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Rinuncia al ricorso: quando non si pagano le spese

Un’agenzia territoriale ha presentato ricorso per il rimborso dell’IMU a un Comune, ma ha poi effettuato una rinuncia al ricorso in Cassazione. La rinuncia è stata motivata dal consolidarsi di un orientamento giurisprudenziale contrario. La Corte ha dichiarato estinto il processo e ha compensato le spese legali tra le parti, ritenendo la rinuncia una scelta processuale giustificata dal mutato contesto giurisprudenziale, che costituisce un giusto motivo per la compensazione.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al ricorso: una strategia per evitare la condanna alle spese

La rinuncia al ricorso è un atto processuale che può sembrare una sconfitta, ma che, in determinate circostanze, si rivela una scelta strategica vincente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito quando questa mossa può portare alla compensazione delle spese legali, specialmente quando la giurisprudenza su una data materia subisce un’evoluzione sfavorevole dopo l’inizio della causa. Analizziamo insieme questo importante provvedimento.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da una controversia tra un’Agenzia Territoriale per la Casa e un Comune in materia di IMU. L’Agenzia aveva richiesto il rimborso dell’imposta versata per l’anno 2012, sostenendo di avere diritto all’esenzione prevista per gli immobili di edilizia popolare di sua proprietà. Sia in primo grado che in appello, le commissioni tributarie avevano respinto la richiesta dell’ente, ritenendo legittimo il diniego del Comune.

Contro la decisione della Commissione tributaria regionale, l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione. Tuttavia, nel corso del giudizio, la stessa Agenzia ha notificato un atto di rinuncia al ricorso, prendendo atto di un importante sviluppo: la Corte di Cassazione aveva, nel frattempo, consolidato un orientamento giurisprudenziale contrario alla sua tesi.

La decisione della Corte sulla rinuncia al ricorso e le spese

La Corte di Cassazione, ricevuta la notifica della rinuncia, ha dichiarato l’estinzione del processo, come previsto dal codice di procedura civile. L’aspetto più interessante della decisione, però, riguarda la regolamentazione delle spese di lite. Nonostante la rinuncia equivalga di fatto a una soccombenza, i giudici hanno deciso per la compensazione integrale delle spese tra le parti. Questo significa che ogni parte ha dovuto sostenere i propri costi legali, senza che l’Agenzia, pur avendo rinunciato, fosse condannata a pagare quelli del Comune.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su un principio di equità processuale. I giudici hanno riconosciuto che la rinuncia al ricorso non era un atto arbitrario, ma una conseguenza diretta e ragionevole del consolidamento, in epoca successiva alla proposizione del ricorso, di un indirizzo di legittimità sfavorevole alla tesi dell’Agenzia. In altre parole, quando l’ente aveva iniziato la sua battaglia legale, la questione era ancora dibattuta; solo in seguito le sentenze della Cassazione hanno chiarito in modo definitivo la necessità del requisito dell’utilizzo diretto dell’immobile da parte dell’ente per beneficiare dell’esenzione IMU.

Questo cambiamento del panorama giurisprudenziale è stato considerato un “giusto motivo” per derogare alla regola generale secondo cui chi perde (o rinuncia) paga le spese. La Corte ha ritenuto che insistere nel ricorso, una volta affermatosi un orientamento contrario, sarebbe stato processualmente inutile e dispendioso. La rinuncia, quindi, è stata vista come un atto di responsabilità che ha evitato un’ulteriore e vana prosecuzione del giudizio.

Inoltre, la Corte ha specificato che, in caso di estinzione del processo per rinuncia, non si applica la norma che prevede il pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato (il cosiddetto “doppio contributo”), poiché tale sanzione è prevista solo per i casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione strategica: monitorare costantemente l’evoluzione della giurisprudenza è fondamentale. Quando un orientamento si consolida in senso contrario alla propria posizione, la rinuncia al ricorso può diventare lo strumento più efficace per limitare i danni economici. La decisione dimostra che i giudici sono sensibili alle dinamiche processuali e possono premiare, attraverso la compensazione delle spese, la parte che, con senso di responsabilità, evita di proseguire una lite ormai priva di possibilità di successo a causa di un mutamento giurisprudenziale sopravvenuto. È una conferma che, a volte, la mossa più saggia non è combattere fino alla fine, ma riconoscere quando è il momento di fermarsi.

Quando una rinuncia al ricorso può portare alla compensazione delle spese legali?
La compensazione delle spese legali può essere disposta quando la rinuncia al ricorso deriva dal consolidamento di un indirizzo giurisprudenziale sfavorevole, avvenuto dopo la proposizione del ricorso stesso. Questa circostanza è considerata un ‘giusto motivo’ che giustifica la deroga alla regola generale della soccombenza.

Cosa succede se la giurisprudenza cambia dopo che ho presentato ricorso?
Se la giurisprudenza si consolida in senso contrario alla tesi sostenuta nel ricorso, la parte ricorrente può valutare una rinuncia. Come dimostra questa ordinanza, una tale rinuncia, motivata dal nuovo orientamento, può essere considerata una scelta processuale responsabile e portare la Corte a compensare le spese di giudizio, evitando alla parte rinunciante la condanna al pagamento delle spese della controparte.

In caso di rinuncia al ricorso, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica quando il processo si estingue per rinuncia. Tale sanzione è prevista solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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