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Rinuncia al ricorso: quando il processo si estingue

Un contribuente, dopo aver impugnato un avviso di accertamento per una plusvalenza immobiliare e aver perso nei primi due gradi di giudizio, ha presentato ricorso in Cassazione. Successivamente, ha aderito a una definizione agevolata e ha presentato una formale rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, prendendo atto della chiara volontà del contribuente, ha dichiarato l’estinzione del processo, compensando integralmente le spese legali tra le parti.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Analisi di un Caso di Estinzione del Processo

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la rinuncia al ricorso da parte di un contribuente, specialmente se legata a una procedura di definizione agevolata, possa determinare la fine del contenzioso tributario. La Corte di Cassazione ha stabilito che una manifestazione di volontà esplicita e inequivocabile di abbandonare il giudizio prevale su altri meccanismi procedurali, portando all’estinzione del processo.

I fatti del caso: dalla plusvalenza al ricorso per Cassazione

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento notificato a un contribuente per una plusvalenza derivante dalla cessione di un terreno. Il contribuente ha impugnato l’atto, ma il suo ricorso è stato respinto sia dalla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) che, in appello, dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR).

Non soddisfatto dell’esito, il contribuente ha deciso di portare la questione davanti alla Corte di Cassazione, presentando un ricorso basato su un unico motivo. L’Agenzia delle Entrate si è costituita in giudizio per resistere all’impugnazione.

La svolta: la definizione agevolata e la rinuncia al ricorso

Il punto di svolta del procedimento è avvenuto quando, nelle more del giudizio di Cassazione, il contribuente ha deciso di avvalersi della cosiddetta “definizione agevolata” prevista dalla legge n. 197/22, una forma di “pace fiscale” per chiudere le pendenze con l’erario. Coerentemente con questa scelta, ha depositato un atto formale di rinuncia al ricorso.

Questo atto ha avuto un’importanza cruciale. La Corte ha infatti sottolineato che, sebbene esista un meccanismo di rinuncia “implicita” (previsto dall’art. 380-bis c.p.c. in caso di mancata richiesta di decisione dopo una proposta di definizione accelerata), la rinuncia “espressa” e volontaria del contribuente prevale e deve essere esaminata con priorità.

La decisione della Corte: l’effetto estintivo della rinuncia al ricorso

La Corte di Cassazione ha ritenuto che la volontà del ricorrente di rinunciare al giudizio fosse “inequivocabilmente espressa” nell’atto depositato. Anche se la documentazione relativa alla definizione agevolata non permetteva di collegare con assoluta certezza tutte le somme pagate all’avviso di accertamento specifico oggetto della causa, l’atto di rinuncia firmato dal contribuente era di per sé sufficiente a manifestare la sua intenzione di porre fine alla controversia.

La gestione delle spese processuali

Un aspetto rilevante della decisione riguarda le spese legali. La Corte ha disposto l’integrale compensazione delle spese tra le parti. Questa scelta è stata motivata dal collegamento diretto tra la rinuncia al ricorso e l’adesione a una normativa di condono. In questi casi, e a fronte della mancata opposizione da parte dell’Agenzia delle Entrate, la giurisprudenza tende a favorire la compensazione, evitando di gravare ulteriormente sul contribuente che ha scelto una via conciliativa.

le motivazioni

La Corte Suprema ha basato la sua decisione sul principio della prevalenza della volontà espressa della parte. L’atto di rinuncia, firmato e depositato, è considerato un negozio giuridico processuale che produce l’effetto immediato di estinguere il giudizio. Secondo i giudici, questo atto è autonomo e decisivo, indipendentemente dalla perfetta corrispondenza tra i documenti della definizione agevolata e l’oggetto del contendere. La volontà chiara di non proseguire la lite è l’elemento fondamentale che il giudice è tenuto a registrare. Pertanto, una volta accertata l’esistenza di una rinuncia formale, la conseguenza giuridica non può che essere la declaratoria di estinzione del processo.

le conclusioni

L’ordinanza conferma un principio importante per i contenziosi tributari: l’adesione a strumenti di definizione agevolata, se accompagnata da una formale rinuncia al ricorso, porta inequivocabilmente all’estinzione del processo. Per i contribuenti, ciò significa che la scelta di una “pace fiscale” deve essere seguita da un atto processuale coerente per chiudere definitivamente la partita in sede giudiziaria. Per i professionisti, è un monito a formalizzare sempre la rinuncia per evitare incertezze procedurali. La decisione di compensare le spese, inoltre, rappresenta un ulteriore incentivo a percorrere la via della conciliazione con il Fisco.

Cosa succede se un contribuente rinuncia esplicitamente al ricorso in Cassazione?
Il processo viene dichiarato estinto. La Corte di Cassazione prende atto della volontà della parte di non proseguire il giudizio e chiude il procedimento senza emettere una decisione sul merito della questione.

La richiesta di definizione agevolata comporta automaticamente la rinuncia al ricorso?
Non automaticamente. Tuttavia, l’adesione a una definizione agevolata è quasi sempre il presupposto per la rinuncia. In questo caso, la Corte ha chiarito che è l’atto formale di rinuncia, espressione inequivocabile della volontà del contribuente, a determinare l’estinzione del processo, e tale atto prevale su altri meccanismi procedurali.

Perché le spese legali sono state interamente compensate?
Le spese sono state compensate perché la rinuncia era collegata all’adesione del contribuente a una normativa di condono fiscale (definizione agevolata). In aggiunta, la controparte pubblica (Agenzia delle Entrate) non si è opposta, giustificando la decisione del giudice di non addossare i costi a nessuna delle due parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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