguenza, il diritto dell’incorporante alla riportabilità delle perdite pregresse è stato escluso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza invia un messaggio chiaro alle imprese che pianificano operazioni di fusione: la verifica della ‘vitalità’ della società da incorporare deve essere rigorosa e continuativa. Non è sufficiente che l’azienda target fosse operativa negli anni passati; deve dimostrare di esserlo anche nel periodo immediatamente precedente alla fusione. Le aziende devono quindi condurre un’attenta due diligence fiscale che non si limiti ai bilanci passati, ma analizzi anche i dati infrannuali per assicurarsi di rispettare i requisiti di legge ed evitare costose contestazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

Che cos’è il ‘test di vitalità’ richiesto per il riporto delle perdite in una fusione?
È una verifica che impone alla società (le cui perdite si vogliono riportare) di dimostrare di aver avuto, nell’esercizio precedente la fusione, un ammontare di ricavi, proventi e spese per lavoro subordinato superiore al 40% della media degli ultimi due esercizi anteriori a quello.

In una fusione con retrodatazione fiscale, il ‘test di vitalità’ si applica solo all’esercizio precedente alla delibera di fusione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il test deve essere effettuato anche per il periodo compreso tra l’inizio dell’esercizio in cui avviene la fusione e la data di efficacia giuridica dell’operazione stessa.

Qual è lo scopo principale delle limitazioni al riporto delle perdite nelle fusioni?
Lo scopo è contrastare comportamenti elusivi, impedendo l’incorporazione di società inattive (‘scatole vuote’ o ‘bare fiscali’) al solo fine di utilizzare le loro perdite fiscali per ridurre il reddito imponibile della società acquirente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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