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Rinuncia al ricorso: quando il giudizio si estingue

Un contribuente, dopo aver perso in appello contro l’Agenzia delle Entrate, presenta ricorso in Cassazione. Successivamente, aderisce alla definizione agevolata dei debiti (“rottamazione-quater”) e presenta una formale rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, verificata la regolarità della rinuncia, dichiara estinto il giudizio e compensa le spese legali tra le parti, escludendo l’applicazione del c.d. “doppio contributo unificato”.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rinuncia al ricorso: come l’adesione alla rottamazione chiude il contenzioso

L’adesione a una sanatoria fiscale, come la cosiddetta “rottamazione-quater”, può rappresentare una strategia efficace per porre fine a un lungo e incerto contenzioso tributario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illustra chiaramente le conseguenze processuali di tale scelta, evidenziando come una formale rinuncia al ricorso porti all’estinzione del giudizio. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche per i contribuenti.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento per imposte dirette e IVA notificato a una contribuente per l’anno d’imposta 2009. L’Amministrazione Finanziaria contestava maggiori ricavi basandosi su una ricostruzione dei dati contabili che, a suo dire, apparivano in contrasto con i criteri di ragionevolezza ed economicità.

La contribuente impugnava l’atto e otteneva una prima vittoria presso la Commissione Tributaria Provinciale. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate proponeva appello e la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione, dando ragione all’ufficio. A questo punto, la contribuente decideva di proseguire la battaglia legale, presentando ricorso per Cassazione, affidato a sette distinti motivi.

La svolta: l’adesione alla Rottamazione e la Rinuncia al ricorso

Durante il giudizio in Cassazione, si verifica un evento decisivo. Il difensore della contribuente deposita una memoria con la quale dichiara di rinunciare al ricorso per carenza di interesse.

La ragione di questa scelta strategica risiede nell’adesione della sua assistita alla definizione agevolata prevista dalla Legge n. 197/2022 (la “rottamazione-quater”). Avendo scelto di saldare il proprio debito con il fisco attraverso il piano di pagamento rateale proposto dall’agente della riscossione, per la contribuente non aveva più senso proseguire il giudizio, il cui esito era diventato irrilevante.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, ricevuta la dichiarazione di rinuncia, ne ha verificato la validità formale. L’articolo 390 del codice di procedura civile stabilisce i requisiti per la rinuncia, che in questo caso sono stati pienamente soddisfatti. La dichiarazione, proveniente da un difensore munito di procura speciale, è stata inoltre ritualmente comunicata alla controparte, l’Agenzia delle Entrate.

Di conseguenza, la Corte ha preso atto della volontà della parte ricorrente di porre fine alla controversia. La principale conseguenza processuale è stata la declaratoria di estinzione del giudizio. Quando un processo si estingue, non si arriva a una sentenza che decida chi ha torto o ragione nel merito della questione, ma semplicemente si chiude il procedimento.

Un altro aspetto rilevante della decisione riguarda le spese legali. Tenuto conto della natura della controversia e del suo esito, i giudici hanno optato per la compensazione delle spese: ciò significa che ogni parte ha sostenuto i propri costi legali, senza alcuna condanna al rimborso. Infine, la Corte ha precisato un punto fondamentale: la declaratoria di estinzione esclude l’applicabilità dell’articolo 13, comma 1-quater del D.P.R. 115/2002. Questa norma prevede che la parte che ha proposto un’impugnazione respinta o dichiarata inammissibile debba versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato. Poiché il giudizio si è estinto per rinuncia al ricorso, questa sorta di “sanzione” non è dovuta.

Conclusioni

Questa ordinanza offre spunti pratici di grande importanza. In primo luogo, conferma che le procedure di definizione agevolata sono uno strumento valido non solo per regolarizzare la propria posizione debitoria, ma anche per uscire da contenziosi pendenti, risparmiando tempo e risorse. In secondo luogo, chiarisce che la rinuncia al ricorso a seguito di adesione a una sanatoria, se effettuata correttamente, porta all’estinzione del giudizio e, aspetto non trascurabile, evita al ricorrente il rischio di dover pagare il doppio del contributo unificato in caso di esito negativo dell’impugnazione. È una scelta strategica che, con la dovuta assistenza legale, può rivelarsi la soluzione più vantaggiosa.

Cosa succede a un processo se il ricorrente aderisce a una sanatoria fiscale come la rottamazione-quater?
Se il ricorrente aderisce a una sanatoria, può perdere interesse nella prosecuzione del giudizio e presentare una formale rinuncia al ricorso. Se la rinuncia è valida, la Corte dichiara l’estinzione del processo.

In caso di estinzione del giudizio per rinuncia, la parte che rinuncia deve pagare le spese legali della controparte?
Non necessariamente. Nel caso specifico, la Corte ha deciso di compensare le spese di lite, tenendo conto della natura della controversia e del suo esito. Ciò significa che ogni parte ha sostenuto i propri costi.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del doppio contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito che la declaratoria di estinzione del giudizio per rinuncia esclude l’obbligo di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto invece per i casi di ricorso respinto o dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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