Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4754 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5   Num. 4754  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 22/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27994/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO,  presso  l’AVVOCATURA  GENERALE  DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato  COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente  incidentale-
avverso  SENTENZA  di  COMM.TRIB.REG.    TORINO  n.  412/2018 depositata il 23/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il P.G. che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine per il  rigetto  del  ricorso  dell’RAGIONE_SOCIALE  e  del  ricorso  incidentale  del contribuente.
Uditi i difensori RAGIONE_SOCIALE parti costituite.
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di un unico motivo, avverso la sentenza della CTR del Piemonte, indicata in epigrafe, con la quale ha respinto gli appelli proposti dalle parti, confermando la decisione di prime cure che aveva accolto parzialmente il ricorso del contribuente, statuendo che la remissione del debito ovvero la rinuncia alla ripetizione del finanziamento infruttifero erogato in favore della società RAGIONE_SOCIALE di cui RAGIONE_SOCIALE era RAGIONE_SOCIALE unico, dovesse essere registrato in misura fissa, trattandosi, in realtà, di un versamento in conto capitale o in conto corrente perdite per il quale ai sensi dell’art. 9 della tabella allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 non sussiste l’obbligo di registrazione, se non in caso d’uso.
I  Giudici  regionali  hanno  altresì  affermato,  in  particolare,  che  la produzione dell’atto -contenente la remissione del debito -avvenuta in occasione della verifica presso la sede della menzionata società, fosse equivalente al deposito ai fini giuridici.
Il  contribuente  replica  con  ricorso  e  propone  ricorso  incidentale, svolgendo sei motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso al ricorso incidentale.
Il controricorrente ha depositato, in prossimità dell’udienza, memorie  difensive  ex  art.  378  cod.proc.civ.,  con  le  quali  ha invocato a suo favore il giudicato formatosi in favore della società
NOME, avendo l’Ufficio proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello, esclusivamente nei suoi confronti.
Il P.G. ha concluso per l’inammissibilità o in subordine per il rigetto del ricorso proposto e di quello proposto in via incidentale.
MOTIVI DI DIRITTO
Con il ricorso principale, si deduce la violazione degli artt. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nonché degli artt. 4, comma 1, lett.a), n. 5, 6 e 9 della tariffa Parte I allegata al citato d.P.R., degli artt. 1236, 1362, 2423, 2424 e 2709 cod.civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod.proc.civ.; per avere i giudici regionali ritenuto che l’imposta fosse dovuta in termine fisso ed in misura fissa, ai sensi dell’art. 4 citato in rubrica, anziché in misura proporzionale ex art. 6 cit. Si assume che il documento del 30 dicembre 2008 rappresenta l’enunciazione di un finanziamento infruttifero di euro 140.000.000,00 disposto da parte dell’AVV_NOTAIO.COGNOME alla società RAGIONE_SOCIALE e contestuale rinuncia a parte del finanziamento pari ad euro 129.500.000,00; -che il finanziamento è stato contabilizzato dalla società «in conto economico come < proventi vari, voce C) 16, d) proventi diversi dai precedenti di conto economico con contropartita nel «c/2290002 'soci /finanziamento infruttifero', voce D) ' debiti esigibili entro l'esercizio successivo», mentre se si fosse trattato – come assunto dal contribuente -di ripianamento RAGIONE_SOCIALE perdite, la somma avrebbe dovuto essere registrata tra le componenti del patrimonio netto alla voce « A) altre riserve», in quanto riserva di capitale o ricapitalizzazione. L'amministrazione finanziaria ribadisce che la rinuncia del RAGIONE_SOCIALE unico non risulta presente nelle scritture contabili e che, nel libro assembleare, non risulta la volontà del RAGIONE_SOCIALE di mutare la qualificazione del proprio versamento di euro 129.500.000,00.
Afferma,  dunque,  l'applicabilità  al  caso  in  esame  dell'imposta
proporzionale di registro pari allo 0.50% ex art. 6 della tariffa cit. relativa a cessione di crediti, compensazioni e remissioni di debiti.
La prima censura del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME lamenta «omessa pronuncia ex art. 112 cod.proc.civ. e violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato», per avere la Commissione d'appello trascurato di pronunciarsi sulla dedotta mancata instaurazione del contraddittorio endo-procedimentale, il quale avrebbe dovuto precedere l'avviso di liquidazione notificatogli nell'anno 2013, a seguito di una verifica fiscale condotta nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE sfociata nell'emissione del P.V.C. del 17 ottobre 2013, deducendo la conseguente violazione dell'art. 24 legge 7 gennaio 1929, n. 4 e dell'art. 12 legge 27 luglio 2000, n.212; per avere la CTR omesso di valutare l'incidenza della mancata prodromica emissione del verbale di verifica relativo alle contestazioni poste alla base dell'avviso di liquidazione.
Con la seconda censura si denuncia, in subordine, la nullità della sentenza per violazione dell'art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell'art. 132 cod.proc.civ., ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4), cod.proc.civ., evidenziando, nell'ipotesi si ravvisasse una pronuncia  implicita  di  rigetto,  l'illegittimità  della  stessa  in  merito alla eccepita violazione del contraddittorio.
Con il terzo mezzo, si prospetta la violazione degli artt. 5, 6,7,8 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3) cod.proc.civ.; assumendo che la tesi secondo la quale la remissione costituirebbe un versamento di capitale è stata accolta parzialmente dalla Corte territoriale, la quale ha ritenuto che l'atto in questione sia da annoverarsi tra i conferimenti di denaro soggetti ad imposta fissa di registro ai sensi dell'art. 4, lett. A) n. 5 della tariffa prima al d.P.R cit.. Sennonchè, la CTR nel qualificare l'atto tassato come versamento per far fronte alla perdita d'esercizio per impedire ripercussioni sul capitale sociale,
non poteva conseguentemente applicare il disposto del cit. art. 4, bensì  le disposizioni di cui agli artt.  7 d.P.R. 131/1986 e 9 della tabella  allegata  al    citato  d.P.R.,  secondo  le  quali  «sono  esclusi dalla registrazione gli atti propri RAGIONE_SOCIALE società ed enti di cui all'art. 4 parte prima della tariffa diversi da quelli ivi indicati compresi quelli di nomina e accettazione degli organi di amministrazione, controllo e liquidazione nonché quelli degli organi di amministrazione…»
Il  quarto  motivo  prospetta  la  violazione  RAGIONE_SOCIALE  norme  citate  con  il mezzo precedentemente illustrato, per cui detti atti non sarebbero soggetti a registrazione finanche in caso d'uso.
In subordine, il quinto motivo lamenta ex art. 360, primo comma, n.  4),  cod.pro.civ.,  la  nullità  della  sentenza  per  contraddittorietà RAGIONE_SOCIALE  conclusioni,  nella  parte  in  cui  i  giudici  dapprima  includono l'atto tassato  tra  quelli  rivolti  all'aumento  di  capitale  per  poi considerarlo soggetto a registrazione in caso d'uso.
L'ultima doglianza con la quale si deduce violazione degli artt. 5 e 6 d.P.R.  131/1986  nonché  degli  artt.  1  e  11  della  tariffa,  parte  II, allegata al d.P.R. n. 131/86 in relazione all'art. 360, primo comma, n.  3)  cod.proc.civ.,  reiterando  le  difese  svolte  con  il  precedente motivo  e,  precedentemente,  in  sede  di  gravame,  esclude  che  la produzione del documento contenente la rinuncia al finanziamento infruttifero possa essere considerato .
Con il controricorso, il contribuente ha eccepito il passaggio in giudicato della sentenza n. 412/1/2018 della CTR del Piemonte che ha confermato la decisione di primo grado di accoglimento parziale del ricorso proposto della società RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di liquidazione, notificato dall’RAGIONE_SOCIALE anche al COGNOME, quale condebitore in solido. Entrambi avevano opposto congiuntamente l’avviso di liquidazione dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino che aveva accolto il loro ricorso con pronuncia confermata in secondo grado; pertanto la sentenza favorevole ai ricorrenti è stata pronunciata nei confronti di entrambi i
contribuenti  del  giudizio  di  merito,  di  guisa  che,  non  avendo l’RAGIONE_SOCIALE  notificato  il  ricorso  per  cassazione    anche  alla  società RAGIONE_SOCIALE,  la  pronuncia  sarebbe  passata  in  giudicato  nei  confronti della società, di cui intenderebbe avvalersi il COGNOME ai sensi dell’art. 1306 cod.civ.
Al  riguardo,  l’RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  ha  chiesto  di  integrare  il contraddittorio nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE.
10.Come questa Corte ha più volte puntualizzato, sulla base di quanto emerge dall’art. 1306 cod. civ., di regola l’obbligazione solidale passiva non fa sorgere un rapporto unico e inscindibile e non dà luogo a litisconsorzio necessario nemmeno in sede di impugnazione – bensì a rapporti giuridici distinti, anche se fra loro connessi, di modo che il creditore può far valere nei confronti di ciascuno di quei condebitori l’intero suo credito, in tal modo essendo sempre possibile la scissione del rapporto processuale, che può svolgersi utilmente anche nei confronti di uno solo dei condebitori -, a tale regola si deroga, venendo a configurarsi una situazione di inscindibilità di cause e quindi di litisconsorzio processuale necessario, quando le stesse siano in rapporto di dipendenza ovvero quando le distinte posizioni dei coobbligati presentino obiettiva interrelazione, alla stregua della loro strutturale subordinazione anche sul piano del diritto sostanziale, sicché la responsabilità dell’uno presupponga la responsabilità dell’altro (Cass., sez. 3, 06/07/2006, n. 15358; Cass., sez. 3, 08/02/2012, n. 1771, Cass., sez. 3, 21/08/2018, n. 20860). Si configura, in particolare, l’inscindibilità RAGIONE_SOCIALE cause nell’ipotesi in cui l’accertamento della responsabilità di uno dei condebitori presupponga necessariamente quello della responsabilità dell’altro, cioè in caso di rapporto di subordinazione logica o di pregiudizialità tra le cause nei confronti di ciascuno dei condebitori solidali, in relazione al contenuto RAGIONE_SOCIALE censure proposte ed all’esito della lite, poiché, in tal caso, si genera un rapporto di dipendenza di cause
che dà luogo ad una ipotesi di litisconsorzio necessario e, di conseguenza, anche alla necessaria integrazione del contraddittorio, ex art. 331 cod. proc. civ., nei confronti del coobbligato non appellante (Cass. del 18.05.2012, n 7907; Cass., sez. 1, 19/04/2018, n. 9766; Cass. del 21/08/2018, n. 20860; Cass. del 05/06/2020, n. 10803; Cass. 28.11.2022, n. 34899). Questa Corte (Cass. civ., 12 febbraio 2016, n. 2854) ha precisato che, nel caso in cui la controversia ha riguardo a cause scindibili (quale quella in esame, in cui la pretesa è stata fatta valere nei confronti della ricorrente a titolo di responsabilità solidale con l’importatrice RAGIONE_SOCIALE) . Ancora, è stato altresì affermato (Cass. civ., 19 maggio 2020, n. 9194; Cass. del 10/05/2021, n. 12247) che, in tema di obbligazioni solidali passive, proprio in ragione della scindibilità RAGIONE_SOCIALE cause e quindi della scissione del rapporto processuale, che può utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati, se uno solo di essi propone impugnazione (o questa sia formulata nei confronti di uno soltanto) il giudizio può proseguire senza dovere integrare il contraddittorio nei confronti degli altri, non ricorrendo una RAGIONE_SOCIALE ipotesi previste dall’art. 331 cod.proc.civ. Del resto, il
fatto che, in caso di cause scindibili e di mancata impugnazione nei confronti dell’obbligato solidale che ha preso parte al giudizio, non si formi il giudicato interno in favore dell’altro obbligato solidale, è confermato dalla previsione di cui all’art. 332 cod.proc.civ., che prevede una mera litis denuntiatio nei confronti dell’obbligato solidale al quale non è stata notificata l’impugnazione, che ha lo scopo di avvertirlo, avendo partecipato al giudizio, della necessità di proporre eventuali impugnazioni -interesse che, nella fattispecie sub iudice, non risulta avere la società vittoriosa nel giudizio di merito e rispetto alla quale è ormai preclusa l’impugnazione – che non siano già precluse o escluse nel processo instaurato con l’impugnazione principale, con la conseguenza che, in tal caso, superata la fase di originaria stasi processuale fino a che non siano decorsi i termini di cui all’art. 325 c.p.c. e all’art. 327 c.p.c., primo comma, il processo può utilmente proseguire nei confronti del solo obbligato solidale nei cui confronti è stata proposta l’impugnazione, il che comporta che questi non possa far valere alcun giudicato interno in conseguenza della mancata impugnazione nei confronti dell’altro obbligato solidale. Va, difatti, precisato che non può trovare applicazione al caso di specie la regola dell’art. 1306 cod.civ., comma 2, in base alla quale i condebitori in solido hanno facoltà di opporre al creditore la sentenza pronunciata tra questi ed uno degli altri condebitori, in quanto la stessa trova applicazione soltanto nel caso in cui la sentenza suddetta sia stata resa in un giudizio cui non abbiano partecipato i condebitori che intendano opporla, mentre, nel caso, come quello di specie, in cui la controricorrente è stata parte del giudizio, la circostanza che la ricorrente non abbia ritenuto di proporre ricorso nei confronti della coobbligata non comporta, attesa la scindibilità RAGIONE_SOCIALE cause, il formarsi del giudicato favorevole alla contro ricorrente (Cass., 28 febbraio 2018, n. 4597; Cass. 13 luglio 2016, n. 14253; Cass. 19 gennaio 2007, n. 1225).
10.1.L’art.1306, cod.civ., dopo avere, al primo comma , disposto che «la sentenza pronunziata tra il creditore e uno dei debitori in solido, o tra il debitore e uno dei creditori in solido, non ha effetto contro gli altri debitori o contro gli altri creditori», prevede, al comma 2, che «gli altri debitori possono opporla al creditore, salvo che sia fondata sopra ragioni personali al condebitore; gli altri creditori possono farla valere contro il debitore, salve le eccezioni personali che questi può opporre a ciascuno di essi». Ai sensi del secondo comma del medesimo art. 1306, quindi, è fatta salva la facoltà degli altri debitori di giovarsene secondun eventum litis e sempre che la sentenza non sia fondata su ragioni personali (Cass. n. 1032/1971) e purché sollevino tempestivamente la relativa eccezione (Cass. del 15/12/2022, n. 36713; Cass. del 05/07/2019, n. 18154; v. altresì, in tema di applicazione dell’art. 1306 cod.civ. alla solidarietà tributaria, SU 22 giugno 1991, n. 7053).
L’estensione  degli  effetti  favorevoli  presuppone,  tuttavia,  che  la sentenza  sia  stata  resa  in  giudizio  cui  il  debitore  in  solido  sia rimasto estraneo (Cass., 29 gennaio 2007, n. 1779); tale condizione  non  si  riscontra  nel  caso  di  specie,  che  vede  COGNOME  come  parte  del  giudizio,  in  quanto  coobbligato  della società RAGIONE_SOCIALE (Cass. del 16/12/2022, n. 36942; Cass. del 26/07/2016, n. 15376).
In particolare, Cass. del 15.10.2021, n. 28267 afferma « In tema di solidarietà tributaria, in virtù del limite apportato dal secondo comma dell’art. 1306 cod.civ. al principio enunciato nel primo comma, il contribuente solidale può invocare a suo favore la sentenza intervenuta fra il creditore e altro coobbligato «solo quando sia rimasto estraneo al relativo giudizio»; in caso contrario, la sentenza emessa nei confronti dei diversi debitori consta di distinte pronunce, in relazione all’autonomia ed indipendenza dei relativi rapporti obbligatori, con la conseguenza che il passaggio
in giudicato dell’una, per difetto di impugnazione, rimane insensibile all’eventuale riforma o annullamento dell’altra, a prescindere dal carattere personale o meno RAGIONE_SOCIALE relative eccezioni»; l’esistenza di un vincolo di solidarietà passiva ex art. 2055 cod.civ,. non genera un litisconsorzio necessario – avendo il creditore titolo per valersi per l’intero nei confronti di ciascuno dei debitori – con conseguente possibilità di scissione, anche in appello, del rapporto processuale, che può utilmente svolgersi nei confronti di uno solo dei coobbligati (Cass. n. 4296/1987; Cass. del 03/07/2008, n. 18242; Cass. del 15.11.2016, n. 23422; Cass. del 27.09.2017, n. 22672; Cass. del 05/07/2017, n. 16560; Cass. del 09/02/2018, n. 3204; Cass. del 9.01.2019, n. 303).
In  conclusione,  non  può  trovare  applicazione  il  disposto  dell’art. 1306 cod.civ., in favore del coobbligato solidale che non è rimasto estraneo al giudizio conclusosi favorevolmente per l’altro debitore solidale.
11. Devono essere divisati con precedenza i primi due mezzi del ricorso incidentale che hanno carattere pregiudiziale rispetto al ricorso principale, in quanto investono l’illegittimità dell’avviso per difetto del contraddittorio endo-procedimentale. Invero, nel giudizio di cassazione, il ricorso incidentale non condizionato, con cui vengano proposte questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito la cui decisione, secondo l’ordine logico e giuridico, debba precedere quella del merito del ricorso principale, va esaminato con priorità rispetto a quest’ultimo, indipendentemente dalla rilevabilità d’ufficio RAGIONE_SOCIALE questioni proposte, poiché l’interesse all’impugnazione sorge per il solo fatto che il ricorrente incidentale è soccombente sulla questione pregiudiziale o preliminare decisa in senso a lui sfavorevole, così da rendere incerta la vittoria conseguita sul merito dalla stessa proposizione del ricorso principale e non già dalla sua eventuale fondatezza (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 31 ottobre 2014, n. 23271; Cass., Sez. 1^, 2
dicembre 2015, n. 24558; Cass., Sez. 5^, 29 aprile 2016, n. 8544; Cass.,  Sez.  5^,  20  gennaio  2017,  n.  1538;  Cass.,  Sez.  2^,  22 ottobre 2019, n. 26950; Cass., Sez. 1^, 10 luglio 2020, n. 14782; Cass.,  Sez.  5^,  18  febbraio  2021,  n.  4329;  Cass.,  Sez.  5^,  12 luglio  2021, n. 19738; Cass., Sez. 2^, 16 luglio 2021, n. 20320; Cass., Sez. Lav., 9 settembre 2021, n. 24407; Cass., Sez. 6^-5, 17 marzo 2022, n. 8704).
12.Ciò  detto,  i  primi  due  motivi  del  ricorso  incidentale -la  cui stretta  ed  intima  connessione  consiglia  la  trattazione  congiunta -sono infondati.
12.1 È configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logicogiuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività ( Cass. 08/05/2023, n. 12131; Cass. del 06/11/2020, n. 24953; Cass. del 25/06/2020, n. 12652).
12.2. In ogni caso, ai fini dell’interpretazione dell’art.12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212, la Corte in primo luogo osserva che tale  disposto  normativo  non  a  caso  non  distingue  tra  tributi armonizzati  e  non.  Infatti,  in  via  generale,  nel  triplice  caso  di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio
dell’attività, è già stata operata dal legislatore una valutazione ex ante in merito al rispetto del contraddittorio, attraverso la comminatoria di nullità dell’atto impositivo nel caso di violazione del termine dilatorio di sessanta giorni per consentire al contribuente l’interlocuzione con l’Amministrazione finanziaria, a far data dalla conclusione RAGIONE_SOCIALE operazioni di controllo. Questa è una disciplina nazionale che, già a monte, assorbe la “prova di resistenza”, nel pieno rispetto della giurisprudenza della CGUE (cfr. sentt. Kamino, cit., § 80 e Sopropè, cit., § 37). Così interpretato, l’art. 12, comma 7, legge 212/2000 garantisce pienamente sia il principio di equivalenza (il quale, anzi, risulterebbe violato se la norma fosse applicabile ai soli tributi non armonizzati), sia quello di effettività. Siffatta interpretazione è al tempo stesso rispettosa anche dei principi generali dell’ordinamento giuridico nazionale civile, amministrativo e tributario, secondo cui la regola della strumentalità RAGIONE_SOCIALE forme, ai fini del rispetto del contradditorio, viene meno in presenza di un’espressa sanzione di nullità comminata dalla legge per la violazione in questione. Non pare potersi dubitare che tali principi generali valgano anche ai fini del contraddittorio endo-procedimentale tributario.
12.3.Seconso il disposto dell’art. 15 d.P.R. 131/1986  <
L a  registrazione  d'ufficio  risulta  legittima  ai  sensi  dell'art.  15  del d.P.R.  131/1986  quando  il  suo  contenuto  essenziale  può  essere acquisito compiutamente attraverso la visione presa nel corso della
verifica.Il termine «prendere visione» deve essere inteso come materiale, effettiva lettura dell'atto rinvenuto, non essendo sufficiente, ai fini della procedura di registrazione d'ufficio, l'acquisizione di notizie desunte indirettamente o conclusioni fondate su presunzioni, anche se precise e concordanti. Secondo un determinato orientamento RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite, inoltre, per «atto» deve intendersi non il negozio giuridico racchiuso nel documento, ma il documento stesso. Ne deriva, secondo le S.U., che non è sufficiente, perché sorga il diritto dell'Amministrazione alla percezione dell'imposta di registro, che vi sia la certezza storica di un atto formato per iscritto e soggetto a registrazione in termine fisso, ma si richiede il possesso del documento come 'scrittura privata non autenticata' (S.U. 8.08.1990, n. 8062; Cass. del 16/01/2001, n. 532).
12.4.Orbene, nella specie, il contribuente non è stato destinatario di ispezioni, verifiche o accesso presso la sede dell'esercizio della sua attività; detta attività ispettiva è stata espletata correttamente e nel rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni normative presso la sede della società RAGIONE_SOCIALE, soggetto diverso dall'odierno contribuente, con la conseguenza che i principi esposti in materia di contraddittorio endoprocedimentale, validi per il destinatario dell'accesso e dell'ispezione, non si dilatano fino a ricomprendere anche il soggetto terzo, qual è il RAGIONE_SOCIALE, destinatario dell'avviso di liquidazione dell'imposta di registro applicata ad un documento reperito presso la sede della società – ex art. 15 cit. – dove la verifica fiscale è stata eseguita.
E'  sufficiente  qui    rammentare  che,  in  tema  di  accertamento tributario,  le  garanzie  previste  dall'art.  12  della  legge  27  luglio 2000, n. 212, si riferiscono espressamente agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali eseguiti ,  e, quindi,  sono  assicurate  esclusivamente  al  soggetto  sottoposto  ad
accesso, ispezione o verifica, ma non si estendono al terzo a carico del quale emergano dati, informazioni o elementi utili per l’emissione di un avviso di accertamento (in tal senso v. Cass. del 26/09/2012,  n.  16354;  Cass.  del 02/04/2014,  n.  7598; Cass.   del 30/10/2018, n. 27732; Cass. del 6.07.2016, n. 19013; Cass. dell08/07/2014, n. 15583).
Ciò  impedisce  di  ritenere  che  la  CTR  abbia  errato  nell’escludere implicitamente il vizio dell’atto accertativo.
12.5.Nel caso in esame, il documento rinvenuto durante l’ispezione finalizzata all’accertamento dell’evasione dei tributi armonizzati ha condotto  l’Ufficio  all’accertamento  dell’evasione  di  un  tributo  non armonizzato (imposta di registro) ad opera di un soggetto estraneo alla verifica, con la conseguente esclusione dei principi di legittimità richiamati nel ricorso proposto in via incidentale.
13. Il ricorso principale è fondato, respinti i restanti motivi del ricorso incidentale, volti questi ultimi ad ottenere l’integrale esenzione dall’imposta in ragione del fatto che la rinuncia al finanziamento infruttifero, qualificata dal decidente come «versamento al fine di evitare perdite d’esercizio», come testualmente riportato nella scrittura soggetta a registrazione, costituirebbe atto rientrante nell’alveo del disposto dell’art. 4 lett. a), n. 5 della Tariffa allegata al cit. d.P.R. e pertanto dell’art. 7 della Tariffa.
13.1. La doglianza formulata dall’RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione dell’art. 6 della Tariffa allegata al Tur e, segnatamente, l’ascrivibilità della rinuncia al finanziamento finalizzato ad evitare la riduzione di capitale all’alveo degli atti di remissione dei debiti. La circostanza dedotta dal RAGIONE_SOCIALE che in realtà l’atto in questione era indirizzato -nonostante il chiaro dato letterale – a consentire l’aumento di capitale rappresenta un’ argomentazione di carattere confutativo, laddove censura l’interpretazione del contratto accolta dalla sentenza impugnata, che la qualifica appunto come rinuncia
diretta ad evitare perdite di capitale e futuri aumenti, e, pertanto, avrebbe dovuto limitarsi a evidenziare l’invalidità dell’interpretazione adottata attraverso la allegazione (con relativa dimostrazione) dell’inesistenza o della assoluta inadeguatezza dei dati tenuti presenti dal giudice di merito o anche solo RAGIONE_SOCIALE regole giustificative (anche implicite) che da quei dati hanno condotto alla conclusione accolta; non potendo invece affidarsi alla mera contrapposizione di un risultato diverso sulla base di dati asseritamente più significativi o di regole di giustificazione prospettate come più congrue.
13.2. Cass.n. 22988 del 17 agosto 2021 ha affermato che se la parte intende contestare la qualificazione giuridica di un contratto quale risultante da una sentenza della Commissione Tributaria, deve dimostrare la violazione, da parte del giudice di merito, RAGIONE_SOCIALE norme recanti i criteri in base ai quali un contratto deve essere interpretato (ossia gli articoli 1362 e ss. c.c.) e non può limitarsi a proporre una diversa interpretazione. In tale pronuncia questa Corte ha riaffermato il sindacato del giudice di legittimità non può concernere il risultato interpretativo cui il giudice di merito giunge, ma deve appuntarsi unicamente sul rispetto, da parte del giudice del merito, dei canoni di ermeneutica contrattuale stabiliti dal legislatore.
13.4. Quanto all’erronea interpretazione dell’atto per l’omessa considerazione del contesto in cui esso venne adottato, prospettata sia dal contribuente che dall’amministrazione finanziaria, merita ripercorrere, seppure a grandi linee considerata la notorietà della vicenda, l’evoluzione normativa ed interpretativa che ha di recente segnato la sfera di operatività della norma invocata. L’art. 1, comma 87, lett. a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (cd. legge di bilancio 2018) ha infatti modificato l’art. 20 TUR in tema di «interpretazione degli atti», la cui previgente formulazione («L’imposta è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti
giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente») trova oggi una più circoscritta definizione normativa. Riaffermato il principio basilare di prevalenza della sostanza sulla forma, l’intervento legislativo ha ristretto l’oggetto dell’interpretazione al solo atto presentato alla registrazione, ed agli elementi soltanto da quest’ultimo desumibili. Non rilevano quindi più, come espressamente indicato dal legislatore, gli elementi evincibili da atti eventualmente ad esso collegati, così come quelli riferibili ad indici esterni o fonti extratestuali: «L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi». Questo nuovo assetto normativo è stato poi fatto oggetto di ulteriore intervento legislativo. Il 1° gennaio 2019, infatti, è entrato in vigore l’art.1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (bilancio di previsione per l’anno 2019), secondo cui: «L’art. 1, comma 87, lett. a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’art. 20, comma 1, del testo unico di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131». In tal modo il legislatore del 2018 ha ritenuto di espressamente attribuire alla previsione dell’art.1, comma 87, della legge n. 205 cit., portata di interpretazione autentica della disposizione-base di cui all’art. 20 TUR. E ciò al fine di assegnare efficacia retroattiva alla riformulazione di quest’ultima disposizione, così da renderla applicabile – fermi i rapporti di registrazione ormai esauriti – anche agli atti negoziali posti in essere prima del 1° gennaio 2018. Questi interventi legislativi -tali da imprimere alla materia un indirizzo ricostruttivo radicalmente diverso da quello fatto proprio da una pluriennale e consolidata giurisprudenza di legittimità – sono stati vagliati sotto vari profili dal giudice RAGIONE_SOCIALE leggi. Investita una prima
volta con ordinanza di questa Corte n. 23549/19 (dubitativa della legittimità, ex artt. 3 e 53 Cost., della nuova formulazione dell’art. 20 in punto esclusione degli elementi estrinseci all’atto e degli atti collegati), la Corte Costituzionale (sentenza n. 158/2020) ha ritenuto non fondati i dubbi così sollevati, osservando che: – ferma restando l’insindacabilità da parte del giudice RAGIONE_SOCIALE leggi della interpretazione evolutiva attribuita dalla Corte di Cassazione, in funzione nomofilattica, all’art. 20 in parola, siccome riferita alla causa concreta dell’atto ed alla rilevanza del collegamento negoziale, non può dirsi, diversamente da quanto affermato dal giudice rimettente, che tale interpretazione sia l’unica costituzionalmente necessitata, essendo infatti compatibili con la Costituzione anche nozioni diverse di  e di  in relazione alle quali considerare la capacità contributiva espressa; -la scelta del legislatore del 2017 di discrezionalmente escludere ogni rilevanza agli elementi extra-testuali ed ai negozi collegati (salvo che negli specifici casi desumibili da diverse disposizioni dello stesso TU Registro) deve ritenersi non arbitraria, ed anzi coerente con i principi ispiratori dell’imposta di registro e, in particolare, sia con la sua natura, storicamente riconosciuta, di ‘imposta d’atto’, sia con la tipizzazione tariffaria e per effetti giuridici degli atti imponibili; – la tesi dell’interpretazione dell’atto incentrata sulla nozione di causa reale non appare coerente con la sopravvenuta introduzione nell’ordinamento dell’articolo 10 -bis della legge 212 del 2000, poiché «consentirebbe all’amministrazione finanziaria, da un lato, di operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endo-procedimentale stabilita a favore del contribuente e, dall’altro, di svincolarsi da ogni riscontro di ‘indebiti’ vantaggi fiscali e di operazioni ‘prive di sostanza economica’, precludendo di fatto al contribuente ogni legittima pianificazione fiscale (invece pacificamente ammessa nell’ordinamento tributario
nazionale e dell’Unione europea)». Analoga questione di legittimità costituzionale è stata sollevata, con ordinanza di rimessione 13 novembre 2019, anche dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, la quale ha altresì sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale, in via subordinata, la diversa ed ulteriore questione della legittimità costituzionale del cit. art. 1, comma 1084, legge 30 dicembre 2018, n. 145, in forza del quale l’art. 1, comma 87, lettera a), legge n. 205 del 2017 «costituisce interpretazione autentica» del censurato art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986. Orbene, la Corte Costituzionale (sentenza n. 39/2021), ha richiamato -quanto alla legittimità in sé del nuovo testo dell’art. 20 – il convincimento di infondatezza della questione così come già emerso con la menzionata sentenza n. 158/20; ha quindi dichiarato inammissibili (ex art. artt. 24, 81, 97, 101, 102 e 108 Cost.), ovvero infondati (ex art.3 Cost.), gli ulteriori dubbi di legittimità costituzionale sulla retroattività per interpretazione autentica della nuova disciplina. In ordine a quest’ultimo profilo, in particolare, ha osservato la Corte che: – non è irragionevole attribuire efficacia retroattiva ad un intervento che abbia carattere di sistema come quello inciso, posto che il legislatore ha in tal modo certamente fissato uno dei contenuti normativi riconducibili, più che all’ambito semantico di una singola disposizione, a quello dell’intero impianto sistematico della disciplina sostanziale e procedimentale dell’imposta di registro, dove la sua origine storica di «imposta d’atto » non risulta superata dal legislatore positivo (sentenza n. 158 del 2020); nemmeno, l’intervento può dirsi irragionevole quando esso sia determinato «dall’intento di rimediare a un’opzione interpretativa consolidata nella giurisprudenza (anche di legittimità) che si è sviluppata in senso divergente dalla linea di politica del diritto giudicata più opportuna dal legislatore (sentenza n. 402 del 1993)», fermo restando che l’interpretazione di legittimità dell’art. 20 non risultava comunque del tutto monolitica, trovando anche
forte dissenso nella dottrina; – non può dirsi che la modificazione legislativa fosse a tal punto imprevedibile da palesarsi irragionevole (neppure nella sua attribuita efficacia retroattiva), ponendosi invece essa su un piano di rispettata «coerenza interna della struttura dell’imposta con il suo presupposto economico», secondo quanto già osservato con la sentenza 158/20; – quanto alla asserita violazione del principio di uguaglianza, valgono i principi già evidenziati in quest’ultima pronuncia sul fatto che la disciplina del 2017 non leda l’art. 3 (e neppure l’art. 53 Cost.), dovendosi qui aggiungere (per quanto concerne lo specifico aspetto della retroattività) che «nella giurisprudenza sovranazionale si riconosce che le norme della CEDU sono volte a tutelare i diritti della persona contro il potere dello Stato e della Pubblica Amministrazione e non viceversa». All’esito dell’evoluzione normativa ed interpretativa di cui si è dato finora conto, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità -appunto preso atto del mutato quadro di riferimento -ha innanzitutto osservato come le riforme del 2017 e 2018 non abbiano intaccato il principio legislativocardine dell’imposizione di registro, costituito dalla prevalenza della sostanza sulla forma. Ciò perché, a parte ogni considerazione sul rilievo anche ex art. 53 Cost. del principio, ne esce comunque riaffermata la testuale prescrizione per cui « L’imposta deve essere applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente», sicchè la prevalenza sostanziale dei presupposti dell’imposizione rispetto al titolo o alla forma apparente dell’atto, può (deve) a tutt’oggi essere fatta valere dall’Amministrazione finanziaria, sia pure entro i ricordati limiti imposti all’attività ermeneutica dall’art.20 novellato, cioè « per intrinseco » (Cass. del 22.06.2022, n. 20073). Su tale fondamentale premessa, la giurisprudenza di legittimità registra l’adattamento della nuova disciplina dell’art.20 secondo i criteri ricostruttivi di compatibilità
costituzionale  dettati  dal  giudice  RAGIONE_SOCIALE  leggi,  con  conseguente affermata preclusione alla riqualificazione negoziale «per estrinseco » o per collegamento negoziale.
Oggetto di tassazione è infatti il solo atto presentato per la registrazione attesa l’irrilevanza, alla luce RAGIONE_SOCIALE sentenze n.158 del 2020 e n. 39 del 2021 della Corte Costituzionale, degli elementi extratestuali e degli atti collegati in coerenza con i principi ispiratori della disciplina dell’imposta di registro (Cass. del 26.09.2021, n. 25601); ed ancora: « in tema di imposta di registro, l’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 – nella formulazione successiva alla l. n. 205 del 2017 cui, ai sensi dell’art. 1, comma 1084, legge n. 145 del 2018, va riconosciuta efficacia retroattiva (norme ritenute esenti da profili di illegittimità dalla Corte Costituzionale, rispettivamente, con sentenze n. 158 del 21 luglio 2020 e n. 39 del 16 marzo 2021) – deve essere inteso nel senso che l’Amministrazione finanziaria, nell’attività di qualificazione degli atti negoziali, deve attenersi alla natura intrinseca ed agli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, senza che assumano rilievo gli elementi extratestuali e gli atti, pur collegati, ma privi di qualsiasi nesso testuale con l’atto medesimo, salve le diverse ipotesi espressamente regolate» (Cass. del 28.01.2022, n. 2677; v. anche, tra le altre, Cass.nn. 11429/2022, 13006/2022,14490/2023, 15193/2023, 24668/2023). Così anche si era espressa Cass. del 22.04.2021, n. 10688 la quale ha evidenziato come, a seguito del duplice intervento della Corte Costituzionale, l’Amministrazione Finanziaria non può più riqualificare l’atto facendo ricorso a contenuti diversi da quelli propri RAGIONE_SOCIALE clausole contrattuali ed estranei agli elementi desumibili dall’atto presentato alla registrazione, con la conseguente irrilevanza della registrazione del finanziamento in una voce del bilancio diverso da quelle destinate agli aumenti di capitale.
L’attività di qualificazione per via interpretativa dell’atto da registrare è legittima soltanto se operata , senza l’utilizzazione di elementi ad esso estranei, in quanto l’interpretazione prevista dall’art. 20, d.P.R. n. 131 del 1986, non può basarsi sull’individuazione di contenuti diversi da quelli ricavabili dalle clausole negoziali e dagli elementi comunque desumibili dal singolo atto presentato alla registrazione; l’accesso ad elementi negoziali o comportamentali estrinseci è invece consentito nella diversa ottica (estranea all’art.20) dell’emersione di un abuso del diritto ed elusione fiscale, nel qual caso -però l’amministrazione finanziaria (i cui poteri accertativi in tema di imposta di registro ed ipo-catastale sono stati equiparati a quelli propri dell’imposizione sul reddito ex art.53 -bis d.P.R. 131/86 novellato nel 2017) deve osservare il contraddittorio preventivo, il procedimento e le garanzie tutte di cui all’art.10 -bis legge 212/00 (ben inteso, soltanto alle fattispecie successive alla sua introduzione). L’attenzione dell’interprete muove oggi, dunque, dalla polarizzazione , dovendosi in concreto valutare quali elementi siano da considerarsi interni all’atto presentato alla registrazione, così da rilevare ai fini della qualificazione  dell’atto stesso, e quali siano invece ad esso esterni, così da risultare ininfluenti ed inutilizzabili (salva la diversa ipotesi dell’«abuso del diritto» ex art. 10 -bis legge 212/2000 cit.). E questa opera di classificazione e qualificazione negoziale «per intrinseco» deve essere finalizzata all’individuazione del regime di imposizione applicabile all’atto tenuto conto, da un lato, della sua intrinseca natura e dei suoi effetti giuridici (non economici) e, dall’altro, della sua atomistica ed autosufficiente analisi secondo il paradigma -ancora insito nell’Ordinamento (C.Cost. cit.) -della imposta d’atto. Orbene, da quanto finora osservato discende de plano l’infondatezza della tesi dell’amministrazione finanziaria ricorrente.
Risulta comunque dirimente l’aspetto prettamente tecnico-giuridico rappresentato dalla preclusione, nella attuale formulazione dell’articolo 20 cit., alla qualificazione negoziale sulla base di elementi esterni o attività collegate, di guisa che né il RAGIONE_SOCIALE può invocare una diversa volontà negoziale non emergente dalla scrittura, né l’RAGIONE_SOCIALE può far ricorso allo Stato patrimoniale per dimostrare che il finanziamento rinunciato non è stato postato nella voce  ma .
Orbene, la scrittura tassata così recita:. Le norme codicistiche menzionate prevedono che  nonché .
13.  La  rinuncia  in  questione,  volta  ad  evitare  i  provvedimenti straordinari,    non  può  che  sussumersi  nell’ambito  degli  atti  di remissione (parziale) del debito che impone al RAGIONE_SOCIALE il pagamento dell’imposta di registro proporzionale (dello 0,5 %), in base all’art. 6, tariffa allegata al TUR (v., peraltro, Cass. 8.02.2023, nn. 3839 e 3841; Cass. 11276 del 29.4.2021, sull’applicazione dell’aliquota del
3%  per  le rinunce finalizzate al ripianamento RAGIONE_SOCIALE perdite, allorquando il finanziamento soci sia stato già inserito tra le poste passive del bilancio dell’ente).
I giudici territoriali hanno qualificato l’atto come « rinuncia correlata ad un versamento per evitare le perdite d’esercizio espressamente manifestata nell’atto dal RAGIONE_SOCIALE» aggiungendo che «la rinuncia è atto negoziale che sul piano fiscale dovrebbe rientrare tra gli atti di cui dell’art. 4, primo comma, lett.a) del d.P.R. 131/1986, come se si trattasse di atto deliberativo rivolto all’aumento del patrimonio sociale mercè l’utilizzo di denaro, silicet di un credito in denaro e quindi soggetti ad imposta fissa di registro».
Secondo la tesi del contribuente -che si pone in contrato frontale con la lettera del documento -la rinuncia parziale al finanziamento,  in  quanto  diretto  a  futuri  aumenti  di  capitale -rientrerebbe, sul presupposto che trattasi di atti di cui all’art. 4 TUR applicato dalla CTR, nel novero degli atti esenti dalla registrazione ai  sensi  del  combinato  disposto  degli  artt.  7  e  4    della  tariffa  I allegata al d.P.R. 131/1986,  nonchè  dell’art. 9 della tabella allegata.
L’art. 4 cit., applicato erroneamente dalla Regionale, sottopone all’imposta fissa di registro i seguenti atti « Atti propri RAGIONE_SOCIALE società di qualunque tipo ed oggetto e degli enti diversi dalle società compresi i consorzi, le associazioni e le altre organizzazioni di persone o di beni, con o senza personalità giuridica, aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole: a) costituzione e aumento del capitale o patrimonio 1) con conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su beni immobili, salvo il successivo n. 2) le stesse aliquote di cui all’art. 2) con conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su fabbricati destinati specificamente all’esercizio di attività commerciali e non suscettibili di altra destinazione senza radicale
trasformazione nonché su aree destinate ad essere utilizzate per la costruzione dei suddetti fabbricati o come loro pertinenze semprechè i fabbricati siano ultimati entro cinque anni dal conferimento e presentino le indicate caratteristiche………………..4%; 3) con conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su aziende o su complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa………………………….. ((lire 250.000); 4) con conferimento di proprietà o di diritto reale di godimento su unità da diporto le stesse imposte di cui al successivo art. 7; 5) con conferimento di denaro, di beni mobili, esclusi quelli di cui all’articolo11-bis della tabella, e di diritti diversi da quelli indicati nei numeri precedenti…… ((lire 250.000); 6) mediante conversione di obbligazioni in azioni o passaggio a capitale di riserve diverse da quelle costituite con sopraprezzo con versamenti dei soci in conto capitale o a fondo perduto e da quelle iscritte in bilancio a norma di leggi di rivalutazione monetaria (10) ((lire 250.000); b) fusione tra società, scissione RAGIONE_SOCIALE stesse, conferimento di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa fatto da una società ad altra società esistente o da costituire; analoghe operazion poste in essere da enti diversi dalle società: lire 250.000 c) altre modifiche statutarie, compresele trasformazioni e le proroghe………….. L. 50.000 (4) d) assegnazione ai soci, associati o partecipanti: 1) se soggette all’imposta sul valore aggiunto o aventi per oggetto utili in denaro L. 50.000 (4) 2) in ogni altro caso le stesse aliquote di cui alla lett. a) e) regolarizzazione di società di fatto, derivanti da comunione ereditaria di azienda, tra eredi che continuano in forma societaria l’esercizio dell’impresa………………… ((lire 250.000); f) operazioni di società ed enti esteri di cui all’art. 4 del testo unico………… 1%, g)atti propri dei gruppi europei di interesse economico..»
L’art. 7 del d.P.R. cit. dispone, poi, che « per gli atti indicati nella tabella allegata al presente testo unico non vi è obbligo di chiedere
la registrazione neanche in caso d’uso; se presentati per la registrazione, l’imposta è dovuta in misura fissa. La disposizione si applica agli atti indicati negli articoli (4, 5, 11 e 11bis ) della stessa tabella anche se autenticati o redatti in forma pubblica»; l’art. 9 della allegata tabella prevede che non vi è obbligo di registrazione per« gli atti propri RAGIONE_SOCIALE società ed enti di cui all’articolo 4 della parte prima della tariffa diversi da quelli ivi indicati, compresi quelli di nomina e accettazione degli organi di amministrazione, controllo e liquidazione nonché quelli che comportano variazione del capitale sociale RAGIONE_SOCIALE società cooperative e loro consorzi e RAGIONE_SOCIALE società di mutuo soccorso…»
Sennonchè, ferma restando la qualificazione dell’atto tassato come mera  rinuncia  ovvero  rinuncia  volta  ad  evitare  la  riduzione  del capitale ,  erronea  risulta  la  sussunzione  della  fattispecie  nell’alveo dell’art. 4 della parte prima della tariffa allegata al d.P.R. 131/1986.
La pretesa di sottrarre l’atto in questione, ex art. 7 della tariffa allegata al d.P.R. 131/1986 in combinato disposto con l’art. 4 Tariffa Parte Prima cit. (‘ Atti propri RAGIONE_SOCIALE società di qualunque tipo ed oggetto e degli enti diversi dalle società compresi i consorzi, le associazioni e le altre organizzazioni di persone o di beni, con o senza personalità giuridica, aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole…’) al prelievo sulla base imponibile costituita dal finanziamento confluito alla società si fonda su una errata interpretazione del disposto tariffario dell’art.4 cit. il quale individua quale presupposto della tassazione «le operazioni e gli atti RAGIONE_SOCIALE società» e non dei soci, atteso che detta citata norma fa riferimento alla lett. a), n.5), all’aumento del capitale sociale mediante conferimento di denaro da parte dei soci, vale a dire alla delibera assembleare di aumento del capitale disposto anche con conferimento di denaro.
La stessa giurisprudenza di legittimità, in tema di imposte e tasse, utilizza il termine ‘atti societari’, quale genus rispetto alla species ‘deliberazioni societarie’, sostenuta in ciò, dalla disciplina fiscale, che nell’art. 4 della tariffa allegata al T.U. dell’imposta di registro (d.P.R. 131/86), riconduce sotto la figura unica degli  una congerie di fattispecie aventi come comune denominatore esclusivamente il riferimento ad un’impresa esercitata in forma associata. Non diversamente la dottrina utilizza il termine atti societari in forma sintetica per ricondurre ad unità tutta una serie di eventi riconducibili alla società, talora ricollegandolo ad una delibera, o comunque ad un’ expressio voluntatis dell’organismo, talora ponendo quale unico criterio unificatore il riferimento ad una struttura societaria (v. Cass. del 11/02/2011, n. 3345; Cass. del 09/07/2014, n. 15625).
Il soggetto interessato dal disposto dell’art. 4 è, pertanto, la società o un ente diverso dalle società ( come i consorzi): difatti la norma elenca gli ; gli atti elencati dalla norma includono gli aumenti di capitali ( …disposti dall’assemblea dei soci) mediante passaggio a capitale di riserve diverse  (v. S.U. del 24.05.2023, n. 14432; Cass. del 30/06/2010, n. 155585).
Va dunque affermato il seguente principio di diritto: « l’art. 4, lett. a), tariffa I allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 disciplina l’imposizione fiscale degli ‘atti societari’, quale genus rispetto alla species ‘deliberazioni societarie’, aventi come comune denominatore esclusivamente il riferimento ad un’expressio voluntatis dell’organismo»; ne consegue che l’atto di rinuncia al finanziamento sottoscritto dal RAGIONE_SOCIALE -sebbene al fine di evitare la riduzione di capitale e conseguente futuro aumento di capitale – non rientra
nell’alveo degli atti societari che sono costituiti dai soli atti che siano espressione della volontà  assembleare ».
Ne  consegue,  che  la  rinuncia  oggetto  della  tassazione  non  può essere  compresa  –  come  pretende  il  contribuente  –  tra  gli  atti societari non soggetti ad obbligo di registrazione di cui al cit. art. 7 del  d.P.R.  131/1986,  tra  i  quali  sono  comprese  le  operazioni societarie  dell’assemblea sociale -volte  all’aumento di capitale o del patrimonio di società ed enti commerciali.
In  definitiva,  va  accolto  il  ricorso  principale  e  respinto  quello incidentale, la sentenza  impugnata  va  cassata.  Sussistendo  i presupposti  di  cui  all’art.  348  cod.proc.civ.,  la  causa  può  essere decisa nel merito, con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.
Sussistono  i  presupposti  per  compensare  le  spese  di  lite  del giudizio di merito.
Le  spese  del  giudizio  di  legittimità  seguono  la  soccombenza  e vanno liquiate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. 31 maggio 2002, n. 115  si  deve  dare  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  per  il versamento, da parte della ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis del  citato  art.  13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte
-accoglie  il  ricorso  principale  dell’RAGIONE_SOCIALE,  respinge  il ricorso  incidentale;  cassa  la  sentenza  impugnata  e  decidendo  nel merito, respinge l’originario ricorso del contribuente;
-compensa le spese del giudizio di merito;
-condanna il ricorrente in via incidentale alla refusione RAGIONE_SOCIALE spese di  legittimità che liquida in favore dell’RAGIONE_SOCIALE in euro 13.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. 31 maggio 2002, n. 115  si  deve  dare  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  per  il versamento,  da  parte  della  ricorrente  incidentale,  dell’ulteriore importo a titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello  dovuto  per  il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, ove dovuto.
Cosi  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Sezione