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Rinuncia ricorso Cassazione: niente doppio contributo

Un contribuente, dopo aver impugnato un avviso di accertamento fiscale fino alla Corte di Cassazione, ha deciso di ritirare il proprio gravame. Con la sua ordinanza, la Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La decisione chiarisce un punto fondamentale: la rinuncia al ricorso in Cassazione non comporta la condanna al pagamento del raddoppio del contributo unificato, sanzione prevista solo per i casi di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia Ricorso Cassazione: Quando Non Si Paga il Raddoppio del Contributo

La rinuncia al ricorso in Cassazione è un atto processuale che pone fine a una controversia legale prima che la Suprema Corte si esprima nel merito. Una recente ordinanza ha chiarito un aspetto economico di grande importanza per chi decide di intraprendere questa strada: l’esclusione del pagamento del cosiddetto ‘doppio contributo unificato’. Analizziamo insieme il caso per capire le motivazioni e le implicazioni pratiche di questa decisione.

Il Caso: Dall’Accertamento Fiscale al Ricorso in Cassazione

La vicenda nasce da un avviso di accertamento fiscale notificato dall’Agenzia delle Entrate a un contribuente, socio al 25% di una società a responsabilità limitata. L’amministrazione finanziaria aveva contestato alla società maggiori ricavi per l’anno d’imposta 2013. Poiché la società operava in regime di trasparenza fiscale, tale maggior reddito è stato imputato pro-quota direttamente al socio, con conseguente richiesta di maggiori imposte IRPEF, addizionali e sanzioni.

Il contribuente ha impugnato l’atto impositivo, ma ha visto respinte le sue ragioni sia in primo grado, dalla Commissione Tributaria Provinciale, sia in appello, dalla Commissione Tributaria Regionale. Giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, e prima che venisse discussa la causa, il ricorrente ha depositato una dichiarazione di rinuncia al ricorso.

La Decisione della Corte e la Rinuncia al Ricorso in Cassazione

Preso atto della dichiarazione, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La decisione si fonda sull’articolo 391 del Codice di Procedura Civile, che stabilisce come la rinuncia, se formulata tempestivamente e nelle forme corrette, produca l’effetto di porre fine al processo. La questione centrale, però, non era tanto l’estinzione in sé, quanto le sue conseguenze economiche per il ricorrente.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la rinuncia al ricorso produce un effetto estintivo del processo. Questo significa che il giudizio si chiude senza una pronuncia sul merito della questione. Le spese legali sostenute fino a quel momento restano a carico di chi le ha anticipate, salvo diversi accordi tra le parti.

Il punto più significativo della motivazione riguarda l’applicazione dell’articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002. Questa norma prevede che la parte soccombente, il cui ricorso sia stato respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile, sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già versato per l’iscrizione a ruolo del ricorso (il cosiddetto ‘raddoppio del contributo’).

La Cassazione, richiamando un suo precedente consolidato (Cass. n. 3688/2016), ha ribadito che questa norma ha carattere sanzionatorio e si applica solo agli esiti negativi specificamente elencati: rigetto, inammissibilità o improcedibilità. L’estinzione del giudizio per rinuncia non rientra in questo elenco. Pertanto, non sussistono i presupposti per condannare il ricorrente al pagamento del doppio contributo.

Le Conclusioni

L’ordinanza offre un’importante lezione pratica. La scelta di rinunciare a un ricorso in Cassazione, magari a seguito di una rivalutazione delle probabilità di successo o di un accordo transattivo, non solo chiude la controversia ma evita anche l’aggravio di costi legato al raddoppio del contributo unificato. Questa decisione conferma che l’estinzione del processo è un esito neutro dal punto di vista sanzionatorio, distinto nettamente da una sconfitta nel merito (rigetto) o da un vizio processuale grave (inammissibilità), che invece attivano la sanzione pecuniaria prevista dalla legge.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La rinuncia al ricorso, se accettata dalla controparte o se non vi sono altre parti interessate alla decisione, determina l’estinzione del giudizio. Il processo si chiude senza che la Corte si pronunci sul merito della questione.

In caso di rinuncia al ricorso, si deve pagare il raddoppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato (il cosiddetto ‘raddoppio’) si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, non in caso di estinzione del giudizio per rinuncia.

Chi paga le spese legali quando un processo si estingue per rinuncia?
In caso di estinzione del giudizio a seguito di rinuncia, la regola generale è che le spese processuali restano a carico della parte che le ha anticipate. In pratica, ciascuna parte paga i propri avvocati e i costi sostenuti fino a quel momento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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