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Rinuncia al ricorso: quando si estingue il giudizio

L’Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso in Cassazione contro una decisione tributaria favorevole a un’azienda. Tuttavia, durante il processo, la sentenza impugnata è stata revocata da un’altra pronuncia dello stesso giudice di merito. Di conseguenza, l’Agenzia ha dichiarato di non avere più interesse alla causa, effettuando una rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione ha accolto la richiesta, dichiarando l’estinzione del giudizio e chiarendo che, in questi casi, non è dovuto il pagamento del doppio contributo unificato.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al ricorso: la Cassazione chiarisce l’estinzione del giudizio

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico di rinuncia al ricorso, spiegando le conseguenze processuali che derivano dalla revoca della sentenza impugnata. Questa decisione offre spunti fondamentali sull’interesse ad agire e sulla cessazione della materia del contendere, delineando un principio chiaro: se l’oggetto del giudizio viene meno, proseguire la causa diventa inutile.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento fiscale per l’anno 2013, notificato a una società a responsabilità limitata. La società ha impugnato l’atto, contestando sia la legittimità della notifica sia la fondatezza delle pretese fiscali. In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) ha dichiarato il ricorso inammissibile perché presentato oltre il termine di 60 giorni.

La contribuente ha quindi proposto appello alla Commissione Tributaria Regionale (CTR). Durante questo secondo grado di giudizio, il difensore della società ha dichiarato l’intervenuto fallimento della sua assistita. Nonostante ciò, la CTR non ha interrotto il processo e ha accolto l’appello. Contro questa decisione, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione.

La Svolta Processuale e la Rinuncia al Ricorso

Il colpo di scena è avvenuto durante la pendenza del giudizio in Cassazione. L’Agenzia delle Entrate ha comunicato di non avere più interesse alla decisione del ricorso. Il motivo? La sentenza della CTR, oggetto dell’impugnazione, era stata nel frattempo revocata da un’altra sentenza dello stesso organo giudiziario.

Questo evento ha fatto venir meno l’oggetto stesso del contendere. La pronuncia che l’Agenzia contestava non esisteva più giuridicamente, rendendo il suo ricorso privo di scopo. Di conseguenza, l’ente ha formalizzato una rinuncia al ricorso, chiedendo di fatto la chiusura del procedimento.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Rinuncia al Ricorso

La Corte di Cassazione ha accolto la richiesta dell’Agenzia delle Entrate, dichiarando l’estinzione del giudizio. La motivazione si fonda su principi consolidati del diritto processuale.

In primo luogo, la Corte ha ribadito che la rinuncia al ricorso è un atto recettizio che non necessita dell’accettazione della controparte per produrre l’effetto estintivo. L’adesione dell’altra parte serve solo a evitare una condanna alle spese per il rinunciante. Nel caso specifico, la società contribuente non si era nemmeno costituita nel giudizio di Cassazione, quindi non vi era alcuna questione da risolvere in merito alle spese legali.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che l’interesse ad agire e a impugnare deve sussistere non solo al momento della proposizione del ricorso, ma anche al momento della decisione. La revoca della sentenza impugnata ha causato una “cessazione della materia del contendere” per sopravvenuto difetto di interesse. In altre parole, non avendo più un provvedimento da contestare, il ricorrente non aveva più alcun interesse a ottenere una pronuncia dalla Cassazione. Proseguire il giudizio sarebbe stato un esercizio puramente teorico e contrario ai principi di economia processuale.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. La prima è che un evento sopravvenuto, come la revoca della sentenza impugnata, può rendere un ricorso inammissibile per carenza di interesse, portando alla sua logica conclusione tramite una rinuncia al ricorso. La seconda è una precisazione di natura fiscale: la Corte chiarisce che la norma che prevede il raddoppio del contributo unificato in caso di esito negativo dell’impugnazione non si applica nell’ipotesi di estinzione del giudizio per rinuncia. Si tratta infatti di una norma eccezionale, da interpretare restrittivamente, applicabile solo ai casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso decisi nel merito processuale.

Cosa succede se la sentenza impugnata viene revocata mentre il ricorso è pendente in Cassazione?
Il ricorso diventa inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse. Poiché l’oggetto della contestazione non esiste più, viene a mancare la ragione stessa del contendere, portando alla cessazione del giudizio.

La rinuncia al ricorso in Cassazione necessita dell’accettazione della controparte?
No, la rinuncia è un atto unilaterale che determina l’estinzione del giudizio. L’accettazione della controparte è rilevante solo per evitare una condanna al pagamento delle spese legali a carico di chi rinuncia. Se la controparte non si è costituita, non si pone alcun problema di spese.

In caso di rinuncia al ricorso, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, ma non in caso di estinzione del giudizio per rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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