Rinuncia Ricorso Cassazione: Quando Non si Paga il Doppio Contributo
La rinuncia al ricorso in Cassazione è un atto che estingue il processo, ma quali sono le sue conseguenze sul piano delle spese processuali? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale: chi rinuncia al ricorso non è tenuto al pagamento del doppio del contributo unificato. Questa decisione delinea un’importante differenza tra la rinuncia volontaria e l’esito negativo del giudizio.
I Fatti del Caso: Un Ricorso Tributario Interrotto
Il caso ha origine da un contenzioso tributario. Una società aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione per contestare una sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte. Tuttavia, in un momento successivo, la stessa società ha deciso di non proseguire con l’azione legale, presentando una formale rinuncia al ricorso.
La controparte, un Comune, non si era costituita in giudizio. La Corte, presa nota della rinuncia, doveva quindi decidere sull’esito del processo e sulle relative conseguenze economiche per la società ricorrente.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte Suprema ha dichiarato l’estinzione del processo. La decisione più significativa, però, riguarda l’applicazione dell’articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Questa norma prevede che la parte il cui ricorso viene respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile, debba versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato.
I giudici hanno stabilito che tale obbligo non sussiste nel caso di rinuncia al ricorso in Cassazione. Di conseguenza, la società ricorrente non è stata condannata al pagamento di alcuna somma aggiuntiva. Inoltre, non essendo costituita la controparte, non è stata disposta nemmeno la condanna al pagamento delle spese legali.
Le Motivazioni: La Natura Sanzionatoria del Raddoppio del Contributo
La Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni della sua decisione. Il raddoppio del contributo unificato è una misura con un carattere eccezionale e, in senso lato, sanzionatorio. È stata introdotta per scoraggiare le impugnazioni infondate o pretestuose.
Proprio per questa sua natura, la norma non può essere applicata al di fuori dei casi specificamente previsti dalla legge, che sono:
1. Rigetto dell’impugnazione.
2. Declaratoria di inammissibilità.
3. Declaratoria di improcedibilità.
La rinuncia al ricorso in Cassazione non rientra in nessuna di queste categorie. Si tratta di un atto volontario della parte che decide di porre fine alla controversia. Applicare la sanzione anche in questo caso significherebbe fare un’interpretazione estensiva o analogica di una norma eccezionale, operazione vietata dai principi generali del diritto. La Corte ha richiamato un suo precedente (Cass. n. 23175/2015) per rafforzare questo principio, consolidando un orientamento giurisprudenziale chiaro.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Ricorrenti
Questa ordinanza offre un’indicazione strategica di grande valore per chiunque si trovi a dover valutare un ricorso in Cassazione. La decisione di rinunciare a un ricorso, magari perché le probabilità di successo si sono ridotte o perché è stato raggiunto un accordo stragiudiziale, non comporta l’applicazione della sanzione del doppio contributo unificato. Ciò permette alle parti di porre fine a una lite in modo più sereno dal punto di vista economico, senza il timore di subire un aggravio di costi che è invece previsto per chi insiste in un’impugnazione che si rivela poi infondata.
Se un ricorrente rinuncia al proprio ricorso in Cassazione, deve pagare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato?
No, secondo la Corte di Cassazione, la rinuncia al ricorso non fa scattare l’obbligo di versare l’ulteriore importo. Questa sanzione si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.
Perché il raddoppio del contributo unificato non si applica in caso di rinuncia?
La Corte ha chiarito che il raddoppio del contributo è una misura eccezionale e sanzionatoria. Essendo tale, deve essere interpretata in modo restrittivo e non può essere estesa per analogia a casi non espressamente previsti dalla legge, come la rinuncia.
Cosa succede se la controparte non si è costituita in giudizio e il ricorrente rinuncia?
Nel caso esaminato, poiché la controparte (il ‘controricorrente’) non si era costituita, la Corte non ha emesso alcuna statuizione sulle spese legali, dichiarando semplicemente l’estinzione del processo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15252 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15252 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11945/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME DI COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -ricorrente- contro
COMUNE
DI
-intimato-
ASTI
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PIEMONTE n. 909/2019 depositata il 04/09/2019, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Il presente ricorso è stato oggetto di rituale rinuncia da parte della ricorrente, sicché va dichiarata l’estinzione del presente giudizio.
Non essendosi costituito il controricorrente, nulla per le spese.
N on sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (v. Cass., Sez. civ. 61, 12/11/2015, n. 23175, secondo cui, in tema di impugnazioni, l’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione in quanto tale misura si applica ai soli casi -tipici -del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, “lato sensu” sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica).
P.Q.M.
La Corte:
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, 28 maggio 2024.