Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1997 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1997 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/01/2025
Cartella di pagamento rottamazione ter -estinzione Principio di diritto
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25686/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
Pretorio, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE,
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore,
-resistente –
e
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE)
nonché
RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di incorporante di RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE,
-interventore volontario – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA, n. 2778/2018, depositata il 15 giugno 2018;
dato atto che il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentiti l’AVV_NOTAIO per la ricorrente e l’ AVV_NOTAIO per l’RAGIONE_SOCIALE.
FATTI DI CAUSA
La società di riscossione, in data 16 aprile 2015, notificava alla RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) cartella di pagamento (n. 06820150052063677), emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36bis d.P.R. n. 600 del 1973, con la quale, con riferimento all’anno di imposta 2011, richiedeva il pagamento della somma di euro 125.128,08 muovendo due rilievi: 1) il mancato o insufficiente versamento di ritenute per euro 29.174,59 e le conseguenti sanzioni; 2) il tardivo versamento di ritenute e conseguenti sanzioni.
La società presentava istanza di annullamento in autotutela chiedendo la rettifica RAGIONE_SOCIALE somme iscritte a ruolo in quanto in parte già corrisposte. Inoltre, proponeva ricorso avverso la cartella sia nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che della RAGIONE_SOCIALE
Nel merito la contribuente evidenziava, quanto al primo rilievo, che il medesimo non teneva conto RAGIONE_SOCIALE somme successivamente versate, sicché gli importi andavano rideterminati; quanto al secondo rilievo che, se pure tardivamente, aveva fatto ricorso all’istituto del ravvedimento operoso; che, in particolare, il termine scadeva il 20 settembre 2012 e i versamenti erano stati eseguiti il giorno successivo; che, poiché il ritardo non ne escludeva la validità, nulla era dovuto a titolo di sanzioni ed interessi.
Nelle more del giudizio, l’Ufficio accoglieva parzialmente l’istanza di annullamento in autotutela, riconoscendo i versamenti tardivi e procedendo allo sgravio. Confermava, invece, le sanzioni di cui al secondo rilievo, stante la tardività del ravvedimento operoso.
4. La CRAGIONE_SOCIALEtRAGIONE_SOCIALEp. accoglieva il ricorso.
Rilevava che la contribuente aveva provato di aver corrisposto tutti gli importi di cui al primo rilievo e che, con il ravvedimento operoso che riteneva perfezionato stante l’irrilevanza del lieve ritardo – era venuta meno la pretesa erariale.
La C.t.r., invece, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’appello dell’Ufficio e confermava la debenza RAGIONE_SOCIALE somme iscritte a ruolo. Osservava, in proposito, che entrambe le parti concordavano sul fatto che il ricorso era stato proposto solo con riferimento agli importi successivamente sgravati; che, pertanto, il giudice di primo grado era andato ultra petita annullando una ripresa mai impugnata e per la quale entrambe le parti concordavano per la debenza.
Avverso detta sentenza la contribuente propone ricorso nei confronti sia dell’RAGIONE_SOCIALE che dell’Ente di riscossione.
L ‘ RAGIONE_SOCIALE, depositava «atto di costituzione», dando atto di non aver proposto tempestivo controricorso, ai soli fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale. La società di riscossione, invece, non ha svolto attività difensiva.
La ricorrente, in data 19 settembre 2019, depositava atto intestato «atto di rinuncia al ricorso per cassazione con contestuale deposito di documentazione comprovante la definizione agevolata ex art. 3 D.L. 119/2018». Tuttavia, in data 22 novembre 2022 depositava istanza e nota ex art . 372 cod. proc. civ. con la quale dava atto che, con successiva pec del 23 giugno 2022 -allegata l’RAGIONE_SOCIALE, aveva comunicato che la pretesa tributaria contenuta nella cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA (quella impugnata nel presente giudizio) non era stata oggetto di rottamazione e che la definizione agevolata aveva avuto esito negativo; che, di conseguenza, ritenuta non perfezionata la definizione della lite e stante la pronuncia di secondo grado favorevole alla contribuente, aveva provveduto all’emissione di una nuova cartella di pagamento a carico della RAGIONE_SOCIALE n. NUMERO_CARTA -anch’essa allegata in relazione alla pretesa fiscale sub iudice . A seguito di detta interlocuzione, la contribuente, preso atto che non si era perfezionata la definizione agevolata e ritenuto che fosse venuto meno il presupposto della rinuncia, da considerarsi, per l’effetto, tamquam non esset, in quanto subordinata all’effettivo perfezionamento della definizione, insisteva per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RAGIONE_SOCIALE, quale incorporante la RAGIONE_SOCIALE, in data 23 dicembre 2022 depositava «comparsa di costituzione», così intervenendo nel giudizio e successivamente depositava memoria ex art. 380bis. 1 cod. proc. civ. con la quale insisteva per la cassazione della sentenza impugnata.
Con ordinanza interlocutoria n. 22431 del 2024 questa Corte ha disposto la trattazione del ricorso in pubblica udienza «prospettandosi profili nomofilattici afferenti alla rinuncia al ricorso manifestata nella convinzione del perfezionamento della procedura c.d. rottamazione ter
e nella comunicazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di iscrizione a ruolo successivamente alla comunicazione che nulla era dovuto in ragione RAGIONE_SOCIALE cartelle oggetto di domanda di definizione»
10. La RAGIONE_SOCIALE depositava ulteriore memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente vanno illustrate le ragioni per le quali il ricorso va deciso nel merito, pur in presenza di rinuncia (poi revocata) della contribuente ricorrente.
1.1 La RAGIONE_SOCIALE, dopo aver avanzato domanda di definizione agevolata ex art. 3 d.l. n. 119 del 2018 (cd. rottamazione ter) , con l’istanza depositata il 19 settembre 2019 – sul presupposto del perfezionamento della rottamazione, indotto dall’errore commesso dall’Amministrazione che aveva comunicato che non vi erano somme da pagare – ha espressamente rinunciato al giudizio pendente in Cassazione con atto sottoscritto dal legale rappresentante della società con firma autenticata dal difensore, ritualmente notificato alla controparte.
Non è controverso, in realtà, che la definizione agevolata non si è perfezionata in quanto il carico fiscale, all’atto della domanda , risultava pari a zero solo perché l’Ufficio aveva provveduto allo sgravio totale della cartella in provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della contribuente. Risulta agli atti del resto, pec dell’Amministrazione che informava il difensore della contribuente di quanto accaduto e del fatto che, conseguentemente, la procedura di definizione non si era completata.
Di qui l’istanza della ricorrente, previa revoca della pregressa rinuncia al ricorso, di decisione nel merito.
1.2.
1.4. Questa Corte si è già occupata del rapporto tra il procedimento di rottamazione ed i giudizi pendenti (Cass. 03/10/2018, n. 24083); la questione, in particolare è stata già affrontata a proposito della prima
rottamazione – che, come detto, non dettava specifiche norme relative all’estinzione proprio al fine di rendere omogenee le varie formule di definizione del processo pendente, ponendo alcuni punti fermi, applicabili anche alle rottamazioni successive e certamente condivisibili che possono così sintetizzarsi:
le disposizioni sulla rottamazione dettano previsioni sia di natura sostanziale, perché dirette ad incidere sulla situazione sostanziale riguardo alla quale viene effettuata la dichiarazione di avvalimento, sia, indirettamente o direttamente, di natura processuale;
sotto il profilo sostanziale la dichiarazione di avvalimento del contribuente è espressione di un diritto potestativo che realizza un potere di conformazione, cioè di sostituire al regolamento della situazione sostanziale sub iudice , la nuova regolamentazione anche quantitativa del dovuto. Tale sostituzione non necessita di un’accettazione da parte dell’esattore che ha solo la possibilità di contestare la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione della norma;
sotto il profilo processuale, poiché la norma prevede un impegno del ricorrente a rinunciare al giudizio, l’evidenziazione alla Corte di Cassazione della formulazione della dichiarazione di avvalimento della definizione agevolata con una formale rinuncia (o comunque con una richiesta anche non espressa come rinuncia, ma con altre formule, come la richiesta di dichiarare cessata la materia del contendere) si deve intendere come adempimento dell’impegno de quo e, quindi, come una rinuncia ai sensi dell’art. 390 cod. proc. civ., sebbene disciplinata direttamente dalla legge, in modo particolare quanto agli effetti sulla situazione sostanziale oggetto del processo;
resta fermo che una rinuncia deve avvenire; che la stessa è correlata alla dichiarazione di volersi avvalere della definizione agevolata quale fenomeno di rilevanza sostanziale; che, in mancanza della stessa, la situazione sostanziale oggetto del processo resta fissata
nei termini in cui era sub iudice e risultanti dalla decisione di merito impugnata, con la conseguenza che il giudice è chiamato a pronunciarsi senza considerare la definizione agevolata;
gli effetti della fattispecie di rinuncia in esame sono direttamente disciplinati dalla legge; ne consegue che la rinuncia e la dichiarazione di estinzione non fanno passare in cosa giudicata la sentenza impugnata, ma comportano che la situazione dedotta in giudizio sia sostituita, per previsione di legge, dalla disciplina emergente dalla dichiarazione di avvalimento della definizione agevolata.
la dichiarazione di estinzione cui, in forza della rinuncia del debitore, la Corte di Cassazione procede con le forme indicate nell’art. 391 cod. proc. civ., deve dare atto del particolare effetto dell’estinzione nei termini qui indicati, per il che è sufficiente dire che l’estinzione viene pronunciata a seguito di rinuncia motivata per il verificarsi della fattispecie di definizione agevolata.
l ‘estinzione va ricondotta ai « casi di estinzione del processo disposta per legge», cui fa riferimento l’art. 391, primo comma, cod. proc. civ. che si riferisce sia alle ipotesi in cui l’estinzione del processo è disposta direttamente dalla legge, senza necessità di comportamenti diretti ad integrare la fattispecie estintiva, sia a quelle in cui tali comportamenti siano necessari poiché l’effetto estintivo è previsto dalla norma in ragione del verificarsi all’esterno del processo di cassazione di determinati fatti che poi devono essere rappresentati e fatti constare.
anche quando il contribuente riveste nel processo la posizione di resistente, la regolamentazione sopravvenuta della vicenda sostanziale rende inutile il prosieguo del processo e tale inutilità discende direttamente dalla volontà di legge, sebbene essa debba esser fatta constare alla Corte di Cassazione; ne consegue che pure in tali casi il processo va dichiarato estinto per legge ex art. 391 cod. proc. civ.
1.5. Nella fattispecie in esame è accaduto che il contribuente ha dichiarato di volersi avvalere della definizione agevolata; ha rappresentato la circostanza alla Corte e, di conseguenza, in adempimento dell’impegno assunto, ha rinunciato al ricorso dopo aver ricevuto dall’Amministrazione un’erronea dichiarazione di inesistenza di somme iscritte a ruolo. A seguito della successiva rettifica dell’Amministrazione , tuttavia, ha prontamente revocato la rinuncia insistendo per la decisione nel merito.
Si pone, pertanto, la questione RAGIONE_SOCIALE sorti del giudizio nel quale la contribuente abbia espresso la rinuncia oggetto del precedente impegno assunto per accedere alla rottamazione -nella specie la ter -sul presupposto di nulla dover pagare (invero in ragione dell’errore commesso dall’Ufficio nel comunicare un carico pari a zero) e successivamente emerga l’attualità del carico , non ancora estinto.
1.5.1. Si è visto come la disciplina di cui alle quattro rottamazioni -negli anni 2016, 2017, 2018 e 2022 – presenti la stessa struttura, richiedendo, per la loro operatività, la previa dichiarazione di adesione del contribuente, l’impegno a rinunciare ai giudizi e la correlativa comunicazione dell’Ag ente della riscossione, in cui è cristallizzato l’importo dovuto e sono fissate, in caso di rateizzazione, le scadenze dei singoli ratei. Le prime due rottamazioni, tuttavia, non contengono un’espressa disciplina dell’estinzione dei giudizi pendenti. La rottamazione ter che viene qui in rilievo (ma anche la rottamazione quater ) ha precisato, invece, che «l’estinzione del giudizio è subordinata all’effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuat i ».
1.5.2. In ragione dell’ambiguità RAGIONE_SOCIALE locuzioni utilizzate nell’art. 3 , comma 6, d.l. n. 119 del 2018, (analoghe a quelle utilizzate dell’art. 1, comma 236, legge. n. 197 del 2022), con riferimento alle nozioni di
«effettivo perfezionamento della definizione agevolata» e di «documentazione attestante i pagamenti effettuati » si sono registrati nella giurisprudenza di questa Corte due indirizzi interpretativi in ordine alla necessità , ai fini dell’estinzione del giudizio , del pagamento integrale RAGIONE_SOCIALE somme dovute (così Cass. 12/09/2024 n. 24479) o, all’opposto, della non necessità di detto pagamento essendo sufficiente il solo perfezionamento della procedura amministrativa della rottamazione (così Cass. 11/09/2024, n. 24428).
1.5.3. La questione che si pone nella fattispecie in esame, tuttavia, si colloca a monte rispetto alla diatriba di cui ai due citati indirizzi. Infatti, in ragione del susseguirsi degli eventi come sopra descritto, deve rilevarsi che qui è la stessa procedura amministrativa della rottamazione a non essersi perfezionata.
1.5.4. La soluzione, pertanto, non può che collocarsi nel solco già segnato dalla precedente giurisprudenza.
La rinuncia resa a seguito di accesso alla rottamazione, se pure riconducibile all’art. 390 cod. proc. civ., si inserisce , come detto, nella fattispecie di cui alla disciplina specifica (nella specie l’art. 3 del d.l. n. 119 del 2018). cit.; la stessa, pertanto, va interpretata avendo riguardo al fine ultimo voluto dal dichiarante, che non è quello di far passare in cosa giudicata la sentenza impugnata, ma di sostituire alla situazione dedotta in giudizio il regolamento emergente dalla dichiarazione di avvalimento della definizione agevolata; sicché, se detto effetto ultimo non si è realizzato, la rinuncia – per altro indotta dall’errore dell’A mministrazione – può legittimamente essere revocata. Con riferimento ai riflessi processuali del procedimento di rottamazione, va ribadito che solo la regolamentazione sopravvenuta della vicenda sostanziale rende inutile il prosieguo del processo e tale inutilità discende direttamente dalla volontà di legge, sebbene essa debba esser fatta constare alla Corte di Cassazione.
Ove, pertanto, le parti diano atto che non vi è stata regolamentazione sostanziale del rapporto, ( quest’ultima , infatti era frutto di mero errore) la rinuncia, espressa in ragione di un assetto non perfezionatosi, non potendo produrre gli effetti ad essa connessi, resta revocabile.
1.5.5. Va, pertanto, formulato il seguente principio di diritto: «In tema di definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione di cui all’art. 3 d.l. n. 119 del 2018 , convertito con modificazioni dalla legge n. 136 del 2018 (c.d. rottamazione ter), la rinuncia al giudizio – presentata dal contribuente in adempimento dell’impegno assunto contestualmente alla dichiarazione di volersi avvalere della definizione – è revocabile laddove la regolamentazione sostanziale del rapporto sottesa alla definizione non sia avvenuta».
1.6. Invero, nella fattispecie in esame, come si è detto, la cartella di pagamento era stata oggetto di un provvedimento di sgravio totale.
Trattasi, tuttavia, di circostanza che non incide sull’ interesse ad agire.
Per giurisprudenza costante della Corte, la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado favorevole al contribuente da parte della RAGIONE_SOCIALE. non comporta acquiescenza alla sentenza, trattandosi di un comportamento che può risultare fondato anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione (Cass. 10/10/2014 n. 21491, Cass. 11/07/2012 n. 11769, Cass. 30/11/2012, n. 21385, 18/12/2006, n. 27082). Tale principio è stato confe rmato anche nell’ipotes i in cui provvedimento c.d. di sgravio abbia riguardato somme direttamente iscritte a ruolo dall’ufficio all’esito di controllo automatizzato ex art. 36bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. In tal caso, la cartella non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di
accertamento, autonomamente impugnabili e non impugnati, ma riveste anche natura di atto impositivo, trattandosi del primo ed unico atto con cui la pretesa fiscale è stata esercitata nei confronti del dichiarante, con conseguente sua impugnabilità, ex art. 19 d.P.R. n. 546 del 1992, anche per contestare il merito della pretesa impositiva (v. ex aliis, Cass. 12/06/2015 n. 12288, Cass. 22/01/2014 n. 1263). Ciò, però, non impedisce di adottare nei confronti di tale provvedimento i medesimi criteri interpretativi sopra indicati al fini di discernere se lo stesso discenda da una volontà di acquiescenza ovvero di mera provvisoria soggezione al dictum della sentenza provvisoriamente esecutiva, dettata dalla sola necessità di prevenire eventuali atti di esecuzione. La lettura AVV_NOTAIO sgravio alla stregua di tali criteri, invero, prescinde dall’esistenza o meno di atti prodromici idonei ad attribuire persistente fondamento alla stessa nei successivi gradi del giudizio di impugnazione dell’atto dipendente, ma afferisce piuttosto esclusivamente alle ragioni che lo hanno determinato (dipendente o meno che sia, l’atto impugnato e oggetto di sgravio, da altro prodromico); ciò sulla premessa logica – predicabile anche in ipotesi di cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36bis d.P.R. cit. – che, ove lo sgravio sia ascrivibile esclusivamente alla volontà di dare attuazione alla sentenza di primo grado ma non anche a quella di non impugnare la pronuncia, gli effetti AVV_NOTAIO stesso possono essere posti nel nulla in caso di accoglimento dell’impugnazione medesima (Cass. 01/04/2016, n. 6334)
Passando al merito, la società contribuente propone quattro motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma n. 4, cod. proc. civ. , la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Assume che la C.t.r. si è pronunciata esclusivamente sul primo rilievo di cui alla cartella, omettendo di pronunciarsi sul secondo rilievo
del quale pure aveva chiesto, sia in primo che in secondo grado, l’annullamento, in ragione del ravvedimento operoso il quale non poteva ritenersi invalido solo in ragione del breve ritardo. Aggiunge che la C.t.r. non ha preso in esame la questione RAGIONE_SOCIALE sanzioni di cui al secondo rilievo così incorrendo nel vizio di omessa pronuncia.
2.2. Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ.,. e dell’art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, in coerenza con l’art. 111 Cost ., per omessa motivazione.
La ricorrente, per l’ipotesi in cui si ritenga che la sentenza impugnata si sia pronunciata anche sul secondo rilievo, censura il difetto di motivazione della stessa in ordine alla legittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni, nonostante il ravvedimento operoso, Assume che la C.t.r. si è limitata ad affermare che sarebbe stato possibile presentare istanza di autotutela anche con riferimento alla sanzioni, che l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe provveduto a ridurre, così suggerendo un comportamento alternativo, senza indicare perché quello tenuto, ed oggetto del giudizio, fosse errato e, pertanto, suscettibile di sanzione.
2.3. Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia.
Sempre sul presupposto che la RAGIONE_SOCIALE.t.rRAGIONE_SOCIALE si sia pronunciata esclusivamente sul primo rilievo di cui alla cartella, omettendo di pronunciarsi sul secondo rilievo, evidenzia che aveva chiesto di rilevare l’omessa notifica della comunicazione di irregolarità e, per l’effetto, di disporre la riduzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni sino agli importi che sarebbero stati applicati ove detta comunicazione fosse avvenuta; che, ciononostante, la decisione impugnata non si era pronunziata su detta richiesta.
2.4. Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione
dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 36 d.lgs. . 31 dicembre 1992 n. 546, in coerenza con l’art. 111 Cost . per omessa motivazione.
P er l’ipotesi in cui, invece, si ritenga che la sentenza impugnata si sia pronunciata anche sul secondo rilievo, censura il difetto di motivazione della stessa in ordine alla legittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni attesa, la mancanza della previa comunicazione di irregolarità.
I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto connessi. La società contribuente assume, infatti, che la RAGIONE_SOCIALE a fronte dell’oggetto del contendere individuato sia in primo che in secondo grado in entrambi i rilievi di cui alla cartella -si era pronunciata solo sul primo rilievo omettendo di decidere sul secondo rispetto al quale aveva contestato l’illegittimità del recupero integrale RAGIONE_SOCIALE sanzioni nonostante il ravvedimento operoso il quale, ancorché tardivo non era per questo invalido, e sebbene fosse stata omessa la comunicazione preventiva. In via subordinata censura, con riferimento ad entrambe le questioni, il vizio di omessa motivazione.
3.1. Il primo ed il terzo motivo sono fondati, restando assorbiti il secondo ed il quarto.
La cartella di pagamento, emessa a seguito di procedura automatizzata, conteneva due diversi recuperi connessi all’obbligo di versamento di ritenute: il primo, sul presupposto del mancato o insufficiente versamento, recuperava gli importi ancora dovuti (euro 29.174,59), gli interessi (euro 4.048,10) e le sanzioni (euro 8.752,38); il secondo, sul presupposto del tardivo versamento di altre ritenute, recuperava solo interessi (euro 10.074,00) e sanzioni (euro 67.513,00).
I motivi proposti in cassazione dalla ricorrente attengono tutti alla seconda ripresa.
Ciò posto, deve rilevarsi che il ricorso proposto in primo grado attingeva entrambe le riprese; la C.t.p. riteneva illegittima l’intera
cartella, sicché il contribuente risultava totalmente vittorioso. L’RAGIONE_SOCIALE proponeva appello , ribadendo la legittimità della prima ripresa, al netto AVV_NOTAIO sgravio sul tributo già disposto in autotutela, e la legittimità anche della seconda ripresa. Costituendosi, la contribuente ribadiva, con riferimento alla seconda ripresa, che era mancata la comunicazione di irregolarità e che il ravvedimento operoso era valido. E’ indubbio, pertanto, che la seconda ripresa fosse oggetto del contendere.
La C.t.r., tuttavia, già nella parte destinata alla descrizione dell’oggetto della domanda, ha fatto riferimento alla sola ripresa «per presunti omessi versamenti per euro 29.174,59 oltre a sanzioni ed interessi» (dunque alla prima ripresa), omettendo qualsiasi riferimento alla seconda la quale, come esposto, era conseguente al tardivo versamento RAGIONE_SOCIALE ritenute (evidentemente diverse da quelle della prima ripresa) e che, di conseguenza, aveva ad oggetto solo sanzioni ed interessi. Nella parte destinata ai motivi della decisione, poi, la C.t.r. ha affermato che il ricorso era limitato «ad una parte di quanto iscritto in cartella che, nelle more del giudizio è stato sgravato». Il ricorso della contribuente, invece, non investiva solo gli importi che erano stati oggetto di sgravio in corso di giudizio ma anche gli importi di cui alla seconda ripresa (relativi solo ad interessi e sanzioni), non oggetto di sgravio, che il contribuente riteneva non dovuti, quanto meno nella intera misura pretesa, in quanto la cartella non era stata preceduta dalla comunicazione di irregolarità e vi era stato ravvedimento operoso, da ritenersi valido, ancorché tardivo.
La RAGIONE_SOCIALE, di conseguenza, ha omesso di pronunciarsi sulla seconda ripresa.
In conclusione, vanno accolti il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbiti il secondo ed il quarto; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado
della Lombardia, in diversa composizione, che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbiti il secondo ed il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2025.